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Autore: Kate_88    16/03/2011    13 recensioni
« Signorina non può entrare, mi spiace »
« Ma sono la fidanzata. Dobbiamo sposarci. »
« Mi dispiace. Ha detto che non ricorda nulla del suo passato »
Quando un dottore pronuncia quelle parole, quando la tua vita vacilla da un momento all'altro, quando il futuro diventa incerto, a cosa ti aggrappi?
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Salve a tutti ed eccomi con una Nuova One Shot.
Questi giorni mi ispirano particolarmente, specie soffermarmi sui pensieri tristi di una Usagi che potrebbe perdere tutto, perchè d'altronde nell'Anime si risolve sempre tutto bene.
Non si devono fare i conti solo con i nemici di altri mondi, ma basta un attimo e ci si rende conto che il destino potrebbe cambiare anche se non si è minacciati da chissà quale alieno.
Spero vi piaccia. Come sempre ho provato a descrivere i sentimenti e le frustrazioni.
Buona Lettura.

Kate_88

 

 

 

Il profondo Abisso che è il tuo cuore.

 

 

« Signorina non può entrare, mi spiace »

« Ma sono la fidanzata. Dobbiamo sposarci. »

« Mi dispiace. Ha detto che non ricorda nulla del suo passato »

Quando un dottore pronuncia quelle parole, quando la tua vita vacilla da un momento all'altro, quando il futuro diventa incerto, a cosa ti aggrappi?

 

Usagi era fuori l'ospedale, lo sguardo basso e gli occhi lucidi.

Era difficile essere forte e non scoppiare in lacrime, d'altronde erano giorni che viveva un incubo.

Stava correndo con Chibiusa quando questa urlò e svanì davanti ai suoi occhi, poi era arrivata quella chiamata.

« Abbiamo trovato il suo numero nel portafogli del Signore Mamoru Chiba. Le chiedo di restare calma e raggiungerci in ospedale. »

Come può crollare il mondo in un istante?

Era bastato un camionista ubriaco ed un ragazzo innocente che tornava a casa dopo avere passato le ultime ore tra libri e malati.

In un solo attimo quel ragazzo s'era ritrovato in una pozza di sangue.

Usagi corse in ospedale, avvertì le ragazze che arrivarono a supportarla, poi restò fuori la porta della sala operatoria. Passarono delle ore. La luce continuava ad essere rossa, poi passò a verde.

Quando i medici uscirono furono chiari: il colpo era stato forte, aveva perso molto sangue e avendo sbattuto la testa c'era la probabilità che avesse riportato dei danni. Solo al risveglio potevano avere delle risposte.

Passarono giorni interminabili, lenti e tristi, finchè Mamoru non si svegliò.

Ogni funzione vitale era stabile, era in ottime condizioni ma non aveva alcun ricordo del suo passato. Di nuovo quell'incubo.

Aveva chiesto di non vedere nessuno, non ricordandosi della sua Usagi e così fece mandare via quella ragazza dai buffi codini e lo sguardo perso.

Essere adulti, dopotutto, non era questa gran cosa.

 

Erano passati ormai due mesi da quel giorno e Mamoru era tornato nel suo appartamento.

Osservava tutto come fosse un estraneo nell'appartamento di qualcun altro.

Era frustrante.

Non ricordava della sua presunta fidanzata. Non ricordava dei suoi amici. Non sapeva che una figlia era scomparsa a causa di quel trauma.

Vivere un'esistenza inutile lo debilitava e non sapeva che, a pochi isolati dal suo appartamento, una ragazza ingoiava lacrime amare.

Per Usagi la vita non era andata bene in quel periodo.

Dopo il diploma aveva deciso di trovarsi un lavoro, così da collaborare alle spese della famiglia, poi aveva ricevuto la proposta di matrimonio di Mamoru e così iniziò a mettere da parte i soldi per il matrimonio, così da non far gravare il tutto sul fidanzato.

Dopo l'incidente, tuttavia, si era molto lasciata andare. Era debilitata nel fisico e spesso era mentalmente assente, rifugiandosi in quei sogni pieni di speranze che un tempo aveva.

