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Autore: CantanteMaledetta    17/03/2011    5 recensioni
"Vedendoli giorno dopo giorno camminare insieme e mano nella mano, mentre lui da lontano li osservava a testa china con la tristezza che diventava padrone del suo corpo. Per l’intera settimana non aveva fatto altro che soffrire … e Sora non voleva più star male. Non per colpa sua." L'amore di Sora verso il suo migliore amico. Accompagnato dalla canzone di Tiziano Ferro "Ed Ero Contentissimo ".
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Riku, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Salve a tutti^^ eccomi con una nuova song-fic … questa volta i protagonisti sono Sora e Riku con la canzone di Tiziano Ferro “Ed ero Contentissimo” ;) Devo avvertirvi però che è venuta un po’ lunga, mi dispiace davvero tanto.
Vi devo avvertire che la canzone non è al femminile come l’originale, ma al maschile quindi siete pregati di non dirmelo che tanto sono stata io a modificarlo!!!!
Spero che leggerete in tanti e commenterete in tantissimi, potete dirmi tuttoooooooooo quello che volte se è bello, brutto, troppo lunga o che era meglio se cambiavo canzone proprio TUTTO quello che vi passa per la testa.
 




Era una giornata molto fredda, si stava bene sotto il tepore delle coperte.
Mentre fuori il vento freddo colpiva incessante la finestra, che vibrando si lamentava di tutta quella violenza inferta, dentro, qualcuno cercava in ogni maniera di ignorare l’impellente comando di alzarsi.
Sora non voleva andare a scuola. Le urla di sua madre si erano appena attenuate per poi svanire del tutto, perdendo la speranza di far uscire il figlio dal letto.
Il ragazzo alzò lo sguardo verso l’orologio elettronico: 7:15.
Un altro giorno tipicamente noioso si era affacciato e lui, doveva muoversi per andare a scuola.
Solamente che quel giorno, Sora, aveva molte ragioni per non volerci andare e non centrava nulla il letto anche se, gli sussurrava di restare li dentro, tentandolo cattivo.
Guardando fuori dalla finestra sospirò pesantemente. E il motivo di tutta quella reticenza era che non voleva vedere lui … Non dopo quello che era successo.
Non riusciva a capire il perché di quella gelosia, nei suoi confronti. Quella maledetta sensazione, che pareva decisa ad avvelenargli il cuore, gli faceva provare un immenso odio verso la sua migliore amica.
Sotterrò la testa sotto le coperte, cercando di cancellare l’immagine del suo volta dalla testa. Immagine che prepotente restava li, un effige marchiata a fuoco nel cuore. Quasi volesse farlo soffrire di più.
Era tutto cosi crudele, troppo simile a una fortissima pugnalata nel petto. Voleva stargli soltanto accanto, era cosi difficile da capire? Perché Kairi gli aveva rubato l’unico spiraglio di felicità?
Strinse le mani tra le coperte sentendosi emotivamente debole e sperando vivamente di non piangere.
Riku, lo aveva abbandonato per lei …
Vedendoli giorno dopo giorno camminare insieme e mano nella mano, mentre lui da lontano li osservava a testa china con la tristezza che diventava padrone del suo corpo. Per l’intera settimana non aveva fatto altro che soffrire … e Sora non voleva più star male.
Non per colpa sua.
 
Ora che sarai un po' solo
Tra il lavoro e le lenzuola
Presto dimmi tu come farai?
Ora che tutto va a caso
Ora non sono più un peso
Dimmi quali scuse inventerai?



