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Autore: Mirai    23/03/2011    6 recensioni
A sei anni non si è mai sicuri di cosa si vuole diventare. {Dave}
A sei anni non si è mai sicuri di cosa si è. {Kurt}
A sei anni non si è mai sicuri di cosa si prova. {Blaine}
One-shot che ripercorre alcuni dei momenti più importanti della vita di Kurt, Dave e Blaine, da sei anni in poi. Tengo davvero molto a questa storia, spero che vi piaccia come è piaciuto a me scriverla :D
[Blaine Anderson, Kurt Hummel, Dave Karofsky][Angst/Fluff][Tutti i personaggi sono maggiorenni e non miei comunque]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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kfjeo

 

Titolo: Born this way
Fandom: Glee
Pair: lievissimo Klaine, Kurt Hummel, Blaine Anderson, Dave Karofsky
Genere: Gen, Angst, Fluff
Rating: Verde/PG
Avvertimenti: OneShot, Bullismo
Conteggio Parole: 2.476
Note: terza fic scritta per la prima settimana del COW-Tsu Livejournal! :D per la Missione 2, prompt "Oscurità"! Team Vampirelli olè olè O/

 

 

A sei anni non si è mai sicuri di cosa si vuole diventare.

 

Sei certo che da grande vorrai fare l’astronauta, il poliziotto o il medico, ma in realtà cresci nella spensieratezza, mista all’incertezza di quello che il futuro può riservare per ognuno di noi.

Dave Karofsky già a sei anni sapeva che sarebbe diventato un giocatore di football –quello americano, ovviamente-, o che almeno ci avrebbe provato, entrando il prima possibile nelle iniziative scolastiche che lo comprendevano, ma non era di certo stata una sua scelta volontaria. Suo padre Paul continuava a ripetergli che era nato con la struttura fisica per fare il giocatore di football, che non importava se non sapeva fare altro, fondamentale era che si allenasse per un obiettivo. E col tempo Dave aveva cominciato a credere a quelle parole, tanto che si era abituato alla sua divisa, sentendosi protetto dalla corazza che indossava a ogni partita, e più di ogni altra cosa dal numero sulla sua maglia, che lo identificava e distingueva dagli altri.

 

Ma a sei anni, giocando con il suo primo pallone ovale nel retro del giardino di casa, Dave Karofsky non poteva ancora saperlo.

 

*

 

A sei anni non si è mai sicuri di cosa si è.

 

Sei certo di essere maschio o femmina, o piuttosto un semplice essere umano; sai di essere diverso dal tuo cagnolino o dal gattino del tuo amichetto di scuola, diverso da un albero o una pianta –anche se a volte farebbe davvero comodo essere una semplice pianta quando la maestra ti sgrida per non aver fatto i compiti-, ma sei ancora in piena formazione, e le scelte che farai sono ancora imponderabili.

Eppure Kurt Hummel era certo già all’epoca –se non prima- di sapere fin troppo bene cosa fosse. Ancora non conosceva i tanti nomi con i quali sarebbe stato chiamato nella sua vita –omosessuale, gay, frocio-, ma quando, di fronte alla commessa del negozio di giocattoli, aveva detto a suo padre, con un limpidezza che solo un bambino poteva avere, di volere per Natale il set delle fate –con la bacchetta e le ali le plastica da legare sulla schiena che avevano rapito il suo piccolo cuoricino al primo sguardo-, l’occhiata sconvolta che aveva ricevuto dalla donna aveva cominciato a fargli capire come girava il mondo.

 

Ma a sei anni, addormentato tra le braccia di Burt con la bacchetta magica ancora stretta saldamente tra le dita e il sorriso sulle labbra, Kurt Hummel non poteva ancora saperlo veramente.

 

*

 

A sei anni non si è mai sicuri di cosa si prova.

 

Sei certo di volere un bene infinito a tua madre e a tuo padre, sai che faresti di tutto per aiutarli; puoi arrabbiarti, strepitare, urlare, ma torni sempre da loro, abbracciandoli in vita, magari piangendo perché un compagno di classe ti ha trattato male facendoti uno sgarbo. Nel momento in cui arriva un fratellino o una sorellina provi sentimenti contrastanti: all’inizio lo odi, ma poco a poco ti rendi conto che non è esattamente inutile quanto un rumoroso soprammobile, e comincia a piacerti l’idea di avere qualcuno accanto.

