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Autore: Rota    14/03/2011    4 recensioni
Fu come un lampo a squarciargli la coscienza assopita ciò che, all’improvviso, gli fece sgranare gli occhi a quella maniera innaturale, così come non tanto la paura di essersi sbagliato quanto quella di non essersi sbagliato affatto gli fece mantenere lo sguardo fisso e immobile, all’incirca terrorizzato.
Tsuna non era nuovo alle distrazioni, durante le noiose e lunghissime ore di lezione scolastica. Con tranquillità, trovava rifugio da quell’accalcarsi d’informazioni d’ogni tipo in uno sguardo languido all’esterno, al di fuori del vetro della finestra, in quella libertà dal sapore tanto banale quanto desiderato – d’altra parte, il paesaggio rimaneva sempre lo stesso, immutato nei giorni e nei mesi.
Sorpresa, sgomento, forse anche una punta di seria paura lo presero nel momento in cui, paradossalmente, il paesaggio mutò all’improvviso, riempiendogli lo sguardo di qualcosa di diverso dalle nuvole minacciose e cariche di pioggia che fino a qualche istante prima stava fissando con tanto desiderio.

MukuroTsuna - 6927
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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orgoglio e pregiudizio *Autore: margherota
*Titolo: Orgoglio e Pregiudizio
*Fandom: Katekyo Hitman Reborn
*Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada; 6927
*Genere: Introspettivo, Sentimentale
*Avvertimenti: Shonen ai, Missing Moment, One shot
*Rating: Giallo
*Prompt: Orgoglio
*Parole: 2515
*Note: Chi ha nutre orgoglio e chi pregiudizio? Questa è la domanda che vorrei che i miei lettori si facessero, dopo la lettura di questa fan fic.
Scritta per Kicchina (L)




Fu come un lampo a squarciargli la coscienza assopita ciò che, all’improvviso, gli fece sgranare gli occhi a quella maniera innaturale, così come non tanto la paura di essersi sbagliato quanto quella di non essersi sbagliato affatto gli fece mantenere lo sguardo fisso e immobile, all’incirca terrorizzato.
Tsuna non era nuovo alle distrazioni, durante le noiose e lunghissime ore di lezione scolastica. Con tranquillità, trovava rifugio da quell’accalcarsi d’informazioni d’ogni tipo in uno sguardo languido all’esterno, al di fuori del vetro della finestra, in quella libertà dal sapore tanto banale quanto desiderato – d’altra parte, il paesaggio rimaneva sempre lo stesso, immutato nei giorni e nei mesi.
Sorpresa, sgomento, forse anche una punta di seria paura lo presero nel momento in cui, paradossalmente, il paesaggio mutò all’improvviso, riempiendogli lo sguardo di qualcosa di diverso dalle nuvole minacciose e cariche di pioggia che fino a qualche istante prima stava fissando con tanto desiderio.
Un sorriso da serpente gli si era aperto davanti, così ammaliante e seducente da far venire i brividi. E in quei due occhi si poteva leggere benissimo quella strafottenza tanto tipica che apparteneva solamente a lui.
Il riflesso appena opaco di Mukuro Rokudo, in un gesto che sembrava oltrepassare ogni limite della fisica naturale e comunemente accettata, piegò le labbra e il suono alla parola.
-Buongiorno, Tsunayoshi Sawada…-
-Sawada, sei ancora con noi?-
Un’altra voce fece trasalire il giovane, una voce certamente più vicina e autoritaria, arrabbiata, facendolo sobbalzare sulla sedia. Con uno scatto, Tsuna girò la testa, ritrovandosi davanti il proprio professore di matematica. Mentre la classe rideva per la sua espressione a dir poco sconcertata, il ragazzo girò ancora una volta la testa verso la finestra, senza trovarvi nulla al di fuori di un triste paesaggio grigio e qualche uccellino che, sovente, roteava veloce nella brezza.
Un moto di pura vergogna, allora, gli imporporò le guance e gli fece cadere gli occhi in basso, sul foglio bianco d’appunti che si allungava sul suo banco.
