Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Red_Hot_Holly_Berries    14/03/2011    3 recensioni
Fin da sempre, Inghilterra aveva saputo che il suo gemello Britannia avrebbe amato America, poiché era facile vedere in quel bambino tutto ciò di puro e bello che l'Europa aveva ormai perso.
Ma non per questo Inghilterra aveva intenzione di permettere a quel moccioso viziato di far crollare il loro Impero e di far soffrire l’unico fratello che amasse. Neanche per sogno.
~Per tutti coloro che si sono mai chiesti se Pirate!England e l'Inghilterra che conosciamo siano due persone completamente diverse.~
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Per tutti coloro che ammirano pirate!England e si chiedono cosa sia mai successo all'Impreo più grande del mondo perchè sia dieventato così chiuso in sè stesso e solitario.
Per tutti coloro che hanno creduto che soffrisse di personalità multiple, come me. XD
Per tutti coloro che ritengono che Inghilterra meriti un pò di amore, incondizionato da guerre, trattati e tradimenti.



Masters Of Puppets

Chapter 1: The Land's End

"Con l’aiuto del Cielo ho conquistato un impero enorme per te. Ma la mia vita è troppo corta perché io riesca a conquistare il mondo intero. Questo compito lo lascio a te.”

Gengis Khan


“…Mi state ascoltando, Inghilterra?”
Inghilterra sobbalzò, strozzandosi col sorso di vino che stava bevendo e cominciando a tossire, evitando al pelo di fare la figura dello zotico e sputare nel suo bicchiere.
La regina attese con pazienza (e un sorrisino divertito) che Inghilterra finisse di espellere il nettare di Bacco dai suoi polmoni prima di porre di nuovo la sua domanda.
“Non mi state ascoltando.” No, stavolta era un’affermazione senza possibilità d’appello.
“Errr… Stavate dicendo, vostra graziosa e benevola maestà…?” Tentò Inghilterra, cercando di darsi un’aria più convinta raddrizzandosi il colletto inamidato della camicia.
La regina sbuffò in maniera molto poco regale.
“Poche lusinghe, Inghilterra, o comincerò a pensare che lo pensiate davvero.”
Inghilterra cercò di comunicarle con uno sguardo che lui intendeva davvero quelle cose, dato che esprimere quel concetto a parole era davvero troppo spinoso, ma quando la donna si limitò ad inarcare un sopracciglio, si arrese.
“Ammetto che la mia mente ha divagato per un attimo, maestà. Vi prego di perdonarmi.” Si scusò in tono cordiale Inghilterra, accennando un mezzo inchino dalla sua poltrona, con una scioltezza che molti cortigiani più maturi gli avrebbero invidiato.
“Sono più giorni che continuate a distrarvi, Inghilterra. Sta forse succedendo qualcosa nel mio regno di cui non sono a conoscenza?” Domandò la regina con apparente leggerezza, ma fissandolo con sguardo inquisitore.
Più di una volta era riuscita a scongiurare emergenze proprio grazie ai preventivi avvertimenti della personificazione della sua nazione, perciò aveva imparato a non ignorare i suoi apparenti malumori o malesseri.
Inghilterra giocherellò con il suo calice di cristallo, facendo roteare il vino rosso contenutovi, cercando di mettere in parole ciò che i suoi sensi di nazione gli dicevano.
“Non… Sta succedendo niente di grave, o almeno credo. È che… C’è qualcosa. C’è qualcosa che prima non c’era sulle mie terre, e non capisco cos’è.”
Ad un cenno d’assenso della regina, continuò, meno esitante.
“È una sensazione simile a quella che provo quando un’altra nazione calpesta il mio suolo, ma è diverso, perché sento che non è un pericolo. So che sembra assurdo, ma lo sento come se fosse una parte di me.”
La regina aggrottò le sopracciglia.
“Simile a ciò che sentite con Galles?” Domandò, ricordandosi la precedente spiegazione che le era stata fornita sui “sensi” delle nazioni.
“S…No, non proprio. Io posso percepire le terre di Galles e la sua gente, ma non posso sentire fisicamente mio fratello. Con questo… Questa persona, è quasi il contrario. Riesco a sentire solo lei, e molto vagamente.”
Inghilterra tacque un attimo, senza smettere di fissare le onde rubino del suo vino, come se vi potesse trovare la risposta a tutte le sue domande. In vino veritas…
“Questo… Questo qualcuno mi sta chiamando. Credo di dover andare da lui.”
La regina spianò il suo cipiglio e lo guardò stavolta con divertita curiosità.
“Siete sicuro che non si tratti di un pericolo imminente, dunque?” Inghilterra scosse la testa, deciso.
“No, ne sono sicuro. Non so cosa voglia da me, ma sono certo che non intenda nuocermi.”
“Allora vi conviene farmi quella domanda, prima che sia io a costringervi a farlo.” Disse la regina con un sorrisino, al che Inghilterra posò il calice ancora mezzo pieno sul tavolino, si alzò con grazia e si inchinò davanti alla poltrona della monarca.
“Vostra maestà, posso umilmente chiedervi il permesso di congedarmi dalla vostra presenza? Vi sono degli affari che richiedono la mia attenzione in Cornovaglia.” Chiese Inghilterra in tono esageratamente pomposo per quel contesto informale, baciando la mano della regina e fissandola con occhi verde smeraldo che brillavano di divertimento per quel gioco di doppi sensi e recitazione a cui aveva accettato di partecipare.
“Ve lo concediamo, gentile messere.” Rispose per le rime la regina, l’espressione solenne rovinata da un sorrisino ribelle, mentre Inghilterra si rialzava e faceva cenno a un paggio di porgergli il suo soprabito.
“Per quanto contate di stare via, Inghilterra?” Domandò poi, tornando ad adagiarsi contro lo schienale della sua poltrona e facendosi versare dell’altro vino da una dama di compagnia.
“Un paio di settimane, come minimo. Forse tre.” Fu la risposta mentre Inghilterra si allacciava i bottoni del cappotto, preparandosi a difendersi dal freddo dell’autunno.
“Addirittura? Vi porteranno così lontano i vostri affari, dunque?” “Temo di sì, vostra maestà. Fino alla punta più a ovest della Cornovaglia. Fino alla fine della terra, a Land’s End.” Rispose Inghilterra, mettendosi il cappello in testa e facendo un ultimo inchino alla sua regina prima per salutarla.
“Buon viaggio, Inghilterra.” Fu l’ultimo saluto di Elisabetta Tudor prima che la sua nazione si voltasse e uscisse definitivamente dalla stanza con uno svolazzo del cappotto.