Blaine nei corso dei suoi sei anni di vita aveva provato tutti questi sentimenti –verso i suoi genitori e sua sorella più piccola- ma nel momento in cui si era trovato di fronte a qualcosa di più grande, di fronte all’amore per qualcuno che è esterno alla tua famiglia, aveva provato una strana sensazione che mescolava dolcemente panico e leggerezza.

Si chiamava Jeff quel ragazzino poco più grande di lui che aveva catturato la sua attenzione nel giardino della scuola; era silenzioso ed educato, durante la pausa pranzo, quando il tempo lo permetteva, si sistemava sotto il grande albero in giardino e, oh, al piccolo Blaine piaceva davvero tanto. Non era amore, lui non sapeva neanche cosa fosse di preciso l’amore, ma sapeva che voleva giocare e parlare con Jeff molto di più rispetto agli altri bambini. Rendersi conto però che quello che provava non era esattamente accettato da tutti fu un duro colpo per lui.

 

Ma a sei anni, stretto dalle braccia di sua madre che gli diceva che tutto sarebbe andato bene anche se gli altri bambini ora lo evitavano, Blaine Anderson non poteva davvero accettarlo.

 

*

 

A dodici anni Dave Karofsky non è più tanto sicuro di cosa vuole diventare.

 

La costituzione fisica che l’aveva fatto tanto ammirare da piccolo da suo padre, i suoi zii, il suo primo professore di ginnastica, stava cominciando a essere un problema; e non tanto perché, nonostante tutti gli sforzi, Dave non riesca nel football o negli sport in generale, tutt’altro. Non sarà il primo della classe, ma è sicuramente il primo negli sport, qualsiasi tipo. Allora no, non è quello il problema che affligge il piccolo Dave, che ha tanti amici ed è invitato a tutte le feste più importanti per un ragazzino di dodici anni.

Ma, un pomeriggio, accade che Dave guarda un gruppo di ragazzi più grandi ballare nel retro della scuola e li trova estremamente forti. Trema nell’osservare i loro movimenti, i passi, i salti, le scivolate, e si ritrova a pensare che tutto quello è ancora più bello del football o dell’hockey, e improvvisamente ha paura. Sa che tutto quello è sbagliato eppure così giusto, allo stesso tempo. Abbassa il viso, guardandosi le mani e poi tutto il corpo –lo stesso corpo che lo aveva fatto arrivare da vincitore fino a quel momento-, rendendosi conto che lui non potrà mai essere come loro. Chiude gli occhi e ha solo voglia di piangere.

 

Dave sente l’oscurità avvolgerlo e, avendo solo dodici anni, non sa davvero come combatterla.

 

*

 

A dodici anni Kurt Hummel ha dei ripensamenti su ciò che è.

 

Per la prima volta cerca di dimostrarsi per quello che è, per quello che sente di essere veramente e decide di andare a scuola con un abbigliamento più vistoso dei suoi compagni di classe.

Sua madre gli diceva sempre che era un bambino dolce, sensibile e bellissimo; erano parole dette col cuore e forse non del tutto veritiere –soprattutto perché il caratterino di Kurt era ormai ben conosciuto- ma Kurt amava ripetersele nei momenti in cui, come quello, avrebbe semplicemente voluto sparire.

La mensa della scuola media è grande e lui è solo al tavolo, mentre mangia un polpettone che non è neanche un po’ invitante. I suoi capelli sono sporchi di fango e la camicia nuova che si era fatto comprare da suo padre solo il giorno prima è da buttare, macchiata e lacera: i bulletti della scuola avevano semplicemente fatto il loro lavoro, spintonandolo per terra, in giardino. Kurt sente tutti gli sguardi su di sé e ha paura di alzare la testa anche solo per alzarsi dal tavolo e andarsene; stringe le labbra, sentendo un nodo alla gola più grosso del dovuto che gli fa solo venire da piangere.

Solo una lacrime cade sul vassoio della mensa, prima che Kurt si alzi, correndo via dalla scuola. Era davvero così difficile essere se stessi?

 

Kurt sente l’oscurità avvolgerlo e, avendo solo dodici anni, non sa davvero come combatterla.

