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Autore: Melanto    21/01/2006    6 recensioni
Nulla può rompere un'amicizia, se è davvero sincera...nemmeno la morte.
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è nata così. Senza un perché o un percome. Forse ero un po’ giù di corda e avevo bisogno di liberarla in qualche modo. Mah. Sta di fatto che non ha niente a che vedere con la saga ‘Fight the Future’. È solo…The Sound Of Silence…

^Melanto^

The Sound Of Silence

Ti vedo.
Non ci sei più, ma ti vedo. È come se tu non abbia mai lasciato questo posto. Sei lì, alla tua finestra, seduto sul davanzale a contemplare lo squarcio di tramonto come avevi sempre fatto e come sempre farai. In eterno.
Anche il tuo viso non è cambiato. Non ci sono rughe a ricordare il trascorrere del tempo, né capelli un po’ più grigi. La tua pelle è sempre distesa e liscia come allora. Non posso toccarla, ma so che è così. I tuoi occhi fissi e rassicuranti sono puntati verso la luce del sole rosso, mentre la tua bocca è distesa in quel sorriso un po’ enigmatico che ti ha sempre distinto dagli altri.
La musica di Simon&Garfunkel riempie la mia stanza. Alle prime note di quella canzone, che cantavi sempre, la tua immagine si gira verso di me. Mi sorride in un modo che resterà per sempre nel mio cuore e unisce la sua voce a quella dello stereo. Mi sembra di sentire anche le note della tua chitarra. Uno strano riflesso mi spinge ad osservarla. È lì, appesa alla parete della mia stanza con il tuo bigliettino incastrato tra le corde.
Quando ritorno ad osservarti non ci sei più.
Sospiro pesante, distogliendo lo sguardo dalla finestra.
Il trillo della sveglia mi ricorda che sono già le 17.30.
Sono in ritardo.
Mi alzo in fretta dalla sedia e scendo nel salotto della mia casa natale.
“Ciao mamma!” e le poso un bacio sulla guancia.
“Ciao tesoro…”. Il suo viso triste mi osserva, comprensivo. Sa cosa provo in questo momento, ma non dice nulla.
Prendo la borsa dal divano ed esco a passo svelto.
Il vento tagliente dell’autunno mi schiaffeggia violentemente.
Non me ne curo. Osservo un po’ la strada nella speranza di vedere un taxi. Niente. Poco male me la farò a piedi.
Non mi dispiace camminare. Ricordo le nostre interminabili passeggiate. Parlavamo di tante cose o a volte restavamo in silenzio ad ascoltare il respiro dell’aria che correva sulla nostra pelle.
Mi stringo nel cappotto lungo, cercando di smettere di ricordare. Fa male.
Penso ad altro, o almeno ci provo, ma è tutto inutile.
Una goccia di pioggia si infrange sul mio viso. Poi un’altra e un’altra.
“Maledizione!” fortunatamente ho l’ombrello.
L’acqua scroscia forte. Dei bambini mi tagliano la strada ridendo. Corrono sotto la pioggia protetti nei loro impermeabili gialli. La trovano divertente. Un po’ come te.
Non riesco a trattenere un sorriso al ricordo della prima volta che mi hai consolata…

La pioggia cadeva copiosa come adesso.
Ero seduta sulle gradinate del campo da calcio.
Holly era partito per il Brasile già da un anno ed io mi sentivo tremendamente sola. Ero preoccupata. E se avesse incontrato una giovane brasiliana e se ne fosse innamorato?
“Così rischi di prenderti un malanno!”
Neanche mi accorsi che eri lì.
Non ti avevo sentito arrivare.
Ti osservai con gli occhi pieni di lacrime e pioggia.
Il tuo viso gentile mi osservava con un lieve sorriso sulle labbra. Eri avvolto in un lungo impermeabile e ti proteggevi sotto ad un ombrello.
“E se la nostra manager si ammala come faremo?”
Neanche mi accorsi che l’acqua non mi bagnava più. C’era il tuo ombrello a ripararmi.
Ti sedesti accanto a me, mentre io non riuscivo a non osservare i tuoi movimenti.
I tuoi occhi scorsero lentamente tutto il campo. Le numerose pozze continuavano ad essere alimentate d’acqua.
“Alan…” chiamai in un soffio come a rendermi conto che fossi veramente tu.
“Non trovi che la pioggia sia bellissima?”
La tua domanda mi incuriosì molto.
“E’ triste…”
“No… perché dici così? È divertente invece!” non riuscivo a capire come potessi trovarla divertente.
Ma tu avevi già deciso di dimostrarmelo.
Mi lasciasti l’ombrello e cominciasti a ballare.
“I’m singin’ in the rain…” ti osservai un po’ stupita ma non riuscii a non ridere. Era troppo divertente.
Allora capii che lo avevi fatto apposta.

