New Life.
Macchie.
Quel pavimento era
formato da macchie che decoravano delle mattonelle verdi. Non quel
verde acceso
che mette allegria, no, quel verdino omonimo che ti fa salire i nervi
solo a
guardarlo.
Nemmeno
le macchie bianche,
nere e arancioni la entusiasmavano.
Da
questo piccolo particolare
dedusse che quella scuola non le sarebbe piaciuta.
Nemmeno
Amburgo le piaceva:
pensava che fosse una città caotica e allo stesso tempo
morta. Nessuno capiva
come ti sentivi, nessuno riusciva a vederti, ma solo a guardarti.
Nessuno a cui
importasse davvero comprendere le paure, i problemi e i sogni del
prossimo.
A
suo padre e a sua sorella
piaceva; soprattutto a quest’ultima, l’esatto
contrario di lei.
Chanel
aveva di particolare
solo il nome e qualche sguardo malizioso che teneva per sé e
per l’ enorme
specchio attaccato al muro della sua camera da letto, proprio affianco
alla
finestra.
Non
era altissima, sarà stata
alta un metro e sessantacinque centimetri ed era magra a causa della
sua
ossessione per la dieta e la salute. I capelli marroni che ospitavano
qualche
filo d’oro qua e là le ricadevano morbidi sulle
spalle, fino ad arrivarle sotto
il seno, né enorme né inesistente e le
contornavano il visino innocente e
minimamente pallido, caratterizzato dai suoi occhi grandi e verdi che
le
diventavano gialli quando piangeva o quando pioveva; dal suo naso
piccolo e un
po’ all’insù che teneva stabilmente
quella montatura quasi invisibile che le
permetteva di scrutare attentamente il mondo; dalle sue labbra carnose
che nascondevano
quei denti perfettamente bianchi che alle volte giocavano con la
stecchetta di
metallo che le perforava la lingua da quando aveva tredici anni e amava
trasgredire.
Quella
volta che era tornata
a casa con la lingua gonfia, il padre le aveva segnato la guancia con
un bel
ceffone, mentre la madre la tenne segregata in casa per un mese intero.
Ora
però era cambiata, era
diventata la figlia che tutti i genitori vogliono: taciturna, buona e
diligente. Era la più brava nella sua vecchia scuola e ora
cambiarla con anche
le sue abitudini a causa del lavoro del padre la indispettiva: non le
sembrava
giusto.
Avvocato.
Un lavoro stimato
da tutti, ma a lei dava terribilmente fastidio il continuo
trasferimento per le
sedi più agevolate e comode della società.
‘Abbiamo
già troppi
grattacapi noi, ora dobbiamo risolvere anche quelli degli
altri’, pensava ogni
volta che ragionava su quel lavoro.
Alzò
gli occhi e li puntò
attenti sulla figura del padre che gesticolava animatamente –
come suo solito
quando parlava - mentre discuteva con una donna anziana, seria,
composta,
elegante e rigidamente dritta dall’aria severa che doveva
essere la preside e
le spiegava le varie esigenze delle ragazze.
Non
aveva seguito il discorso
e certamente non aveva intenzione di iniziare ad ascoltare ora.
Passò
gli occhi sulla sorella
e nei suoi due oceani poté leggere eccitazione e
divertimento allo stato puro e
non riusciva a capire questa felicità che la colmava.
Improvvisamente
le si
avvicinò fremente e quasi le urlò in un orecchio.
-
Questa scuola mi piace un
casino e anche i ragazzi che passano ogni tanto non sono niente male.
Non vedo
l’ora di conoscere!-
‘Si,
fortunata lei che fa
amicizia subito, ma io? A me non pensa?’ si chiese Chanel, ma
non lo fece
uscire dalle sue labbra ; le dispiaceva spegnere l’entusiasmo
della sorella che
poi sarebbe stata antipatica tutto il resto della giornata.
-
Si, sarà curioso conoscere
gente nuova.-
Ma
non le importava
minimamente di conoscere delle Barbie e dei Ken che al posto del
cervello
avevano una rotella di plastica mossa ogni tanto da un criceto vecchio
e
grasso.
-
Ok ragazze, potete
cominciare da oggi. Ora vi mostreranno le vostre classi. Buona
giornata.-
Aveva
detto la donna, seria e
inespressiva, ed era sparita dietro la porta di legno scuro del suo
ufficio.
Il
padre le guardò e chiuse
rumorosamente le mani per poi strofinarsele, segno che sarebbe partito
con le
raccomandazioni.
