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Autore: Coccolotti_spray    13/03/2011    1 recensioni
Lacey è una melodia dolce e ammeliante; composta da note, che come frecce colpiscono dritte il bersaglio anche dopo tanto tempo e trasformano perfino i sogni più belli in incubi.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice, Oz Vessalius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era quasi mezzanotte e pressoché tutti nell’abitazione dei Rainsworth si erano addormentati; tutti tranne Alice, che in salotto, affiancata dalla luce del focolare, ammirava con grande attenzione dei libri di fiabe, che Sharon le aveva procurato. Quei libri non racchiudevano le solite storie in cui una sciagurata sfigatella riceveva il suo “per sempre felici e contenti”, al contrario narravano di grande donne, che si lanciavano nell’avventura e nel pericolo senza la necessità di perdere una scarpetta per essere salvate. Osservava le illustrazioni con tanta minuziosità, al punto che era un piacere guardarla, poiché i suoi occhi trasmettevano in un solo attimo le mille parole che quegli enormi volumi racchiudevano. Quella sera però i racconti non parvero attenuare il peso del tempo, che sembrava essersi fermato. Alice alzò lo sguardo verso l’orologio, segnava le undici e quarantacinque, erano passati solamente due minuti dall’ultima volta che aveva controllato! Decise allora di stendersi sul divano e cercare di affrettare l’arrivo del sonno, che quella sera aveva dimenticato di farle visita. Chiuse gli occhi. Li tenne serrati diversi minuti, ma poi spazientita si alzò e raggiunse il giardino. Iniziò a passeggiare lungo il viale alberato, illuminato unicamente dalla luce lunare, che lo faceva apparire come un sentiero incantato, lungo il quale Alice si fece condurre. Improvvisamente però sentì il suo equilibrio instabile, la testa iniziò a farle male, tutto iniziò a girare, cosa stava accadendo? Fece un passo, ma barcollò, come se stesse camminando lungo una corda sospesa nel vuoto; se avesse fatto un passo falso sarebbe stata spacciata.
 Inspirò profondamente, probabilmente era la stanchezza; perciò, non appena si sentì un po’ meglio, cercò di avanzare nuovamente, ma precipitò. Nel suolo si aprì una voragine, che la inghiottì.
Alice atterrò all’interno di una stanza in cui l’oscurità regnava sovrana, ma lei non si lasciò intimorire, non era il tipo, così si alzò cercando di trovare anche la più piccolo via d’uscita, ma purtroppo non ce ne erano; dove si trovava? Chi l’aveva spedita in quel luogo? All’improvviso le note lontane di una dolce melodia riempirono la stanza, da dove provenivano? Alice non lo sapeva, ma fu sollevata, perché quella musica le sembrava qualcosa di per appartenere ad un luogo pericoloso, né poteva essere l’inno di qualche sciagura. Si avvicinò ad una della scure pareti e vi appoggiò l’orecchio per riuscire a capire da dove provenisse; rimase in silenzio a lungo, quelle note le erano familiari, così vicine che le toccavano il cuore. Ancora silenzio. La musica si fece più intensa e allora Alice la riconobbe, era Lacey. Chiuse gli occhi e si abbandonò a quelle note. Vide una bambina strapparsi la vita, così li riaprì. Un frammento della sua memoria le passò di fronte. Si allontanò dalla parete, una ferita troppo vecchia aveva ripreso a sanguinare, lei stessa aveva deciso di dimenticarla, ma adesso le stava macchiando il suo abito scuro. Guardò nuovamente da ogni parte, adesso in cerca di qualsiasi cosa! Ma niente. La circondava un deserto. Il terrore allora scivolò su di lei, la sfiorò con la sua mano gelida, giocherellando con i suo capelli, insinuandosi fra i suoi abiti, fino a raggiungere la pelle nuda. Alice si immobilizzò, le gambe le si paralizzarono, si trovò sprovvista di armi contro quell’abile nemico; cercò di lottare comunque, d’opporsi a quell’insensata paura: la solitudine, che ahimè infine prevalse. La sua fragilità venne a galla, le tenebre spogliarono di ogni spina quel fiore che non voleva abbattersi; fu uno sbaglio, poiché mostrò il fianco al nemico, che approfittò della situazione, scoppiando in una fragorosa risata, schernendola. Alice si voltò e vide che la Volontà dell’Abisso si trovava accanto a lei.
«Ciao Alice» le pareti che le circondavano si dissolsero, mostrando ad Alice ciò che la circondava, lei si ritrovò ancora una volta in catene «Bentornata nell’abisso mia cara…» Alice guardò la bianca ragazza, che non abbandonava quello squilibrato sorriso dipinto sul suo volto come qualcosa di falso ed innaturale «…Poverina…» il suo viso si fece improvvisamente serio, sul quale comparve qualcosa di inumano; quel luogo le aveva sottratto il senno?!? Alice indietreggiò. «…Questa volta però non te ne andrai, io non lo permetterò»
«Staremo a vedere…» ribatté Alice in tono di sfida.
«Speri che il tuo Oz venga a salvarti?!? »
«Non ho bisogno del suo aiuto» replicò secca.
«Io sono sicura che in questo momento tu stia pensando a lui…Oz…Oz…dove sarà il mio Oz? Perché non viene a salvarmi? Sei un Chain Alice, apri gli occhi, non un essere umano! Lui presto ti abbandonerà…ma io no…noi resteremo insieme…non gli permetterò di sottrarti a me di nuovo»
«Io non sono una delle tue bambole, me ne andrò di qui» la Volontà dell’Abisso scosse diverse volte il capo.