“Hai visto che avevo ragione!”
La nostra amicizia cominciò così.

Quel ricordo porta una breve ventata di gioia nel mio cuore. Troppo breve.
Prima di allora non ci parlavamo molto. Sei sempre stato un ragazzo riservato.
Chissà chi ci sarà oggi.
Con il tempo il gruppo si è notevolmente assottigliato.
Sono tutti molto impegnati nei loro lavori. Perfino Olyver non è venuto.
Stasera deve disputare una partita molto importante.
Era davvero dispiaciuto.
Gli ho detto di non preoccuparsi. Ci sarò io.
Sospiro.
Con un movimento veloce tiro fuori una sigaretta dalla borsa.
La osservo per un attimo.
Devo aver cominciato dopo l’incidente.
L’accendo e ne tiro una grande boccata.
Olyver dice che mi fa male.
Al Diavolo!
Lui e il suo salutismo.
Aumento il passo.
Mentre la mia mente continua a rivangare memorie sepolte.

“Ciao Patty, torniamo a casa insieme?”

Eri sempre disposto ad accompagnarmi, anche se abitavi dall’altra parte della città. Un po’ mi dispiaceva farti fare quella sfacchinata, ma sembrava che la cosa non ti pesasse minimamente.
Agli allenamenti eri sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Cominciai a conoscere la tua disponibilità per ogni cosa.
Mi ascoltavi, mi consigliavi, mi accompagnavi perfino a fare shopping.
Mi manchi molto.
Ho sempre saputo che il nostro non era amore. Avrei amato solo Olyver.
Il sentimento che mi legava a te era più forte, se possibile.
Eri il mio migliore amico ed io ti volevo bene.

“Sai che qualcuno ha comprato la casa vicino alla mia?” ti dissi un giorno a scuola.
“Sì lo so.” ti guardai perplessa…come facevi a saperlo?
Mi sorridesti.
“L’ha comprata mio padre!” sbarrai gli occhi e rimasi con la bocca semi aperta.
Ricordo che ero felicissima.
“Davvero?! Oddio saremo vicini di casa! Evviva!” nella foga ti saltai al collo. Per poco non ti soffocavo.
“Ma guardate la nostra manager: ha già dimenticato Holly!” scherzò Bruce. Gli lanciai uno sguardo di fuoco
“Cuciti il becco tu!” ricordo che ridevi divertito.

Quel sorriso…
Quanto lo adoravo.
Avevi sempre un sorriso solare e una parola gentile… per tutti.

“Mamma, mamma! Sono arrivati!” gridavo precipitandomi dalle scale. In un attimo ero già fuori alla strada.
Il camion dei traslochi si avvicinava sempre di più e potevo vederti mentre mi salutavi dal finestrino.
“Ciao Patty!”
Gridavi nell’aria e in un attimo mi stavi già facendo vedere la casa.
“Questa sarà la mia stanza!”
“Ehi, ma è quella che affaccia sulla mia finestra!”
Esultai affacciandomi. Potevo vedere camera mia. Erano vicinissime.
“Ma ci pensi? Se avrai bisogno di me non dovrai fare altro che gridare 'Patty' ed io mi affaccerò subito!”
“E se fossi tu ad avere bisogno di aiuto?”
“Oh beh, in quel caso griderò 'Alan'” Ridemmo entrambi.
Con fare naturale ti sedesti sul davanzale.
“Ehi guarda!” Esclamasti
“Possiamo anche rubarci uno scorcio di tramonto da qui!”

