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Autore: KanraChan    25/03/2011    3 recensioni
Hayato con i polpastrelli lambì le frangiature della carta come a centellinare ogni singola sciocchezza appartenente a quel foglio. – Ti ricordi quando ti menzionai mia madre? – richiese tutto d’un colpo, ignorando semplicemente la domanda posta dal castano.
Le sopracciglia di Tsuna si inarcarono ed i suoi occhi cerulei seguirono prudentemente il movimento del braccio dell’argenteo che andava avanti e indietro ritmicamente.
- Si… - rispose, rendendosi conto di non essere in grado di leggere alcuna parola sopra quel pezzo di carta, doveva essere scritto in italiano.
Le labbra di Gokudera furono delineate da una risata cristallina che fece trasalire involontariamente il Boss, successivamente fece scorrere il dito lungo una delle frasi.
- "Ti amo." - sboccò, conscio che il Decimo non avesse compreso alcuna parola.
Tsuna si morse le labbra leggermente impacciato, a stento riusciva a comprendere l’inglese, essere in grado di annoverare l’italiano gli risultava impossibile.
- "Ti amo?" Che cosa vuol dire…? – domandò altrettanta ingenuità.
Hayato si passò una mano fra i capelli argentei sorridendo di conseguenza. – Quando si vuole bene ad una persona e la si reputa importante più della sua stessa vita. -
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My little piece of heaven





















