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Autore: Alys93    18/03/2011    6 recensioni
Breve FF incentrata su Inuyasha e la sua famiglia, traslata ai giorni nostri. questo è solo il prologo della vera FF, ma, essendo un tantino troppo lungo da inserire nella FF, ho deciso di postarlo apparte. spero vi possa piacere
dal capitolo 2
"La vita è troppo preziosa da buttare via in questo modo" le disse "Mi creda, so di cosa sto parlando". un sospiro gli sfuggì dalle labbra "Non è sempre facile, ma bisogna sempre cercare un raggio di sole nella cappa oscura che ci sovrasta. è l'unico modo per andare avanti".
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Inuyasha, Sesshoumaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mai arrendersi'
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Eccomi qui, ciao a tutte!! -ma questa nn doveva aggiornare "Al di là del Pozzo?"- si kiederà qualcuno. sì, lo so, ma questa FF ce l'ho in mente da un po' di tempo e volevo scriverla. spero vi possa piacere. prometto di non lasciare in sospeso l'altra FF, ma quando si ha un calo d'ispirazione, bisogna buttarsi su qualcosa di nuovo, no?  ^_^ fatemi sapere cosa ne pensate! questo è il prologo di un'altra FF, decisamente + lunga ed incentrata sui nostri amatissimi personaggi.
Questa Ff la dedico a tutte coloro che mi seguono nelle altre Ff, sperando ke sia di vostro gradimento. bacioni a tutte!!!

Non arrenderti

Capitolo 1
 

Il cielo era limpido e terso ed il sole faceva splendere i suoi raggi dorati sulla città di Tokyo, promettendo giornate serene. Ondate persone si riversavano lungo le strade, ognuno perso nei propri pensieri e nei proprio problemi quotidiani.
Le strade scintillavano sotto il sole, facendo brillare le piante poste fuori dai negozi. Le vetrine mostrava gli ultimi pezzi di una moda sempre più frenetica, contrastando con i negozi tradizionali, che non venivano mai abbandonati.

Una donna si fermò ad osservare quel meraviglioso paesaggio che le si mostrava e sorrise estasiata. Appoggiò i gomiti sulla piccola ringhiera in ferro battuto, storcendo leggermente il naso nell’avvertire odore di smog. Nonostante si trovasse in un piccolo belvedere, che poteva dare l’impressione di essere ben lontana dalla città, era pur sempre in pieno centro.
Un leggero sospiro le sfuggì dalle labbra, dipinte di un leggero velo di rosso; labbra che sapevano come attirare gli sguardi. Ma a lei interessava attirane uno solo, quello del suo amato maritino. Chissà dov’era a quell’ora? Con un sospiro, ricordò dell’urgente riunione che lo aveva costretto a restare nel suo ufficio. Non ne era sembrato troppo contento.
“Ormai vorrei solo poter passare più tempo con te ed il piccolo” le aveva detto con un mesto sorriso, prima di doversene andare. Già, il loro piccolo. Sentì il cuore batterle con forza, pensando al suo bambino, di appena due anni.
Doveva andarlo a prendere all’asilo nido; ormai lei aveva finito il suo turno di lavoro e non desiderava altro che passeggiare con il suo tesorino per il grande parco cittadino.
Alla parola lavoro, aggrottò la fronte: aveva appena finito di ascoltare un’altra donna infelice, che non riusciva più a trovare serenità. Quante ne aveva ascoltate, nel corso degli anni? Tutte avevano pressappoco la stessa storia, gli stessi problemi, eppure ognuna era diversa dalle altre.
Lei, invece, non aveva nulla di cui preoccuparsi, la sua vita era felice; aveva un marito che l’amava ed un bambino assolutamente splendido. Era fortunata e non smetteva di ringraziare i Kami per la gioia che le avevano concesso. Canticchiando tra sé, scese dal piccolo belvedere e si diresse verso l’asilo nido, dove l’aspettava il suo piccolo. Aprì il piccolo medaglione che aveva al collo e non poté trattenere un sorriso nel vedere la loro foto.
Sesshomaru, al sicuro tra le loro braccia, fissava l’obiettivo con espressione incuriosita, mentre lei ed Inuken sorridevano. Quell’espressione così tenera e dolce le strappava sempre una leggera risata, anche perché, nonostante la sua età, Sesshomaru non era un bambino molto espansivo. Ma quello era un tratto di famiglia e sarebbe migliorato con il tempo.
Amava guardare quella foto, era una sorta di piccolo talismano che l’aiutava a scacciare i pensieri cupi. La guardava spesso durante il lavoro, tra un colloquio e l’altro, per aggrapparsi a quella piccola bolla di felicità che la vita le aveva donato. Una bolla destinata a scomparire nel peggiore dei modi.

