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Autore: Leuviah_Utopia    26/03/2011    3 recensioni
Era passato già parecchio tempo da quando a Camelot qualcosa era cambiato radicalmente. Mancava qualche settimana alle nozze e per tutta Camelot c’era aria di festa e felicità. Anche al castello vigeva quest’atmosfera e la futura regina se ne sentiva estremamente sollevata. Al contrario, però, non si sentiva tranquilla riguardo al suo futuro sposo che aveva, da qualche settimana, intrapreso un lungo viaggio alla ricerca della sorellastra: Lady Morgana.
Ginevra se ne stava al capezzale della finestra della sua camera, intenda a guardare l’orizzonte nell’attesa di rivedere Arthur al più presto…sano e salvo, insieme al suo ormai compagno d’avventura di sempre: Merlino.
“Morgana è stata scelta e se non porterà a termine la missione ci saranno della gravi conseguenze, soprattutto per lei. Dovete scegliere Arthur: il vostro regno o vostra sorella.”
Morgana x Arthur (?) / Arthur x Merlino (amicizia)
Genere: Avventura, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Era passato già parecchio tempo da quando a Camelot qualcosa era cambiato radicalmente. Uther aveva concluso i suoi giorni da Re lasciando il proprio trono al giovane principe, il figlio Arthur, ed il popolo era abbastanza felice dell’essersi finalmente liberato della “tiranna” severità dettata dal vecchio sovrano. – Uther non era ancora morto, ma aveva ormai perso le forze e sapeva di non poter mandare avanti il regno in quello stato -.
Non appena Arthur fu subito nominato successore di Uther, i sudditi non poterono far a meno di esultare con gioia. Il popolo sapeva quanto diverso fosse il giovane principe dal proprio padre e quanto pura fosse la sua anima.
Giorni felici si intravedevano dalle mura evanescenti di sogni della città.
A migliorare le cose si era aggiunta la notizia che il giovane Arthur aveva deciso di prendere per moglie la bella Ginevra. Questo aveva accresciuto enormemente il consenso del popolo, in quanto Ginevra era una semplice serva di cui, a quanto pare, Arthur si era innamorato segretamente molto tempo prima.
Mancava qualche settimana alle nozze e per tutta Camelot c’era aria di festa e felicità. Anche al castello vigeva quest’atmosfera e la futura regina se ne sentiva estremamente sollevata. Al contrario, però, non si sentiva tranquilla riguardo al suo futuro sposo che aveva, da qualche settimana, intrapreso un lungo viaggio alla ricerca della sorellastra: Lady Morgana.
Ginevra era preoccupata perché sapeva che la sua “vecchia” amica li aveva abbandonati per passare al “lato oscuro”, come molti definivano chiamare la magia e, adesso, non sapeva se i druidi – la gente da cui Morgana aveva deciso di rifugiarsi, persone dallo stesso “dono” di Milady – fossero come Uther era solito descriverli: semplicemente “Nemici”. In questo caso si sentiva profondamente turbata per ciò che sarebbe potuto accadere al suo futuro sposo.
Ginevra se ne stava al capezzale della finestra della sua camera, intenda a guardare l’orizzonte nell’attesa di rivedere Arthur al più presto…sano e salvo, insieme al suo ormai compagno d’avventura di sempre: Merlino.

Non andare…-gli aveva detto Ginevra sperando in una risposta accondiscende.
Devo andare Gwen. Devo farlo, l’ho promesso a mio padre.- Aveva risposto fermamente Arthur.
Con espressione afflitta Gwen – come usava chiamarla chiunque avesse abbastanza confidenza con lei – aveva lasciato cadere le mani di Arthur e, lentamente, si era voltata incrociando le braccia sul suo corpo, stringendosi con  un abbraccio che, lei sapeva, non avrebbe mai ricevuto da Arthur, per via del suo carattere fiero e risoluto. Inaspettatamente, però, Arthur le aveva poggiato le mani ai fianchi e l’aveva voltata delicatamente verso di sé. Quel gesto fu del tutto imprevisto per Gwen, ma l’azione che ne seguì fu ancora più improvvisa…Arthur poggiò le proprie labbra alle sue e la strinse a sé amorevolmente.
Non appena tornerò a casa ci sposeremo, Gwen. E tornerò presto…te lo prometto.- Detto questo, Arthur accarezzò delicatamente il viso di Ginevra e si voltò per andare via.