Lo osservammo insieme.
Il tuo sguardo era così concentrato.
Sembravi un grande pensatore che stava rimuginando sui problemi del mondo.
Quando studiavi avevi la stessa concentrazione.
Dalla mia finestra spesso ti osservavo.
I tuoi occhi scorrevano veloci sul libro.
Poi, quando avevi finito, ti alzavi e venivi alla finestra.
Chiacchieravamo un po’ ed cominciavi a suonare la chitarra.
Avevi una bella voce, molto calda.
Adoravi Simon&Garfunkel. ‘The Sound Of Silence’ era la tua preferita.
Cantavi nel sole e mi sembravi così intoccabile.
Sembrava che la tua famiglia fosse estranea al mondo. La tua esistenza sembrava talmente perfetta.
Ma, col tempo, aprii vecchie porte che nessuno conosceva, ed il castello di carte, su cui avevo costruito le mie convinzioni, cominciò a vacillare.

“Patty ma sei matta? Scendi di lì!”
“Oh dai, vedrai che regge!”
“Ma perché non devi passare dalle porte come fanno tutti?”
Era divertente vedere la tua espressione preoccupata.
Certo, avevi ragione: non era cosa da tutti entrare in una stanza, dalla finestra, sopra un’asse di legno traballante, mentre sotto c’era il vuoto.

Mi farai venire un infarto!”
“Su, su…”
E in un attimo ero al sicuro.
Ricordo il tuo viso che cercava di essere arrabbiato, ma non ci riusciva molto bene.
Scuotesti il capo rassegnato, mentre io non riuscivo a trattenere delle risatine.
“L’hai arredata davvero bene la tua stanza sai?”
Ti dissi mentre mi guardavo intorno
“Davvero, ti piace?!”
C’erano molti poster di calciatori, sembrava la camera di Holly, eravate dei veri fissati!
Mi soffermai sulle foto della squadra.
C’erano anche le foto scattate al mondiale.
Le medaglie che avevi vinto facevano bella mostra tra di esse.
“Ehi!”
Dissi ad un tratto prendendo una cornice tra le mani
“Chi è questo bel ragazzo in divisa?”
“Si chiamava Matthew… era mio fratello.”
“Davvero?!”
Ero molto sorpresa
“Non sapevo che avessi un fratello!”
“Avevo…”
Ti osservai perplessa per questa tua correzione. Non sorridevi più.
“…è morto tre anni fa… era pilota dell’American Airlines, il suo aereo è precipitato sulle Montagne Rocciose durante un volo.”
“Io… mi dispiace… non lo sapevo scusami…”
“No, non ti preoccupare…”
Cercasti di risollevarmi il morale e mi sorridesti come facevi sempre.
“Sai la chitarra era sua…”
La guardai con sguardo diverso
“…anche lui adorava The Sound Of Silence è per questo che la suono spesso”
Non riuscivo a credere come tu tenessi nascosto un dolore così terribile.
Pensavo che non ti fidassi di me…
“Scusa se non te ne ho mai parlato… non è un bel ricordo…”
“Questa volta sono io a dirti di non preoccuparti. È una cosa molto personale…”
Ti sorrisi cercando di essere il più naturale possibile
“Ora devo andare… ho ancora matematica da fare!”
Era l’unica via di fuga che mi era rimasta .
“Tu con le porte ci litighi vero Patty?”
Ero passata di nuovo per la finestra. Ti rivolsi un sorriso innocente.
Tu ti sedesti sul davanzale, come al solito
“Se ti dà fastidio la chitarra dimmelo…”
“No… mi piace sentirti suonare”
“Bene!” dicesti sorridente “Il Jukebox è a sua disposizione signorina… che le suono?”
“Potrei ascoltare The Sound Of Silence?”
Il tuo sorriso era bellissimo.


La pioggia è cessata.
Chiudo l’ombrello, con la speranza di chiudere anche i ricordi. Ma in questo giorno dell’anno la cosa è del tutto impossibile.
Manca un quarto alle 18.00.
Affretto il passo o rischio, per la prima volta in dieci anni, di fare tardi.
Già dieci anni…
Cambiano così tante cose in dieci anni.
Ma per una volta all’anno, per un giorno o poche ore, tutto ritorna come prima.
Ci si riunisce e si ritorna indietro nel tempo.

