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Autore: Kate_88    15/03/2011    15 recensioni
Usagi soffre la solitudine, vivendo ogni giorno con una maschera. È cambiata, è infelice ma non lo mostra. Tutto vacilla intorno a lei, eppure, basterà un dolce a forma di coniglio per far capire, a chi è intorno a lei, che qualcosa non va...
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chibiusa, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Una piccola One - Shot nata in un momento di tristezza e noia. Ho provato a descrivere alcuni sentimenti che potrebbero forse colpire chiunque anche se in modo diverso. Buona lettura. Come sempre, spero vi piaccia.


Kate_88

 

Il muro

 

 

 

Tutto era iniziato anni prima, quando una bambina dai codini rosa cadde dal cielo, arrivando tra le braccia di Mamoru.

Era il prologo di quei sentimenti, di quel muro che piano piano Usagi aveva creato, costruito, cercando un modo, una scappatoia per sfuggire a quel dolore, quella gelosia che da subito provava nei confronti dei due.

Aveva sperimentato la solitudine durante il primo anno di liceo, aveva perso entrambi poi, quando tornarono nuovamente li ritrovò insieme: Chibiusa adorava il padre e Mamoru adorava la sua futura figlia.

Se Chibiusa doveva studiare, Mamoru con dolcezza l'aiutava.

Se le chiedeva di andare al Luna Park, lui prendeva il permesso in ospedale per accompagnarla oppure le dedicava il suo giorno libero.

Se c'erano le gare a scuola, Chibiusa chiamava Mamoru e si dimenticava di Usagi.

Se Usagi chiedeva qualcosa a Mamoru, veniva dopo il lavoro, dopo Chibiusa, dopo ogni cosa.

Ed erano tasselli, piccoli mattoncini che messi uno sopra l'altro, avevano contribuito a formare quel muro. Ora nessuno poteva scalfirla, nessuno poteva farle del male, d'altronde aveva resistito a troppe cose, tuttavia, mentre l'indifferenza aumentava, l'affetto per tutti sembrava diminuire, perchè ogni persona in quel mondo sembrava amare Chibiusa.

Non c'erano più nemici e mantenere le distanze era più facile del solito, eppure nei momenti in cui era sola, si lasciava andare a quei sospiri colmi di malinconia, a quegli attimi di tristezza.

Luna aveva capito che qualcosa non andava, d'altronde viveva con Usagi ormai da anni e la conosceva, sapeva che quello sguardo, quel sorriso, non avevano nulla di vero e s'interrogava sui motivi perchè Usagi, con un sorriso e gli occhi dolci diceva sempre che andava tutto bene.

Le ragazze non domandavano nulla. In qualche modo capivano che stavolta la lotta era solo sua, interiore e che probabilmente doveva risolverla da sola, tenendo la mano quando lei stessa l'avesse richiesto.

 

Stranamente in classe le cose andavano bene, i suoi voti avevano avuto una particolare impennata arrivando nei primi quindici nell'ultimo esame.

Si concentrava sullo studio, eliminava il superfluo e piano piano eliminava anche quella gelosia prepotente.

Se Mamoru le diceva che accompagnava Chibiusa, lei annuiva e se ne tornava a casa, lasciando quel ragazzo che scioccamente credeva andasse tutto bene.

« Chibiusa ma non sei stanca? Siamo stati su tutti i giochi. »

« Forse si... ma lì c'è una pasticceria. Ci fermiamo? »

Chibiusa indicava una pasticceria molto bella, con dei dolcetti in vetrina che facevano venire fame, tuttavia l'attenzione si catalizzava su una pasta a forma di coniglio, ripiena di limone, con la panna e la bocca con crema alla fragola.

« Mamo! Quella sembra Usagi. Prendiamogliela. Sicuramente le piacerà, ghiotta com'è. »

« Hai ragione. Ne prendiamo una sola per lei così se la mangerà e sarà felice. »

Chibiusa annuì e trascinò Mamoru dentro la pasticceria, ordinando quella pasta e facendola impacchettare in una confezione con delle stampe a forma di coniglietti.