***

«Merlino», una voce leggermente adirata risuonava nelle orecchie del giovane mago. «Merlino…!», continuava a chiamare quella voce insistente. «Merlino!», la voce era divenuta più acuta e irrequieta. «MERLINO!». Il giovane mago sentì il timpano dell’orecchio sinistro sgretolarsi. Con un sussulto molto rumoroso il mago si svegliò, sentendo di aver colpito qualcosa di duro con la testa.
«Eccomi! Cosa succede? Chi è?». Merlino cominciò a guardarsi intorno in preda alla tipica confusione post – dormita.
«Dannazione Merlino, sta’ più attento!». Quella voce era proprio dietro di lui e ne fu completamente certo quando sentì qualcosa colpirlo dietro il collo.
«Scusate, Sire…io…io…».
« “Io” un accidenti! La tua testa d’asino mi ha colpito in pieno nel naso!». Arthur si era portato davanti a Merlino ed aveva assunto il suo tipico tono da idiota – che – non – sei – altro – qualche – volta – ti – farò – tagliare – la – testa.
«Perdonatemi, mi sono svegliato all’improvviso e…».
«Svegliato all’improvviso? E quello me lo chiami svegliarsi all’improvviso? Merlino, ho dovuto letteralmente urlarti nell’orecchio per farti svegliare». Arthur cercava di mantenere la calma, ma quel fastidio al naso lo innervosiva facendogli ricordare quanto fosse sbadato il suo servo.
Notando l’espressione di sconforto nel viso di Merlino, il giovane Re decise che poteva tranquillamente passarci su…per questa volta. «Comunque…visto che so che sei un’idiota, per questa volta ci metterò una pietra sopra». Concluse Arthur con espressione di nonchalance.
Merlino tirò il viso all’in su e un lieve sorriso di gratitudine si fece spazio nel suo volto. «Grazie Sire. Ve ne sono grato. Scusatemi ancora!».
Con un cenno della mano a mo’ di “lasciamo perdere che è meglio”, Arthur prese la sua casacca e la poggiò in sella al cavallo. «Adesso dobbiamo andare, è ora di riprendere il nostro viaggio. Abbiamo già perso fin troppo tempo», disse il giovane Re lanciando un’occhiata al volo al suo servo, nonché amico Merlino.
Il giovane mago imitò Arthur ammucchiando il suo occorrente e montando a cavallo.
«Merlino…?!», la voce di Arthur cominciava a diventare un leggero fastidio per le orecchie di Merlino, in quel momento.
«Si, Sire.», rispose Merlino guardando Arthur che non era ancora salito sul suo destriero.
«Non credi di dimenticare qualcosa?», lo ammonì il giovane sovrano con uno strano sorriso nel volto. Merlino rifletté per qualche secondo su ciò che Arthur voleva chiedergli in modo sottinteso. Poi capì.
«Oh, avete ragione Arthur!». Merlino scese dal suo cavallo e, inginocchiatosi per terra, aiutò il suo Re a montare in sella. – Ovviamente a Merlino toccava sempre fare anche questi stupidi lavori per Arthur, anche se egli era così bravo da riuscire a salire su un cavallo anche da solo.-

Solito presuntuoso!

Pensò Merlino. «Credevo che, in questo caso, non aveste avuto bisogno della mia schiena per salire».
«Pensi male, mio caro amico!», commentò ironicamente Arthur. «Non dirmi che ti da fastidio?», aggiunse acidamente.
«No, Sire, per niente», rispose sarcasticamente il suo servo.
Un sorriso visibilmente soddisfatto si accese sul volto di Arthur. «Adesso possiamo andare». Ovviamente Arthur non aspettò che Merlino si mettesse sul suo cavallo e, quindi,  andò avanti.
«Oh, grazie…Arthur. Siete gentile ad aspettarmi». Merlino si sistemò sulla sua sella, velocizzandosi per raggiungere il giovane Re.

