I'll follow you
everywhere.
Un
tipico Sabato pomeriggio di una caratteristica, noiosa e monotona
settimana di
Giugno.
Una
di quelle giornate in cui le persone abbandonavano le calde e
accoglienti
dimore per trascorrere spensierati il loro tempo per i negozi, centri
commerciali,
parchi, insomma, ovunque ci fosse qualcosa di divertente da fare.
Tutti
tranne Hibari Kyoya.
Ancora
non riusciva a spiegarselo su come fosse capace a trascorrere gran
parte (O
anche tutta) la sua vita dentro quella scuola, o meglio,
all’interno della
Reception di cui ne aveva fatto la sua seconda casa.
Il
caldo era così asfissiante e insopportabile che sembrava di
trovarsi nel bel
mezzo di un deserto, il sole picchiava con costanza su ogni parte del
suo corpo
da averlo irrimediabilmente costretto a cosparsi di crema solare
ovunque,di
questo passo sarebbe crollato al suolo per un insolazione prima di
raggiungere
vivo e vegeto anche solo le scale della Namimori.
Era
sicuro che se avesse continuato a girovagare dentro questo Inferno si
sarebbe
sciolto come una fetta di burro.
Sbuffò,
passandosi il dorso della mano sulla fronte e si pizzicò le
guance facendole
assumere un colorito anche più rosso del precedente,
quest’anno era partito con
tutte le buone intenzioni di estirpare Hibari da quella stanza e
condurlo alla
scoperta del mondo, niente e nessuno lo avrebbe fermato in quella sua
impresa.
In
sostanza aveva già fallito miseramente in partenza.
Già
il solo pensare ciò era un totale disastro.
Più
il Presidente della Commissione Disciplinare minacciava di ucciderlo e
più il
cervello di Dino partoriva l’ennesima conclusione che
l’avrebbe condotto prima
o poi direttamente in ospedale.
Hibari
Kyoya era un sociopatico all’ennesima potenza mentre il Boss
dei Cavallone era
il completo opposto, insomma, tutto ciò che il Prefetto
odiava più di ogni
altra cosa al mondo.
Ma
lui, di certo, non avrebbe gettato la spugna così facilmente
quando sarebbe
sorto l’ennesimo muro dinnanzi a sè, li avrebbe
scavalcati, distrutti,
annientati se vi fosse stato il bisogno.
Ma
il ragionamento assumeva una piega diversa quando, ogni volta che si
avvicinava
di qualche passo al suo obiettivo, puntualmente quelle semplici mura si
trasformavano in un grattacielo.
Rimembrava
alla perfezione ogni giornata o secondo che fosse trascorso con il
corvino,
come poterlo dimenticare?
- Sparisci o ti mordo a
morte. – aveva sentenziato come al suo solito, freddandolo
con uno sguardo
d’acciaio.
- Solo se accetti la mia
offerta. – gli rispondeva, come sempre, lo stallone,
condensando dentro quella
frase tutto l’ottimismo che si ritrovava a possedere.
- Scordatelo. –
In breve, era il solito
scambio di quattro chiacchiere che sembrava procedere anche meglio del
previsto, insomma, almeno questa volta non si era ritrovato un tonfa
puntato a
pochi centimetri dal suo volto.
Lo sguardo del biondo era
gioviale, ed il sorriso stampato a caratteri cubitali sul suo volto non
accennava a dileguarsi. – In fondo so che lo vuoi. –
Il braccio di Dino ondeggiava
ritmicamente davanti al viso del ragazzo un ghiacciolo alla fragola
appena
comprato da uno di quei soliti carrettini dei gelati che stanziavano
nelle
piazze principali della città.
L’espressione di Hibari
rimase intatta, fulminando ancora una volta sia quella roba che
sorreggeva con
tanto entusiasmo, sia quelle iridi castane irritanti e insopportabili.
– Come
no. –
Lo vide afferrare quel gelato
con estrema delicatezza, lo studiò, lo osservò
come se in realtà volesse
polverizzarlo con una sola occhiata, peccato che con gli oggetti
inanimati il
suo charm non funzionasse.
Lo sguardo soddisfatto del
biondo era immerso in quelle iridi di un blu scuro ed intenso,
compiaciuto che
fosse riuscito nel suo intento, che avesse appena conquistato un
gradino in più
verso la scala che conduceva all’eterna felicità,
o almeno lui la vedeva così.
Lo vide prendere quel
ghiacciolo e farlo diventare una palla da basket per il cestino nelle
vicinanze.
- Odio la fragola. –
Beh,
più che procedere gli sembrava di andare a ritroso ogni
volta che ci rifletteva
su.
In
fondo poteva saggiamente ammettere che qualsiasi approccio nei
confronti di
Kyoya fosse stato soltanto un utopica fantasia creata appositamente
dalla sua
mente perversa, probabilmente il suo subconscio aveva deciso di
tramutarlo in
un essere masochista e totalmente incosciente delle proprie azioni.
Non
trascorreva un giorno in cui il suo cervello non gli ricordasse con
insolenza
quanto la sua intelligenza rasentasse quella di un acino
d’uva, mentre il cuore
lo sviava altrove, inducendolo a gettarsi allegramente al di sotto di
un
precipizio.