Per l’intera settimana lo aveva soltanto evitato, creando scuse stupide e ripetitive, ma che centravano sempre con lei, la sua nuova ragazza: “Mi dispiace oggi non posso, esco con Kairi” o  “Dobbiamo studiare io e Kairi, quindi oggi sono impegnato” finendo sempre col: “Sarà per la prossima volta”.
Lo diceva sempre con troppa leggerezza, sghignazzando con un po’ di strafottenza, ma finiva sempre per lasciare Sora da solo su quell’isola pulciosa la cui vista amara gli faceva pizzicare gli occhi. Si era ritrovato ... a piangersi addosso per aver deciso di chiederglielo.
In cuor suo sperava. Sperava che Riku trovasse un giorno da dedicare a lui solamente, senza la presenza di lei sempre tra i piedi.
Molti nei suoi panni lo avrebbero allontanato, accantonando a poco a poco l’amicizia per poi lasciarla scomparire con amarezza. Ma non voleva, non poteva odiarlo. Anche se si impegnava … non ci riusciva, non provava un tale risentimento nei suoi confronti. F orse era una maledizione cercare di restare accanto a una persona che lo ignorava totalmente.
Sora si stava abituando a guardarlo da lontano, alla presenza del semplice sguardo, un semplice sorriso che gli rivolgeva prima di sparire.
«Sora dai è tardi» un altro urlo di sua madre. Il ragazzo alzò la testa dal letto per poi sospirare, doveva andare … in fin dei conti non aveva una vera motivazione, per saltare la scuola.
 
Inventerai che non hai tempo
Inventerai che tutto è spento
Inventerai che ora ti ami un po' di più
Inventerai che ora sei forte
E chiuderai tutte le porte
Ridendo troverai una scusa
Una in più …

 
Di solito davanti a casa si fermava Riku, sgridandolo tutte le volte che lo faceva aspettare qualche minuto di troppo.
Ma stavolta non era cosi e quell’assenza lo riempiva d’una malinconia che sono i ricordi potevano mitigare.
Allo stesso tempo però gli facevano ancora più male, ricordandogli la felicità di quei giorni. I suoi incostanti ricordi che frenetici gli percorrevano la mente, ormai lo tarlavano con una cattiveria indicibile.
Con passo lento Sora, si avviava verso scuola, guardando i suoi compagni di classe. Alcuni lo salutavano e lui rispondeva con un cenno della mano. Non ci riusciva ad essere felice, non in quei giorni dove non trovava nessun riferimento per esserlo. Qualche metro davanti a lui, c’era Riku che parlava con Kairi.
Tutti e due che ridevano, tenendosi ancora per mano.
Sora si mise una mano sul petto, gli faceva ancora cosi male … si era creata una voragine nel suo cuore, e ogni secondo che passava, si allargava facendogli sempre più male. Sospirò, continuando a camminare a capo chino. Non doveva pensarci … anche se era tremendamente difficile.
Lo trovava dannatamente difficile.
 
Ed ero contentissimo in ritardo sotto casa ed io che ti aspettavo
Stringimi la mano e poi partiamo ...
In fondo eri contentissimo quando guardando Amsterdam non ti importava
della pioggia che cadeva ...
solo una candela era bellissima
e il ricordo del ricordo che ci suggeriva
che comunque tardi o prima ti dirò
che ero contentissimo
ma non te l'ho mai detto che chiedevo
Dio ancora
Ancora
Ancora