«Tu non puoi scappare e non puoi liberarti di me, la mia vita è legata alla tua sorellina…io sono una parte di te» la Volontà dell’abisso si avvicinò ad Alice e l’abbracciò; quest’ultima rimase immobile, rigida, con le braccia lungo i fianchi, poi sorrise ed esclamò:
«Vattene! » si separò dalla gemella, che adirata la colpì senza pietà, ma l’obiettivo di Alice non era quello di lottare, prima voleva semplicemente lasciare quell’inferno; così, utilizzando le sue catene, bloccò la Volontà dell’Abisso, guadagnando un po’ di tempo per allontanarsi e trovare la tranquillità per riordinare le idee. Iniziò a procedere velocemente, poi si voltò e vide che le catene e quell’essere, erano scomparsi, quindi decise di rallentare ed inspirando profondamente cercò di riprendere fiato. Fu in quel momento che uno specchio con un’enorme cornice vermiglia le comparve davanti. Lei, spinta da un’improvvisa curiosità, si avvicinò e in esso vide soltanto la sua immagine riflessa. Niente di strano. Chiuse gli occhi. “Tranquilla Alice, tranquilla, troverai una soluzione…” cercò di tranquillizzarsi, ma invano, il terrore della solitudine si impossessò nuovamente di lei. “Forza Alice…uscirai da qui!” , la ragazza aprì gli occhi e di nuovo vide se stessa, poggiò una mano sulla superficie dell’oggetto: “Oz non ti rivedrò più?”, il suo pensiero raggiunse il ragazzo, che stringendole la mano l’aveva chiamata “amica”, facendole dono  di una ricchezza inestimabile: l’amicizia. Lei scoppiò in lacrime ed iniziò a colpire il vetro con tutta la forza che aveva in corpo, ripetutamente, senza sosta. Inaspettatamente qualcosa la bloccò e le strinse il polso con decisione. Alice cercò di allontanarsi da quello specchio, ma la Volontà dell’Abisso la trattenne.
«Io sono una parte di te! Non capisci? Non puoi lasciarmi…» Alice faceva di tutto per farle allentare la presa.
«Io e te siamo due cose distinte! Fattelo entrare in quella zucca vuota!» esclamò Alice ferendo con le unghie la mano della gemella, che con ostinazione strinse più fortemente; allora tentò di nuovo, questa volta riuscì a liberarsi «Non puoi lasciarmi…» per impedire che quella voce penetrasse nella sua testa Alice si tappò le orecchie con fermezza e prese a correre, correre sempre più velocemente nel nulla, percorrendo sempre la stessa strada? Forse diverse? Non lo sapeva più.
«Alice! Alice! » una mano si posò sul viso della ragazza, che si ribellò, cercando di lottare.
«Lasciami, ti prego» supplicò lei, ormai stremata.
«Alice svegliati! Stai sognando, svegliati» la ragazza sentendo nuovamente quella mano sul suo viso aprì lentamente gli occhi ed incontrò quelli di Oz, che un’espressione angosciata le stava accanto. Era stato tutto un sogno? Lei si mise rapidamente a sedere e sfiorò il ragazzo con la mano, era reale! Tirò un sospiro di sollievo. «Alice, mi sono alzato perché ti ho sentita urlare, sono corso nella tua camera, ma tu non c’eri, mi hai fatto prendere uno spavento…ma per fortuna eri qui…hai fatto un brutto sogno?» domandò il ragazzo scansandole una ciocca di capelli dal viso. Lei annuì «Vuoi raccontarmelo? » Oz si sedette accanto a lei.
«Meglio di no…» era troppo scossa per riuscire a rivivere tutto nuovamente.
«Be’…qualsiasi cosa tu abbia sognato non può nuocerti Alice, solo noi stessi abbiamo il potere di danneggiarci nei sogni…le nostre paure più grandi si manifestano…ma basta aprire gli occhi e tutto svanisce» Oz sorrise e la ragazza sentì che quella semplice cura agì sul suo malessere; le infuse serenità facendo soccombere il pensiero dell’Abisso, così automaticamente l’abbracciò.
«Grazie» gli sussurrò dolcemente all’orecchio. Lui era confuso.
«Per quale motivo mi ringrazi? » lei lo strinse sempre più a sé.
«Non c’è un mitovo…o meglio, ce ne sono troppi!» lui cercò di avvolgerla con le sue braccia, ma Alice lo colpì allontanandolo.
«E adesso perché lo hai fatto? » la ragazza fece spallucce.
«Il momento d’affetto era terminato» Oz scosse il capo. «Sai Oz, ho fame» affermò Alice sentendo brontolare lo stomaco.
«Mi meraviglierò il giorno che non ne avrai» lei si alzò.
«Su, andiamo a mangiare qualcosa!» il ragazzo annuì raggiungendola.
«E’ impressionante come i tuoi sbalzi d’umore riescano ancora a stupirmi» Alice sorrise; mentre lei e Oz camminavano verso le cucine, involontariamente, ripensò un istante all’abisso, poi guardò Oz, ma tutto si dileguò; allora pensò fra sé ridendo: “Era solo uno stupido sogno!”.
  
  
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