Dementium
Aprii gli occhi
all’improvviso ma prima di riuscire a vedere qualcosa ci misi un po’. Ero
stanca, ma riuscii comunque ad alzarmi e a mettermi seduta, in quell’istante mi
resi conto che ero in un letto. La stanza era completamente buia, fuori c’era
la luna piena, il vento ululava feroce e le gocce di pioggia battevano forte
sulla finestra così come i rami di quel grande albero che sembravano mani
pronte ad afferrarmi. Sobbalzai quando un forte tuono sferzò l’aria e un lampo
illuminò la stanza facendomi capire che mi trovavo in una stanza di un
ospedale. Era deserta anche se nella stanza c’erano altri due letti, quello che
però mi fece rabbrividire erano le tracce, ancora fresche, di sangue sparse sui
muri, sul pavimento, sui letti e, rabbrividii ancora di più, perchè erano sparse perfino sul soffitto. Scesi dal letto
provocando nelle coperte un sinistro fruscio e mi resi conto in quel momento di
un rumore in sottofondo che mi fece venire la pelle d’oca, un rumore continuato, regolare, ritmico, che
andava aumentando sempre più, era il mio cuore, e, in un attimo, mi chiesi come
facevo a sentirlo battere, come facevo a sentire il rumore dell’acqua del
lavandino che, goccia dopo goccia mi faceva morire sempre più, come facevo a
sentire il rumore leggero del cigolio della porta della stanza. Ad un certo
punto, tutto divenne troppo e, in un impeto di paura, uscii di corsa dalla
stanza sbattendo la porta contro il muro insanguinato. Ero in un lungo
corridoio dove riuscivo a distinguere a malapena il muro davanti a me, che era,
come il pavimento, imbrattato di sangue, cercai di ragionare, ma in quel
momento mi accorsi di non sapere niente, non ricordavo il mio nome, non
ricordavo il mio aspetto, non mi ricordavo perché ero in quel luogo, nella mia
testa non c’era niente, nelle mie orecchie non c’erano ricordi di risate di
bambini, di adulti o di vecchi ma solo, purtroppo, un agghiacciante urlo e il
suono continuato del mio cuore che continuava la sua corsa come se stesse per
spiccare il volo e stesse prendendo la rincorsa. Ad un certo punto, nelle mie
orecchie arrivò il suono di qualcosa che veniva trascinato, come un peso che
non si vuole prendere tra le mani per via della stanchezza e che si tira sul
pavimento con riluttanza, un altro tuono squarciò il silenzio e un lampo
illuminò il corridoio, mi accorsi di essere vicino ad un angolo e che potevo vedere il muro del corridoio
accanto e lì vidi qualcosa che mi fece venire i brividi, un’ombra, che non
assomigliava a niente che potesse essere umano, che si muoveva, sembrava
enorme. Il mio cuore continuava a battere senza sosta e quel rumore mi fece
capire che quello non era un semplice incubo, quella era la cruda realtà, e il
mio cuore ne era la prova, il terrore che provavo non poteva essere un semplice
frutto della mia mente, non era possibile, perchè lo sentivo nel mio sangue,
nelle mie vene, nella mia testa e mentre l’ombra si avvicinava e il fruscio
diventava sempre più forte sentii l’inesorabile
avvicinarsi della mia fine, sentivo l’ombra della morte dietro di me che rideva
della mia paura, perché non arrivava? Perché ci metteva tanto a mettere fine
alle mie paure? Perché non mi sopprimeva?
BUM!!
Lanciai un urlo
terrificate e ,tremante, mi girai verso la finestra e mentre guardavo fuori mi
accorsi che quel fruscio che sentivo era una foglia attaccata ad un ramo e che
la risata malefica della morte era solo il vento, o forse era quello che la mia
testa stava cercando di farmi credere? L’ombra l’avevo vista o forse era
l’ombra dell’albero illuminato dalla luna piena che risplendeva come per farmi
uno scherzo e che donava all’albero una forma terrificante? Il mio cervello mi
stava facendo degli scherzi oppure era tutto reale? Solo girando l’angolo avrei
potuto scoprirlo ma non riuscivo a calmarmi, la paura ormai aveva preso il
sopravvento e quasi non riuscivo a muovermi ma, proprio quando stavo per
lasciarmi sopraffare dal terrore e accasciarmi al suolo, mi resi conto che non
dovevo lasciarmi andare, dovevo uscire da quel posto, dovevo continuare a
vivere, volevo continuare a vivere e dovevo cercare di riprendere i miei
ricordi, dovevo capire chi ero, e perché ero finito li, dovevo tirarmi su.
Così, presi
quel poco coraggio che mi era rimasto e cercai di scacciare la paura che ormai
mi attanagliava il petto e quel senso di oppressione che mi faceva a stento
respirare.
Presi un
pezzo di vetro, rotto da una delle porte delle stanze del corridoio,
sapevo che non potevo difendermi con un pezzo di vetro inoltre rischiavo di
farmi male da sola ma era comunque un’arma per difendermi.
Mi appoggiai al
muro e feci un profondo respiro e, in una frazione di millesimo, nel momento
esatto in cui un tuono fece tremare le finestre e un lampo illuminò l’ospedale,
ero in mezzo al corridoio.