 
Entrato in classe, posò la borsa sul banco. Tutte le ragazze giravano intorno a Kairi, invidiose della sua relazione con Riku. Riku era il ragazzo più bello della scuola, il più scontroso, il più solitario, il più forte di tutti.
Tutti lo idolatravano, ammirando con superficialità solo quello che lui voleva mostrare agli altri di se stesso.
Sora strinse la mano a pugno cercando in ogni modo di non pensarci. Anche lui era invidioso della sua migliore amica, ma nonostante il nervosismo che gli provocava ogni giorno riusciva a non darlo a vedere, almeno non come le altre.
Sora voltò le spalle a quella scena, mentre con piccoli balzi, Kairi superò tutte le ragazze per avvicinarsi all’amico sprizzando gioia da ogni porto. Sul volto aveva sempre un sorriso luminoso quasi solare che portava il povero ragazzo a odiare la felicità che manifestava. Quella felicità ingiusta, crudele che tentava in ogni modo d’inglobarlo in essa senza successo.
«Oggi io e Riku andiamo sull’isola, vieni con noi?» in cuor suo Sora voleva accettare, ma a quale scopo? Per vederli ancora insieme tutti felici, mentre lui restava da solo torturandosi nel dolore come un’idiota? No, grazie. Cercò di sorridere, per  nascondere al mondo il rancore che non  smetteva di provare nei suoi confronti. Facendo finta d’impegnarsi nel tirare fuori i libri dallo zaino evitò attentamente di guardarla negli occhi.
«No, grazie» rispose con voce decisa e incolore, suscitando un po’ di delusione nella ragazza che si avviò verso il suo banco, ritornando a parlare con le sue amiche, tutte avide di notizie e novità, su loro due.
Li avevano soprannominati la coppia dell’anno.
Mancavano ancora molti minuti prima dell’inizio della lezionee Sora, aveva bisogno diprendere un po’ d’aria. Cercava disperatamente di cacciare indietro l’amarezza della situazione assurda in cui si trovava. Si disse che non poteva restare cosi per tutto il giorno, non voleva fare brutta figura davanti ai suoi compagni di classe e sembrare una mammoletta. Inspirò profondamente chiudendo gli occhi, cercando di trovare un equilibrio nel corpo e nella mente, che in quel momento erano totalmente assenti. Nella fretta di uscire si era dimenticato il giubbotto in classe, rimanendo con solo la camicia a proteggerlo dal freddo. Non importava il freddo lo aiutava a pensare ad altro. Ma nonostante questo, iniziò a tremare incapace di scaldarsi.
«Sora, che ci fai qui fuori? Fa freddo …» la voce di Riku lo fece sobbalzare per la sorpresa. Lentamente si voltò incrociando gli occhi verde acqua del suo amico. Li scostò subito, guardando l’erba sotto le sue scarpe e cercando in ogni modo di non arrossire.
«Nulla» sussurrò e tornò a guardare il panorama davanti ai suoi occhi. Pensiero, il ragazzo dai capelli argentati si poggiò con la schiena al muro, restando in silenzio.
Con la coda dell’occhio, Sora lo guardò ammirandolo la fisionomia del suo corpo.
Era bellissimo, con quel suo giubbotto nero a coprire la giacca della divisa di scuola. Una strana gioia gli riempì il petto, facendolo sorridere appena. Dopo tanto tempo erano da soli, anche se in silenzio ed entrambi percepivano la reciproca presenza. Sora chiuse gli occhi assaporando il momento. Erano solo loro due, nel giardino della scuola.
 
Qualche cosa ti consola
Con gli amici il tempo vola
Ma qualcosa che non torna c'è
C'è che ho freddo e non mi copro
C'è che tanto prima o dopo
Convincendoti ci crederai

 
Riku lo guardò scuotendo la testa. Con un colpo di schiena si allontanò dal muro, affondando quasi stizzito le mani nelle tasche dei pantaloni. «Tra poco iniziano le lezioni, non dovresti stare fuori al freddo … muoviti ad entrare» disse sgridandolo velatamente, senza alzare la voce. Usava sempre un tono troppo duro con lui, come se gli desse fastidio qualcosa che avesse fatto o la sua stessa presenza.
Sora socchiuse le palpebre, incapace di incrociare gli occhi con quelli di chi gli stava vicino. Gli aveva appena dato un invisibile e forte schiaffo di sole parole. Il volto di Sora, si intrise di amarezza, sentendosi trattato come uno sciocco ragazzino che non sapeva badare a se stesso, dal suo migliore amico. E, osservava di sottecchi da quegli occhi verde acqua che amava tanto, non si rese conto di manifestare il suo malessere colpendo Riku per l’intensità della sua espressività. Quell’insieme di tratti pieni di tristezza colpì molto lo sguardo di Riku, facendolo pentire del tono che gli aveva riservato. Quel misto di tristezza, puro affetto …. Mischiato in un forte dolore … infastidito girò lo sguardo di lato riprendendosi che non doveva dargli peso, per nessun motivo.
Con passo pesante, Sora si voltò e affranto se ne andò, superando il ragazzo che se ne stava fermo, a guardare qualcosa a lato senza focalizzare nulla in particolare. Quei pochi minuti che aveva passato in sua compagnia, sarebbero diventati altri frammenti di ricordi che lo avrebbero tormentato. Però, la cosa non gli dispiaceva, era stato vicino a lui e non poteva chiedere di meglio. Uscendo dal portone, Kairi si mise a correre, superandolo senza degnarlo di un singolo sguardo. «Riku» la sentì gridare a gran voce, mentre si avvicinava al suo ragazzo per avere un attimo di intimità.
Sora abbassò lo sguardo, chinando la testa come un condannato a morte. Nascose nelle tasche le mani che gli tremavano e in silenziò andò avanti a camminare.
 