 

Salutando Mamoru con un bacio sulla guancia e ringraziandolo della giornata, Chibiusa entrò in casa con il pacchetto, correndo per le scale, salendo in camera di Usagi senza bussare.

« Ti ho detto mille volte che devi bussare. È così difficile imparare un minimo d'educazione? Non salgo in camera tua senza bussare, mi sembra. »

Chibiusa rimase un po' stupita da quelle parole, di quel tono.

Usagi si pentì perchè per un attimo la sua maschera aveva vacillato, il suo cuore anche.

« Scusa... comunque ti ho portato un regalo dal Luna Park. È anche da Mamo solo che non si è potuto fermare, l'hanno chiamato per il turno di notte. »

Usagi per un attimo guardò il cellulare. Mamo non l'aveva avvertita, aveva mandato Chibiusa come messaggero.

La rabbia salì ma, mettendo un altro mattoncino, ingoiò il colpo.

« Ti ringrazio. »

« È un dolce... insomma è una pasta però è a forma di coniglio. Abbiamo pensato a te... »

« Grazie ma sono a dieta, non posso mangiarla. Mangiatela voi due al mio posto. »

Non alzava lo sguardo dai libri e Chibiusa si sentì ferita.

Uscì dalla camera con gli occhi lucidi e se ne tornò in camera sua stringendo nelle mani quel pacchetto che neanche portò in frigorifero.

 

Il giorno dopo Chibiusa era pronta per andare a scuola, attendeva Usagi ma questa non scendeva.

La madre, anche se non reale, informò la ragazzina che Usagi era già andata, molto presto, lamentandosi che avrebbe fatto tardi.

Quella ragazzina dai capelli rosa accusò il colpo andando a scuola senza dire nulla, senza lamentarsi o altro.

Una nuova giornata si svolgeva anche per Usagi, tuttavia giorno dopo giorno la sua esistenza diventava piatta.

Non c'erano più quegli attimi di dolcezza con il suo fidanzato, non c'era l'adrenalina che scorreva in corpo quando i nemici attaccavano, non c'era la paura che alimentava l'animo umano. Ora c'era indifferenza. Sofferenza. Tristezza e nuvamente Solitudine.

Quanto pesava sul cuore quell'esistenza e quell'angoscia, tutti sentimenti forse troppo pesanti per una sola persona che si rifiutava di condividerli con le persone che le stavano accanto.

La voglia di fuggire aumentava.

La voglia di sfuggire a quel mondo che ormai non le dava più emozioni, accecata dalla gelosia che aveva trasformato in muro, coprendosi con quello strato, duro come la corazza di una tartaruga.

In tutta quella solitudine, una domanda prontamente le balenava nella testa: perchè Mamoru non s'accorgeva di quello che accadeva?

 

Chibiusa dopo la scuola si recò all'ospedale dove Mamoru era tirocinante. Lo attese in una stanzetta e si fece medicare anche un ginocchio che s'era sbucciata cadendo al ritorno da scuola.

« Sei venuta qui solo per farti medicare? »

La ragazzina scosse il capo.

« Che succede? Hai di nuovo litigato con Usako? »

« Non proprio. Credo sia arrabbiata con me. Ieri mi ha risposto male perchè sono entrata nella sua stanza senza bussare. Ha detto che non ho un minimo d'educazione, però era diversa. Era cattiva quando me l'ha detto. Mi ha trattata come un'estranea. Il dolce non l'ha voluto. Ha detto che è a dieta. Forse è arrabbiata perchè le diciamo sempre che se mangia ingrassa, fatto sta che stamane non mi ha neanche aspettata per andare a scuola. »

Mamoru sorrise e carezzò il capo della bambina.

« Poi le parlerò ma tranquilla, sicuramente sta bene. »

Chibiusa credette a quelle parole, tornandosene a casa ed andando a studiare, o meglio giocare, in camera sua.

 

Un messaggio destò Usagi dai suoi compiti. Era Mamoru che la invitava ad uscire.

Sembrava quasi volerlo accontentare, ormai non stava tanto bene neanche tra le braccia dell'uomo che amava, o forse era solo titubante.