Inghilterra trasse un profondo respiro, lo trattenne per un lungo momento e poi lo esalò lentamente, sentendo tutto il petto vibrare.
Amava l’odore del mare.
Amava il sapore salmastro che l’aria marittima gli lasciava sulla lingua, come amava il richiamo stridulo dei gabbiani, il mutevole fischio del vento, il rombo cupo del mare che si infrangeva ai piedi delle scogliere, e tante, tante altre cose che in quel momento non riusciva ad elencare.
Amava il mare, semplicemente.
Respirò di nuovo profondamente, poi rimontò in sella e lasciò che il suo cavallo scegliesse la strada che più gli piaceva nella brughiera, sentendosi pervadere dall’odore di ozono e dall’elettricità nell’aria che precedevano una tempesta.
Era in viaggio da una settimana, e finalmente era arrivato a Land’s End, la punta più a ovest della sua isola, dove continuava a percepire il motivo della sua presenza lì.
Inghilterra calò ulteriormente il cappuccio sugli occhi per dal sole che, per quanto fievole, gli impediva di discernere l’orizzonte, e scrutò attentamente il paesaggio, dalla piatta brughiera al bordo a precipizio della scogliera: la sua preda doveva pur essere da qualche parte… Non era esattamente l’ambiente più favorevole per nascondersi e tendere un agguato, dopotutto.
Ma di nuovo, colui che l’aveva chiamato lì non aveva nessuna intenzione di nascondersi, lo sentiva.
Inghilterra spinse il cavallo al trotto e prese a seguire il contorno della costa, tenendosi giusto a distanza di sicurezza dal precipizio: sentiva che era vicino, molto vicino…
Man mano che il forte vento spingeva con prepotenza i nuvoloni neri verso la terraferma, nascondendo il sole e facendo calare una sorta di grigio crepuscolo, per Inghilterra il tempo sembrò dilatarsi fino a perdere significato, tanto che quando avvistò la figura incappucciata seduta sull’erba a pochi metri dalla scogliera, non avrebbe saputo dire se fosse passata un’ora o solo un minuto.
Il suo cavallo parve percepire la sua eccitazione, poiché drizzò le orecchie in avanti e allungò il passo, giungendo a un piccolo galoppo, dirigendosi spontaneamente verso lo sconosciuto.
Per un breve istante Inghilterra si chiese se fosse stato il rumore attutito degli zoccoli sull’erba a far voltare la figura, o se quella avesse sentito la sua presenza nella stessa prorompente maniera in cui la nazione britannica la stava sentendo, ma la domanda ai suoi occhi sembrò perdere senso quando la persona si alzò in piedi, scuotendo via dal mantello erba e polvere.
A pochi passi di distanza, Inghilterra frenò il cavallo e smontò, togliendosi distrattamente il cappuccio mentre l’altro gli si avvicinava con calma, intabarrato in un lungo mantello blu.
La molle presa che Inghilterra aveva sulle redini si strinse improvvisamente fino a conficcarsi quasi le unghie nei palmi quando lo sconosciuto lo imitò, allungando le mani verso il suo cappuccio e tirandolo indietro, rivelando una vista che fece mancare un battito al cuore della nazione.
Corti capelli biondo cenere, spettinati dal vento sempre più forte, sopracciglia folte, zigomi alti, mascella poco squadrata con appena un’ombra di barba altrettanto bionda, labbra sottili tirate in un sorriso di feroce felicità che illuminava anche quegli occhi verdi come la brughiera.
“Buonasera. Sono felice che tu sia venuto a cercarmi.” Disse quella copia carbone di Inghilterra, la voce pregna di un’emozione che a tutta prima Inghilterra non riuscì a riconoscere, ma che fece addolcire un poco la scintilla che brillava nel suo sguardo, prima simile alla fiamma a malapena trattenuta dal vetro di una lanterna.
“Chi sei? Un trucco dei Fae?” Domandò Inghilterra non appena ritrovò l’uso della parole, ma l’asprezza delle sue stesse parole gli lasciò l’amaro in bocca. Troppo diretto, per i suoi gusti.
L’altro notò la sua reazione e ne rise.
“No, loro non centrano niente. Non lo senti? Sono parte di te.”
Inghilterra fece una smorfia sentendo l’enfasi su quel “senti”, ma si trovò suo malgrado ad annuire.
Sì, poteva sentire quello sconosciuto… Che sconosciuto non era, però, tanto che immaginò che un cane dovesse sentirsi così nell’annusare la sua stessa usta.
Dalla persona di fronte a lui Inghilterra percepiva una miscuglio di sentimenti, aggrovigliati come fili di un gomitolo di lana, che variavano dal eccitazioneappagamentosollievo al nervosismoinquietudineagitazione, ma che sentiva come suoi, tanto che dovette concentrarsi con tutto sé stesso per impedire loro di sommergere la sua mente.
“Sento… Qualcosa. Ma non… Non so cosa sia. Cosa tu sia.” Fu alla fine l’esitante risposta di Inghilterra, fissando l’altro negli occhi come per costringerlo a parlare.
La sua “copia” ridacchiò, con appena un pizzico di malizia rivolta verso sé stesso.