A lavoro non poteva andare in quello stato, il proprietario ci stava rimettendo in termini di affari e così l'aveva licenziata, senza neanche attendere un giorno in più.

Passava il suo tempo a casa oppure al tempio di Rei, a pregare un qualche Dio affinchè il suo ragazzo tornasse quello di un tempo.

Le preghiere si susseguivano giorno dopo giorno, fino al giorno in cui decise di smettere.

Arrendendosi a quel destino beffardo, aveva deciso che se lui stava bene, poteva ricominciare una vita, non era necessario che si ricordasse di lei.

 

Ogni sera, prima di dormire, Mamoru osservava le foto che aveva in casa con Usagi.

Era innegabile. Quella ragazza era felice e ancora di più, lo era lui. Sorrideva, la stringeva a se. In una foto la baciava. Erano innamorati.

Poi c'era una foto. Erano distanti, le braccia tese verso il basso, sembravano tenere qualcuno per mano, ma c'era un vuoto, non c'era nessno.

Erano felici in quella foto, con lo sfondo del mare ed entrambi in costume da bagno.

Aveva mal di testa a furia di guardare quelle foto e si sentiva un verme.

Come poteva presentarsi da quella ragazza, probabilmente dopo averla fatta soffrire, e dire che voleva conoscere il suo passato?

Doveva riprendere in mano la sua vita.

 

Usagi stava camminando per le vie del centro, distribuendo i suoi curriculum nei vari negozi, tuttavia nessuno sembrava convinto di quella ragazza un po' sciatta, vestita con una gonna lunga e un golfino ingombrante. L'unica parte curata erano i suoi capelli, che contrastavano lo sguardo vuoto e privo d'espressione.

Un po' si odiava. Era innegabile come fosse strettamente dipendenta da Mamoru, tanto da annullarsi in quelle situazioni.

Troppe volte erano stati divisi ed ora un senso di rassegnazione le oscurava il cuore.

Si fermò a riposare, seduta su di una panchina davanti al lago del parco. Quanta nostalgia. Lì era realmente cominciato tutto. Lì aveva baciato Mamoru dopo che lui aveva ritrovato la memoria. Lì aveva visto arrivare Chibiusa.

Si toccò il ventre e lasciandosi andare pianse, al pensiero che mai avrebbe avuto quella bambina.

Aveva vissuto gli ultimi anni nella certezza che avrebbe avuto una figlia da Mamoru e, quasi ad un passo dalle nozze, tutto era svanito.

Mamoru intanto camminava per quel parco. L'istinto l'aveva portato in quel luogo, là dove la natura regnava sovrana e gli uccellini cantavano.

In quel contesto così tranquillo vide quella ragazza che piangeva, in silenzio, con il viso riparato tra le mani.

Le porse un fazzoletto.

« Non dovresti piangere. »

Quella voce. Per Usagi fu un colpo al cuore. Alzò lo sguardo con quegli occhi pieni di lacrime.

« Mamoru... oh scusami, si hai ragione, non dovrei piangere. »

Con delicatezza prese il fazzoletto. Le mani si sfiorarono e nella mente di Mamoru vide qualcosa, come un fascio di luce.

Mentre Usagi asciugava le lacrime, il ragazzo sedette al suo fianco.

« Come stai? »

« Senza memoria, direi. Devo chiederti scusa. In ospedale, sono stato un insensibile. È stato traumatico svegliarsi e rendersi conto che intorno è tutto buio anche se si vedono i colori. »

« Non preoccuparti. Capisco. »

« Senti, io so che tra me e te c'era qualcosa... ho le foto in casa. »

C'era qualcosa? No. Mamoru doveva ricordare che quel sentimento non si chiamava “qualcosa” ma Amore.

« Ah le foto. Sono di molto tempo fa. Non sforzarti di ricordarmi, davvero. Io credo che tu debba vivere la tua vita, giorno dopo giorno e non sforzarti di rivivere il passato. Con il tempo, sono certa che ricorderai e semplicemente la tua nuova vita si completerà con quei tasselli che al momento hai perso. »

« Quindi non eravamo fidanzati prima dell'incidente? »

« No. Ci eravamo già lasciati » e pronunciando quella frase, strinse in un pugno la mano sinistra, nascondendo l'anello di fidanzamento.