Ci crederai che fa più caldo
Da quando non mi hai ormai più accanto
E forse è meglio
perché sorridi un po' di più
un po' di più ...



Forse era meglio cosi. Riku odiava i ragazzi che mostravano sentimenti diversi dall’amicizia verso gli altri ragazzi. Anche se Sora era il suo migliore amico, non avrebbe di certo mutato le sue convinzioni per lui e piuttosto che venire odiato, sarebbe rimasto al suo fianco come suo migliore amico senza dire una parola. E poi, lo dicevano tutti che lui e Kairi stavano bene insieme, sembravano essere felici, mostrando a tutti le tenerezze che si scambiavano.
Il pensiero lugubre gli trafisse il petto lasciando Sora con il solo desiderio di allontanarsi dalla loro vita. Forse si sarebbe convinto, se avesse continuato a ripetersi che non c’era speranza che le cose cambino con Riku. Un giorno non ci avrebbe più fatto caso, probabilmente.
E infondo, infondo sperava sempre che quel giorno il vecchio trio si sarebbe riformato felici, senza strani sentimenti a soffocare l’amicizia.
Dovevano restare semplici amici.
Semplici … a-amici.
Sora ingoiò a vuoto provando a soffocare il dolore che quel pensiero gli scaturiva. Ma la ferita nel petto si aprì pulsando sempre di più forte. Un paio di clade lacrime gli scesero dagli occhi, rigandogli il viso e finendo in mille goccioline sul tennero. Quanto si sentiva stupido! Era ovvio che non potevano restare semplici amici. Ovvio, che i suoi sentimenti non se ne sarebbero andati tanto facilmente … chiuse gli occhi stringendo frustato le mani a pugno. Arrivato a quel punto era inutile ingannare se stesso e pensare di poter essere amici, quando era chiaro che provava un sentimento ben oltre l’amicizia. E questo gli faceva nascere dentro una tremenda paura di amarlo.
Dando la schiena ai due fidanzati, si portò le mani alle orecchie tappandole con forza, desideroso di cancellare tutto quello che lo circondava. Se Riku scopriva che provava un sentimento cosi forte …
Lo avrebbe odiato e per sempre.
La paura prese il sopravvento sulla ragione, spaventandolo a morte e quasi sentì i sensi venirgli meno nel momento in cui immaginò un futuro senza la presenza di Riku.
Le gambe gli tremarono e l’animo sussultò … solo … senza Riku … solo …
Il corpo vacillò senza rendersi pienamente conto di chi lo stava guardando.
«Sora tutto bene?» Kairi si avvicinò a lui e appoggiandogli una mano sulla spalla lo sorresse mentre il tono preoccupato le trapelava dalla voce. Sora aprì gli occhi, cancellando dalla mente quell’immagini piene di tormento. La solitudine … questo lo attendeva se non avesse imparato a stare zitto … con dita tremanti si asciugò una lacrima che era caduta, piena di adolescenziale paura.
«Non mi sento tanto bene, credo che tornerò a casa» disse cercando di riprendere il solito contegno, senza mostrarle il volto deturpato dal dolore. Improvvisamente sentì ogni cosa stringersi attorno a se, come se una gabbia invisibile lo stesse trattenendo tra spire impalpabili. Terrorizzato allontanò di scatto la mano della ragazza, e iniziò a correre evitando lo sguardo preoccupato di Riku che lo seguì in ogni suo movimento. No! Non ci riusciva … non poteva fare finta di niente.
 