Incerta lo abbracciava ma quando era tra le sue braccia il mondo spariva e una fiamma le scaldava il cuore.

Raggiunse Mamoru al parco e sorrise, mostrando quella facciata felice.

Si scambiarono un leggero bacio sulle labbra, poi l'osservò meglio notando il camice da tirocinante.

« Eri a lavoro? »

« Veramente tra un'ora devo rientrare. »

« Ah avevi un buco. »

« Come stai? Studi sodo ultimamente »

« Gli esami sono sempre vicini e devo diplomarmi con un bel voto. »

« Sai, sei cambiata molto ultimamente. Sei più responsabile... »

Per un attimo quel complimento la fece sorridere, spontanea, mostrando quegli occhi dolci.

« Devo impegnarmi tanto quanto lo fai tu. »

« Oggi è passata Chibiusa in ospedale, lo sapevi? »

« Ah Chibiusa? No, non lo sapevo »

E fu di nuovo tristezza.

Di nuovo lei, anche quando non c'era.

« Dice che l'hai trattata male, più che altro dice che sei strana. Tutto bene tra voi due? Spesso bisticciate, però non l'ho mai vista così turbata »

In quel momento fu come se qualcosa si ruppe dentro di lei.

Vedeva turbata Chibiusa e non lei.

Si era preoccupato solo perchè la figlia del futuro s'era un po' intristita.

Non si rendeva conto cos'è che aveva realmente quella che doveva essere la sua fidanzata.

Era scontato quello che il suo cuore vedeva: se Chibiusa non fosse stata la figlia e avesse avuto qualche anno in più, Mamoru non avrebbe avuto dubbi nella scelta.

Usagi si alzò in piedi, con un po' di tristezza baciò il ragazzo e poi sorrise, cercando dentro di se la forza.

« Le parlerò dopo aver terminato il capitolo che leggevo. Immagino ora sia tardi. Ci sentiamo... Ciao Mamoru. »

Usagi si allontanò ma stavolta Mamoru notò qualcosa di diverso.

Nel vederla allontanarsi notò quasi una malinconia che l'avvolgeva, notò uno sguardo triste e allo stesso tempo risoluto. Lei era cambiata, c'era qualcosa che non andava e questa cosa lo spaventò tanto da rimanere lì ad osservarla, quasi fosse l'ultima volta che vedeva quella sagoma che passo dopo passo rimpiccioliva.

 

Usagi se n'era andata, il suo però non sembrava un addio, non per la famiglia.

Mamma, papà. Vado qualche giorno fuori Tokyo. Ho bisogno di studiare e qui non riesco bene, ci sono troppe distrazioni. Voi non preoccupatevi. Ho comunque i soldi con me e mi sono portata il necessario. Vi voglio bene.

 

Usagi

 

Quando Chibiusa fu informata, rimase quasi senza fiato. Corse in camera della finta sorella e notò che forse aveva portato con se troppi vestiti ed effetti personali per stare fuori pochi giorni.

La foto con Usagi e Mamoru era lì sul comodino. La foto con lei e Usagi era senza cornice, a terra.

Una fitta raggiunse il cuore della ragazzina che, dopo aver giocato tanto tempo a fare la grande, si lasciò andare ad un pianto, degno di una bambina qual'era.

Piangendo, uscì di casa senza tuttavia farsi vedere dai genitori, limitandosi a dire che andava da Mamo e che avrebbe dormito lì.

Non sapeva se lui avrebbe accettato ma doveva provarci.

Raggiunto l'appartamento del futuro padre, si fiondò tra le sue braccia, piangendo, lasciandosi coccolare.

« La Mamma se n'è andata » queste le parole che singhiozzava tra le braccia del ragazzo.

Mamoru non sembrava capire inizialmente, chiedendo così spiegazioni alla ragazzina, una volta calma.

« Usagi. Ha lasciato una lettera dicendo che partiva qualche giorno. Gli altri ci credono ma ha preso tanti vestiti. Lei non mi vuole bene. Se n'è andata. »

Una fitta colpì il cuore di Mamoru.