***

Strane nebbie circondavano le rovine che, oramai, erano divenute quasi trasparenti agli occhi della gente comune. Erano le nebbie di Avalon, conosciute da chiunque si intendesse quanto bastava di magia e temute da coloro che non volevano averci a che fare.
Un’atmosfera più oscura cercava di penetrare all’interno di quelle mura desiderose di pace e silenzio. Soltanto il rumore del fiume, che divideva Avalon dalla terra della gente comune, echeggiava liberamente nell’aria isolata delle rovine. Il fruscio degli alberi imitava il suono del vento che sembrava non arrivare mai in quel posto.
Alle porte di Avalon, intanto, Morgana era stata chiamata dall’anziano sacerdote.
«Sono qui», disse la giovane chinando il capo in avanti, per rispetto al sacerdote.
«Mia cara, spero abbiate capito il motivo per cui vi ho fatto chiamare».
Morgana annuì con un lieve movimento del capo.
«È arrivato il momento di riprenderci ciò che ci appartiene». Il sacerdote aveva la fronte coperta dall’ombra che il cappuccio vi proiettava, ma Morgana riusciva a distinguere bene quegli occhi chiari che caratterizzavano ognuno di loro. «Questo è un buon momento per recarsi a Camelot. Re Arthur è in viaggio da parecchi giorni…vi sta cercando». A quelle parole Morgana sentì il suo cuore fermarsi per qualche istante, per poi riprendere a battere in modo violento nel suo petto.
«Cosa intendete dire?», domandò la giovane seriamente contrariata da ciò che le era appena stato riferito.
«Mi è stato detto che Uther, prima di morire, ha chiesto ad Arthur di riportarvi a casa. Vuole vedervi prima che sia troppo tardi». Morgana sentì il bruciore nel suo petto aumentare dopo quella spiegazione.

Uther sta morendo…

«So che per voi è dura, ma vi hanno scelto e non potete tirarvi indietro». Il sacerdote poggiò una mano sulla spalla di Morgana. «Se vogliamo riportare l’antica religione nel mondo, dobbiamo compiere dei sacrifici», concluse l’uomo, infine.
«Non mi tirerò indietro. Se è stato detto così, così farò».
Il sacerdote sorrise compiaciuto, «Per facilitarvi il compito, una persona vi accompagnerà».
«Come? Cioè, chi?», domandò Morgana sorpresa.
«Mordred».
Il cuore di Morgana fu come se si fosse fermato per la seconda volta. Davvero avevano intenzione di mandare Mordred con lei? La giovane sentì la pelle raggelarsi improvvisamente. Fu come se quel vento, che non aveva mai oltrepassato le mura di quelle rovine, l’avesse investita all’improvviso.
«Mordred?», chiese con un tono incerto.
«Si, proprio io, Milady», rispose una voce alle sue spalle.
Morgana sussultò leggermente sentendo quella voce dietro di sé. Mordred, adesso, le stava davanti e le sorrideva, compiaciuto della reazione che aveva suscitato nella giovane donna. Ogni volta che Morgana lo guardava negli immensi occhi blu sentiva come se l’anima del ragazzo penetrasse violentemente nella sua. Il suo viso pallido contrastava con i capelli corvini che ricadevano scompigliati nella sua fronte. Il suo sorriso, apparentemente ingenuo, nascondeva menzogne e verità che soltanto lui era in grado di svelare. «C’è forse qualche problema?».
Un brivido percorse il corpo di Morgana. Erano quegli occhi, quelli erano la causa di tutto il turbamento della giovane donna.
«Non credo di aver bisogno di aiuto. Posso farcela da sola».
Mordred avanzò cauto, ma sempre con quello strano sorriso stampato nel volto, verso Morgana. «Arthur vi sta cercando e se, per qualche motivo, dovesse tornare a Camelot, mentre voi siete là, non saremmo più sicuri che il nostro obiettivo venga portato a termine…non so se mi spiego».
«Oh, vi spiegate benissimo. Credete che se incontrassi Arthur, lui non mi permetterebbe più di andar via».
«Potremmo riassumere il tutto in questo modo, si. Ecco perché verrò io con voi. Se succedesse qualcosa di simile, io non ammetterei mai un fallimento. Sarei disposto a tutto pur di andare avanti…a tutto», concluse il giovane dagli occhi agghiaccianti.
Morgana deglutì e un altro brivido le invase il corpo fino a giungere nella testa che, improvvisamente, aveva preso a girarle. Ciò che le aveva appena detto Mordred equivaleva ad una minaccia…una minaccia vera e propria.