Erano le tre del pomeriggio e, un altra soporifera e abitudinaria giornata scolastica, era scandita dal campanile della scuola che segnava con le sue grosse lancette l’orario di uscita, il tipico scampanellio che infondeva vigore e gioia in tutti gli studenti della Namimori.
Tsuna si accorò, sbuffando quel poco in modo tale da liberarsi di ogni trambusto che occupava la sua mente, poi, imbracciò la cartella poggiata accanto la gamba destra del banco e con grande perplessità si diede uno sguardo intorno all’aula, constatando con effettiva certezza che Gokudera ancora una volta aveva marinato l’ultima ora di lezione.
Non che fosse in pena per la sua media scolastica eccellente, ma da più di qualche settimana questo strano comportamento da parte del compagno aveva finito per turbarlo parecchio.
- Yo, Tsuna. – Yamamoto si era affiancato pacatamente al castano, rincuorandolo con un sorriso. – Ancora preoccupato per Gokudera? – domandò, conoscendo altrettanto la retorica risposta.
Il ragazzo annuì impercettibilmente fissando con pressione la sedia di Hayato, nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata il suo proprietario. – Uhm. –
Nel corso del periodo delle vacanze Natalizie non aveva avuto alcun modo di incontrarlo con assiduità poiché la famiglia dell’argenteo era dovuta partire con urgenza per svolgere alcune pratiche in Italia, così, si era ritrovato a trascorrere il restante dei giorni di riposo insieme agli altri. Tuttavia, durante la rimpatriata avvenuta qualche tempo prima, non aveva notato alcunché di insolito che fosse riuscito a destarlo in allarme, in fondo era al corrente della situazione familiare e, sin dall’inizio, non era stato in grado di celare l’apprensione che gli aveva rivolto con l’ultimo sguardo prima che varcasse il cancello di casa sua.
Takeshi gli cinse amichevolmente la spalla. – Su, su! Non fare quella faccia triste, vedrai che non è niente di cui preoccuparsi. – gli aveva sorriso come al solito, riscontrando sempre il lato positivo della situazione.
D’altronde la vitalità del moro non riuscì a coinvolgerlo, gli appariva inconcepibile non pensare a Gokudera in momenti del genere. Regolarmente alle due, prima che iniziasse l’ora di lezione successiva, lo intravedeva raccogliere libri e appunti sparsi sul banco prima di oltrepassare la soglia della classe e dissolversi nel mezzo della folla che si creava costantemente nel corridoio.
Né una parola, né una semplice occhiata che facesse risultare infondati i suoi timori.
Yamamoto, riscontrando la realtà dei fatti decise di giocare l’ultima carta a sua disposizione prima di chiudere la partita. – Senti Tsuna, che ne dici di guardare i miei allenamenti di baseball oggi? Dopo potresti venire a casa mia. – rincarò sperando in qualche cambiamento di umore da parte del castano.
Tsuna scosse il capo, ma gli rivolse un’espressione satura di gratitudine. – Mi dispiace, ma devo prepararmi per il test di domani. Sarà per un’altra volta. – rispose quasi con tristezza, in fondo gli dispiaceva rifiutare così su due piedi l’invito ma proprio non aveva voglia di assistere agli incontri del club con tutti quei pensieri che si affollavano nella sua testa.
- Va bene, non preoccuparti. Ci vediamo domani a scuola. – lo salutò con l’immancabile freschezza che caratterizzava la sua espressione prima di dileguarsi anche lui nell’andito.
Doveva ammettere che lo seccava particolarmente ritornare a casa senza aver risolto nulla ma non aveva idea di come agire, di chiedergli il giorno dopo il perché fuggisse sempre verso il termine della giornata.
Si accostò il maglione di lana che indossava rabbrividendo a causa del freddo, avrebbe riflettuto ad un eventuale soluzione stasera davanti ad una buona cena preparata da sua madre. Con passi tranquilli e indolenti sorpassò l’aula e infilò le mani congelate dentro le tasche dei pantaloni, scorrendo di tanto in tanto i vetri delle finestre. Il cielo, nonostante facesse abbastanza freddo, era limpido e sereno manifestando una colorazione calda e allegra che andava dall’arancione scuro fino a concludersi con un rosa pallido.
Ora che si soffermava a pensarci era abbastanza triste ripercorrere la strada del ritorno senza Gokudera, di solito non mancava occasione in cui Hayato si precipitasse al suo cospetto mentre adesso a stento riusciva a scambiarci quattro chiacchiere al mattino.
A capo chino si cimentò a costeggiare la fine del corridoio per scendere le scale fino a quando, attraversando l’anta socchiusa dell’aula di musica, non intravide lo stesso soggetto delle sue più intense preoccupazioni. Quasi subito arrestò l’andatura spalleggiando successivamente lo stipite della porta e, pacatamente, avvicinò il viso contro lo spiffero adocchiando Gokudera seduto sopra lo sgabello color ossidiana del pianoforte a coda.
I capelli sciolti gli adombravano il volto, uno sguardo assorto e penetrante contemplava una foglio ingiallito e frangiato poggiato sulla tastiera bianca dello strumento, a volte sfiorava una nota che si articolava successivamente in una deliziosa composizione, dolce, colma di emozioni indescrivibili.
Il suo cuore cominciò a palpitare furiosamente senza una ragione, qualcosa gli lasciava il fiato smorzato, quella musica che rendeva brillante il compositore e accarezzava l’anima del suo cuore, una melodia che gli sbramava la pelle fino a procurargli i brividi.