Non poteva dubitare di quelle parole perchè lui stesso aveva visto una forte decisione nella sua ragazza quel giorno stesso.

Non sapeva cosa dire, fare. Doveva agire ma lo sguardo vacuo lo faceva sembrare quasi privo d'anima.

Stava perdendo la sua ragione di vita.

« Dove sarà andata? » domandò a bassa voce, mentre Chibiusa si rannicchiava sul divano piangendo e prendendo sonno.

Il ragazzo portò la bambina in camera e la coprì senza svegliarla, poi si trascinò al computer, tuttavia non riusciva a fare nulla. Guardava il cellulare ma non squillava.

Voleva piangere, sfogarsi ma doveva essere forte per quella ragazzina che rischiava tutto: la vita e l'affetto della madre.

E solo adesso, davanti al computer e alle foto fatte insieme, si accorgeva di quanto Usagi fosse cambiata in quegli ultimi mesi.

I sorrisi non erano più gli stessi.

La spensieratezza, l'armonia e la dolcezza: tutto era cambiato e lui, come un cieco, non se n'era accorto.

Erano passati dei mesi da quell'ultima gita, in montagna, dove c'erano le terme, il lago e quella piccola pensione, economica eppure bella ed ospitale. Ricordava i complimenti della padrona, ricordava gli sguardi gelosi di Usagi quando alcune ragazze in vacanza si lasciavano sfuggire apprezzamenti su di lui.

Da quant'è che non vedeva la gelosia della sua ragazza così evidente?

Tutto era cambiato e lui accusava ora il colpo, immaginando solo cosa potesse avere quella ragazza, finchè non spostò lo sguardo su Chibiusa su dormiva. Ora tutto era chiaro e s'accorgeva come, per l'ennesima volta aveva sbagliando, ferendo quella ragazza che rappresentava tutta la sua famiglia.

Si alzò dalla sedia e andò in camera dove dormiva Chibiusa. Non riposò molto, attese semplicemente la mattina.

Al risveglio della ragazzina, la preparò per la scuola.

« Oggi non venire qui. Vado a riprendere Usagi. Tornerò, spero con lei, tra qualche giorno. Tu mi raccomando, mantieni il segreto con la mamma di Usagi, non dirle nulla altrimenti si preoccupa e non piangere. Vedrai che tutto si sistemerà.

 

Usagi era seduta su un ramo, sulla riva del lago ad osservare l'alba, quel sole che nasceva, quasi come una speranza.

Si sentiva sola come non mai ed era consapevole che quella fuga non avrebbe aiutato. In ogni caso era stata una codarda. Doveva urlare il suo dolore, urlare al mondo che c'era anche lei, tuttavia non lo aveva fatto ed era fuggita, riparandosi dai colpi in quel posto colmo di bei ricordi.

« Non posso vivere senza te che sei la mia famiglia. Scusa se non mi sono accorto del male che t'ho fatto. Scusa se ogni volta ti faccio soffrire ma ti amo e al mondo mi basti tu per essere felice. »

Usagi fu sorpresa nel sentire quella voce ma non si mosse dall'albero, nascondendo il volto all'amato, nascondendo la sua fragilità.

« Non dire idiozie. Non sei solo. Sono partita un paio di giorni, non sono morta. C'è Chibiusa al tuo fianco. »

Per un attimo le tremarono le mani, la rabbia e la gelosia cominciavano a risvegliarsi.

« Usako... cerca di capirmi. Per anni mi sono ritrovato solo, poi ti ho incontrata e ho scoperto che con te avrei voluto passare il resto della mia vita, poi, dal cielo è scesa Chibiusa ed il me stesso del futuro mi dice che sarà nostra figlia. Nostra. È il frutto del nostro amore. È la realizzazione di tutto ed io non posso far a meno di essere felice. Lei è il nostro sogno che diventare realtà. Mi hai dato una famiglia quando ti ho conosciuto, mi hai fatto felice, mi hai fatto diventare un uomo. Mi sono sentito debole quando non potevo proteggerti, inutile, non capivo a cosa servivo e poi scopro che nel futuro mi regalerai una figlia. Il minimo che posso fare è proteggerla, far si che cresca bene e che tu sia onorata di starmi accanto, perchè voglio che tu sia felice di starmi accanto, voglio che questa scelta non ti pesi mai. »

Mamoru aveva gli occhi lucidi.