-
Allora, niente attacchi
isterici o urlanti, niente parolacce, niente staffe perse, niente fumo,
niente
emarginazione.- disse, puntando gli indici contro le figlie –
Stasera voglio
sentire solo “Wow, papà! Che bella questa scuola,
la adoro!” ok? –
‘A
lui sembra facile’, pensò
Chanel.
Dopo
poco arrivò una bidella
giovane e silenziosa che aveva annunciato loro che dovevano seguirla
per le
classi.
L’uomo
le abbracciò e posò un
bacio sulla testa di ognuna, per poi augurare loro un “in
bocca al lupo”
sussurrato e quasi
nostalgico.
Camminava
per quel corridoio
lungo e spoglio sola, con l’unica compagnia degli armadietti
di metallo e della
donna taciturna che la precedeva.
Si
fermarono davanti una
porta su cui era attaccato un cartello sul quale leggeva
La
donna bussò e dall’altra parte
del pannello, una voce diede loro il permesso di entrare.
Appena
dentro, la bidella
annunciò l’arrivo in classe di Chanel e se ne
andò velocemente sbattendo la
porta dietro le sue spalle; l’unica via d’uscita
della ragazza era stata chiusa
severamente ed ora era costretta a rimanere un anno con quegli occhi
puntati
addosso.
Chanel
iniziò a scrutare
timidamente le facce che la studiavano con curiosità e
constatò che le sue
ipotesi sulle Barbie erano fastidiosamente corrette.
La
professoressa si presentò
e le chiese di fare lo stesso. Stava per parlare, ma si girò
di scatto verso la
porta che era stata aperta frettolosamente.
-
Buongiorno prof., scusi il
ritaWOOO!! –
Un
tonfo, poi le risa della
classe e un corpo pesante sopra di lei.
Aprì
lentamente gli occhi,
realizzando solo dopo aver visto quel viso sfocato che nella caduta
aveva perso
gli occhiali.
-
Ciao! - si sentì dire dal
ragazzo e percepì la vicinanza dei loro visi dal soffio del
suo alito alla
menta sulle labbra. Cercò di individuare le sue, quindi
strizzò leggermente gli
occhi; poté riconoscerle da un affarino nero che doveva
trattarsi di un
piercing che non faceva altro che muoversi lentamente da destra a
sinistra.
-
C-ciao.. – ricambiò
impacciatamente Chanel , per poi sentire il corpo del ragazzo spostarsi
in
avanti su di lei, mentre rimaneva ferma a contatto con il pavimento,
impotente.
Il
ragazzo smise di avanzare
sul suo corpo e tornò al posto di partenza, sempre sopra di
lei, per poi
poggiarle qualcosa sul naso.
-
Ci vedi ora? – le chiese il
ragazzo, sorridendole.
Si,
ora vedeva. E la prima cosa
che pensò di quell’immagine fu che quel sorriso
era dannatamente perfetto,
quelle labbra incredibilmente carnose ed invitanti e quel piercing
maledettamente azzeccato e sexy.
-
Si,ci vedo..G-grazie.. –
Il
sorriso di lui ora era
ancora più smagliante.
Il
ragazzo si alzò e le porse
la mano destra per aiutarla ad alzarsi a sua volta. Lei
accettò cordialmente e
ringraziò in modo impacciato.
Ora
che lo guardava da una
maggiore distanza, notava che non solo la sua bocca era attraente.
I
suoi occhi nocciola e un
po’ a mandorla erano così profondi; il suo viso
caratterizzato da lineamenti
marcati ma allo stesso tempo dolci e minimamente femminili era
incredibilmente
singolare; il suo naso piccolo e leggermente
all’insù che visto di profilo
faceva una curva perfetta e dei rasta biondo cenere che ricadevano
lunghi sulla
sua spalla sinistra poiché legati in una coda che sbucava
dal foro di
regolazione dell’ampiezza del cappellino della New York che
indossava. I suoi
vestiti erano larghi, troppo larghi per i gusti di Chanel e lasciavano
intravedere minimamente il fisico ipoteticamente scolpito del ragazzo.
Continuava
a fissarlo e non
riusciva a capire perché il ragazzo insisteva con quel
sorriso da ebete a
muovere quel piercing.
-
Che c’è? Ti sei già
innamorata? Mi hai appena conosciuto, almeno chiedimi come mi chiamo!
–
ironizzò quello strano tipo che ora iniziava ad essere
irritante con quei suoi
sguardi languidi e i suoi sorrisini da cretino.
Chanel
non sapeva se
offendersi a quell’affermazione o assecondare il suo ego
narcisista. Ma perché
assecondarlo? Infondo nemmeno lo conosceva.