Rimasi stupita
per un secondo, non c’era niente, oltre al sangue , che si trovava su tutte le
pareti,
a cui mi stavo
lentamente abituando. Mi ero fatta prendere dal panico per una semplice ombra,
uno sciocco scherzo del destino e della luna che, mi girai per guardarla,
sembrava ridere del mio panico. Mi girai di scatto non appena sentì il rumore
di qualcosa che cadeva in pezzi e poi il rumore di passi attutiti che correvano
via, non mi resi nemmeno conto di quello che accadeva ma in un secondo qualcuno
aprì di scatto la porta che si trovava alla mia destra, mi gettò per terra e
corse via senza che io riuscissi a vedere chi, o che cosa fosse. Rimasi per
terra tremante e impaurita per parecchi minuti, c’era qualcun’altro in questo
ospedale oltre a me, non me lo ero immaginato questa volta, qualcuno mi aveva
gettato con forza a terra e, rimasi ancora più scioccata, aveva lasciato dietro
di se uno stranissimo liquido verde.
Mentre ero
ancora per terra un pensiero mi venne in testa, forse quella cosa che era
fuggita dalla stanza poteva essere la chiave per capire perché mi trovavo lì,
dovevo seguirla se ci riuscivo, e trovarla, e parlarci ma, un’altra idea
terrificante mi fece venire i brividi, mi alzai di scatto e mi appoggiai al
muro e, cercando di farmi calore con le braccia e tentando di zittire il rumore
del mio cuore che batteva , pensai che quella cosa non era umana, aveva del
“sangue” verde, e probabilmente mi avrebbe mangiato se io avessi cercato di
parlarci o di avvicinarla. Cercai di calmarmi quando un altro tuono ruppe il
silenzio e un grosso ramo, spinto dal forte vento che ormai era divenuto
assordante, ruppe la finestra completamente mentre i vetri cadevano ovunque
graffiandomi la faccia, sapevo che ero piena di graffi e sporca di sangue ma
non osai guardare la mia gamba mentre cercavo di rialzarmi perché avevo sentito
una dolorosissima fitta nel momento in cui il vento mi aveva spinto per terra e
sapevo che avevo un grosso pezzo di vetro penetrato in profondità. Con una mano
tremante e sporca di sangue presi quel grosso pezzo di vetro e, lanciando un
urlo terrificante, lo tolsi senza pensare al dolore e al sangue che ormai
usciva senza sosta, mi tolsi la maglia e, facendo un nodo ben stretto, cercai
di fermare la fuoriuscita di sangue.
Dolorante e zoppicante mi alzai e continuai a
camminare lungo il corridoio seguendo, attaccata al muro, la scia di sangue
verde.
Il mio cuore
continuava a battere come se fosse impazzito, il vento che entrava dalla
finestra mi provocava i brividi e le porte che cigolavano non aiutavano i miei
nervi, già molto tesi. Il sangue era ovunque e i corridoi sembravano non finire
mai, era come stare dentro un enorme labirinto, i tuoni e i lampi ormai erano
frequenti e mi permettevano di vedere , anche se a scatti, tutto il corridoio.
Stavo seguendo
la scia verde da quasi 15 minuti ormai fino a quando questa si interruppe
all’improvviso lasciandomi spaesata e impaurita. La scia si era bloccata come
se qualcuno si fosse mangiato quella creatura. Impugnando saldamente il pezzo
di vetro continuai lentamente a camminare, stavo per girare l’angolo quando
vidi una goccia di quel liquido verde in una stanza li accanto, raccolsi il
poco coraggio rimasto ed entrai piano nella stanza. Un lampo la illuminò e un
urlo straziante squarciò la notte.
Mi girai di
scatto verso la porta e rimasi immobile, con gli occhi sbarrati, a fissare il
corridoio dell’ospedale. Non ero stata io ad urlare, era stato qualcun altro,
un’altra persona aveva urlato e l’urlo veniva da molto vicino, probabilmente da
una stanza del corridoio, a qualche metro da quella dov’ero appena entrata io.
Piano piano uscii dalla camera, guardai nel corridoio e notai con
stupore che c’era un’altra stanza nel piano, oltre a quella da cui ero appena
uscita. Cercando di fare meno rumore possibile mi avvicinai alla porta e mi
misi in ascolto. Non c’era nessun rumore oltre a quello della tempesta fuori
dall’edificio, chiunque avesse urlato ora era completamente in silenzio.
Misi la mano
sulla maniglia ma prima di riuscire ad aprirla una fortissima luce mi investì
in pieno.
" Cosa
c’è?" urlai verso il regista che aveva appena rotto l’atmosfera delle
riprese di quel film.
<< Devi
essere più terrorizzata, devi far sembrare tutto molto più reale, stai per
entrare in una stanza da cui è venuto un urlo terrificante, devi tremare e devi
far tremare anche il pezzo di vetro come se ti stesse venendo un infarto.
Questo film deve essere una rivelazione, “Dementium” cambierà per sempre il significato della
parola Horror, è tutto chiaro?? Forza!! riprendiamo a girare>>
Salve, questa storia
nasce come compito per il mio insegnante di lettere. Spero vi piaccia perché a
me è piaciuta molto e spero anche al mio professore XD.
By Agnese