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Autore: fedenow    20/03/2011    8 recensioni
Stef lo stringeva, lo cullava in un modo grezzo mentre lui sentiva la rabbia montargli dentro, gli mancava l’aria, pensava che non ce l’avrebbe fatta, pensava che ti fotti quando ti innamori la prima volta a tredici anni e nemmeno te ne accorgi, e dopo puoi raccontarti tutte le stronzate a cui riesci a pensare ma la verità è che per tutta la vita cercherai di tornare a quel punto e riprenderti quella cosa e capirla per una volta, una volta soltanto, prima che ti abbia già buttato sul pavimento. Pensava che ci era passato troppo spesso per essere ancora lì. Pensava chi cazzo fosse Matt Bellamy per fargli questo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Partenze


DISCLAIMER
Tutti i personaggi descritti e citati non sono di mia proprietà, gli avvenimenti sono inventati e non scrivo a scopo di lucro.





PARTENZE




I - IL GIORNO PRIMA



È quasi piacevole addormentarsi con la consapevolezza di non dover fare niente la mattina successiva, dà un non so qual senso di tranquillità difficilmente raggiungibile in altro modo. Garantisce al sonno una distensione, una pacatezza davvero singolari. In pace con il mondo, ecco come ti senti quando ti addormenti sapendo di non avere impegni il giorno dopo, di poterti svegliare all’ora che preferisci - o non svegliare proprio. Lavoro, figli, amici – niente di tutto questo. Assenti in blocco. Nessuno Stefan ti telefonerà, perché vi siete visti per tutta la sera, giusto qualche ora prima. Nessun Cody salterà sul tuo letto ricordandoti che quel giorno gli hai promesso di andare al parco, perché passerà il weekend con Helena. E nessun produttore sarà così impaziente da doverti importunare proprio quel giorno. Nessuno, nessuno ti cercherà, nessuno avrà bisogno di te quella mattina. Lo ripeti a te stesso mentre allenti la cravatta e la sfili dal collo, mentre ti spogli sorridendo sciattamente, inibito dall’alcool che ti ha fatto compagnia per tutta la festa – che poi, ti dici, qualche drink non fa un ubriaco.
Ti butti sul letto scompostamente, senza neanche coprirti con le lenzuola, perché il freddo che sentirai ritieni non sarà sufficiente a svegliarti. Solo. Sei finalmente solo e puoi rilassarti perché nessuno avrà bisogno di te nelle prossime ore. Non sai da dove derivi questa tua consapevolezza, ma per te è come un’ancora di salvezza e ti addormenti fregandotene di tutto e di tutti.

L’unica incognita che non hai contemplato è che il telefono si metta a squillare con insistenza, e non ti dia tregua fino a quando ti decidi ad allungare una mano per sollevare il ricevitore. A quel punto, lo sai bene, è piuttosto inutile e molto poco elegante imprecare contro qualunque divinità sia in ascolto, ma questo non ti dissuade dal farlo.

- Pronto, cazzo.
- Birra.
- Champagne.
- Brian, sono io! Ho bisogno di una birra.
Brian  si strofinò gli occhi, cercando di ragionare nonostante la testa pulsasse dolorosamente, probabilmente per effetto della mezza sbornia della sera precedente.
Birra. Poteva essere un buon punto di partenza. Ma ancora non aveva chiaro chi fosse il suo interlocutore. Non era la voce di Steve, e Stefan di solito chiamava per dire cose più intelligenti.
- Con chi ho il piacere di parlare alle… - Brian si volse svogliato verso le cifre luminose della radiosveglia – ALLE OTTO E MEZZA??? Si può sapere chi cazzo sei per telefonarmi alle otto e mezza?
Silenzio dalla parte opposta della cornetta.
- Brian. Sono Matt.
- Chi?
- Sono Matt! Matt Bellamy!
- E chi ca… Aspetta. Tu sei Matt Bellamy? Quello dei Muse?
- Oh, Cristo, Brian! Quanti Matt Bellamy conosci esattamente?
Brian ci pensò un attimo. – Nessuno. Neanche quello dei Muse. – concluse semplicemente. Evidentemente il suo cervello si rifiutava di collaborare.
- Brian, CI SIAMO VISTI IERI SERA. – sillabò Matt – Al party della BBC Radio, ricordi? La festa!
- La festa…ahhhh.