Quella ragazza non era sincera e anche se Mamoru non si ricordava di lei, sembrava quasi conoscerla, tanto da interpretare i suoi sguardi e le singole espressioni.

Era un involucro vuoto che camminava, schiacciata dal peso di tutte quelle responsabilità che, da un giorno all'altro, doveva assumersi.

Eppure, se curata, poteva essere la rosa più bella del giardino, la regina di tutti i fiori.

Al pensiero di quella ragazza, un nuovo fascio di luce sembrò quasi attraversargli la mente.

 

Nel suo appartamento, Mamoru stava sistemando alcuni oggetti che, inspiegabilmente, s'era ritrovato sparsi per la casa.

Un peluche a forma di coniglio, o meglio uno zainetto. Era pieno.

Non era di Usagi, era di una certa Chibiusa. Quel nome. Un altro nome che gli causava un certo benessere e allo stesso tempo un senso di angoscia.

Altre foto e lo sguardo si posò su una in particolare.

Lui e Usagi.

Lei bella come non mai, diversa dalla ragazza incontrata quel giorno, con un vestito bianco, morbido che le carezzava le forme. Lui con uno smoking. Sorridevano felici e poi lo sguardo cadde sulle mani. Entrambi portavano un anello. Girò la foto che recava la data di tre mesi prima.

Lei aveva mentito, perchè?

Forse non era quella la domanda vera che voleva farle.

Doveva incontrarla di nuovo.

 

Il giorno dopo si recò di nuovo al parco.

Ci sperò quasi che quella ragazza fosse lì e immancabilmente era lì, con un paio di pantaloni scuri e una maglia larga che copriva ogni sua forma. Era vuota alla vista altrui, eppure era lì a dare da mangiare alle papere nel laghetto.

Lei era buona, aveva buon cuore e per questo forse le aveva mentito.

« Perchè ti trascuri così? Non dovresti lasciarti andare in questo modo. »

« Per favore non compatirmi. Io così sto bene. »

« Senti, io so che forse mi odierai, ma devo farti alcune domande. »

« Sei così curioso di scoprire il tuo passato? Ti assicuro che la nostra storia non è stata eccezionale. Ci siamo lasciati subito perchè a me non andava di prendermi certe responsabilità. »

« Io non so perchè stai mentendo ma sicuramente da una parte avrai le tue ragioni, tuttavia, è una bugia, vero? Ho trovato una foto, di tre mesi fa... »

Gli occhi di Usagi pizzicavano, le lacrime erano quasi sull'orlo.

« Per favore basta. Quella foto non... »

« Abbiamo lo stesso anello... e poi chi è Chibiusa? Ho trovato un suo quadern... »

Usagi scattò contro Mamoru, afferrandogli la giacca in lacrime.

« Dammi quel quaderno, ti prego. Uscirò dalla tua vita, non mi vedrai più ma dammi quel quaderno. Per favore. Non te ne faresti nulla tu. Se c'è altro con quel nome dammelo, per favore. Non ti chiederò più nulla ma ridammeli... »

Si lasciò andare a quel pianto stremata, distrutta, crollando sulle ginocchia e trattenendo la giacca di Mamoru che sconvolto la osservava.

Quella ragazza aveva subito un forte Shock e solo a causa di un oggetto e di un nome.

Lui aveva perso la memoria ma lei aveva subito il contraccolpo più forte e contenendolo in quei mesi, prima o poi lo doveva liberare.

Non la poteva lasciare lì in quello stato, così rispose positivamente a quella domanda e la portò nel suo appartamento.

Tutto era in ordine, Usagi non avrebbe avuto dubbi.

Mamoru la fece sistemare nel bagno mentre nella casa raccoglieva quei quaderni, giochi, tutto ciò che lasciava presupporre che lì fosse passata una bambina.

Una bambina.

Un dubbio assalì la mente di Mamoru.

Lasciò un po' sola la ragazza con quegli oggetti finchè questa, al limite delle sue forze, s'addormentò, china sul tavolino, con i capelli biondi che le solleticavano il viso.