Un improvviso stridio di freni attirò il suo udito sensibile e vide un’auto correre a folle velocità nella sua direzione. Provò a scansarsi, sfruttando le sue capacità demoniache, ma sembrava che il conducente avesse perso il controllo del veicolo. La macchina sbandò paurosamente, ruotando su se stessa, prima di ripartire sgommando.
La donna si spostò di lato, ma l’auto curvò di nuovo, facendo stridere le ruote contro l’asfalto, sembrava quasi che la stesse inseguendo. Un forte odore di alcool e droga le arrivò alle narici, facendole comprendere quanto fosse grave la situazione. Il guidatore aveva fatto proprio un bel mix potenzialmente letale e lei rischiava di finirci in mezzo.
Prima che potesse fare qualunque cosa, la macchina ripartì a tutta velocità, colpendola in pieno e scaraventandola a metri di distanza. Hime sbatté violentemente la testa contro l’asfalto e sentì l’odore metallico del sangue impregnare l’aria circostante. Un dolore lancinante la trafiggeva all’altezza del ventre, come se fosse stata trapassata da parte a parte.
Non riusciva a muoversi, né a pensare lucidamente, ma sentiva che la vita le stava sfuggendo. Con immane fatica, si portò il medaglione al viso e sussurrò “A..Amore mio… Pensa a Sesshomaru.. ti.. prego”.
 