-Mi scusi, professore…-

Più passava il tempo, più Tsuna si convinceva di aver semplicemente sognato.
La stanchezza, l’ansia e anche qualcosa d’altro dovevano essersi coalizzati tutti assieme per giocargli quel bruttissimo tiro, mettendo alla prova i suoi nervi. E a questa soluzione era arrivato dopo aver scrutato, con la dovuta cautela e attenzione, quasi tutti i vetri e gli specchi della propria scuola con cui era venuto a contatto.
Niente, nessun Mukuro Rokudo ad aspettarlo – niente sorriso suadente, niente occhi infernali.
Per evitare ulteriore stress, aveva anche deciso di non farne parola con Gokudera e Yamamoto. D’altra parte, credendo di essersi semplicemente sbagliato, suonava anche sciocco e stupido far preoccupare i due ragazzi a loro volta, senza una valida ragione. Sorrise loro, com’era suo solito, parlò e rise in loro compagnia senza conservare sul volto una minima preoccupazione.
Anche quando la campanella suonò per la fine delle lezioni, con il cuore più leggero, s’incamminò assieme ai due per la strada del ritorno.
Fu facile annegare ogni residuo di remora in quei rumori di vita, facile quanto naturale – perché naturalmente l’animo cerca di conservarsi, integro e fermo.
Così, quando Haru venne loro incontro con un gran tozzo di pane raffermo, invitandoli ad una alquanto improbabile gita al parco per dare da mangiare alle anatre e agli animali del lago, Tsunayoshi non vide nulla di male nell’offerta, e con la sua disponibilità cordiale trascinò tutto il gruppo.
Il cielo continuava a minacciare pioggia, gocciolando di tanto in tanto ma senza troppa convinzione.
Il parco era vuoto, privo dei soliti bambini che allegramente ruzzolavano sui suoi prati, forse troppo spaventati dalle nuvole gonfie per arrischiarsi a giocare nel fango. Così, il gruppo fu subito sul posto, senza dover badare ad altro che alla propria meta.
Ogni singolo pezzo di pane fu accolto con gioia e uno starnazzare allegro e grato, nonché qualche piccola zuffa per accaparrarsi il posto migliore di lancio.
Haru rideva, contenta. Gokudera e Yamamoto ingaggiarono una lotta a chi nutriva più papere all’incirca dopo qualche istante dall’arrivo, convinti l’uno di guadagnare stima presso il suo boss e l’altro semplicemente ridendo al puntiglio irritato del compagno.
Fu con un sorriso che, lanciato il suo ennesimo pezzettino di pane, Tsunayoshi guardò in basso, laddove la superficie dell’acqua s’increspava appena a causa di tutto il movimento.
Per la seconda volta, s’irrigidì sul posto, spalancando gli occhi all’inverosimile.
In una posa identica alla sua, che scimmiottava l’atteggiamento assunto dalla sua persona, Mukuro Rokudo gli sorrideva, piegando lievemente la testa di lato, a squadrarlo meglio.
-Buongiorno, Tsunayoshi Sawada…-
Il ragazzo non disse nulla né osò muoversi da quella posizione. In fondo al cuore, desiderò con tutto sé stesso che qualcuno gli venisse in soccorso, come aveva fatto il suo professore quella mattina, assolutamente inconsapevole. Nessuno parve ascoltare i suoi lamenti silenziosi e le sue mute richieste d’aiuto, lasciandolo a completa disposizione dell’illusionista.
Eppure, Tsuna si costrinse a rilassare le spalle, dopo quell’attimo in cui la paura le aveva così tese, lasciando scivolare dal volto l’espressione di spaventata sorpresa per qualcosa di più rilassato e serio.
Mukuro, alla fine, era semplicemente un riflesso.
-Buongiorno, Mukuro Rokudo…-
Mukuro gli sorrise, e Tsunayoshi credette davvero per qualche secondo di vederlo felice per aver ottenuto risposta. Provò a fare di più, quando vide che l’altro ragazzo si limitava ad osservarlo da lontano, forse aspettando qualche sua domanda.