Sì, ora ricordava. Era andato, con Stef e Steve, ad una di quelle serate mortalmente noiose, organizzate dallo sponsor di turno. Soliti artisti, solite starlette montate e rifatte, soliti volti senza nome. Ricordava di aver intrattenuto una conversazione esilarante con Zane Lowe, anche se non riusciva a definirne il contenuto. Qualcosa a sfondo osceno, conoscendoli, o quantomeno infarcito di doppi sensi. Per il resto la noia più totale. Tranne… Brian focalizzò improvvisamente davanti a sé due corpi avvinghiati contro un muro: uno gli apparteneva inequivocabilmente, e l’altro assomigliava molto a Matthew Bellamy, a ben pensarci.
Oddio: lui e Matt Bellamy. Possibile che avesse occupato la sua serata davvero in quel modo?

- Ah. Sì. – concluse con mirabile sintesi.
- …Posso salire?
La voce di Matt era titubante, anche nervosa, profondamente diversa da quella spazientita che aveva utilizzato fino a poco prima.
Brian si mise a sedere sul letto, massaggiandosi la fronte nel tentativo di riflettere. – Scusami, non ti seguo. Ho molto sonno. – addusse a mo’ di spiegazione – Cosa intendi con salire?
Sentì Matt sbuffare sonoramente. Immaginò che si stesse guardando intorno spazientito, cercando le parole per spiegare qualcosa che gli appariva ovvio, mentre a Brian sinceramente sfuggiva.
- Allora… sono nella hall del tuo albergo. Mi hai detto tu che avresti dormito qui. Ti sto chiedendo se posso salire in camera tua, perché avrei bisogno di… parlarti.

Brian si rese conto solo allora di non essere nel suo letto, a casa sua. Certo, la stava ristrutturando praticamente dal cima a fondo, e aveva deciso di trasferirsi in albergo almeno fino alla conclusione del grosso dei lavori.
Tutto filava. Bellamy non era pazzo, anche se non gli era ancora chiaro cosa volesse da lui. Era noioso realizzare di aver baciato un collega che aveva sempre considerato fastidioso, incapace e anche fisicamente poco attraente. La categoria “Esperienze da non ripetere nella vita” si sarebbe arricchita di un nuovo capitolo, e Bellamy avrebbe dovuto fare lo stesso.
No, decisamente quell’incontro non aveva ragione di avvenire.
- Guarda, Bellamy, sono desolato. Non mi sembra il caso di-
- Brian, sono qui sotto da un’ora abbondante. Si sta riempiendo di gente, e… ho paura che qualcuno possa vedermi…non so…riconoscermi...
Brian si ricredette istantaneamente riguardo alla sanità mentale di Matt Bellamy, mentre staccava il ricevitore dall’orecchio per fissarlo interdetto.
- Bellamy, tu credi veramente a tutte le stronzate sulle cospirazioni che dici nelle interviste? Che siamo tutti in pericolo e che ci vogliono catturare in massa?
- Per favore, Brian. Posso…posso salire, per favore?
Matt strinse convulsamente il telefono mentre parlava, Brian lo capì dalla sua voce sussurrata ma stridente, trattenuta a stento, come di qualcuno sul punto di urlare. Dio, come gli era familiare quella sensazione di vuoto, assoluto vuoto che ti tenta da morire, in cui hai bisogno di aggrapparti a qualsiasi cosa per restare a galla. Bellamy, tu stai per romperti.
- Vieni su fra una decina di minuti. – No, così forse era stato troppo accomodante. – Poi però vaffanculo.


Brian azionò l’acqua nella doccia e vi si gettò sotto senza nemmeno aspettare che si scaldasse. Aveva poco tempo prima che Matthew Bellamy irrompesse nella sua stanza, e doveva rendersi per lo meno presentabile, ma soprattutto tornare lucido. Si concentrò sul getto che bagnava i suoi capelli, tentando di rilassarsi, mentre si facevano sempre più nitidi, suo malgrado, i ricordi della notte passata.



***


Brian distolse il proprio sguardo vacuo dall’ennesimo bicchiere che aveva svuotato e lo rivolse alle persone che lo attorniavano. Erano tutti sconosciuti, e si chiese come fosse finito a quel tavolo e in quella conversazione. Cercò Stef per la sala, e lo vide ad annoiarsi presso un altro capannello, certamente immerso in una conversazione programmaticamente inconcludente, come richiedeva il codice di quelle sciocche serate. Era lontano, troppo lontano per poter sperare di essere salvato da lui.
Promemoria per i prossimi party a cui lo avrebbero costretto a partecipare: legarsi Stef a un braccio, o Steve in alternativa, anche se una scelta simile avrebbe implicato assistere agli innumerevoli flirt del California boy, e non erano pochi. Perlomeno si sarebbe divertito, considerando cosa era in grado di inventarsi il suo batterista pur di impressionare una ragazza. "Sai, con quell’onda di sei metri me la sono vista brutta" era stata una delle più contenute, poi erano venute “Anch’io faccio volontariato nel tempo libero” e “Sono contrario al sesso prematrimoniale”. Tant’è, quella sera niente Steve, sicuramente alle prese con una londinese avvenente in qualche angolo buio del locale.