Ed ero contentissimo in ritardo sotto casa ed io che ti aspettavo
Stringimi la mano e poi partiamo ...
In fondo eri contentissimo quando guardando Amsterdam non ti importava
della pioggia che cadeva ...
solo una candela era bellissima
e il ricordo del ricordo che ci suggeriva
che comunque tardi o prima ti dirò
che ero contentissimo
ma non te l'ho mai detto che chiedevo
Dio ancora
Ancora
Ancora
Ancora

 
Con l’animo in tumulto, iniziò a correre e corse … corse verso qualcosa di lontano che sperava lo salvasse da quei sentimenti che avrebbe preferito cancellare. Aveva bisogno di una meta lontana nel quale rifugiarsi.
Corse desideroso di dimenticare tutto. Corse nella speranza di non guardarsi più indietro. Corse mentre la ferita al petto sanguinava dolore e lacrime che non riusciva a versare. Gli faceva sempre più male … un dolore tremendo … lancinante … che lo lasciava senza fiato …
***
 
Lentamente le forze gli mancarono e stanco e affaticato si sedette su una panchina li vicino. Il cuore gli faceva male per lo sforzo fatto, e a causa del sudore che gli imbrattava i vestiti, iniziò a tremare per il freddo. O almeno era questo che cercava d’inforcarsi nella mente, che i tremiti erano dovuti solo dal freddo … provò a rinnegare per l’ennesima volta il dolore e la rabbia con se stesso che provava nel corpo ma fu tutto inutile.
Era una miscela micidiale, che lentamente lo stava uccidendo, avvelenandolo in profondità nell’anima. Strinse le mani attorno alle braccia respirando affannosamente. Come poteva andare avanti a sostenere una situazione del genere? Non ci riusciva! non ci sarebbe mai riuscito!
Si sentiva troppo debole per ignorare Riku e Kairi insieme. Troppo debole per poter reggere il pensiero di loro come una coppia. Perché era sempre lui quello che soffriva dei tre? Era tutto cosi ingiusto! Non poteva avere quella felicità che tanto agognava?
Ogni parola di quelle domande, pareva pesargli sulle spalle che sentiva fragili e tremanti. Ogni sillaba gli martellava nella mente, facendogli salire un tremendo mal di testa. Sora portò le mani agli occhi e inspirando con forza si lasciò scivolare strofinando forte la schiena contro il ferro battuto della panchina.
Sbatté il sedere contro la terra fredda d’inverno, mentre nascose dalle mani, le lacrime iniziarono a cadere con la forza di un fiume in piena. Si sentiva stupido e disperato, quasi annullato dalla solitudine che gli lasciava l’anima. «R-Rik-ku-u» disse singhiozzando all’aria gelida che lo circondava.
«Eccomi».
 
E il mio ricordo ti verrà a trovare quando starai troppo male
Quando invece starai bene resterò a guardare
Perché ciò che ho sempre chiesto al cielo
È che questa vita ti donasse gioia e amore vero
E in fondo