All’altro capo del centro, il ronzio del climatizzatore penetrava come un trapano nelle sensibili orecchie di un demone, che scosse la testa con fare infastidito. Dannati aggeggi meccanici borbottò tra sé Fanno un rumore terribile! A volte, invidio gli umani. Loro lo sentono appena questo ronzio.
Si passò una mano tra i capelli, argentei come la luna, e sospirò, chiedendosi quando sarebbe finita quella dannata riunione. Erano già due ore che lo trattenevano e ancora non riusciva a capire dove sarebbe andata a parare quell’inutile discussione. “Allora” esordì Mr. Hoshi “Chi di voi ritiene che sia conveniente allearci con la Dwm S.p.A., alzi la mano”.
La sala sprofondò nel silenzio, mentre qualche mano si alzava timidamente oltre la testa del proprietario. Ecco, adesso era chiaro. A quanto pare, il caro Hoshi ha ricevuto una bella somma per convincerci a farci inglobare dalla Dwm S.p.A. mormorò il demone. Sorprendendo i colleghi, si alzò in piedi e chiese “Quanto ti hanno pagato per convincerci, Hoshi?”.
Il diretto interessato trasalì davanti a quello sguardo dorato, che lo fissava con freddezza, e sussurrò “Ma di che diavolo vai blaterando? Io sto cercando di aiutare la società!”. “Sì, vendendoci al primo compratore” ribatté l’altro “Non siamo in crisi, anzi. Quindi questa tua proposta è totalmente fuori luogo”.
Fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti ed aggiunse “Non abbiamo bisogno di qualche stupido della Dwm per sapere cosa dobbiamo fare. Siamo sempre stati all’altezza della situazione”. Molti annuirono e Furokawa aggiunse “Taisho ha ragione. Se ci faremo inglobare dalla Dwm S.p.A., molti posti saranno tagliati. E questo è inammissibile”. Altri componenti fecero sentire la propria opinione ed Hoshi si ritrovò solo e spiazzato. Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante, raccolse le proprie cose ed uscì dalla sala.
Un coro di bisbigli e sorrisi prese vita, mentre i vari componenti della società sospiravano di sollievo. Avevano evitato una gran brutta situazione. Furokawa si avvicinò all’amico e disse “Complimenti, Taisho. Ci hai letteralmente salvato. Quel verme ci avrebbe venduti senza esitare”.
“Ho fatto solo quello che dovevo. Tu avresti fatto lo stesso” replicò il demone, sorridendo a sua volta. Stava per aggiungere qualcos’altro, quando si sentì un lieve bussare ed una segretaria apparve oltre la soglia.
“Signor Taisho” mormorò tesa “Mi dispiace disturbarvi, ma c’è la polizia che la cerca. Dice che è urgente”. Inuken aggrottò le sopracciglia; che diavolo poteva volere la polizia da lui? “Passamela sulla linea interna, Miyu” disse secco, dirigendosi velocemente nel proprio ufficio. La segretaria eseguì e lui sospirò nel sentire parecchie voci concitate all’latro capo della cornetta.
“Signor Taisho?” chiese una voce, “Sì, sono io. Mi dica, qual è il problema?” chiese il demone, guardando la parete di fronte a sé. Il suo sguardo cadde sulla foto che aveva sulla scrivania e sorrise nel vedere la propria famiglia. Chissà dove erano andati Hime e Sesshomaru… Probabilmente al parco, per sfuggire temporaneamente al caos delle macchine e della città.
“Signor Taisho, io.. non so come dirglielo” mormorò l’agente; a giudicare da come gli tremava la voce, doveva essere entrato da poco nel corpo di polizia. “Me la dica e basta” disse tranquillo “Ho forse mancato di pagare qualcosa? Problemi burocratici?”. “No” rispose l’agente, evidentemente a disagio, “Si tratta di sua moglie, signore. È stata investita”.
Quelle parole lo colpirono come un fulmine a ciel sereno ed il telefono rischiò di cadergli da mano. Hime! Lanciò uno sguardo angosciato alla donna che gli sorrideva nella foto e si sforzò di chiedere “Dove? Come.. Com’è successo? Come sta?”. Non si era accorto di aver alzato il tono di voce, ma non fece caso allo sguardo incuriosito della segretaria.
“Signor Taisho… Sua moglie è molto grave. L’ambulanza è arrivata, ma non ci sono molte speranze. Mi dispiace” sussurrò l’agente. No, non poteva essere vero! Non la sua Hime!
“Al posto di perdere tempo, mi dica dov’è!” sbraitò Inuken, “Presso il belvedere cittadino, nella zona nord”.
Il demone non perse tempo a riattaccare e corse fuori, correndo giù per le scale d’emergenza. Saltò un paio di piani, incurante degli sguardi increduli di alcuni operai, e si ritrovò in strada, appena fuori dal gruppo di palazzi dove lavorava. Senza esitare, iniziò a correre verso la zona indicatagli dal poliziotto, sfruttando ogni singola energia demoniaca che aveva in corpo.