“È tutto confuso, vero? È così anche per me, te lo assicuro. È come… Se non fossi ancora del tutto formato.” Si osservò le mani, quasi aspettandosi di potervi vedere attraverso, dato che ad entrambi sembravano così incomplete, così come pareva tutto il resto del gemello di Inghilterra, e continuò, quasi sovrappensiero: “Cosa che probabilmente è vera. Dopotutto, sono nato da così poco… Ho ancora bisogno di capirci qualcosa io stesso.”
A quel commento, Inghilterra inclinò leggermente il capo di lato, incerto sul collegamento che la sua mente aveva fatto tra quei pochi fatti.
“Nato… Da poco? Sei… Sei una Nazione anche tu?”
Lo strano personaggio vestito di blu ghignò e annuì, la sua spavalderia che rapidamente aumentava mentre allungava una mano verso Inghilterra, che colse l’imbeccata e la prese, stringendola.
“Mi chiamo Inghilterra. Hu… Piacere di conoscerti…?” Si presentò Inghilterra, un poco incerto sulla sincerità della seconda parte, ottenendo nuovamente una risata dall’altro.
“Il piacere è tutto mio, Inghilterra.” Chissà perché, ma detta da lui, la formula di rito assumeva un significato quasi minaccioso, o profetico.
“Il mio nome è Britannia. O almeno questo è il nome che mi daranno. Sono l’Impero Britannico.”
Inghilterra sgranò gli occhi, fino a che quasi le sue sopracciglia si congiunsero ai capelli.
“Impero cosa…? Ma io non ho nessun-”
“Lo avrai. Te l’ho detto, sono appena nato, dammi tempo!"
Britannia si voltò a guardare verso Ovest, da cui il temporale si stava avvicinando sempre di più, rombando simile ad una valanga inarrestabile, ma ad Inghilterra sembrò che l’altro stesse cercando con lo sguardo qualcosa oltre la coltre di nubi nere.
Un lungo silenzio li avvolse mentre, immobili ed inamovibili come due menhir gemelli, osservavano lontani lampi tracciare il cielo come ferite sanguinanti, fino a che il ruggito del primo tuono giunse alle loro orecchie.
“E così… Il nuovo mondo?” Domandò Inghilterra, sottovoce, sapendo che l’altro lo avrebbe udito ugualmente.
“Sì. Non avevi idea di cosa hai messo in moto quando hai dato a quei coloni il permesso di andare in America.” Annuì Britannia senza distogliere lo sguardo (se non fisico, mentale) dalle sue terre appena nate in Occidente, ma riuscì a cogliere comunque lo sguardo avido che stava affiorando sul volto dell’altro.
“Il nuovo mondo… Un Impero tutto mio.”
“Sì, Inghilterra. Sarà tutto tuo, sarà tutto nostro.” Britannia prese una mano di Inghilterra nella sua e la strinse, notando con piacere che l’altro non si ritrasse.
“E i sette mari?” Domandò la nazione inglese, con la stupefatta petulanza di un bambino che non riesca a credere ai suoi occhi.
“La nostra flotta è la migliore del mondo: l’Atlantico è già praticamente nostro… Non ci resta che farlo sapere a quei bastardi europei. E anche gli altri mari presto saranno nostri.”
“E l’Oriente?”
Britannia accarezzò affettuosamente il palmo della mano di Inghilterra con il pollice, in qualche modo fiero che l’altro avesse chiesto prima dei mari e poi dell’Est. Buon sangue non mente, dopotutto. Entrambi erano nati dal mare per amare il mare.
“Anche quello un giorno sarà nostro. E perché no? Magari tutto il mondo sarà nostro.”
Finalmente Britannia si voltò verso il gemello e, scoprendo che l’altro lo stava fissando, gli fece segno di avvicinarsi.
“Te lo giuro.” Disse Britannia, sfruttando la loro uguale altezza per appoggiare la fronte contro quella di Inghilterra, posandogli le mani sulle spalle.
“Tu mi hai dato vita, e io giuro che ti renderò grande.” Gli occhi verdi di Inghilterra penetrarono in quelli altrettanto verdi del neo Impero, e vi vide una promessa di tale grandezza, di tale magnificenza, che gli fece battere più forte il cuore.
“Il nostro sarà il più grande Impero mai creato dall’uomo. Più grande di quello di Roma, di Alessandro Magno, di Gengis Khan.”
In quel momento fronte del temporale li colpì, ed il vento ululante soffiò loro addosso le prime gocce d’acqua.
“Sì, Britannia. Saremo grandi.” Disse Inghilterra con un ghigno identico al suo, ogni sua incertezza dimenticata.
“Ma adesso vieni con me. C’è una regina che devi incontrare.” Continuò, girandosi e portandosi due dita alla bocca per lanciare un fischio di richiamo al suo cavallo, allontanatosi innervosito a causa della tempesta. Buffo, non si era nemmeno accorto di aver lasciato andare le redini.
“La regina del mio Impero? Voglio proprio conoscerla.” Rise Britannia, issandosi in sella dietro ad Inghilterra, e cingendogli la vita con le braccia.
“Credo che ti piacerà.” Sogghignò Inghilterra, prima di dare di sprone e voltare le spalle all’Ovest e al temporale che li incalzava, i cappucci abbassati per sentire la pioggia sulla loro pelle, come se il Cielo stesse dando loro l’estrema benedizione.
Se solo avessero saputo quante altre volte quella stessa scena si sarebbe ripetuta…