Vederla in quello stato lo rese un po' triste e nello stesso momento ebbe una fitta al petto. Innegabilmente non voleva che quella ragazza soffrisse. Forse era il destino che un po' muoveva i fili, ma anche senza memoria s'era innamorato di quella testolina buffa.

Non poteva lasciarla dormire in quella posizione, così la mosse un po', quanto bastava per farla camminare nel dormiveglia, e trascinarla verso il letto.

La fece sdraiare e restò a guardarla per un po' finchè il sonno non s'impadronì di lui, addormentandosi in ginocchio fuori dal letto, con il capo poggiato al fianco della ragazza.

 

E nella notte entrambi la videro: una sagoma luminosa dai codini rosa.

 

Usagi si svegliò per prima, sedendosi sul letto un po' confusa. Aveva dormito bene, troppo bene, d'altronde quella fino a pochi mesi fa era diventata casa sua. Non glielo aveva detto. Non gli aveva rivelato che mentre era in ospedale era venuta in quell'appartamento, liberandolo dei suoi effetti.

Abbassò lo sguardo osservando il ragazzo che dormiva in quel modo e si vergognò.

Non lo voleva svegliare, così rimase ferma nel letto. Un singolo movimento lo poteva destare, tuttavia arrossì violentemente quando lo sentì parlare nel sonno, quando lo sentì chiamarla Usako.

Quanto gli mancava tutto quello.

Sola, in quella mattinata, osservava l'anello al dito, piangendo silenziosamente.

« Ero certo lo portassi ancora. »

S'era svegliato e lei di corsa nascose la mano sotto le lenzuola ed asciugò le lacrime.

« No... io... comunque scusami. Faccio davvero schifo. Tu stai male e hai dormito in questo modo. Io vado a casa. Grazie per quelle cos... »

« Ferma... per favore. »

La bloccò ma nuovamente vide quello sguardo pieno di lacrime.

« Voglio ricordarmi di te. Sento che devo. Devo ricordarmi di te perchè sono sicuro che eravamo indispensabili l'uno all'altro. Sento che devo sapere chi sei perchè ho paura di perderti. Voglio ricordarmi di te perchè voglio vedere di nuovo il tuo sorriso e... »

Si alzò. Aprì un cassetto ed estrasse quella foto con il vuoto al centro.

« voglio scoprire chi riempiva questo spazio, tanto da renderci così felice in questa foto. »

Usagi sgranò gli occhi. Nuovamente distrutta, come fosse malata, con le mani che tremavano, ricominciò a piangere tirandosi un po' la frangia, smuovendola, nervosa.

« Sei crudele. Togli quella foto. Non si può riempire quel vuoto. Non più ormai. Non essere così crudele. Ho sopportato già abbastanza, non credi? »

Le lacrime scendevano senza freno.

Il cuore batteva forte, non per le emozioni bensì per l'agitazione.
Stava male e non sembrava riprendersi, quasi in preda al panico.

Lui era un dottore o meglio, studiava per diventarlo, questo col tempo lo aveva ricordato ma non poteva intervenire, così chiamò un'ambulanza e la fece portare in ospedale dove le diedere un ansiolitico e la lasciarono in una stanza per ventiquattro ore.

Stavolta era lui a sentirsi un verme.

Aveva ridotto quella ragazza in uno stato pietoso.

Non era solo la sua memoria il problema. Il problema era quella foto, quel buco.

Mentre Usagi dormiva tornò a casa e frenetico iniziò a frugare ovunque, cercando un qualche indizio che lo potesse aiutare a ritrovare la memoria.

Era distrutto. Urlava.

Voleva indietro la sua memoria per aiutare la ragazza che amava. La voleva al suo fianco. La voleva vedere di nuovo sorridere.

Quella foto. Quella foto era la chiave di tutto.

E mentre metteva sottosopra quella casa, quasi fossero entrati i ladri, vide di nuovo quella sagoma luminosa dai codini rosa. Si muoveva verso la porta. Voleva essere seguita.

Forse era il suo subconscio, non lo poteva sapere lui, tuttavia seguì quella sagoma. Correva per la città, raggiungendo il laghetto. Quel laghetto era un tassello importante, poi con la mente tornò indietro di alcuni anni. Ricordo di qualcosa o qualcuno che scendeva dal cielo, arrivando tra le sue braccia.