“I tuoi genitori litigano spesso ultimamente…”
“Mah… sono un po' in crisi, ma passerà!” non so se lo dicesti per convincere me o te stesso.
Sorridesti.
Ma il tuo era un sorriso forzato. Non c’era niente di naturale.
“Comincia a fare freddo.”
Sospirasti
“L’estate ha fatto le valigie. È il momento dell’autunno.”
Da allora il tuo sorriso cominciò a scomparire.
Sapevi che la tua vita stava cambiando, forse l’avevi sempre saputo e fingevi di poterla controllare.
Io ti vedevo cambiare.
Volevo fare qualcosa, ma non potevo nulla se non restarti vicino.


“E’ da un po’ che non sento i genitori di Alan litigare. Forse avranno fatto pace…”
“Ma come tesoro, non lo sai? I Croker hanno divorziato…”
Quelle parole mi trafissero il cervello come un fulmine e non vedevo altro che il tuo viso.
Lo sapevi? Come stavi?
Mi alzai di scatto facendo cadere rovinosamente la sedia alle mie spalle.
Non ne sentii il rumore. Non sentivo nulla, mentre salivo le scale: né il tintinnare delle posate nel piatto, né i richiami di mia madre.
Non vedevo che te, non sentivo che te.
“Il cielo è terso dopo la tempesta. Ti permette di vedere la realtà delle cose. Eccola la realtà. Facevo finta di non vedere, facevo finta di non sentire. Ma in fondo, già la conoscevo. Mi illudevo di avere una vita perfetta, una famiglia perfetta… e forse l’ho avuta, tanto tempo fa. Ed ora cosa mi rimane? Niente… Quando un vaso si rompe non resta che raccogliere i cocci. Io non ho più nulla da raccogliere. Loro li hanno già buttati, hanno buttato via tutto… anche la mia speranza”
“Mi… dispiace…”
Ero arrivata tardi.
Potei quasi sentire il rumore del tuo cuore che si spezzava sotto i colpi delle grida dei tuoi genitori.
Il mio castello di carte crollò definitivamente ed il Jack di cuori ne rimase sommerso. Mi parve di riconoscerne il suono tra il fruscio delle foglie smosse dal vento.
Tu eri seduto al davanzale come sempre. Stringevi al petto la chitarra. Ma ciò che vedevo era il fantasma di te stesso.
Dov’era l’Alan che conoscevo?
Era già morto, in fondo ai frammenti del tuo cuore. Ed io non potevo fare altro che restare ad osservare i fantasmi, sulla soglia della porta della mia stanza.
Avevo gli occhi pieni di lacrime.
“Sai…” sospirasti “…vorrei tanto poter sentire il Suono del Silenzio. Forse così cancellerei quelle grida rauche di genitori isterici. Forse potrei stare in pace…”
Era il tuo dolore a farti dire questo o, forse, era quello che speravo.

Era una fredda giornata di ottobre. Il cielo era carico di nubi.
Tu eri affacciato alla finestra della nostra aula.
I tuoi occhi puntati sull’infinito.
“Ehi Alan... è tardi, meglio avviarsi al campo. Tra poco cominciano gli allenamenti”
“Sì… tu vai pure… ti raggiungo più tardi”
“Sei sicuro?”
“Sì… vai non preoccuparti”
Feci per uscire.
Mi sembrò che tu mi dicesti …ti voglio bene…
Mi girai dubbiosa.
Non ti eri mosso.
Forse… se avessi insistito, se fossi rimasta con te… se non ti avessi lasciato solo… le cose sarebbero potute andare diversamente.
Forse ti avrei potuto salvare.
Ma nessuno poteva salvarti da te stesso…
Forse…