Ogni istante che passava sembrava un’eternità, ogni passo gli sembrava maledettamente breve. Sentiva il cuore battergli all’impazzata, mentre il dolce volto della moglie gli si affacciava alla mente. 
Sarebbe dovuto essere con lei, quel pomeriggio; con lei e con il bambino, non a quella dannata riunione! Era un incubo… Un incubo da cui sperava di svegliarsi al più presto. In pochi minuti, fu in vista di un grosso blocco stradale e, incurante dei richiami dei vari addetti alla sicurezza, oltrepassò le transenne.
“Hime!” gridò angosciato, cercandola con lo sguardo, “Hime! Hime, rispondimi!”. Una massa di capelli argentei attirò la sua attenzione e si sbrigò a raggiungerla, sentendo il cuore battergli dolorosamente nel petto. “Hime” sussurrò, prendendola tra le braccia, “Hime, ti prego… Rispondimi! Hime!”.
La donna respirava a fatica ed era ricoperta del suo stesso sangue, che usciva copioso da varie ferite alla testa ed al ventre. “Inu…ken” sussurrò a fatica “Pro..proteggi.. Sesshomaru. Non lasciarlo… solo… Ti prego”.
“No, non affaticarti” le disse il marito, stringendola con dolcezza, “Tieni duro, amore. Ce la farai!”. Le ravviò i capelli dalla fronte, dicendo “Sta’ tranquilla, ce la farai. Lo andremo a prendere insieme. Andrà tutto bene, vedrai”.
Un flebile sorriso incurvò le labbra di Hime, mentre stringeva il medaglione nella mano. “Ti amo” mormorò a stento “Abbi cura… abbi cura di Sesshomaru”, poi chiuse gli occhi, spirando tra le braccia dell’amato.
Inuken sentì il proprio cuore perdere un battito, mentre la vita della sua Hime si spegneva come una candela al vento. “No!” sussurrò terrorizzato, scuotendola per farla riprendere, “Hime, no! Hime, ti prego! Non lasciarmi da solo!”. Calde lacrime, cariche di sofferenza, iniziarono a scivolargli lungo le guance, segnate da due strisce bluastre. Non aveva mai provato una simile sofferenza in tutta la sua vita; non poteva essere vero…
La sua dolce Hime… No, non poteva essere morta… Non era vero!
“Hime!” urlò disperato “Hime, no! Ti prego…”; si accasciò sul corpo della moglie, singhiozzando “Hime.. torna da me. Non lasciarmi da solo…”.
Non sentì quasi le mani degli agenti che cercavano di risollevarlo, né le loro parole di conforto. Non c’era spazio che per la sua sofferenza, per la terribile perdita che aveva appena subito. Come in trance, sfiorò per l’ultima volta il viso della sua amata e sussurrò “Sapete dov’è mio figlio?”.
Un poliziotto si avvicinò “Sì, lo hanno prelevato alcuni dei nostri agenti. Lo stanno portando qui, signor Taisho”. Gli rivolse uno sguardo carico di rammarico “So che le mie parole sono inutili, ma… Sono davvero desolato per la sua perdita”.
Improvvisamente, un altro agente si avvicinò, dicendo “L’autista è morto nello scontro, ma aveva ingerito una massiccia dose di alcool e droga. Sarà l’autopsia a determinare le cause della morte”.
Inuken si sforzò di contenere il proprio dolore, ma era troppo intenso… troppo per lui. Osservò alcuni uomini caricare il corpo di Hime sull’ambulanza per portarla all’obitorio, dove avrebbero scoperto le effettive cause della sua morte. Mentre sollevavano la barella, qualcosa cadde dalla mano della donna ed uno degli infermieri lo raccolse.
“Signor Taisho, questo è suo” disse, consegnadogli il medaglione, poi salì sul mezzo e sparì. Il demone rimase immobile, fissando la foto all’interno del ciondolo, prima di portarselo al volto e piangere silenziosamente. Non seppe esattamente quanto rimase in quella posizione, ma, improvvisamente, si sentì chiamare e sollevò lo sguardo verso la strada.
Un’agente stava portando Sesshomaru per mano ed il bambino lo guardava con aria spaventata. Non era abituato a farsi prendere da uno sconosciuto e le parole di quella signorina lo avevano confuso. Gli aveva detto che lo doveva portare dal suo papà, perché la mamma non si era sentita bene.
Quando vide il genitore, si liberò della presa della poliziotta e gli corse incontro, cercando un po’ di affetto. Inuken lo strinse a sé, incapace di parlare, mentre altre lacrime gli invadevano il viso. Sesshomaru lo guardò spaventato; non aveva mai visto il padre piangere e sentì che era successo qualcosa di grave.
“Dov’è mamma?” chiese in un sussurro, fissandolo con i suoi grandi occhi ambrati. Il padre lo strinse con più forza, chiedendosi come avrebbe potuto dirgli che sua madre non sarebbe più tornata da lui. Come avrebbe potuto crescere il bambino senza Hime? Come avrebbe potuto aiutare Sesshomaru a superare quel trauma? Come lo avrebbe superato lui stesso?
   

   
 
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