Sospirò, tornando a focalizzarsi sugli invitati del suo tavolo, e solo allora si accorse di avere addosso gli occhi famelici di tutti loro. Evidentemente erano in attesa di una risposta da lui che, sfortunatamente, non aveva nessuna idea di cosa gli avessero chiesto. Tossicchiò, schiarendosi la voce.
- Ritengo che sia bene riflettere molto su questa cosa, perché l’argomento è delicato. La scelta che dobbiamo fare è importante, e occorre pensarci.
Perfetto, si disse. Con una risposta del genere se la sarebbe cavata sia su una domanda riguardante il disco successivo sia sulla situazione politica inglese sia sulla fame nel mondo.
Aspettò qualche secondo, il tempo tecnico necessario perché i suoi commensali si accorgessero di non essere minimamente interessati a quello che lui aveva detto e cambiassero argomento, poi si accomiatò educatamente, alzandosi e dirigendosi verso il bancone dove erano distribuiti i drink. I suoi sensi erano piacevolmente ottenebrati dall’alcool, il che gli causava una certa lentezza nei movimenti e nella parola, ma fortunatamente nulla di inelegante o volgare. Era ancora nel pieno delle sue facoltà, concluse arrivando davanti al barista senza significative oscillazioni.
- Mi fa un drink molto forte, cortesemente?
- Quale?
Brian fissò le bottiglie ordinatamente disposte sullo scaffale dietro il bancone. – Quello.
Il barista guardò scettico la bottiglia indicata da Brian, poi Brian stesso, che ancora teneva il braccio e il dito puntato. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma parve decidere che non era il caso, scrollò le spalle e si mise al lavoro.

Brian si voltò di scatto sentendo una risata presuntuosa  alle sue spalle.
- Ti piace il succo di lampone, Molko?
Voce troppo acuta, fisico ossuto, improponibili accostamenti d’abiti. Non c’erano dubbi.
- Bellamy, gioia della mia vita, ti vedo in forma smagliante. Comunque ti informo che mi fa cagare il succo di lampone.
- Ah. – ghignò Matt – Io ti informo che ne hai appena ordinato uno. Ti ubriacherai in men che non si dica con quello, credimi.
- Sei sempre sgradevole, Bellamy.
- Come il succo di lampone.
Gesù, un bambino di due anni. Ecco con chi aveva a che fare.
- Bellamy, che ne dici di andare a cercare i tuoi amichetti e compagni di band, così eviti di molestare persone innocenti?
- Vuoi essere molestato da me, Molko?
Brian lo osservò attentamente. Bamboccio e pure pervertito. Doveva essere ubriaco almeno quanto lui a giudicare dagli occhi lucidi e dal sorriso malizioso che stava sfoggiando, che si traduceva in una mostruosa deformazione a livello della bocca.
- No, Bellamy, neanche nei tuoi sogni. E ti consiglio di non raccontare a nessuno i tuoi sogni, perché ti arresterebbero. Ora gira al largo.
Matt rielaborò in qualche secondo la risposta di Brian, che nel frattempo si era nuovamente voltato verso il bancone, e si sedette acanto a lui.
- Oh, Cristo! Devi dileguarti, capito? Non apprezzo la tua compagnia e non ho voglia di fare conversazione.
Santo alcool. Poteva dire quello che voleva e incolpare tutti i cocktail che si stava bevendo.
- Possiamo fare altro.
- Bellamy, ti dico io cosa facciamo. Tu ti fai una bella scopata, liberi i tuoi istinti sessuali repressi e poi, forse, sarai una persona con cui intrattenere una discussione perlomeno sensata.
- Grazie, sei un vero amico. – rispose devotamente Matt, tenendo gli occhi fissi sul legno del bancone.