La mente correva lontana e, nostalgica, chinava il capo nel vuoto, si abbassava pian piano fino ed immergersi nella stessa musica.
Era estasiato e, cullato dal piacere che gli provocava, sprofondò catturato in quel circolo di note che abilmente Hayato riprodusse come il più eccellente dei creatori.
- G-Gokudera-kun… -
Con una leggera pressione, Tsuna fece scorrere lateralmente la porta dell’aula interrompendo bruscamente la sonata al pianoforte e facendo voltare quasi con un sobbalzo il ragazzo.
Due iridi di un verde luminoso e distinto si adagiarono con lentezza sul corpo del Boss dei Vongola osservandolo con palese stupore, quasi come se fosse l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare all’interno di posto del genere.
Le braccia scivolarono speditamente lungo i fianchi abbandonando la tastiera splendente. – Decimo. – mormorò flebilmente, non sapendo più come rispondere a quel semplice richiamo da parte del castano.
Provò una sensazione penosa e dispiaciuta quando riuscì ad interpretare l’inquieta espressione che l’azzurro cielo dei suoi occhi rispecchiava come un libro aperto, perché ormai sembrava conoscere Tsuna anche meglio della sua stessa famiglia, ne studiava i movimenti, i sorrisi, ciò che lo rendesse felice ed evitando i comportamenti che lo rattristassero, anche se questo comportava affrontare alcuni sacrifici.
Tsuna accennò un debole sorriso varcando la soglia dell’aula di musica e richiudendola successivamente alle sue spalle. – Gokudera-kun… Cosa ci fai qui? – domandò con imbarazzo, cercando di placare nello stesso istante il suo cuore che garriva come un cavallo durante una corsa.
Si riverberò in quelle iridi così calde nei suoi confronti, dentro quello sguardo che inevitabilmente si ammorbidiva quando lui era presente, che non aveva paura di dimostrare le sue debolezze più profonde.
Hayato si strinse nelle spalle, accorgendosi solo in quell’istante dell’aria gelida che soffiava all’interno della classe. – Stavo suonando. – rispose con altrettanta pacatezza accavallando le gambe.
Lo sguardo del castano ondeggiò un paio di volte fra il pianoforte ed il musicista notando con particolare attenzione la vecchia lettera ancora riposta sopra lo spartito musicale, ora che ci pensava Gokudera sin dall’inizio aveva mostrato una particolare cura per quel foglio.
Si passò una mano sul volto nella speranza che il compagno non si accorgesse dell’agitazione che provava in quel momento ma, tuttavia, decise comunque di avvicinarsi; fremeva come un gatto spaventato e percepiva le sue guance andare pian piano in fiamme.
- Mi dispiace averti interrotto. – ammise a malincuore. – Ma è da un po’ di giorni che salti le ultime ore di lezione… - lasciò in sospeso la frase avvertendo con rammarico lo scambio di tensione fra i loro sguardi.
Ci fu qualche minuto di silenzio ed un lungo contraccambio di occhiate, infine Gokudera sorrise mestamente. – Scusami per averti fatto preoccupare Decimo. – si giustificò, ritornando ad osservare con accoramento la lettera leggermente sbiadita ma ancora leggibile.
Il Boss parò le mani dinnanzi a sé come a smentire. – No, no! Non è per questo ma… - si morse il labbro inferiore per un attimo alla ricerca delle parole giuste. – C’è qualcosa che non va…? –
Si sentiva come se si fosse appena disfatto di un enorme macigno dal petto, finalmente era riuscito ad incontrarlo e a parlargli dopo una lunga e sconfortante settimana di silenzi e fraintendimenti.
Era sollevato. Lieto di osservare con i suoi stessi occhi quel sorriso che ormai non gli mostrava da troppo tempo.
Nonostante desse l’impressione di non essere un tipo particolarmente sveglio quando si trattava dei suoi amici, delle persone a lui care, non poteva non accorgersi anche delle più semplici sottigliezze, non se lo sarebbe mai perdonato.
Hayato con i polpastrelli lambì le frangiature della carta come a centellinare ogni singola sciocchezza appartenente a quel foglio. – Ti ricordi quando ti menzionai mia madre? – richiese tutto d’un colpo, ignorando semplicemente la domanda posta dal castano.
Le sopracciglia di Tsuna si inarcarono ed i suoi occhi cerulei seguirono prudentemente il movimento del braccio dell’argenteo che andava avanti e indietro ritmicamente.
- Si… - rispose, rendendosi conto di non essere in grado di leggere alcuna parola sopra quel pezzo di carta, doveva essere scritto in italiano.
Le labbra di Gokudera furono delineate da una risata cristallina che fece trasalire involontariamente il Boss, successivamente fece scorrere il dito lungo una delle frasi.
- Me la scrisse quando avevo sei anni. – rise. - Confesso di essermi dimenticato di averla. – rivelò apertamente, senza mostrare alcuna traccia di tristezza.
Tsuna la scrutò a lungo mentre pian piano un dolce tepore si appropriò del suo corpo, stanziandosi e trovando un posto comodo accanto al suo cuore. Non aveva mai assistito ad un comportamento del genere da parte del Guardiano della Tempesta e questo non sapeva se lasciarlo basito, oppure renderlo altrettanto felice.
Piegò appena la nuca lateralmente con un misto di confusione. – Mi dispiace, ma non credo di saper leggere l’italiano. – dichiarò scostandosi la cartella dalla spalla e accostando l’anca destra contro il pianoforte a coda.