Mukuro sapeva, d’altra parte, che il dubbio assale più le anime pure che quelle torbide, piegandole ad atti anche sconsiderati e al di là delle proprie possibilità.
Infatti, Tsunayoshi si sporse appena verso di lui, avvicinandosi col viso all’acqua del piccolo lago.
-Questa è un’altra delle tue illusioni?-
L’altro sogghignò, preso da un’ilarità strana.
-Non necessariamente, Tsunayoshi Sawada. Potrebbe essere semplicemente qualcosa in cui tu vuoi credere…-
Tsuna ebbe uno scatto, come se le parole di Mukuro lo avessero punto in maniera insolente.
Razionalmente, sapeva che Rokudo era solito molestare il proprio avversario con parole insinuanti, facendolo cedere in quelle sicurezze su cui eroicamente si ergeva, ma a livello inconscio quelle parole furono peggio di una pugnalata.
Pieno di dubbi, si affrettò a cercare la sua risposta.
-Cosa vorresti dire, Mukuro?-
Mukuro gli sorrise, ancora, intrecciando le proprie dita tra loro.
Conosceva bene il proprio boss e sapeva calibrare con estrema capacità le proprie parole: queste due virtù lo avevano sempre portato esattamente dove voleva.
-Te lo sei forse scordato? Solo chi crede è capace di far diventare l’illusione realtà, Tsunayoshi Sawada…-
Tsunayoshi sbatté le palpebre, sconcertato, allungandosi ancora.
Il dubbio, il maledetto dubbio.
Che Mukuro, alla fine, avesse ragione?
-Questo non…-
Qualcosa, però, interruppe ogni contatto. Una parola gridata, un’invocazione urlata.
-Boss!-
Tsunayoshi cadde nel laghetto, esattamente tra le braccia di Mukuro.

La cosa più difficile era stata far calmare Gokudera e convincerlo che anche se Tsunayoshi si era bagnato dalla testa ai piedi non doveva certo pagare con la propria vita per quello che aveva fatto.
Nessuno, dopotutto, aveva colpa se Tsuna si era incantato a guardare il nulla ed era stato sorpreso dalla sua esclamazione accorata, che altro non voleva fare che metterlo in guardia proprio dalla possibilità di cadere dentro l’acqua.
Il braccio destro aveva insistito per accompagnarlo a casa personalmente e non l’aveva lasciato andare se non quando era entrato nel proprio bagno col preciso intento di farsi una doccia bollente e cambiarsi totalmente d’abito. A quel punto e solo a quel punto Hayato si era deciso a lasciarlo in pace, togliendo il disturbo e dirigendosi verso casa propria.
Sospirando tra il rassegnato e l’esausto, Tsuna si era concesso al getto d’acqua calda, chiudendo gli occhi e concentrandosi sul tamburellare delle gocce contro la sua schiena esposta.
Pian piano, il freddo gli scivolò via dalle membra, assieme al sapone e all’acqua sporca.
Alla fine, riuscì ad uscire dalla doccia totalmente rigenerato, avvolgendosi con cura il corpo con un accappatoio fresco e morbido, che gli accarezzasse e vezzeggiasse la pelle.
Ma fu con saputa coscienza che, ad un certo punto, si girò a guardare lo specchio – sapendo fin troppo bene cosa e chi vi avrebbe trovato.
Mukuro Rokudo gli sorrise ancora, senza essere risentito per la mancanza di sorpresa sul volto quando Tsuna gli si rivolse, per quella terza volta.
Non lo salutò, ma lasciò scivolare lo sguardo sulla figura minuta dell’altro, concentrandosi su ogni curva del suo corpo.
Questa volta, fu Tsuna a parlare per primo.
-Immagino che anche questa sia un’illusione…-
Mukuro non disse nulla – odiava ripetersi a vanvera, gli pareva di fare lo stesso gioco dei folli.
Lasciò che Tsuna si mosse spinto dal disagio prima di fare qualsiasi cosa. Nonostante tutto, Sawada aveva ancora timore del suo sguardo, pur mantenendo quel tanto di orgoglio necessario per non sottostarvi in maniera pressoché totale.