Un mal di testa lo colpì. I primi ricordi.

Continuò a seguire quella sagoma fino a seguirla per tutta la città, al Crown, in ogni luogo dove era stato con quell'ipotetica persona, poi continuando a seguirla, si ritrovò davanti a casa di Usagi. Lì la figura sparì.

Mamoru, con il fiatone, non sapeva cosa fare, poi suonò.

La signora Tsukino aprì la porta.

« Mamoru. Cosa ci fai qui? Stai bene? Ho saputo quanto accaduto e davvero, sono affranta. Mi hanno chiamato dall'Ospedale. Mi hanno detto che un ragazzo l'ha portata lì. Ha avuto una crisi, vero? »

Il ragazzo, imbarazzato e schifato da se stesso, annuì.

« Mamoru non hai colpa. Usagi non è ancora riuscita a riprendersi perchè da un giorno all'altro è tutto cambiato. Sono certa che tra qualche tempo tornerà fantastica com'era. Anche le persone più forti hanno momenti di debolezza e sono certa che anche tra voi due, col tempo, tutto si sistemerà. »

« Signora Tsukino, posso farle alcune domande? »

« Vieni, accomodati. Il padre e il fratello sono fuori casa. »

 

Mamoru osservava quel salotto con estrema curiosità, cercando particolari in quella stanza, poi si fermò ad osservare le tante foto di Usagi su un mobile.

« Avete molte foto di Usagi. »

« Oh si. Le abbiamo messe mesi fa. »

La signora offrì un caffè e un pezzo di torta al ragazzo che intanto cercava risposte.

« Vuoi sapere alcune cose sul vostro rapporto, vero? »

Mamoru annuì, non poteva dire altro.

« Circa otto mesi fa, vicino alla data del diploma di Usagi, le hai chiesto di vivere da te per un po' così da aiutarla nello studio. Grazie a te s'è diplomata con un bel voto e noi tutti eravamo felici. Dopo il diploma siete andati in vacanza insieme e avete scattato quella foto... » indicò una foto su quel mobile dove i due si abbracciavano felici.

« Al ritorno era inevitabile che nessuno dei due riuscisse a separarsi dall'altro, dopo quella convivenza, così le hai chiesto di vivere da te. La mia bambina era al settimo cielo. Il padre all'inizio non era d'accordo ma alla fine sapeva che l'avresti sposata, quindi approvò. Quando siete andati a vivere insieme, spesso con voi c'era una cuginetta di Usagi, si chiama Chibiusa. »

« Chibiusa...? Usagi me l'ha nominata. »

« Era molto legata a voi. Vive lontano da Tokyo, è stata con noi per un po' poi però è tornata dai suoi genitori. Probabilmente non ricordi ma, il giorno in cui hai chiesto Usagi in moglie, ci hai invitati a tutti al Crown. Quello era il luogo di ritrovo tuo e di Usagi, lei mi ha raccontato che tutto è più o meno iniziato lì. Eravamo tutti lì e l'hai stupita come non mai. Hai chiesto la mano di Usagi a suo padre e quando quel testone ha accettato, hai chiesto ad Usagi di sposarla. Le hai dato un anello di fidanzamento molto semplice, com'è lei e noi tutti abbiamo apprezzato questo tuo gesto, poi anche tu hai messo un anello, perchè le hai detto che da sempre immaginavi di portare una sorta di fedina... quella che tutt'ora porti al dito. Poi lì, in quella sala, Chibiusa vi ha scattato quella foto » e indicò la foto di quella sera.

« Ovviamente abbiamo tutte quelle foto di Usagi perchè essendo andata via da casa ci mancava. Quando però ci ha raccontato cos'era successo, abbiamo capito che non dovevamo assillarla. Ascolta Mamoru, solo tu puoi ritrovare la tua memoria e solo lei può tornare ad essere come un tempo. Nello stesso giorno lei ha perso te che eri il suo futuro e Chibiusa che è tornata a vivere con i suoi genitori... »

« Il futuro... io lo voglio ancora con Usagi. Signora, la ringrazio per avermi aiutato, ora però devo andare. Ho una questione importante da chiarire. Io renderò felice Usagi. Sono sicuro di averlo promesso quella sera e lo riprometto ora. Le farò dimenticare la tristezza di questi giorni. »

 

Mamoru correva di nuovo verso il suo appartamento. Voleva rendere felice Usagi. Ora questo lo sapeva più di prima.