Aveva
cominciato ad escogitare piani, sotterfugi che avevano coinvolto dai
suoi
stessi sottoposti fino a giungere persino al mobilio che circondava la
sua
casa, le estenuanti conversazioni intrattenute con il suo armadio di
certo non
avevano contribuito a giovare alla sua salute mentale.
Nonostante
tutto continuava ad amarlo, a sperare che un giorno, a furia di
scagliare
scintille, quel tronco di legno prendesse finalmente fuoco, che non si
disperdesse come un semplice fiammella che rilasciava soltanto polvere
e fumo.
Lui
non si sarebbe arreso, né ora né mai.
- Kyoya, ho una
proposta da
farti! –
Dino aveva spalancato la
porta della Reception e vi si era fiondato all’interno con
una velocità
impressionante, si era apprestato a raggiungere la scrivania su cui era
compostamente seduto il soggetto delle sue fantasie perverse e a
cospargere il
pavimento con una serie di fogli e documenti vari che fino a pochi
secondi
prima erano tranquillamente impilati alla perfezione.
- Sparisci o ti mordo a
morte. –
Solita routine, solite
quattro chiacchiere.
Ovviamente non prestò alcuna
attenzione a quelle parole, continuando imperterrito il suo discorso.
– E’ qualcosa
che non potrai rifiutare. – sorrise con un pizzico di
malizia, alterando i
nervi a fior di pelle del corvino.
Hibari puntellò i gomiti
sopra i braccioli della poltrona scura e si rilassò contro
lo schienale. – Mi
domando perché tu sia così ottuso. –
asserì con tono pacato, quasi inquietante.
- Ho intenzione di portarti a
fare una passeggiata… - cominciò, sporgendosi
sempre di più verso Kyoya. –
Qualcosa che non dimenticherai molto facilmente. –
sussurrò con tono suadente,
giocandosi qualche asso nella manica a sua disposizione.
Lo scrutava con interesse,
aspettando pazientemente una risposta che, purtroppo, non
vibrò al di fuori
delle labbra del Presidente della Commissione Disciplinare che
preferì
squadrarlo accomodato sulla sedia scorrevole e in religioso silenzio.
- Sarebbe? – chiese tutto d’un
tratto, troncando quella situazione imbarazzante che si era venuta a
creare.
Dino accennò un sorriso
lascivo. – Sono sicuro che lo troverai interessante.
– disse, mostrandogli un
paio di biglietti aerei andata e ritorno per l’Italia.
Hibari fece scorrere
lentamente un dito sopra quei pezzi di carta, sondando il terreno
proprio come
un bravo cacciatore.
- Con “passeggiata” non
credevo il tuo cervello arrivasse a tanto. –
conferì con sarcasmo, spingendo
gli inviti altrove e ritornando a scorrere e accartocciare alcuni
documenti.
Un bravo cacciatore che ha
appena ferito la sua preda.
Era
altrettanto sicuro che se un giorno avesse preso la saggia decisone di
contare
tutte le buone volte in cui Kyoya avesse brutalmente scaricato ogni
sorta di
invito da parte sua, era sicuro che ne avrebbe avuto per molto, molto
tempo.
Ma,
in fondo, si sa che per amore si è disposti a fare di tutto,
anche a mettere in
gioco la reputazione, la dignità… che da qualche
tempo aveva acquistato un volo
sola andata per il regno dei cieli.
Non
gli importava granché, avrebbe fatto tutto il possibile
purché un giorno
riuscisse a compiere almeno un passo in avanti, ad intercettare una
scorciatoia, un punto debole.
Non
gli importava se Hibari continuasse a minacciarlo di morderlo a morte.
Lui
avrebbe fatto ciò che si sentiva.
Lui
avrebbe continuato.
Ancora
una volta era lì, davanti la porta della Reception mentre la
sua mano
percorreva con lentezza la maniglia di metallo, un solo pensiero per la
testa.
-
Yo, Kyoya. –
Ancora
una volta si era intrufolato senza permesso dentro la Namimori, ancora
una
volta era fermo nei pressi della scrivania ad osservare lo sguardo
impassibile
del corvino.
Quello
sguardo che lo aveva catturato, lo aveva preso, trascinato nel baratro
più
profondo e oscuro, ed infine, aveva affondato le zanne dentro al suo
cuore.
-
Sparisci o ti mordo a morte. –
Poco
importava se la risposta fosse stata sempre la stessa, lui avrebbe
continuato.
-
Déjà vu. – mormorò con una
semplice e sonora risata di sottofondo, immergendosi
in quegli occhi color oltremare che lo avevano reso servo e schiavo del
suo
potere.
Poco
importava se avesse rifiutato ancora una volta il suo invito, lui
avrebbe
continuato.
Perché
lo amava.
Conscia
del fatto che non sia una grande riuscita, ma per quanto riguarda il
paring non
ho assolutamente nulla da dire. Sono semplicemente perfetti insieme.
Ho
provato ad immaginare i loro pensieri, azioni ed emozioni, ed
è uscito fuori
questo, ma spero sempre che a qualcuno possa piacere :).