Bene bene bene! Ecco un'altra fanfiction partorita dalla mia mente malata! ^^
Lo SO che dovrei aggiornare, ma dopo mesi di blocco dello scrittore il plot bunny mi ha attirato nei meandri dei miei pensieri più contorti fino a giungere alla fatidica domanda ce ha scatenato il tutto: come mai Inghilterra-Impero e Inghilterra-UK sono così diversi? Quasi fossero il gemello cattivo e il gemello buono?
E qui la mia mente era già partita per la tangente. XD
Vi prego, ditemi cosa ne pensate del mio Britannia (nome liberamente tratto dall'inno nazionale "Rule, Britannia" XD. E comunemente usato sul fandom inglese in cui sguazzo abitualmente).
Una copia sputata di Inghilterra? O sembra avere un minimo di carattere? Chi lo sa? xD
Solo, vi prego. Recensioni di almeno due righe. Che mi riempiano almeno una riga intera quando le leggo dal mio profilo. Lo so che già è tanto se per ogni 5 persone che leggono 1 recensisce, ma almeno quell'unica mi dia soddisfazione! Non vi cadrebbero le braccia anche a voi se vi trovaste una sfilza di recensione di "Oh, bellissimo!", "Mi è piaciuto taaaaanto. Aggiorna!" e "Che bello! Chissò cosa succederà?".
Pleeeeease....
  
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