Raggiunse il suo appartamento, osservò quel disordine e rise come un pazzo. Come aveva potuto dimenticare?

In quel disordine rivide i litigi di Usagi e Chibiusa, i sorrisi, le lacrime, gli abbracci, i ritorni, gli addii. La somiglianza tra le due e il futuro.

Impetrito rimase a guardare la foto che dall'inizio lo tormentava. Chibiusa apparse nella foto, tornando visibile nel momento in cui la memoria del ragazzo tornò prepotentemente a bussare alle porte del suo cuore.

Aprì un album di foto, tutte con Usagi e in alcune, dove sembrava assumere strane posizione, si accorse che c'era Chibiusa a completare il quadro.

Era stato crudele.

Ora se ne rendeva conto.

La perdita di memoria era stato il male minore. In un solo giorno aveva tolto a quella ragazza l'amore di un compagno e la prospettiva di diventare madre.

Aveva passato troppi anni con una figlia venuta dal futuro, sapeva che quell'avvenire esisteva e lui, trovandosi al posto sbagliato nel momento sbagliato, l'aveva mandato in frantumi.

Era davvero crudele.

Pianse da solo col pensiero della donna che amava, sola in un letto d'ospedale.

 

Una settimana dopo Usagi aveva deciso che forse era il momento di andare avanti e il momento giusto per ammetterlo era davanti a Mamoru.

Avevano un appuntamento e lei ignorava ancora tutto, non sapeva che aveva ritrovato la memoria.

Si presentò al ristorante stabilito con un abito chiaro che ne fasciava il busto e le gambe fino alle ginocchia. Era una donna e Mamoru se ne accorse di nuovo, dopo mesi passati lontano da lei.

Mangiarono scambiandosi qualche parola, parlando di quella settimana poi, dopo aver pagato, prese la mano della ragazza e la portò in quel parco, là dove Chibiusa aveva fatto la sua comparsa.

Usagi non capiva quello che accadeva ma lo stesso iniziò a parlare.

« Mamoru, grazie per questa serata. Ho accettato di venire perchè dovevo scusarmi per la scena pietosa a casa tua e per dirti che riprenderò a vivere tranquillamente. Ho davvero toccato il fondo. Tu ti stai impegnando per vivere, devo farlo anche io. Da domani ricomincerò a cercarmi un lavoro e ce la farò. »

« Sono certo che ce la farai ma anche io devo parlarti. Ti racconto una storia, è vera, ma non prendermi per matto. »

Fece sedere Usagi su una panchina e s'inginocchiò davanti a lei.

« Voglio raccontarti di una storia che per me è molto importante. Un giorno camminando per la città, una ragazza mi lanciò il suo compito di matematica in testa. Era un voto davvero brutto e io, pieno di me, la presi in giro. Non sapevo tuttavia che quella ragazza, di notte, diventava la donna di cui mi ero innamorato e che difendevo come meglio potevo. Poi iniziai a sentirmi confuso. Sulla mia testa finirono compiti, scarpe, la sua stessa testa mi urtò e io iniziavo a sperare in quegli incontri. Mi ero innamorato di lei e di quella combattente, poi scoprii che erano la stessa persona... »

Usagi ascoltava quella storia e gli occhi iniziavano a pizzicare.

« Quando finalmente scoprii che i miei sentimenti erano ricambiati, al primo momento di pace, la invitai ad un appuntamento. Ero imbarazzato ma quando la baciai mi sentii vivo e compresi quanto quella ragazza fosse importante per me. E mentre baciavo quella donna, una ragazzina dai codini rosa mi piombò addosso. Dopo tanto tempo scoprii che in futuro quella bambina sarebbe stata per noi davvero importante... »

Usagi portò la mano destra alla bocca. Le lacrime iniziavano a scendere silenziose.