Brian capì che non sarebbe arrivato da nessuna parte in quel modo. Occorreva un cambio di strategia, repentino.
- Ehi, Bellamy, perché non vai a casa a suonare la tua bella chitarra? Sono sicuro che i tuoi vicini faranno i salti di gioia!
Si era alzato e gli tendeva una mano sorridente, proprio come stesse promettendo un cono gelato ad un bambino riluttante all’idea di andare a scuola.
Matt proruppe in una risata stridula, alzandosi a sua volta. – Ah, Brian, Brian. Sono ubriaco, non rincoglionito. – sibilò, facendosi pericolosamente vicino al suo volto.
- Avrei scommesso sul contrario. – ritorse Brian, cercando di cavarsi dall’impiccio.
Si voltò e fece per andarsene, ma la salda presa di Matt sul suo braccio gli impedì di fare molta strada, costringendolo a fronteggiarlo.
- Bellamy, mi sono stancato. Che cazzo vuoi?

Non ottenne una risposta, quantomeno verbale. Matt lo fissò intensamente, prima che il suo sguardo scendesse sulle sue labbra, e da lì non si muovesse più. Nessun cedimento, nessuna emozione apparente. Si avvicinò di nuovo al suo viso, lentamente, molto lentamente, ma in modo continuo, gli occhi fissi sulla bocca di Brian, obiettivo che giudicava alquanto allettante, considerando la tensione del suo corpo e il suo fare affamato.
Eh, no, Bellamy. Se vuoi giocare, giochiamo, ma non ti aspettare di vincere.
Brian non indietreggiò, anzi dischiuse leggermente le labbra con intento provocatorio. Si chiese perché stesse facendo tutto questo anziché andare via e trovarsi una compagnia più interessante, e gli sembrò una risposta plausibile il voler capire dove avesse il coraggio di arrivare quel folle malandato che si trovava davanti. Molto più complicato sarebbe stato ammettere che le labbra di Matt erano maledettamente interessanti, così come le sue mani abbandonate lungo i fianchi e gli occhi semichiusi. Quando era ormai sicuro dell’imminente bacio – odiava definirlo così – fra di loro, chiuse gli occhi, pregustando quel contatto umido, e l’aumentare del brivido caldo che già gli percorreva la schiena.
Quello che accadde dopo lo spiazzò. Matt virò bruscamente, e posò le sue labbra sulla guancia di Brian. Non era un bacio, no. Non era un accidente. Stette lì così, immobile, inspirando a pieni polmoni la pelle di Brian, apparentemente appagato da quel contatto assurdo. Brian si staccò con stizza. Che razza di uomo era uno che ti baciava la guancia in una situazione come quella? Dopo averti rivolto proposte oscene ben poco implicite, Dio!
Bellamy, che frullato hai al posto del cervello? Hai bisogno della mamma che ti dia la carezza della buona notte e ti dica che va tutto bene? Dimmi almeno che non ti aspetti che ora ti stringa e ti culli finché ti addormenti, perché potrei vomitare. E non azzardarti ad appoggiare la testa sulla mia spalla!
Perché, porca miseria, non mi hai dato questo fottutissimo bacio?

Matt temette di aver osato oltre il limite. Brian era immobile da diversi secondi, fremente. Lo aveva allontanato bruscamente da sé, e ora lo fissava con astio. Aveva voluto troppo – ma troppo di cosa?, si chiese – e adesso gli sarebbe stato tolto. Si ritrasse impercettibilmente, ma una mano di Brian afferrò il suo polso.
- Fermo, idiota. Non qui. – e accennò con lo sguardo alle persone curiose intorno a loro. Matt realizzò solo allora che erano in piedi, bloccati a metà strada tra il bar e i tavoli del locale. Due cretini, era la definizione più calzante che gli sovvenne. Tornò con lo sguardo a Brian, che già si stava allontanando verso uno dei tanti corridoi laterali poco illuminati, e sorrise. Forse non era l’unico a volere troppo.






____________________

Uh. Ho iniziato davvero una long-shot. Wow :D
Piuttosto soddisfatta del flashback, cade miseramente sul presente-day after, in quanto cerca di carpire informazioni ai suoi personaggi sul loro comportamento, ma li trova molto poco collaborativi, e deve arrangiarsi come può.
Mi duole che Brian parli come il fior fior degli scaricatori di porto, ma mi è proprio scappato dalle dita, anzi non sono mai riuscita a catturarlo, e non ho la minima idea di cosa abbia intenzione di fare. Bri, comportati bene!
Rapida nota tecnica: Zane Lowe è uno speaker della BBC Radio 1 che, a giudicare dalle interviste, va piuttosto a genio al Molko, quindi ci sta simpatico *le viene il dubbio che non sia una motivazione eccessivamente valida, ma lo scaccia* . Ovviamente mi sono inventata la sua predisposizione alla scurrilità verbale.
Bene, adesso non mi resta che ramazzare idee intelligenti per proseguire, e sperèm.

   
 
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