Nella sala c’era l’inconfondibile
odore dolciastro della colla liquida e una zanzara silenziosa
volteggiava sul
tavolo dove appoggiati c’erano infiniti scatoli pieni di
perline. Kurt li aveva
sempre odiati quegli insetti fastidiosi, erano stupidi e se ti
pizzicavano,
solitamente per puro dispetto, ti lasciavano punture che ti tormentavano per settimane.
Eppure in quel
momento, quando nella sua testa un groviglio di pensieri lo distraevano
dalla
piccola impresa di decoupage, il moto incerto dell’animaletto
era la cosa più
interessante del mondo.
Pavarotti era morto, morto sul
serio. Aveva aperto la sua piccola gabbia, aveva toccato il suo
corpicino
ricoperto di splendide piume paglierine e il suo corpo stava
già iniziando a
diventare freddo. Nella testa aveva ancora il suono dolce della sua
voce che lo
accompagnava mentre canticchiava e tutto quello che la sua testa
riusciva a produrre
erano pensieri terribilmente egoistici. Soffriva perché
aveva subito quell’ennesima
perdita e non aveva potuto fare niente ma soprattutto perché
il dolore veniva
ogni tanto surclassato dall’emozione per il duetto alle
regionali.
Era leggermente arrabbiato con
Blaine per avergli dato quell’enorme possibilità
proprio in quel momento in cui
ogni suo istante doveva essere dedicato al crogiolarsi nel dolore. E poi sapeva che
ogni pensiero romantico
che stava nascendo sarebbero stati un’ulteriore delusione.
Era veramente
arrabbiato con Blaine ma non poteva fare altro che fremere
dall’idea di cantare
con lui. Ah! quanto avrebbe voluto scappare e rifugiarsi tra le braccia
di
Mercedes per un po’, solo per farsi raccontare quanto fosse
fantastico e come
la vita andava avanti. Gli avrebbe detto che non era un egoista a voler
con
tutte le sue forze cantare con il ragazzo dei suoi sogni
perché la vita andava
avanti e anche Pavarotti avrebbe voluto vederlo felice.
Ma la sua migliore amica non
era lì e dette solo nella sua testa quelle parole non
riuscivano a
risollevarlo.
La
zanzara volava ancora sulla
piccola bara imperlata, forse attratto dal profumo della colla, e se
avesse
avuto un giornale o l’incoscienza di sporcarsi le mani
l’avrebbe fatta smettere
ma non ne aveva il coraggio. Un’ennesima lacrima scese sulla
guancia pallida e
lasciandola cadere tra le pieghe della camicia non si
premurò neanche di alzare
il braccio per asciugarsi il viso. La piccola bara aveva ancora bisogno
delle
sue attenzioni e lui non poteva perdersi in pensieri così
deprimenti.
Poi proprio Blaine Anderson
entrò nella stanza, raggiante e bellissimo come sempre, e
anche se non avrebbe
voluto sentì il suo cuore stringersi e rivoltarsi nel petto.
Aveva un’espressione
strana e quando capì cosa fosse quella confusione gli aveva
egoisticamente
detto di smettere perché dovevano provare la canzone che
aveva scelto per loro
due.
Era arrabbiato con lui anche
per Candles. Adorava quella canzone
e
la prima volta che l’aveva sentita si era chiesto come
sarebbe stata cantata
dai Walbers –era un pensiero che purtroppo faceva troppo
spesso – , dalla sua
voce così diversa dalla cantante. Sapeva che
l’avrebbe interpretata
magnificamente e sicuramente quel duetto sarebbe stato fantastico. Un
altro dei
pensieri di quei giorni si aggiunse alla confusione che aveva in mente:
voleva
vincere le regionali e solo loro due insieme potevano portare la Dalton
a quel
successo. Doveva farlo anche per Pavarotti.
Gli sorrise senza sforzo,
consapevole che in quei giorni era possibile solo quando era in sua
compagnia,
e lasciò la colla e le perle al loro posto puntando gli
occhi sulla sua figura
per non perdere un suo solo movimento. Quando gli chiese
perché aveva fatto
subito il suo nome davanti a tutto il Glee per cantare quel duetto si
stranì un
po’, come se si aspettasse una domanda del genere e si fosse
da tempo preparato
una risposta che aveva paura di dimenticare. Iniziò a
parlare e le sue labbra
si muovevano lente e ogni sua parola gli forava il cervello come se
fossero
infiniti stiletti di legno.
« There is a moment
when you say to yourself,
‘Oh, there you are. I’ve been looking
for you forever’. »
Aveva
iniziato ad aver paura
dell’andamento che quel discorso stava prendendo
perché, se fosse stata un’ennesima
illusione, non avrebbe retto il colpo. Ma quando la mano calda del
compagno si
posò sulla sua e i loro occhi si incontrarono tutto
scomparve.
« Watching you do
Blackbird this week, that was
the moment for me, about you. »
Sembrava
terribilmente
spaventato e nonostante accenni di lacrime gli stessero annebbiando la
vista
Blaine era sempre più nitido davanti a lui e tutto quel
discorso, ogni secondo
che passava, non faceva altro che muovergli nello stomaco infinite
farfalle.
« You move me, Kurt.
And this duet would just be
a excuse to spend more time with you. »
La
sua voce armoniosa che
pronunciava lenta quella frase era la cosa più bella che le
sue orecchie
avessero mai sentito, meglio di qualsiasi canzone, meglio di qualsiasi
altra cosa
al mondo. E quegli attimi in cui il suo viso arrossato
dall’imbarazzo si avvicinava
al suo sembrarono una tortura.
Le labbra di Blaine, del suo
Blaine, erano morbide come aveva sempre immaginato e il odore era
dolcissimo,
leggero come il vento. Aveva come l’impressione di
sciogliersi sotto il quel
tocco e quando posò la mano sulla sua guancia riuscì a capire
che stava succedendo
veramente, che quella vita che aveva voluto togliergli tutto adesso gli
donava il
sentimento più intenso che si potesse provare. E anche se il
suo cuore batteva
così forte da far male sapeva che per una cosa
così bella sarebbe anche potuto
morire lì, appoggiato alla sua bocca. Blaine lo stava
baciando e aveva come l’impressione
che quello era l’ultimo saluto di Pavarotti, la sua ultima
canzone. Ora poteva
essere veramente felice.
Riaprì
gli occhi e guardò il
ragazzo davanti a lui, sorrideva luminoso.
Guardò per un instante il posto in cui prima la zanzara disturbava il suo lavoro, era andata via. Era tutto perfetto. La scena perfetta per il loro inizio perfetto.
Credo
che chiunque abbia visto
questa scena faccia ancora fatica a riprendersi perché,
ammettiamolo, è stata di
un’intensità che io ho miseramente riprodotto solo
per il gusto di immaginare i
pensieri di Kurt in quei momenti. Ho adorato il modo in cui Blaine si
è
dichiarato –finalmente benedetto ragazzo!- e ho voluto tenere
le parole in
inglese perché nessuna traduzione riuscirebbe a rendere in
pieno quel You move me che mi ha
fatto
letteralmente tremare.
Un bacio a tutti e grazie per
aver letto.
P.S. è la mia prima fic su Glee quindi siate un po’ clementi sulla caratterizzazione ^^’