***

Guardando la mappa che Gaius gli aveva dato qualche anno prima, Merlino annunciò al Re che non mancava molto per raggiungere Avalon. Le nebbie avevano già cominciato a circondare i due giovani.
«Quanto manca di preciso, Merlino?», domandò Arthur guardandosi intorno nella speranza di scorgere la piccola terra dall’altro lato del fiume.
«Dovrebbe essere proprio di fronte a noi», rispose Merlino cercando di individuare la piccola barca che, di solito, si trovava in riva al fiume.
«Io non vedo niente con questa nebbia!», commentò Arthur.
«Provate ad andare verso di là e cercate una barca, dovrebbe essere nei dintorni», si limitò a dire Merlino.
«Cos’è, adesso sei tu a darmi ordini, Merlino?», disse Arthur con tono abbastanza seccato e inarcando un sopracciglio.
«No, non era mia intenzione. È solo che…», non ebbe tempo di finire la frase.
«Va bene, va bene Merlino. Allora facciamo che io vado questa parte, mentre tu vai dalla parte opposta».
Detto questo i due si separarono: Arthur verso sinistra; Merlino verso destra. In realtà Merlino voleva soltanto allontanare il giovane Re, perché per trovare Avalon si necessitava dell’aiuto della magia. Guardandosi intorno ed accertandosi che nessuno potesse vederlo, soprattutto Arthur, Merlino pronunciò la formula essenziale per far diminuire la nebbia, subito dopo quella per rendere visibile Avalon che in pochi istanti sembrò materializzarsi davanti ai suoi occhi.
«Merlino!», la voce di Arthur arrivò nelle sue orecchie come acqua ghiacciata. Il giovane mago si voltò chiudendo gli occhi, aspettando di trovare un modo per spiegare ad Arthur ciò che era appena successo…ciò che lui aveva fatto.
«Arthur, vi posso spiegare tutto. Per raggiungere Avalon…», fu interrotto per la seconda volta. Ormai cominciava a diventare una vera e propria abitudine, questa.
«Merlino…ho trovato la barca», disse Arthur con un leggero fiatone.
Merlino aprì gli occhi, «Oh…ah…davvero? Quindi non avete visto…».
«Visto cosa?», Arthur guardò di sfuggita ciò che gli si presentava davanti. «Ma che diavolo?», poi ritornò a Merlino. «Da dove è spuntata fuori?», e ritornò di nuovo a guardare quella terra di fronte a lui.
«Quella è Avalon, Sire», fu l’unica risposta di Merlino.
«Ma…ma prima non…io non…», Arthur non riusciva a trovare le parole per spiegare tutto ciò.
«Dovete ricordare che è magia. Avalon è il cuore dell’antica religione. È un posto magico». Merlino si sentiva bene a pronunciare quelle parole in quel posto. Si sentiva…in pace.
«Certo…», Arthur sembrava incantato. Non riusciva a riprendere lucidità.
«Arthur, state bene?», domandò Merlino leggermente preoccupato.
Arthur sembrò riprendersi da una specie di paralisi momentanea e scuotendo la testa rispose a Merlino che andava tutto bene e che le nebbie gli “annebbiavano” i sensi.
I due giovani salirono sulla piccola barca che a stento riusciva a reggere due persone per via delle condizioni a cui gli anni l’avevano portata. «Siamo sicuri che questa cosa regge? Non mi pare tanto sicura». Arthur toccava quel pezzo di legno come se le sue mani avessero comunque potuto evitare la rottura di qualche pezzo.
«State tranquillo, se dovesse affondare vi salverei io, come quella volta…», poi si interruppe improvvisamente. Ricordò che quella volta che aveva salvato Arthur dall’annegamento, lui non gli aveva detto la verità perché non voleva vantarsi di averlo salvato e gli aveva soltanto fatto credere che aveva battuto la testa violentemente.
«Quale volta?», domandò Arthur sinceramente incuriosito dalla parole del suo servo.
«Oh niente di che. Mi ero confuso, non date la ben che minima importanza a ciò che stavo per dire».
«Certo che sei proprio un’idiota, Merlino», l’ammonì Arthur ironicamente.
«Ma sono il vostro idiota preferito,no?», chiese Merlino in tono sarcastico.
«Sempre…e comunque, sei tu l’unico idiota che conosco, gli altri miei conoscenti sono molto più intelligenti, quindi…», rispose Arthur facendo una strana smorfia.