Chissà da quanto lo avevi programmato.
In quale momento avevi deciso di chiudere con tutto.
Forse lo avevi già deciso alla morte di tuo fratello, ma avevi pensato che questo avrebbe diviso ancora di più i tuoi genitori.
Ora che tutto era spaccato non c’era più niente di cui ti dovessi preoccupare.
Chissà cosa pensavi, mentre osservavi il mondo dall’alto del tetto della scuola.
Forse hai alzato lo sguardo al cielo e hai visto tuo fratello volare di nuovo.
Avrai sorriso come una volta, tutto sarebbe tornato ad essere naturale.
Tutto sarebbe stato di nuovo perfetto, per sempre.
Chissà cosa sentivi, dentro di te, quando hai abbracciato il nulla.
Forse il Suono del Silenzio?
Ci sono tanti ‘ma’, tanti ‘forse’ e tanti ‘se’ nella mia testa che non hanno cambiato la storia.
E la verità continua a restare nelle nostre menti, continua a pesare sui nostri cuori.
E nessuno la può cambiare.

“Accidenti ha già mezz’ora di ritardo, ma dove diavolo sarà andato?!”
Esclamai osservando per l’ennesima volta l’orologio
“Bruce, Ted andate a scuola a vedere che è successo”
Comandai senza neanche stare ad ascoltare i loro lamenti.
Ero preoccupata.
Osservai il cielo.
Nero.
Poche gocce di pioggia preannunciarono l’acquazzone che le seguì.
Ero in fibrillazione.
Anche loro tardavano.
Noi aspettavamo sotto i pergolati che portavano agli spogliatoi.
Le grida di Bruce riecheggiarono agghiaccianti alle mie orecchie.
Continuava a piovere.
Era solo.
E Ted? E Alan?
Quando arrivò al campo si gettò a terra ansante.
Aveva gli occhi gonfi e rossi.
Sembrava piangesse, ma le lacrime si mischiavano alla pioggia e non riuscivo a capire.
“E’ terribile…” sbottò prendendo fiato.
Sentori di allarme si accesero in tutti noi.
Un brivido mi gelò la schiena.
Inconsciamente presi Bruce per le spalle
“Bruce che è successo… dov’è Alan?”
Solo allora mi accorsi che piangeva davvero.
“Alan… Alan è… Alan s’è ammazzato! Patty, Alan s’è ammazzato, si è buttato dal tetto della scuola! Oh mio Dio… è terribile!”
Silenzio.
Tutti gridavano intorno a me.
Io non sentivo nessun rumore.
Poi tutto divenne nero, come le nubi.


Mi risvegliai nell’infermeria del campo.
C’erano Paul e Susy con me.
Lei piangeva.
Lui aveva pianto. Aveva gli occhi rossi. Guardava fuori dalla finestra.
La pioggia era cessata.
Aveva lavato via tutte le menzogne che ci forniva la vita per lasciarci la verità della morte.
Gli altri erano andati scuola.
Li costrinsi a portare anche me.
Dovevo vederti… dovevo salutarti per l’ultima volta.


Quando arrivammo, il CORONER non c'era ancora.
Il traffico lo aveva bloccato.
Il tuo corpo era lì.
Coperto dal lenzuolo bianco fradicio di acqua e fango.
Una chiazza rossa si allargava dal tuo corpo.
I ragazzi erano lì, ad osservarti da lontano.
Bruce aveva la testa tra le mani e fissava il vuoto.
Ted, Johnny e Bob si domandavano perché.
Non sapevano quanto tu soffrissi.
Ma io sì e non avevo fatto nulla per impedirti quel gesto.
Paul osservava il cielo con occhi spenti.
Susy ed Evelyn piangevano.
Il preside sbraitava perché non c’era stata vigilanza: la porta del tetto doveva essere chiusa.
C’erano addirittura i tuoi genitori.
Tuo padre consolava il pianto disperato di tua madre.
Quanto li ho odiati.
La colpa era anche loro. Perché si erano accorti di te solo adesso che non c’eri più?
Dietro di me sentivo la voce del custode.
Lui ti aveva visto cadere…
“O volare?” si domandava.
“Sembrava volasse. E sorrideva. Sembrava felice…”
Anche il CORONER confermò: nonostante il volto sfigurato dalla caduta, c’era un filo di sorriso su quello che restava delle tue labbra.