Usagi senza guardarlo già piangeva.

Avrebbe voluto sentire quelle parole già tanto tempo fa, eppure ora, di fronte all'alba, erano ancora più belle.

« Ora però Chibiusa c'è. Tu e lei non avete bisogno di me altrimenti non mi mettereste sempre da parte. »

« Io credo che lei abbia davvero bisogno di te e che s'impegni a mostrarsi grande solo per non essere un peso per te. Lo sa che è piombata dal futuro e ha stravolto la tua vita più della mia. È venuta da me, ieri sera, ha pianto tanto. Diceva che la sua mamma non la voleva. »

Una fitta al cuore colpì Usagi.

Quello era il colpo di grazia e così scese dall'albero, attenta a non cadere e con gli occhi lucidi raggiunse Mamoru.

Pianse tra le sue braccia dando sfogo alla sua tristezza, alla gelosia, lasciando che tutti quei sentimenti se ne andassero con le lacrime bagnando la camicia di Mamoru che, a sua volta, stringeva la ragazza, trascinandola giù quando le ginocchia non lo mantenevano più in piedi, scosso anch'egli da quei momenti, mostrando la paura che aveva provato in quei momenti.

Ripeteva più volte le sue scuse, carezzava la testa della ragazza, la stringeva a se nella paura di perderla.

Passò diverso tempo a stringere la ragazza, poi l'aiutò a rialzarsi e l'accompagnò in stanza.

Fece l'amore con la donna che amava e si ricordò di quelle piacevoli sensazioni nel sentirla calda al suo contatto, nel sentirla viva sotto di se.

Solo la sera abbandonarono la pensione, diretti verso casa.

 

Chibiusa, piuttosto triste, si dondolava sull'altalena nel parco vicino casa di Mamoru.

Era ormai sera quando una macchina rossa, a lei familiare, si fermò all'ingresso del parco.

Usagi scese dall'auto mentre Mamoru rimaneva in macchina, lasciando alle due il loro momento, attendendole fin quando fosse necessario.

Chibiusa osservava Usagi e nuovamente capì che non doveva mostrarsi grande, ne rimproverarla, perchè stavolta era stata tanta la paura di perdere la madre.

Le corse incontro piangendo e l'abbracciò, lasciandosi a sua volta stringere dalle braccia di Usagi.

Sentiva la differenza di quella stretta.

I primi tempi vedeva Usagi come una sorella, la stretta se c'era era più debole, ora riconosceva quella sensazione, quel piacevole tepore che solo una madre poteva dare.

« Pensavo non mi volessi più bene. »

« Credevo non avessi bisogno di me »

Anche Usagi aveva perso le parole, lasciandosi andare ad alcune lacrime.

« Scusami se sono stata gelosa. Mi sentivo come se per te non esistessi e considerassi solo Mamoru come tuo genitore. M'impegnerò per diventare la madre che tanto ammiri, per far si che tu sia felice d'avermi come madre. »

« E io diventerò una figlia perfetta. Ti voglio bene. »

 

Terminava con un abbraccio quella giornata.

Usagi aveva ritrovato la serenità, lo stesso valeva per Mamoru.

Continuavano entrambi a studiare ma stavolta entrambi lo facevano per piacere.

Chibiusa, dopo qualche mese, dovette ripartire per il futuro. Stavolta doveva stare con i suoi genitori nel suo tempo, doveva mantenere la promessa.

La sua assenza si sentiva ma Usagi e Mamoru sorridevano ogni giorno, consapevoli che quella peste dai capelli rosa sarebbe stato il risultato perfetto del loro amore, dovevano solo impegnarsi, venirsi incontro ed essere se stessi per diventare i genitori perfetti, seppure con i loro difetti, che avevano promesso d'essere nell'avvenire.

   
 
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