La sua voce, però, fu lo stesso gentile, piena di tatto e delicatezza.
-Il tuo corpo è ancora tenuto prigioniero?-
Mukuro si sorprese davvero, non aspettandosi una simile domanda. Ma fu questione di un semplice attimo, che benché ben visto e registrato non fu altro che uno sbattere stanco di ciglia. Il sorriso tronfio e superiore tornò più luminoso che mai, sulle sue labbra, e la sicurezza di un’improbabile vittoria gli piegò il tono all’arroganza.
-Finché la mia mente è libera, posso andare ovunque…-
Tsuna fece una smorfia, non del tutto contento. Come al solito, Mukuro era stato in grado di fuggire alla sua domanda, senza dare una risposta soddisfacente. Come al solito, Mukuro sfuggiva a ogni suo controllo, guizzando a destra e a manca come un’anguilla ancora pienamente vitale e pericolosa.
-Perché vieni proprio da me, Mukuro?-
Mukuro sogghignò, rivelando una verità palesata con inopportuna disinvoltura.
-Tsunayoshi Sawada, sei l’unico con cui si possa instaurare una conversazione interessante…-
Il pensiero gentile di Tsuna fu subito rivolto a tre persone in particolare, con le quali – egli lo sapeva bene – Mukuro aveva un tipo di legame assolutamente indissolubile.
Per quello fu strano, per lui, registrare le parole di Rokudo.
-I tuoi sottoposti?-
Ma l’altro sorrise con disinvoltura, carico di un potere illimitato e completamente soddisfacente.
-Posso entrare nelle loro menti come e quando desidero…-
Ci fu qualche istante di silenzio, mentre Tsunayoshi abbassava lo sguardo a terra e sospirava lento. Non lo fece, però, per un vile atto di sottomissione né per reale e concreto timore di quegli occhi che non avevano smesso un solo secondo di scrutarlo a fondo, cercando di arrivare direttamente al suo animo.
Mukuro lo comprese, per questo fu incuriosito da quel gesto. Tsunayoshi era divertente perché poneva un’orgogliosa e strenua resistenza alla sua forza e riusciva a sorprenderlo sempre con una purezza d’intenti che lui stentava credere poter appartenere ancora alla sua categoria.
Per questo motivo si sorprese, non poco, quando Tsunayoshi tornò a rivolgergli la parola, con un tono velato di affetto e sincera preoccupazione.
-Mukuro, perché non mi dici dove ti trovi? Potrei venire in tuo soccorso…-
Era strano pensare a Sawada come ad un mafioso. Era strano e a tratti anche irreale.
Ma era la base del fervente odio di Mukuro, e sicuramente il ragazzo non ci avrebbe per nulla rinunciato – neanche per quegli occhi grandissimi e quelle labbra rosse, neanche per la sicurezza di un abbraccio caldo e parole piene d’amore soffuso.
Ghignò, inclinando la testa e guardandolo come se fosse affetto da qualche ritardo mentale.
-Sawada, anche se lo sapessi, credi davvero che accetterei di venire aiutato da te? Io non sono buono alla tua maniera…-
L’innocenza di Tsunayoshi, però, ebbe un moto di stizza, dacché non era abituata a gestire un rifiuto così netto.
-Ma hai bisogno di aiuto!-
Lo sguardo di Mukuro si fece duro, benché il sorriso sulle sue labbra non scomparve e non si piegò neanche di un solo grado.
Era glaciale, freddo come lo specchio in cui era racchiuso.
-Non da un futuro boss della mafia, Tsunayoshi Sawada…-
Tsuna avrebbe tanto voluto urlare che era uno stupido, che per certi principi si era fatto catturare e ora era rinchiuso chissà dove, senza la minima possibilità di uscire dalla sua prigione e riabbracciare le persone a lui care. Avrebbe voluto dargli davvero dell’idiota e avrebbe voluto dirgli addio.
Ma se da una parte quell’atteggiamento lo avrebbe semplicemente consegnato alla sconfitta più cocente, dall’altro non era neanche nella sua indole lasciare che le vittime si crogiolassero nella loro condizione.