«Davvero spiritoso…davvero».
I due giovani raggiunsero la sponda di Avalon. L’atmosfera si era fatta più cupa ed una strana sensazione cresceva in Merlino. Il giovane mago riusciva a sentire che intorno a lui c’era qualcosa di diverso, che anni prima non aveva sentito, quando si era ritrovato lì per fare un patto per salvare la vita di Arthur, poi della madre ed infine quella di Gaius.
Intanto Arthur aveva già preso tra le mani Excalibur e la reggeva dritta davanti a sé.
Il cielo aveva preso ad oscurarsi. Luci incandescenti, quali sono i lampi, illuminavano a tratti le antiche rovine.
«Emrys, tu cosa ci fai qui?», un tono di voce grave affiorò nella mente del giovane mago.
«Sono venuto insieme al mio Re per trovare Lady Morgana», rispose Merlino a quella voce nella sua testa.
«Non la troverete qui», lo ammonì fermamente quella voce.
«Cosa volete dire? Dov’è Milady?», domandò dubbioso Merlino.
«Morgana è partita per adempire al compito assegnatole», quella voce rispose alla domanda di Merlino, ma stavolta proveniva da fuori la sua testa. Infatti quella voce si era materializzata in un uomo.
«E voi chi siete?», domandò Arthur con risolutezza.
«Sono un sacerdote di Avalon.», rispose l’uomo con il cappuccio del mantello calato in viso.
«Avete detto che Morgana è partita. Dove è andata?». Il giovane Re reggeva Excalibur con mano ferma, pronto ad intervenire se qualcosa o qualcuno ne avesse dato occasione.
«A Camelot».
Arthur restò pietrificato da quella risposta. Non avrebbe mai immaginato che fosse quello il luogo in cui Morgana stava recandosi. Perché mai, poi? «Sta tornando a casa…».
«No, Sire. Lady Morgana deve adempire ad un compito, non avete sentito? Il suo ritorno a casa è soltanto una visita…e non credo sia di cortesia», replicò Merlino apparentemente calmo.
Arthur guardò il suo servo acidamente, come se quella spiegazione fosse stata un’imprecazione contro di lui. Sentì la rabbia bollirgli nel sangue.
«Merlino ha ragione. Morgana è stata scelta per riportare l’antica religione tra gli uomini e per farlo deve prendere il controllo di Camelot», confermò il sacerdote.
«Ma questo non ha senso, quindi…quindi adesso Morgana è nostra…è…», Arthur non riuscì a finire la frase. Sembrava che le forze lo avessero abbandonato.
«…una nemica del regno di Camelot», concluse Merlino al posto del Re.
Arthur aveva abbandonato per qualche minuto la sua tipica posizione pronta per reagire, ma la riacquistò poco dopo avvicinandosi, verso il sacerdote, con aria minacciosa e la spada retta a mo’ di minaccia nei confronti dell’uomo.
«Voi la state obbligando. Morgana non farebbe mai del male alla gente di Camelot. L’avete costretta, altrimenti avrebbe rinunciato a ciò che le avete chiesto di fare». Arthur aveva assunto un tono di voce risoluto ed era pronto ad utilizzare la sua spada in qualsiasi momento.
«Non è stata costretta. Morgana è una sacerdotessa dell’antica religione, adesso. Appartiene a noi, non è più la figliastra del vecchio Re Uther», lo ammonì severamente il sacerdote che non sembrava per niente intimorito da Re Arthur.
«Arthur, calmatevi…non pot».
«Sta’ zitto, Merlino!», lo interruppe Arthur. Il giovane mago si sentì spiazzato. Non aveva mai visto il suo Re reagire in quel modo. «Morgana ritornerà a Camelot, ma non come nemica. Torneremo nel mio regno e lei resterà con noi».
«Siete davvero uno sciocco se credete che sia tutto così facile. Morgana è stata scelta e se non porterà a termine la missione ci saranno della gravi conseguenze, soprattutto per lei. Dovete scegliere Arthur: il vostro regno o vostra sorella». Il sacerdote guardava minacciosamente Arthur ed un sorriso indecifrabile era apparso nel volto dell’uomo che, improvvisamente, sparì dalla vista dei due giovani.
Arthur lasciò cadere la spada e Merlino fu subito al fianco dell’amico. «Arthur!»
Il giovane Re se ne stava immobile, con gli occhi fissi sul punto in cui, pochi istanti prima, si trovava il sacerdote. «Dobbiamo tornare a Camelot. Subito!».