Stava
per rispondergli a
tono, ma venne bloccata dalla voce severa della professoressa
-
Oh Kaulitz, insomma! Mica
girano tutte intorno a te! Non vedi che la ragazza ha molto buonsenso?
E ora
vai a sederti prima che ti faccia fare un’altra
interessantissima gita nell’
ufficio della preside! E lei invece, signorina…- ma la donna
comprese solo in
quel momento che Chanel non si era ancora presentata, quindi la
guardò
esigente, facendo in modo che la moretta capisse e dicesse il suo nome.
Come
sperato, Chanel colmò
subito la lacuna di quelle persone che la fissavano curiose.
-
Ok, signorina Trümper, sono
molto contenta di averla nella mia classe e spero che possa essere il
primo
buon elemento che incontro. – le disse in un sorriso plastico
la donna dalla
chioma bionda – ora può sedersi; mi dispiace, ma
l’unico posto disponibile è
all’ultimo banco, vicino il signor Kaulitz. Non si
preoccupi,sembra pericoloso,
ma in realtà è innocuo.- le disse la bionda,
dandole una leggera spinta sulla
schiena per intimarla ad andare a sedersi vicino quel tipo che reputava
strano
ed odioso.
Attraversò
la classe sempre
con gli sguardi irritanti dei compagni puntati addosso. La cosa le
piaceva
sempre meno e faceva fatica a tenere lo sguardo fisso sulla sua
destinazione.
Come
se non bastasse, il
ragazzo alternava ai suoi attimi menefreghisti in cui guardava fuori
dalla
finestra alla sua sinistra, dei sorrisetti languidi e terribilmente
frustranti.
Arrivò
al banco e si sedette
in pochissimi attimi per cercare di distogliere l’attenzione
dalla sua persona.
Un
attimo dopo che il suo
sedere ebbe toccato la sedia di legno e i suoi gomiti il banco bianco,
tutte le
attenzioni fissate sul suo corpo scomparvero; tutte eccetto quella
più vicina a
lei, che la fissava incessantemente.
Non
le piaceva
quell’insistenza e il suo carattere ribelle e combattivo in
quei casi era
solito venir fuori senza troppe opposizioni.
Si
girò di scatto, puntando i
suoi occhi verde smeraldo in quelli nocciola di lui, riconoscendoci
curiosità e
interesse nel conoscerla.
Lui
dal canto suo ebbe un
impercettibile sussulto non appena quegli smeraldi incrociarono le sue
nocciole; non aveva mai visto occhi così espressivi. Era
bravo a leggere le
persone dagli occhi, ma l’unica cosa che riusciva a leggere
in lei era che si
sentiva terribilmente frustrata da quelle attenzioni e
riuscì a percepire anche
una vena di dolore non attinente a quel contesto.
-
La smetti di fissarmi? Sono
una persona normale: ho due occhi, un naso e una bocca. Ora finiscila!
–
Era
stata terribilmente
scortese, ma non le importava della sua opinione.
-
Hey, non agitarti! Volevo
solo fare conoscenza. Sai, condivideremo un banco per tutto il resto
dell’anno,
vorrei sapere chi farò sbellicare con i miei commenti!
– le sorrise il ragazzo,
come se non avesse colto quella vena d’acidità che
regnava nella sua frase.
Le
porse la sua mano destra,
ripetendo il suo nome. Lui la strinse e la informò che il
suo nome fosse
Thomas, ma lei doveva chiamarlo Tom.
-
Ok Tom, mettiamo in chiaro
una cosa: mi piace la scuola,ok? E non vorrei perdere delle spiegazioni
a causa
dei tuoi commenti. Potresti farli dopo, durante la ricreazione, ok? -
propose
la ragazza in maniera dolce e impacciata, riacquistando la sua calma e
bontà.
Il
ragazzo si trovò spiazzato
di fronte ad un cambio così repentino di
personalità, ma accettò senza chiedere
spiegazioni.
Nel
cervello iniziarono a
balenargli mille domande che si impose di farle una volta rotto
completamente
il ghiaccio. Le passò un ultimo sguardo e la vide
già intenta nell’ascoltare la
lezione di biologia che lui faticava a seguire. Come poteva una ragazza
così
banale suscitargli così tanti pensieri e così
assurde curiosità? Non lo sapeva
e tantomeno voleva saperlo. Si limitò a prendere un
blocchetto e scarabocchiare
disegni senza un nesso logico, aspettando il suono alle sue orecchie
melodioso
della campanella.
Ok,
lo so non sono brava e non mi aspetto subito
recensioni. Solo che ci sto mettendo molto impegno per questa cosa,
quindi
spero che almeno a qualcuno piaccia!
Baci,
Sun_Tk!