In realtà, era irritato per l’assurda ostinazione dell’altro che, senza accettare l’evidenza, preferiva marcire per anni piuttosto che lasciare che qualcuno gli stringesse la mano per aiutarlo a rialzarsi.
Faceva rabbia dover ammettere a sé stesso che quello davanti non era altro che il solito, maligno, surreale Mukuro Rokudo.
Fece cadere ancora una volta lo sguardo in basso, per non rivolgergli il suo astio direttamente. Strinse i pugni e cercò di mantenere la voce ferma – seppur con scarsi risultati.
-Quindi ti limiterai a essere solamente un’illusione che vaga di specchio in specchio?-
L’altro sogghignò ancora, ridendo appena e a labbra strette. Girò il coltello nella piaga, affondando con crudeltà.
Non accettava la pietà di quello sciocco illuso. Non la voleva accettare.
-Se questo mi garantisce di vederti sorpreso e con quell’espressione, penso che non rinuncerò a farlo tanto presto…-
Non la pietà ma qualcos’altro aveva colorato il nuovo sguardo che Tsunayoshi ancora gli rivolse, tornando a fissare il suo viso.
Era come se, a sua volta, chiedesse misericordia al nemico, ironicamente.
-È solo per questo genere di espressione che mi cerchi, Mukuro?-
E l’altro non perse l’occasione per dimostrarsi quello che tutti – illusione o meno – credevano di lui.
-Ovviamente sì…-
Tsunayoshi non disse nulla per diverso tempo, limitandosi a guardare Mukuro come si fa con il proprio riflesso di prima mattina.
Piatto, stanco, privo di ogni qualsivoglia emozione o pensiero.
Poi sorrise, sicuro e baldanzoso, cercando di porre tra lui e l’altro nuovamente quella distanza che si confà ai rivali.
-Allora ora dovresti andare via. Non ho più paura di te!-
Anche Mukuro stette zitto per qualche istante, probabilmente cercando di pensare a qualcosa di efficace per rispondergli sullo stesso tono.
Poi allungò il braccio nella sua direzione. E solo perché Tsunayoshi riuscì a credere davvero in Mukuro e nelle sue capacità che quello accadde.
Il braccio nudo dell’illusionista uscì dal vetro freddo dello specchio e le dita della mano si mossero nella sua direzione, fino a toccargli il viso.
Tsuna sapeva che l’illusione, sconvolgendo i sensi tutti e rendendoli schiavi della volontà altrui, era in grado di fargli sentire ogni cosa che Mukuro volesse o non volesse. Eppure in quel momento avrebbe potuto giurare sulla propria vita di star sentendo la sua mano e le sue dita contro la guancia calda che, in una strana carezza, si muovevano su di lui.
La voce suadente di Mukuro fu più vicina che mai, a quel punto.
-Sawada, non essere sciocco. Non è certo la paura ciò che si legge nei tuoi occhi…-
I polpastrelli scivolarono in basso, fino alle labbra, cogliendole appena schiuse e lì posandosi, calmi. Toccarono le curve rosa, facendovi sopra una leggera pressione.
Tsuna non disse nulla, forse ancora troppo sorpreso per tutto quello per riuscire davvero a parlare.
Era così semplice, alla fine, riuscire ad avere un contatto?
Era così semplice, alla fine, rinunciare a ogni cosa per una nuova verità?
Si illuse, per un attimo, che persino Mukuro potesse essere attraversato dai suoi stessi dubbi, proprio quando il ragazzo spinse entro la sua bocca un dito, scrutando con lo sguardo ogni sua singola reazione.
Tsuna non disse nulla, lasciando che Rokudo si permettesse di invaderlo a quella maniera con la sua crudele illusione.
Ma anche Mukuro vibrò, trasportato dallo sguardo con cui veniva ricambiato.
-Sawada…-

La porta del bagno si aprì di scatto, trasformando il niente in niente e il sogno in un rigetto scomposto di emozioni della mente.
-Tsuna, è pronta la cena in tavola! Sbrigati a vestirti!-
   
 
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