SOGNANDO UNA CHECCA ISTERICA
Studiando Tasso,
immergendomi nella foresta incantata dal Mago Zurlì (addormentandomi in parole
povere), mi vedi comparir d’innanzi il prode Tancredi. Posto davanti a una luce
bianca, mi parve un angelo, col suo capello biondo al vento, con sguardo deciso
e languido, con la spada innalzata verso il cielo, come se fosse un divin
conquistatore.
Questa maravigliosa visione
mi accecò per qualche secondo, ma in un istante un grido sbucò dalla foresta
subito dopo che il bianco candor del sole sparì.
“Maremma maiala, s’è spenta
la luce!”. Due omaccioni di nero vestiti comparvero da dietro i cespugli,
imprecando con forte accento toscano e andando ad aggiustare i fari ben nascosti dall’amabil figura che, abbandonata
al buio, perse di charme.
“Ragazzi però, così non si
può lavorare!”. Con voce femminea, l’aitante (...) poeta s’alzò dalla sedia da
regista personalizzata che occupava, prendendo in mano un righello e
cominciando a battere di santa ragione i due energumeni. “Ma capo, cosa ci possiamo
fare? È già la terza volta questo mese che si rompono”, sussurrano gli
uomini,rifugiandosi nel back stage a farsi un panino.
“Ah!! Uno scarafaggio!!”
Tancredi, terrorizzato e
bianco come un cencio, salta in braccio al Tasso che, spaventato anch’esso,
comincia a saltellare come una checca isterica e sviene, emulando Dante, sommo
poeta, che fece spendere a Virgilio un’ingente somma in sali.
Guardando l’orologio
spazientita, cercai di veder Clorinda, che dalle pagine dell’opera mi parve
capir che fosse l’unica sana in quel guazzabuglio di cristiani e pagani.
Girovagando per la selva,
dopo un cocktail al bancone di Tonio Cartonio, dissetata, incontrai un cipresso
canterino...
“At first I was afraid, I was petrified...” e danzante.
È lei, la trovai! D’un tratto mi passò per la mente un pensiero fugace:
avvertir forse Tancredi della mia scoperta?
Buttai così un occhio verso
la troupe e notai che il nostro eroe cercava di far rivivere Tasso, facendogli
aria con lo scudo ma riuscendo solo a prenderlo a scudate in faccia.
No, forse è meglio
lasciarlo stare...
Avvicinandomi all’albero
solitario, che cercava di scacciare passerotti rimpinzati da Biancaneve
gridando “Tornatevene nella vostra storia!”, le chiesi amorevolmente, sedendomi
sulle sue radici “Dolce Clorinda, che fai? Come sei arrivata a questa legnosa
trasformazione?”
“Quell’uom (...) Tancredi,
col capello ossigenato, mi uccise l’altro ieri, mentre mi fumavo una sigaretta
in santa pace. Girovagavo fuor da Gerusalemme, camminando lemme lemme, poiché
mi proibivan di fumare nei luoghi sacri. Il regista, dopo questo increscioso
incidente, era deciso a mandarmi a casa. Io, in cuor mio esultavo da cotanta
fortuna, ma preso da disumano furor, mi trasformò in un albero secco, emulando
ancor quel pazzoide d’un Alighieri, che copiava Virgilio, che narrava di
Polidoro. Insomma, fece un bel copia incolla lasciandomi qua, aspettando
Tancredi, che devo spaventare”
Non ti sarà difficile, pensai rimembrando il balzo del prode alla vista
di un ignobile insetto.
Decisi allora di
nascondermi nel boschetto, trovando, quale immensa gioia, il Mago Zurlì che
sgranocchiava pop-corn. Vedendomi giungere dalle risate scossa, comprese le mie
intenzioni, mi lasciò libero accesso alle patatine da lui magicamente evocate.
Ma ecco, giunse Tancredi,
fingendo di montare una nobile cavalcatura (una scopa di saggina), seguito dai
due uomini che, con noci di cocco, mimarono il rumor di zoccoli.
Abbandonato il destriero
alle amorevoli cure del Tasso, l’eroe si avvicinò furtivo alla pianta e dopo
averla accarezzata urlò: “Ah!! Mi si è rotta un’unghia!”. Il poeta fermò la
scena facendo accorrere la manicure.
Qualche minuto, e parecchi
margarita, dopo, il prode paladino è pronto, lucidato e sorridente.
“Ehi tu, io son Clorinda.
Buh!”
Tancredi svenne (che
novità), lasciando Tasso gridare come una ragazzina il suo nome.
“Tancredi, Tancredi mio!
Eroe di questo dramma, non mi lasciare! Non lo faccio più, te ne prego”
Sconsolata da cotanta
espressione di mancata virilità, salutai il mago, che ancora rideva, rotolando
nel sottobosco e mi rifugiai da Tonio, ordinando un Bloody Mary.
Non si sa mai, nel caso in
cui avessi avuto bisogno di una spinta per rendere utile la spada lucente del
prode che giaceva ancor svenuto.
“Smettila di scuotermi
Tonio, avrò anche bevuto, ma riesco benissimo a reggermi in piedi!”gridai verso
nessuno in particolare.
“Tonio! Ma cosa dici
bischera! È così che studi! Domani hai l’interrogazione e dormi? Fila a
studiare brutta lazzarona”
Non era Tonio, non era
neppure Tasso, ma, ahimè,eran le grida beduine di mia madre che mi destarono da
quel sogno dai risvolti tragicomici, che però mi fece prendere un bel sette in
italiano il giorno dopo.
Tutto grazie a Tancredi, alle
mirabolanti avventure di Tasso, la checca isterica più acclamata d’Italia e ai
cocktail di Tonio Cartonio.