« Dopo varie peripezie, lontananze, paure e dolori, ho rischiato di perderla. Ho deciso di partire per l'America e le ho fatto una promessa che non sono riuscito a mantenere. Le avevo promesso di scriverle ma il nemico mi aveva preso e lei ha sofferto. Una persona le è stata particolarmente accanto, quando l'ho saputo dentro di me scoppiò una forte gelosia ma non dovevo pretendere nulla perchè la colpa era mia. Lei però scelse me e io promisi che non l'avrei fatta più soffrire. »

« Mamo io... »

« Shhh... ascolta. Ci siamo quasi. Avevo fatto quella promessa ma ero stato un gran bugiardo. A seguito di un incidente, mentre tornavo a casa da quella donna che di lì a poco sarebbe diventata mia moglie, ho perso la memoria. Ti rendi conto? L'avrei sposata. Dopo anni d'amore, forse con un semplice “si” le avrei fatto capire quant'era importante per me. Tuttavia il destino ci giocò di nuovo un brutto scherzo, questa volta però non ero solo io a soffrire, perchè io avevo subito il danno minore. Avevo tolto a questa donna non tanto l'amore che io provavo per lei bensì la figlia che sapeva di potere avere in futuro. Era nostra figlia. Poi è successo qualcosa che neanche il destino si sarebbe aspettato. Mi sono innamorato, senza memoria, di una ragazza che soffriva, desideroso di vederla ridere. E quando al mio cuore ho ammesso questo sentimento, è apparsa lei, dal futuro, a guidarmi per ritrovare tutto ciò che avevo perso. »

Usagi riversava ancora lacrime mentre continuava ad osservare il volto del ragazzo.

« Hai...? Tu hai...? »

« Già, ricordo tutto amore mio ma non ricordo bene una cosa, per questo te lo devo proprio chiedere, è un favore e un desiderio. Ti ho conosciuto che eri una ragazza sbadata delle scuole medie, ti ho vista cambiare al mio fianco, diventare più forte, consapevole fino a che non sei diventata una donna. Ho visto la mia Usagi ragazzina. Ho davanti a me Usagi Donna. Nel futuro, ti va di continuare a crescere con me? Ti va di diventare Usagi Chiba, mia moglie e madre di quella piccola peste che ci ha rubato il cuore? »

Le stringeva le mani mentre la guardava e i battiti del cuore impazzavano in petto.

Aveva gli occhi lucidi ma mai quanto Usagi che piangeva, stavolta felice.

« Non farmele queste domande, già sai la risposta. Avevo paura di non poterti avere più al mio fianco. Avevo paura che non avrei più avuto quella figlia che tanto desideravo. Avevo paura che non potessi mai renderti felice. Voglio stare con te. Lo so da quando quel compito di matematica t'ha colpito in testa. È si, e lo sarà per sempre, ogni volta che me lo chiederai. »

Era la felicità che si poteva quasi tastare con mano.

In lontananza, quando i due innamorati si scambiavano un dolce bacio, la sagoma dai codini rosa svanì, tuttavia non sarebbe stata lontana per tanto tempo.

 

Erano ormai passati due anni e Mamoru rientrò a casa, sistemando la borsa da lavoro e la giacca.

« Sono a casa, non spaventarti. »

Usagi uscì dalla cucina, con le guance un po' piene e arrossate, i capelli sciolti e il grembiule che tirava sulla pancia, al settimo mese.

« Ti stavo preparando la cena... »

« Non sforzarti, voglio che riposi. Non devi affaticarti, devi solo goderti questi tempi. »

Usagi si carezzò la pancia e sorrise quando il marito si chinò a baciare quella rotondità.

« Oggi ancora non t'ho ringraziato. Grazie per tutto quello che fai, per la fatica che sopporti ogni giorno e per quella che dovrai sopportare. »

« Non ringraziarmi. È la mia fatica più bella perchè tu sei al mio fianco. »

Mamoru baciò le labbra di quella donna che dentro di se portava quel piccolo capolavoro, frutto di tante battaglie vinte sempre dai due innamorati che avrebbero continuato a lottare per la serenità di quella famiglia e del mondo intero.

   
 
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