C’ERA
UNA VOLTA…
C’era
una volta una
principessa che viveva in una torre. Non era una torre qualsiasi,
però: era
custodita da un drago, un drago enorme dalle scaglie smeraldo e gli
occhi
rossi. La principessa (che si chiamava Viola) viveva là da
quando aveva
memoria, visto che era stata rapita e fatta prigioniera quando era
molto
piccola, per via di profezie sulla sua futura bellezza o qualche tipica
stupidaggine
del genere. Veniva accudita dai folletti, come tutte le principesse
prigioniere
che si rispettino (che, essendo notoriamente viziate e poco use ai
lavori di
casa, non saprebbero come cavarsela altrimenti), e, come tutte le
principesse
prigioniere che si rispettino, aspettava il suo principe azzurro. Viola
passava
ore intere a vagheggiare del giovane valoroso descritto nei libri, e
quindi
rigorosamente di bell’aspetto e con scintillanti occhi blu,
che avrebbe
rischiato la sua vita in nome della sua bellezza e del suo amore,
l’avrebbe
liberata dalla prigionia della torre e infine condotta in sposa.
Insomma, i
classici sogni romantici da principessa.
Non che nella
torre si
stesse male: la principessa aveva da mangiare, dei bellissimi vestiti,
un
trattamento di bellezza personale (compreso di dieta ferrea: quando mai
si è
sentito parlare di principesse sovrappeso?), libri a non finire, un
buon
assortimento di giochi da tavolo… Il problema era che Viola
si annoiava a
morte. I folletti non erano molto di compagnia, drogati di lavoro quali
erano,
e il drago era decisamente troppo saccente per i suoi gusti: insomma,
ci voleva
proprio un principe.
Purtroppo sia
per i
sogni romantici che per il bisogno di compagnia, però,
incontrare un principe
non era per niente una cosa facile. Verdescaglia (il drago, che andava
piuttosto fiero del suo colore) prendeva molto sul serio il suo lavoro:
di
tutti i principi che si erano presentati, spada in pugno e minaccianti,
quattro
erano finiti nel suo stomaco con tanto di armatura, due avevano
accidentalmente
incontrato la sua coda volando per qualche decina di metri, cinque o
sei erano
stati fatti flambé, e uno, che ce l’aveva quasi
fatta, era ingloriosamente
scivolato sulle scale della torre rompendosi l’osso del
collo. La principessa,
che aveva ormai ben diciassette anni e incominciava a temere di
rimanere
zitella, ne era sempre più scocciata. Ogni tanto provava a
supplicare
Verdescaglia perché fosse più clemente, ma il
drago era irremovibile: aveva una
reputazione da difendere, certo non voleva passare alla storia come
Verdescaglia il Mollaccione.
Così,
Viola continuava
ad annoiarsi, a pensare al principe azzurro che la salvasse da tutta
quella
noia e a giocare a scacchi contro incompetenti (e coatti) folletti.
Un giorno,
però, invece
di veder arrivare un principe o qualche altro essere umano, notarono un
altro
drago, di un bel color rosso, che si avvicinava planando sulle ali
squamate,
portando con sé una figurina dai capelli lunghi e tutto il
suo ingombrante
bagaglio. Questi atterrò, non senza fatica, e
salutò Verdescaglia con
un’amichevole codata.
“Salve,
amico! Senti,
dato che la Corporazione mi ha finalmente concesso la pensione, non so
cosa
fare della mia principessa. Non è che posso lasciarla a te,
che sei giovane e
forte?”
Verdescaglia
gonfiò il
petto, orgoglioso:
“Non
preoccuparti:
nessun principe passerà!”
Il drago rosso
(che non
per nulla si chiamava Rubirosso) ringraziò,
scaricò armi, bagagli e principessa
e se ne volò via, pensando a come si sarebbe goduto il
meritato riposo una
volta giunto ai Tropici.
E fu
così che una nuova
principessa (dall’originalissimo nome di Rosa)
andò a far compagnia alla prima
nella torre. Viola ne fu molto contenta: finalmente avrebbe potuto
parlare con
qualcuno, discutere dei libri e fare partite a scacchi almeno un
po’ avvincenti
senza dover costringere i folletti. Come previsto (d’altra
parte avevano avuto
la stessa educazione, i folletti sono uguali in ogni dove), le due
principesse
si trovarono molto bene assieme: superati gli scacchi, si dedicavano
alla scala
quaranta, si divertivano a scambiarsi i vestiti e chiacchieravano tutto
il
giorno. Non chiacchieravano troppo di principi, però: la
noia era sparita, da
quando erano in due, quindi non ce n’era bisogno. Anche se
Verdescaglia continuava
egregiamente a fare il suo lavoro e arrostiva forse il sesto principe,
Viola si
accorse che non le dispiaceva più. La compagnia ce
l’aveva già, e si trovava
tanto bene con Rosa che non vedeva perché un perfetto
sconosciuto dovesse
venire a disturbarla, portandola via per sposarla e farla diventare una
brava
principessa di casa, con tanto di bebè a carico. Si sarebbe
annoiata di nuovo,
e l’idea di lasciare sola Rosa proprio non le piaceva.
Viola ci
rimuginò su per
un po’ di tempo, e poi decise che, se tanto preferiva stare
con Rosa che
immaginarsi con chissà quale principe, tanto valeva vedere
se il famoso Bacio
del Vero Amore andava bene anche tra principesse. Così, dopo
essersi riletta un
libro sulla metodologia del Bacio, aspettò che
l’interessata si addormentasse;
con il batticuore si avvicinò, le posò un casto
bacetto sulle labbra… e si
sentì abbrancare da un’esaltatissima Rosa, che,
dopo aver esclamato “Era ora!”,
prese a sbaciucchiarla per bene. Verdescaglia, che era un drago con un
po’ di
pudore, tirò le tende.
Così,
le due principesse
decisero che, effettivamente, un principe non era poi così
necessario, e che
nella torre non si stava affatto male. La vita andò avanti
normalmente per
tutti: il drago continuò a papparsi principi senza ulteriori
seccature e i
folletti evitarono l’esaurimento nervoso da principessa
annoiata. Le
principesse, dal canto loro, vissero per sempre felici e contente, e
nessun
principe venne mai a disturbarle.
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Io l'ho sempre
detto che i viaggi in
treno fanno male. Ci si annoia.
Grazie di essere arrivati fin qui! I commenti sono sempre graditi,
sappiatelo.
Arrivederci su questi schermi.
Wiwo