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Autore: Keitorin Asthore    24/03/2011    3 recensioni
Fu necessario un brutto incontro nei corridoi perchè Rachel realizzasse che, anche se non l’avrebbe mai chiesto, Kurt aveva bisogno di aiuto.
Missing Moment da 2x08, Furt
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Glee appartiene a Ryan Murphy e alla Fox. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

La versione originale della storia appartiene a Keitorin Asthore e la potete trovare qui

PUNTO DI NON RITORNO

Rachel era sicura di aver ricevuto tre doni dalla vita.

Uno: il suo talento, la sua voce soprattutto. Ma, naturalmente, questo era un dato di fatto.

Due: i suoi capelli. Il suo aspetto poteva forse essere un po’ anticonvenzionale in una scuola che favoriva occhi chiari, capelli biondi e piccoli nasini, ma perfino la più sfibrata reginetta di bellezza di Lima doveva ammettere che Rachel aveva dei bei capelli.

E tre: la sua capacità di osservazione.

Era sempre in grado di dire quando Finn mentiva, o quando Santana davvero intendeva dire qualche cattiveria (il che, sorprendentemente, accadeva di raro), o quando Puck era genuinamente turbato per qualcosa. Si vantava molto della sua abilità nel leggere le espressioni facciali e il linguaggio del corpo. In fondo, era un’importante capacità che ogni attore avrebbe dovuto padroneggiare.

Comunque, di rado faceva qualcosa in proposito. Ovviamente, avrebbe potuto chiamarli o chiedere loro cosa c’era che non andava. Ma quella sarebbe una situazione socialmente scomoda e lei doveva ammettere che le sue relazioni sociali non erano proprio al meglio. Alla fine avrebbe imparato ad ascoltare tanto bene quanto a parlare e a rispondere ai silenziosi messaggi che le persone mandavano. C’era sempre tempo per quello in seguito, quando fosse stata più grande e una nota attrice e non avrebbe dovuto combattere così duramente per le parti e la gloria.

Ma il momento in cui avrebbe dovuto fare qualcosa sarebbe arrivato, e presto.

Stava percorrendo il corridoio in cerca del suo ragazzo. Normalmente non aveva problemi a trovarlo (c’erano dei vantaggi a frequentare una sottospecie di gigante), ma non era in nessuno dei suoi soliti posti. Finalmente lo vide vicino all’armadietto di Kurt. I due ragazzi stavano parlando di qualcosa, probabilmente l’imminente matrimonio. E Kurt stava sorridendo.

Era un sollievo. L’umore di Kurt era strano negli ultimi tempi. Qualche volta era felice e sorridente e altre sembrava che qualcosa lo terrorizzasse a morte. Era strano. Perlomeno in quel momento, mentre stava sorridendo al suo quasi fratello, sembrava a posto.

Finn diede a Kurt una pacca sulla spalla e si allontanò nella direzione opposta. Lei accelerò per raggiungerlo, già pianificando di dire qualcosa di carino a Kurt mentre gli passava di fianco. Magari le congratulazioni per il matrimonio di suo padre o un complimento per il suo bel cappotto. Sarebbe stato carino, giusto?

Karofsky la batté sul tempo.

Si fermò, nascondendosi d’istinto dietro l’angolo. Di tutti i vari e assortiti bulli del McKinley, David Karofsky era uno dei peggiori. Solitamente non arrivava a nulla di fisico con le ragazze (grazie a dio, perché aveva tatuato Law And Order: SVU Stupratore della settimana sulla fronte), ma aveva una dannatamente buona mira quando si parlava di coppe di granita.

Sapeva che aveva minacciato Kurt l’anno precedente, durante il fiasco di Lady Gaga. E aveva sentito voci ultimamente che le cose era andate peggiorando. Tina le aveva raccontato un mese prima che Karofsky era arrivato alle spalle di Kurt per spintonarlo di faccia contro gli armadietti, per nessuna ragione apparente. Era strano. Non erano le solite, normali canzonature. Suonava più… crudele.

