Era da tempo che volevo scrivere qualcosa ispirato direttamente da un episodio della serie, ma finora non avevo mai limato bene questo estratto, sebbene il nucleo fosse pronto da secoli...
How
harsh you are, Mr Spock
Quando
arrivò
l'annuncio, Spock era seduto sull'ampia poltrona nera del ponte, le
mani quietamente adagiate sui braccioli, lo sguardo calmo e fermo,
senza tensione. Il Capitano e il Dottor McCoy si erano recati dal
Professor Crater già da circa mezz'ora, ma il loro silenzio
non era
ancora allarmante, e, in ogni caso, si trattava dei due individui
nell'intero universo in cui riponeva la fiducia più solida e
profonda; oltretutto, aveva disciplinato abbastanza il proprio
spirito da saper arginare con efficacia le ipotesi più
cervellotiche
ed inquietanti, riuscendo a mantenersi invece in una confortevole,
placida lucidità. Il lavoro ai comandi era il familiare,
monotono
brusio di voci e macchinari; lo spazio si stendeva davanti a loro in
una vasta notte innocua, senza sorprese e senza minacce; era persino
riuscito a scherzare con Uhura, o perlomeno ad esasperarla con le sue
glaciali, sintetiche precisazioni. Poi ci fu il lungo gemito
dell'interfono, e il freddo raggelò per un istante la sala.
-Teletrasporto
a ponte: la squadra di sbarco è tornata. Uno di loro
è morto.-
Le parole
precipitarono d'improvviso, bruscamente, cadendo con la cruda
chiarezza del metallo. Spock dovette aspettare due, tre, quattro,
cinque secondi, perché la sua voce non tremasse. -Qui Ponte.
Ricevuto.- .
Il ghiaccio li
avvolse di nuovo, e il Primo Ufficiale serrò le labbra,
impercettibilmente, tentando di impedire che visioni febbrili e
deduzioni crudeli gli soffocassero la mente, che sentimenti feroci
prendessero forma e accecassero il suo sguardo. Il respiro rimase
regolare, ma il mento si contrasse, e il profilo del Vulcaniano
sembrò diventare più affilato; e osservando con
attenzione, il suo
volto fu d'un tratto nettamente più pallido.
Due caldi occhi
scuri, cupi di collera, avvamparono dietro la sua nuca. -Non riesco a
crederci- ringhiò Uhura, tendendosi verso di lui con furia a
stento
trattenuta, conficcando le lunghe unghie curate nella pelle della
poltrona fin quasi a strapparla.
Il viso di Spock si
sollevò di scatto, le sopracciglia aggrottate, circospette,
come se
avesse appena ricevuto un colpo, o ne temesse l'arrivo: -Che vuol
dire?- domandò, e il suo tono per un istante
sembrò stanco.
-Mi meraviglio di
lei- replicò il tenente, spalancando rabbiosamente le
palpebre,
mentre l'indignazione trapelava sempre più dolorosamente dai
suoi
gesti, dalla sua cadenza, dal fremito rovente e iroso delle sue
spalle: -Hanno appena detto che c'è un morto e lei...-
esitò,
sfiorando il suo viso con uno sguardo ansioso, incapace di capire:
-...se ne sta seduto. Potrebbe essere il Capitano Kirk, l'unico amico
che lei abbia mai avuto!- .
O
potrebbe essere lui,
gli esplose d'improvviso nella mente, potrebbe
essere il Dottor McCoy.
Il pensiero sorse piano, splendendo, graffiando, e dietro di lui ne
precipitarono d'improvviso altri cento, in una catena di lampi
sottili, scintillanti, inarrestabili, come una cascata di bianche
accecanti comete. Una voce limpida, meno rigida, più libera
della
sua, ma che sembrava sprigionarsi da una porzione profonda e segreta
del suo essere, cominciò a tramutarli in parole. Potrebbe
essere l'uomo che mi dimostra meno rispetto, e che forse rispetta
parti di me di cui non sono consapevole neppure io. Potrebbe essere
colui che custodisce da tre anni le nostre menti e i nostri corpi;
potrebbero essere le mani che mi hanno guidato, e ricomposto, e
conosciuto più di tutte. Potrebbe essere quella creatura
bizzarra,
scostante, eccezionale, differente da me ma non per questo lontana,
che sa ragionare come un sapiente e sceglie di sanguinare come gli
altri uomini.
Spock sollevò lo
sguardo sul suo tenente, ma non contraddisse la sua esclamazione:
perché il ricordo del Dottor McCoy non scuoteva le corde
schiette e
chiare che fremevano per Jim, ma una più sotterranea,
misteriosa,
sfuggente, e il cui eco continuava tuttavia a rimbombargli nelle
orecchie. -Le manifestazioni di dolore non cambierebbero gli eventi,
Tenente. Se gli umani riuscissero a capire questo, si eviterebbero
molte inutili sofferenze- .
Nei suoi occhi
balenò una durezza brusca, che poteva essere un bagliore di
irritazione, o lo scudo contro un tremito lontano. Ma Uhura non colse
quel sussulto, come sarebbe accaduto a due sfrontati occhi celesti; e
non immaginò neppure che in quel momento, per un solo,
impalpabile
istante, l'anima del suo superiore fu completamente nuda di fronte a
lei.
Invece, la donna
rimase in piedi, tremando di offesa e di incomprensione; poi si
voltò
di scatto, e si immerse di nuovo tra i ronzii nitidi e meccanici
della sua postazione.
Il Primo Ufficiale
si limitò ad uno dei suoi secchi cenni del capo,
intrecciando
compostamente le lunghe dita pallide; con calma efficienza, appena
inasprita da una nota vagamente discordante, tornò a
dirigere i
compiti della plancia di comando, evitando di richiedere ulteriori
resoconti, e ignorando lo sdegno furioso che il suo tenente stava
premendo contro la sua schiena.
Ma quell'eco,
l'impronta sconosciuta e confusa che il pensiero del dottore aveva
evocato in lui, continuò ad assordarlo finché non
poté chiamare
l'Infermeria, e uno sguardo vigile e azzurro incontrò il suo
attraverso lo schermo.