 

*

 

A dodici anni Blaine Anderson non crede più in ciò che prova.

 

Vuole ancora bene ai suoi genitori e alla sua sorellina –che si fa ogni giorno più bella, commenta orgoglioso dentro di sé- ma i suoi sentimenti nei confronti del mondo intero sono cambiati, e non sa davvero quando potrà tornare indietro sulle proprie decisioni.

La prima volta che se lo sente dire –“Stammi lontano, frocetto!”- a Blaine fa un male incredibile e si porta una mano sul petto, giusto per controllare se ci sia qualcosa di visibilmente rotto o dolorante. Sarebbe stato più facile da sanare, ne era certo. Eppure Jeff –lo stesso bambino che gli era tanto amico alle elementari, sei anni prima- non era mai stato cattivo con lui, non lo aveva mai trattato male.

Allora perché il solo fatto che ora Blaine tentasse di prenderlo per mano gli dava fastidio a quel punto? Si porta le mani sul viso, forzandosi di non piangere, non così, non in mezzo alla strada dove tutti lo possono vedere e additare come qualcosa che non è, o che semplicemente è e non vorrebbe nascondere di essere. Blaine corre via, imboccando la familiare strada di casa. Ha bisogno di calore e dolcezza, perché non è ancora pronto per un mondo che lo odia.

 

Blaine sente l’oscurità avvolgerlo e, avendo solo dodici anni, non sa davvero come combatterla.

 

*

 

A sedici anni Dave Karofsky odia ciò che è diventato.

 

Lo stereotipo del bullo che va in giro a spintonare i poveri perdenti che gli si presentano davanti. All’inizio, deve ammetterlo, era quasi divertente; fare parte della squadra di football, avere dei compagni fedeli, e tutto quello che ne conseguiva. Di certo non avrebbe mai avuto le migliori cheerleader come ragazze –Santana, Brittany, Quinn- ma questo non era importante. Il numero stampato sul davanti della sua maglia rossa è pesante ma allo stesso tempo importante, e la cosa fa piacere a Dave.

Fino a quando la sua vita non viene letteralmente sconvolta dall’essere umano chiamato Kurt Hummel, il quale all’inizio del liceo era passato silenziosamente sotto tono, ma da quando era entrato a far parte del Glee Club –quello stupido, stupidissimo club canterino- era sempre più sotto i riflettori, insieme ai suoi compagni, nella sfilata dei perdenti della scuola. Dave lo spinge contro gli armadietti, gli butta addosso ogni mix esistente di granite, lo getta nei cassonetti; gli sta così tanto col fiato sul collo che Kurt non può fare a meno di spalancare gli occhi ogni volta che lo vede, anche se solo in lontananza.

Eppure, nello stare vicino a lui, a contatto con i suoi vestiti e la sua pelle, Dave si sente incredibilmente vivo. E questo gli fa ancora più paura di quando, quattro anni prima, aveva ammirato quei ragazzi ballare; perché lentamente Dave comincia a capire che non è solo il suo corpo a stargli stretto, ma anche la sua mente, il suo pensiero e la stessa divisa che lo aveva fatto felice in tanti anni passati a giocare football.

Dave esagera e se ne rendo conto, ma ha paura e scappa. Nel vedere andare via Kurt dalla scuola prova una tristezza infinita, eppure non dice nulla, non può dire nulla. Perché lui è Dave Karofsky e il suo destino è stato scritto fin da quando aveva sei anni.

 

*

 

A sedici anni Kurt Hummel non è mai stato più felice di essere ciò che è.

 

Certo, inizialmente non è tutto rose e fiori, anzi, è tutto spintoni e pezzi di spazzatura appiccicati mortalmente alla tua nuova giacca di Cavalli.

Però a Kurt non dispiace vivere in questa realtà dove, finite le lezioni e gli sguardi indagatori della gente che neanche si sforza di capire che la moda non ha sesso e se un maglione gli sta bene lui lo indossa e basta, c’è il Glee Club a tirarlo su di morale, oltre che tutti i suoi amici. Anche chi all’inizio faceva parte di quelli che lo gettavano nel cassonetto la mattina –il pomeriggio, eventualmente la sera dopo i corsi di recupero- adesso gli sono vicini, e questo rende Kurt più felice di ogni altra cosa.