Si schiacciò dietro l’angolo mentre Karofsky camminava verso Kurt e aspettava che chiudesse l’armadietto. Kurt si girò e il sorriso scomparve, insieme a ogni traccia di colore sul suo viso. Disse qualcosa, scuotendo velocemente la testa, le labbra dischiuse.

Karofsky si avvicinò ulteriormente, obbligandolo a fare diversi passi indietro. Gli puntò un dito sul petto, premendo dolorosamente, e poi…

Poi trascinò la mano lungo il petto stretto di Kurt.

Rachel si morse il labbro mentre si nascondeva dietro gli armadietti. Questo non era normale. Non era un normale atto di bullismo, con i nomignoli e le provocazioni e magari una granita in faccia. Questo era… Beh, l’unica parola che le veniva in mente era molestia sessuale e, per strano che potesse sembrare, era l’unica espressione che le suonasse appropriata.

Kurt non sembrava nemmeno respirare più a quel punto. Karofsky allontanò improvvisamente la mano, più velocemente di quanto lei avrebbe creduto possibile, e afferrò qualunque cosa Kurt avesse in mano. Lo sollevò, sventolandolo in faccia a Kurt: sembrava un piccolo cake topper, uno un po’ vintage. Le statuine apparivano strane nelle grandi mani del giocatore di football. Kurt si limitò a fissare a Karofsky, che passò oltre, infilandosi il cake topper in tasca. Kurt rimase immobile dove Karofsky l’aveva lasciato, fissando senza espressione il pavimento, gli occhi persi nel vuoto.

Rachel voleva uscire dal suo nascondiglio e fare qualcosa, dire qualcosa, ma non riusciva a convincersi a muoversi. Cosa poteva fare, poi? Non è che Kurt l’avrebbe ascoltata.

Beh, forse il Kurt con cui se la vedeva di solito, quello che combatteva con lei per gli assoli e questioni di moda e idee per le scalette, lui non l’avrebbe ascoltata. Questo Kurt… era diverso: stava stringendo al petto i suoi quaderni come se fossero l’unico legame rimasto con la vita, le spalle contratte come quelle di un bambino spaventato.

Prima che potesse costringersi a muoversi o prima che Kurt si riscuotesse e se ne andasse, vide il signor Schuester attraversare il corridoio verso il ragazzo, poggiargli gentilmente la mano sulla spalla e chiedergli qualcosa.

Questo sembrò riportare indietro Kurt, perlomeno un pochino, ma non tornò il solito. Invece, scosse il capo, le labbra tremanti e gli occhi umidi. Il signor Schue gli circondò le spalle con il braccio, guidandolo giù per il corridoio.

Rachel poteva vedere, perfino dal suo nascondiglio, che le ginocchia di Kurt tremavano, quasi al punto che non riusciva a camminare dritto.

Si appoggiò contro il muro, la mente in subbuglio. Era un sollievo sapere che Kurt stava bene, ma non poteva evitare di sentirsi… piena di vergogna. Perché non aveva nulla? Perché non aveva detto qualcosa?

Ovviamente, come la parte razionale del suo cervello la informò subito, non c’era molto che lei potesse fare: era una ragazza, e piccolina, e mentre avrebbe potuto facilmente vincere un duello verbale con la maggior parte di loro, di solito, probabilmente non c’era molto che potesse fare fisicamente.

Ma avresti potuto almeno parlare con lui, intervenne la parte emotiva del suo cervello.

Proseguì per la sua strada lungo il corridoio, cercando di venire a capo dei suoi pensieri: per quanto ci provasse, tuttavia, non riusciva a scacciare dalla memoria l’immagine degli occhi terrorizzati di Kurt.

Stava piangendo, sai, aggiunse la parte emotiva.

Si diresse verso nell’aula del coro, ascoltando senza davvero sentire le chiacchiere e le risate del resto del Glee club. Puck aveva tirato fuori la sua chitarra e Artie e Santana stavano armonizzando. Anche Finn era lì, seduto in prima fila, che rideva alla vista di Mike e Tina ballare.

Scivolò nel posto libero al suo fianco; lui sorrise e le passò braccio intorno alle spalle. "Ehi" la salutò, dandole un bacio sulla cima della testa. "Che succede?".