Nonostante suo padre comprendesse quella lingua lui non aveva mai avuto modo di apprenderla, non che ne fosse particolarmente attratto ma sotto alcuni punti di vista la riteneva affascinante.
Hayato smise per qualche istante di toccare la lettera, ritornando a concentrarsi sul castano che cercava di riscaldarsi strofinando le braccia contro la felpa blu scuro che indossava.
- Davvero? In fondo non è una lingua semplice, ma se si conoscono le basi è già qualcosa. – replicò riflettendo distrattamente sulle sue parole mentre ripiegava accuratamente la lettera, riponendola all’interno della busta.
La schiena di Tsuna fu percossa dall’ennesimo brivido di freddo che venne successivamente acquietato dalla splendida mitezza di una sciarpa di lana color panna, le palpebre del castano si spalancarono come se fossero state appena colpite da una scossa, le labbra pallide avevano assunto un colore cianotico dimostrando vividamente quando in realtà stesse congelando.
Le braccia di Gokudera scivolavano intorno al suo collo con delicatezza, avvolgendogli l’indumento in modo tale che fosse più riparato dal vento ghiacciato che si insinuava con impertinenza all’interno delle giacche.
- Mi perdoni Decimo, ma non ho altro con me. – sorrise grattandosi la nuca.
Un paio di smeraldi si inglobarono con quel dolce color cioccolata dei suoi occhi studiando la pelle cinerea a causa del freddo, le guance leggermente arrossate e quella capigliatura scomposta che gli donava particolarmente.
Il cuore del giovane Vongola sembrò arrestarsi, aveva gli occhi lucidi e le ginocchia quasi gli tremavano, una mescolanza di emozioni cercava di prendere il sopravvento su di lui, emozioni che non avevano bisogno di alcun ragionamento né di spiegazioni per esprimersi, qualcosa che riusciva a palesare anche senza guardarlo.
Inspirò più volte saggiando quel profumo unico che inebriava il suo olfatto, il sapore della pelle di Gokudera, una fragranza forse al primo impatto acre ma, se si degustava più a fondo era percettibile quel poco di dolcezza che contrastava nettamente con il resto.
Con la mano si accostò la lana temperata contro la guancia, riscaldandosi. – G-Grazie Gokudera-kun… - rispose celando l’impaccio ed il rossore dietro la sciarpa, coprendosi con essa fin sotto il naso.
Un piccolo e innocuo gesto che aveva finito per riscaldarlo completamente.
- Non si preoccupi Decimo. – replicò con enfasi, rallegrato dal fatto di scorgere uno dei suoi puri ed innocenti sorrisi. Per un momento sperò con tutto sé stesso che il tempo si arrestasse, permettendogli così di proteggerlo per l’eternità, di restare al suo fianco ed essere la causa dei suoi sorrisi, della sua rincuorante allegria. Lui avrebbe fatto in modo che su quel viso non vi si scorgesse nemmeno un velo di mestizia perché se Tsuna fosse angosciato lo sarebbe stato anche lui, se fosse felice lo sarebbe stato anche lui, se fosse morto il suo cuore sarebbe andato via con lui.
Il castano si soffermò ad osservare vacuamente la stessa lettera che sbucava oltre il taschino frontale della cartella, chiedendosi cosa mai vi fosse scritto sopra.
- Gokudera-kun. – con genuinità lo richiamò all’attenzione, immergendo ancora una volta quelle due sfere brune contro i germogli primaverili dell’altro.
L’atteggiamento interrogativo che assunse Hayato bastò a spronarlo nel continuare quella richiesta alquanto inusuale.
- Dimmi qualche parola in italiano. – sorrise con uno sguardo apprensivo.
Gokudera socchiuse le palpebre per un secondo che parve lungo e interminabile, infine lo vide dischiudere le labbra prima di sospirare e cominciare a parlare ancora una volta. Con il pollice e l’indice iniziò a giocherellare con le frange della sciarpa di lana senza mutare l’espressione pacifica stampata sul volto.
- Ti amo. - sboccò, conscio che il Decimo non avesse compreso alcuna parola.
Tsuna si morse le labbra leggermente impacciato, a stento riusciva a comprendere l’inglese, essere in grado di annoverare l’italiano gli risultava impossibile.
- Ti amo? Che cosa vuol dire…? – domandò altrettanta ingenuità.
Hayato si passò una mano fra i capelli argentei sorridendo di conseguenza. – Quando si vuole bene ad una persona e la si reputa importante più della sua stessa vita. – disse. – E’ difficile da spiegare. – terminò infine imbracciando la cartella.
Tsuna sorrise fra sé e sé, soffocando una leggera risata contro la lana calda della sciarpa. Speciale…


***


- Gokudera-kun. –
Il castano si voltò appena verso l’amico, l’aria pungente del pomeriggio si era rinfrescata con il passare delle ore e le strade di Namimori erano diventare quasi impercorribili.
- Si, Decimo? –
Tsuna sorrise. – Ti amo. – Un’emozione dolce come la rugiada, potente come il fuoco irrompe e segna il suo cammino.
Nonostante non fosse al corrente del reale significato della parola, in fondo, gli andava bene così. Stare al suo fianco era già abbastanza.
Un altro sorriso. - Anche io, Decimo. – ricambiò, perdendosi ancora una volta in quel mare color nocciola.
In quel piccolo pezzo di cielo.








Era impossibile non scrivere su di loro, prima o poi dovevo pur raccontare qualcosa su Gokudera e Tsuna.
Nonostante ne preferisca altre, questa non è assolutamente da tralasciare.
Ogni apprezzamento riguardo la storia spetta a voi :)





Golden Brown










   
 
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