Sora abbassò le mani di scatto, voltandosi a guardare Riku che lo fissava mentre riprendeva fiato, anche lui per lunga corsa che aveva fatto. Rimasero in silenzio, osservandosi per un istante che parve eterno a entrambi. Lo aveva raggiunto … il ragazzo voltò il viso di lato, cercando di nascondere le guance umide dagli occhi di Riku. Con le maniche della camicia si strofinò forte la pelle, asciugandola il più possibile.
«Che diavolo ci fai qu …?» le ultime parole gli morirono in gola, mentre un paio di braccia forti lo stringevano dal fianco. Quelle braccia ... il respiro gli si mozzò tra le labbra leggermente screpolate per il freddo, mentre veniva stretto contro un corpo forte.
Un brivido di dolore attraversò il corpo inerme di Sora che ancora sotto shock, si lasciò abbracciare e stringere contro il petto di Riku.
Un secondo eterno gli ci volle per riprendersi e sentire il cuore frantumarsi.
«Che vuoi?» gli chiese allontanandolo con forza. Il calore che l’aveva appena avvolto scomparve scansato malamente dal freddo dell’aria. Riku lo fissò intensamente, infastidito. Il ragazzo voleva solo dargli il calore che Sora agognava, ben deciso a prenderne un po’ per lui. Lasciò scivolare le braccia verso terra mentre piano sollevava un sopracciglio.
«Cosa credi che voglia?» gli ripeté lui, senza rispondere.
 
Ed ero contentissimo in ritardo sotto casa ed io che ti aspettavo
Stringimi la mano e poi partiamo ...
In fondo eri contentissimo quando guardando Amsterdam non ti importava
della pioggia che cadeva ...
solo una candela era bellissima
e il ricordo del ricordo che ci suggeriva
che comunque tardi o prima ti dirò
che ero contentissimo
ma non te l'ho mai detto che chiedevo
Dio ancora
Ancora
Ancora

 
Altre calde lacrime fecero la loro comparsa, subito cancellate da un deciso colpo di manica, tanto forte da arrossirgli la pelle. Inspirando con forza, cercò di arginare il fiume di sentimenti che le lacrime portavano, voltando di nuovo il viso per non farvi vedere. «Torna da Kairi io sto bene» mormorò a voce roca, facendo leva sul ferro ghiacciato della panchina che gli stava alle spalle, alzandosi malamente.
Le gambe gli tremavano per lo sforzo, i muscoli tesi gli dolevano sotto la pelle, ma nonostante tutto, riprese a camminare con la schiena dritta nascondendo agli occhi di Riku la confusione che la sua presenza gli portava.
Voleva allontanarsi … non poteva restargli troppo vicino o si sarebbe illuso di nuovo …
«Te ne vai di nuovo?» la voce di Riku gli arrivò calda e dura all’orecchio sinistro, soffiata con un fastidio per la sua nuova fuga. Improvvisamente era vicino, troppo per poter rimanere lucido. Sentiva la vicinanza di Riku sulla pelle che rabbrividiva. Il cuore prese a battergli all’impazzata, facendolo arrossire per la vergogna. «Vado a casa» sussurrò piatto allungando il passo.
Una mano lo afferrò per il polso e strattonandolo, lo fece voltare mostrando il volto in lacrime. Riku strinse gli occhi a quelle lacrime che ancora sgorgavano e stringendo dolci le palpebre e fessura lo attirò a se, posando un bacio sulle labbra fredde.
Sora, sconvolto provò ad allontanarsi ma le forze lo abbandonarono, lasciando solo le lacrime a testimoniare il suo dolore e amore.
Dove aveva sentito il dolore che si formò nel suo petto, una lunga ferita si cicatrizzava soltanto grazie al calore di Riku. Le labbra si sfiorarono e ogni dolore scomparve, mentre la convinzione che quella sofferenza era servita a darli riavvicinare si faceva strada. Riku si staccò, prendendogli il viso tra le mani e accennando un leggero ghigno divertito.
«Sei un bastardo, baci me e stai con Kairi» sussurrò Sora provando debolmente a divincolarsi, senza volerlo realmente. «Kairi è una copertura per non pensare a te» mormorò lui, baciandolo di nuovo.
Kairi una copertura?
Sentendo il cuore farsi improvvisamente leggero, allacciò le mani dietro la nuca e affondò le labbra contro le sue. Baciandolo con tutte le sue forze. Si aggrapparono l’uno all’altro e finalmente si sentirono liberi.
 
Ed ero contentissimo ma non te l' ho mai detto
E dentro urlavo
Dio ancora
Ancora
Ancora

  



  

  
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