Nonostante la sua incredibile fermezza però, l’oscurità torna a ricordargli che nella scuola lui non solo è all’ultimo gradino della scala sociale, ma è anche calpestato da tutti quelli sopra di lui. Gay, frocio, checca, Kurt si tappa convulsamente le orecchie, cercando di non pensare a tutti quei nomignoli che lo perseguitano e gli fanno più male di ogni singolo livido sul suo corpo niveo.

Kurt Hummel è forte, eppure anche per lui arriva un momento in cui non riesce più a sopportare il peso di tutto quello e decide di andarsene. Il nuovo mondo della Dalton gli fa paura ma allo stesso tempo gli regala uno strano calore che fino ad adesso non aveva mai vissuto; quel calore tanto agognato gli viene da Blaine, e Kurt non è mai stato più felice di essere ciò che è.

Aveva deciso di andarsene dal McKinley, ma poi ritorna, e quando lo fa è fantastico. Si sente più grande, maturo e pronto anche a prendersi qualche granita in faccia, con Blaine al suo fianco.

 

*

 

A sedici anni Blaine Anderson torna a sperare in ciò che prova.

 

La prima delusione d’amore avuta a dodici anni Blaine l’ha superata egregiamente. Non era vero amore il suo, si dice, sperando fortemente che quella sia la verità, era solo un’incredibile ossessione per qualcosa che gli sarebbe piaciuto avere, e, in fondo, deve ringraziare Jeff per avergli fatto capire quello che veramente provava e non solo nei suoi confronti.

Crescendo, Blaine cerca di diventare più forte e sicuro di sé, o almeno questa è l’apparenza che cerca di dare a ogni costo. E ci riesce egregiamente. Si impegna con tutto il proprio essere nel canto ed è così che si avvicina a Kurt Hummel, arrivato sulla scena della sua vita per sconvolgerla fin nel profondo.

All’inizio Blaine è riluttante all’idea di legarsi con un qualsiasi risvolto sentimentale a Kurt, e preferisce aggrapparsi alla speranza di avere un futuro con Jeremiah, un commesso del GAP, che mai potrà riscuotere in lui lo stesso interesse di Kurt. Eppure Blaine prova, tenta, si butta e si fa male; sente che fa ancora più dolorante di quella volta con Jeff ed è tentato di portarsi nuovamente una mano sul petto, come quattro anni prima, per controllare se ci sia davvero qualcosa di rotto, invece è costretto, forzato a stupirsi.

Perché è Kurt a poggiargli la mano sul petto, proprio dalla parte del cuore, e a dirgli che tutto andrà bene, che se vuole piangere può farlo, che sicuramente un giorno troverà qualcuno adatto a lui. Ma Blaine, guardando Kurt sorridergli, è quasi certo di averlo trovato, quel qualcuno; è senza speranza, ma fino a un certo punto, e torna a sperare in ciò che prova, nei suoi sentimenti direzionati verso la persona giusta. Quando poi Kurt decide di tornare al McKinley, Blaine non si dispera né tenta di fermarlo. Semplicemente gli tende la mano e decide di percorre quel sentire insieme a lui, anche se questo significava prendersi qualche granita in faccia, ma al suo fianco c’era Kurt, e tutto andava bene.

 

*

 

A diciassette anni Dave Karofsky sta cominciando finalmente ad accettarsi per quello che è, per ciò che prova e per quello che vuole diventare. Kurt Hummel e Blaine Anderson, che l’avevano già capito prima di lui, l’hanno aiutato e supportato –dopo gli iniziali, pesanti e, in un certo senso, adorabili rifiuti da parte di Dave-, ricordandogli che non c’è davvero niente di male ad essere come loro; sono nati così e non c’è niente di più bello. Ma Dave, ancora, stenta a crederci.

 

*

 

A diciotto anni Dave, Kurt e Blaine non possono definirsi amici –visto che Kurt e Blaine stanno insieme, e Dave deve ancora smaltire la cotta per Hummel- ma, guardandosi indietro, hanno tutti e tre qualcosa in comune: si sono lasciati alle spalle quella pesante oscurità che li bloccava dall’essere in tutto per tutto quello per cui erano nati, semplicemente loro stessi.

 

   
 
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