Quando arrivai a casa, mia madre era seduta al tavolo della cucina.
Aveva saputo ciò che era successo da una vicina di casa.
Mi stava aspettando.
“Come stai?”
Mi domandò. Lo sguardo triste.
“Io bene”
Sospirò
“Vado in camera mia…”
“Aspetta, è arrivato un pacco per te…”
“Non mi interessa…”
“E’ importante…”
“Aspetterà!”
“E’ da parte di Alan!”
Mi bloccai.
Quel pacco aveva una sagoma familiare.
Anche quando lo presi in mano, mi sembrava di conoscere quell’oggetto…

“ X Patty


Hello darkness, my old friend
I’ve come to talk with you again
Because a vision softly creeping
Left its seeds while I was sleeping
And the vision, that was planted in my brain,
Still remains
Within the Sound of Silence….

Sarò sempre con te

Alan”


Era la tua chitarra.
Le mie difese crollarono, e piansi.


Non riesco a trattenere una lacrima a quel ricordo.
L’ultimo che mi hai lasciato.
Sono le 18.00 e sono davanti al cancello della scuola.
“Salve signora Hutton…”
Mi saluta il custode, gentile.
“Salve Pete…”
Non manca mai.
Ogni anno è con noi a celebrare la tua scomparsa.
Anche quest’anno.
Da lontano li vedo.
Sono intorno al piazzale dove ritrovarono il tuo corpo.
“Ciao Patty!”
Paul è il primo a salutarmi, con lui c’è Jake, il suo compagno.
Non ha mai conosciuto Alan, è arrivato due anni dopo, ma non è mai mancato alla celebrazione. Sa che Paul era amico di Alan, e Jake tiene a Paul.
“Siamo piuttosto pochini…”
Noto con sarcasmo
“Non arrabbiarti, il lavoro ci tiene sempre molto impegnati. ”
Lo so e mi dispiace essermela presa con loro. Infondo anche Holly manca a causa del suo lavoro.
Bruce mi batte una mano sulla spalla.
“La manager ringhia ancora!”
Scherza, dandosi una manata sulla pancia piuttosto prominente. Ha preso parecchi chiletti negl’ultimi anni. Ha smesso di giocare.
C’è anche Susy, e sta già piangendo. Piange ogni anno.
Anche Gamo è presente. Alan era stato uno dei suoi giocatori e lui non si dimentica di nessuno. Nemmeno adesso che non allena più la Nazionale.
Ted e Johnny arrivano poco dopo assieme al parroco Thomas, colui che ti ha sepolto ed ha sempre celebrato la tua messa.
“Cari figlioli…” comincia lentamente “…un altro anno è passato dall’ultima volta che ci siamo qui riuniti… ed un altro ancora ne passerà…”
Mi sembra di sentire una voce che canta.
Musica di chitarra.

Hello darkness my old friend…

Mi giro lentamente

…I’ve come to talk with you again…

Sei lì seduto sul muretto. Canti.

…because a vision softly creeping…

Sorridi.
Come tanto tempo fa.
Quel sorriso di sole che mi regalavi tutti i giorni.
È quello il sorriso che manca al mio cuore, oral‘ho ritrovato.
Sarebbe rimasto con me per sempre.
Saresti rimasto con me per sempre…

Left its seeds while I was sleeping
And the vision that was planted in my brain
Still remains
Within the sound of silence

In restless dreams I walked alone
Narrow streets of cobblestone
'Neath the halo of a street lamp
I turn my collar to the cold and damp
When my eyes were stabbed by the flash of a neon light
That split the night
And touched the sound of silence

And in the naked light I saw
Ten thousand people maybe more
People talking without speaking
People hearing without listening
People writing songs that voices never shared
No one dared
Disturb the sound of silence

"Fools," said I, "you do not know
Silence like a cancer grows
Hear my words that I might teach you
Take my arms that I might reach you"
But my words like silent raindrops fell
And echoed in the wells of silence

And the people bowed and prayed
To the neon god they made
And the sign flashed out its warning
In the words that it was forming
And the sign said "The words of the prophets are written on the subway walls
And tenement halls
And whispered in the sound of silence…

FINE

   
 
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