Lei gli si avvicinò, premendosi contro il suo fianco. "È tutto a posto con Kurt?" sussurrò.

"Sì, penso di sì" rispose Finn, perplesso. "L’ho visto cinque minuti fa e stava bene. Ehi, vuole insegnarmi qualche passo di danza da fare al matrimonio, così la gente penserà di nuovo che sono forte. Probabilmente ci vorrà un po’, perché io faccio piuttosto schifo a ballare e… Stai bene?".

"Ah, ah" annuì lei, poggiando la guancia contro il suo fianco. "Ehi, sai quali sono i piani di Kurt per la torta nuziale dei vostri genitori?".

"Oh, sì" disse Finn, sogghignando. "Ha preso questo piccolo cake topper, penso che fosse di sua mamma o qualcosa del genere: sta facendo una grande questione sull’avere qualcosa di sua madre e qualcosa di mio padre al matrimonio". Si accigliò. "Perché?".

"Nessun motivo" sussurrò lei, con il cuore che sprofondava. Non era giusto, semplicemente non era giusto.

Sam guardò l’orologio sopra la porta. "Dov’è il signor Schue? È in ritardo".

"Già. E dov’è Kurt?" aggiunse Mercedes accigliata. Prese il cellulare per controllare i messaggi.

"Rachel, c’è qualcosa che non va con Kurt?" domandò Finn.

Lei aprì la bocca per spiegare, ma prima che potesse dire alcunché la porta dell’aula si aprì e il signor Schue entrò, il braccio ancora intorno alle spalle di Kurt, che era ancora pallido, ma teneva sollevato il mento nel suo tipico cipiglio ostinato.

Perciò voleva dire che stava bene, giusto?

Mercedes si raddrizzò e indicò la sedia vuota vicina alla sua. Kurt annuì, l’espressione congelata.

"Okay, ragazzi, cominciamo" disse il signor Schue, mettendo i suoi spartiti sul pianoforte.

Rachel osservò con la coda dell’occhio Kurt andare verso Mercedes, affondare nella sedia e lasciar cadere la borsa sul pavimento; Mercedes gli poggiò la mano sul braccio. Lei aspettò di vedere la sua reazione.

Kurt si accasciò contro di lei, la testa inclinata. Immediatamente Mercedes lo circondò con un braccio e lo spinse contro di sé. Una strana piccola fitta attraversò il cuore di Rachel. Sembrava così… così perso e abbandonato. Non era per niente da lui.

Non conosceva tutti i dettagli, ma sapeva che quella storia non poteva continuare. Non così.

Un piano cominciò a formarsi nella sua mente. Senza farsi vedere, tirò il cellulare fuori dalla tasca della gonna mentre il signor Schue continuava a parlare della scelta delle canzoni e digitò un messaggio, selezionando i numeri di Quinn, Tina e (dopo un breve dibattito mentale) Brittany.

Bisognava fare qualcosa e lei non aveva più intenzione di rimanere seduta a guardare.

Note dell’autrice

Questa one-shot doveva essere più lunga… Ma ho perso l’ispirazione e immaginato fosse meglio concludere succintamente che rovinare tutto. Giusto? Giusto.

Perciò, yeah!

Questa storia è stata scritta soprattutto perché psychopiratess e I Spiked the Ice Cream mi chiedono sempre di descrivere meglio Rachel. Così… Eccoci qua.

Volevo solo vedere cosa ha portato Rachel a incontrarsi con le ragazze per fare qualcosa per Kurt. Perché, seriamente, qualcosa probabilmente è successo per attirare la sua attenzione. Così, ho scritto questo.

Perciò, yeah!

Note della traduttrice

Salve, gente! Eccomi di nuovo qua con una nuova storia. Non penso di avere molto altro da dire, ho adorato come Caitlin ha dipinto Rachel in questa storia e spero che piaccia anche a voi.

Ah, sarete felici di sapere che ho già altre due traduzioni quasi pronte, perciò non credo dovrete aspettare troppo per nuovi aggiornamenti: penso che tra i miei ritmi lenti e quelli con cui Caitlin sforna nuove storie, ne avrò da tradurre per i prossimi trent’anni!

A presto!

  
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