***

Il viaggio era stato abbastanza lungo e finalmente Morgana riusciva a scorgere le porte del regno di Camelot.
Non ci misero molto a raggiungere le mura del castello e raggirare le guardie fu un’impresa più che facile.
«Voi aspettate qui, da sola riuscirò a muovermi meglio».
Mordred la guardò abbozzando un sorriso. «Non mi fido»
«Suvvia, conosco questo castello come le mie tasche. Mi sareste soltanto d’intralcio», disse Morgana acidamente.
Il giovane indugiò per qualche istante, poi assentì a lasciarla andare da sola.

Dopotutto Arthur non è ancora tornato…

Pensò Mordred. «Vedete di sbrigarvi»
Morgana non rispose alla sua provocazione ed avanzò con il suo cavallo verso il castello. Scese silenziosamente e si avviò verso la parte destra. – Ricordava che in quella parte del castello c’era un’entrata segreta che solo lei, Arthur ed Uther conoscevano - . La trovò con facilità e subito vi entrò lasciando chiudere il muro alle sue spalle. All’entrata vi era una pertica e con una formula magica riuscì a farsi luce accendendovi il fuoco in un capo. Si incamminò per il corridoio, che se non fosse stata per la presenza dei ratti sarebbe stato assolutamente silenzioso. Raggiunse l’uscita che portava al corridoio centrale, in cui vi erano le camere da letto. Silenziosamente si nascose dietro la sporgenza di una parete attendendo che la guardia, che era di passaggio in quel momento, si allontanasse. Per sua sfortuna la guardia si posizionò poco distante da Morgana che fu costretta, così, a farlo cadere in un sonno profondo.
A passi veloci la giovane donna raggiunse la camera da letto più vicina: quella di Uther. Vi entrò e sentì i battiti del suo cuore accelerare vedendo il suo patrigno sdraiato su quel letto lussuoso. Sembrava…morto.
Morgana si avvicinò al letto del vecchio Re e si sedette accanto ad egli. Gli prese una mano e la strinse forte tra le sue. Uther sembrò quasi riconoscere quelle mani e il contatto con esse lo fece voltare dalla parte di Morgana, pur tenendo ancora gli occhi chiusi. «Morgana…sei tu?».
La giovane donna lo guardò con tenerezza. «Sshh…non parlate. Dovete riposare», fu l’unica risposta di Morgana.
«Sei tornata. Arthur ha mantenuto la promessa e ti ha riportato a casa. Dov’è lui, adesso? Digli di venire, voglio vedervi insieme». Uther agitava lentamente il capo e, di tanto in tanto, apriva gli occhi per guardare la sua figliastra bellissima come sempre.
«Non è qui, in questo momento, ma arriverà».
«Prenderti con me è stata la migliore azione che abbia mai fatto in tutta la mia vita. Non è più stata una questione di promesse fatte a tuo padre, io ti ho amata come se fossi stata da sempre figlia mia.». Uther prendeva una pausa per riprendere fiato, poi ricominciava a parlare lasciando intravedere gocce di sudore che gli calavano dalla fronte. «Quando sei andata via mi hai spezzato il cuore, come lo hai spezzato anche ad Arthur. Adesso sei tornata, però…questo vuol dire che hai capito che è Camelot la tua vera casa».
Morgana non riuscì a trattenere qualche lacrima che, solitaria, le scendeva nelle guance candide. Non sapeva cosa rispondere al suo patrigno, quella situazione la stava facendo soffrire e lei aveva anche capito che la stava distraendo dal suo obiettivo. «Adesso devo andare»
«Cosa? No, dove devi andare figlia mia?», domandò sofferente Uther.
«Sono venuta a vedervi, ma devo…», poi si interruppe. Morgana capì che questi erano gli ultimi giorni di vita di Uther, così decise di essere una “brava figlia”. «…devo riposare. Il viaggio è stato lungo e sono stanca.»
«Oh Morgana, tornerai a sederti qui, accanto a me, come ora?», chiese con la speranza negli occhi il vecchio Re.
«Tornerò presto», mentì Morgana. «Adesso dovete riposare, come devo anch’io». La giovane lasciò andare la mano di Uther. Quest’ultimo, però, la trattenne.
«Mi sei mancata, Morgana», le disse Uther lasciando intravedere una lacrima.
Morgana si sentì sollevata, anche se non ne comprendeva effettivamente il motivo. Forse perché era la prima, vera, dimostrazione d’affetto da parte di Uther nei suoi confronti?
La ragazza gli sorrise e, lentamente, si avviò verso la porta. Improvvisamente, però, qualcuno l’aprì prima che lei potesse trovare un posto in cui nascondersi.
«Oh santo cielo! Morgana!», Ginevra aveva lasciato cadere per terra il bicchiere d’acqua che, sicuramente, aveva portato ad Uther.
Morgana fece un passo indietro. «Gwen».
«Siete tornata! Dov’è Arthur? È possibile che non sono stata avvisata del suo arrivo?». Morgana non riuscì a capire perché Gwen stesse domandando di Arthur, ma non appena posò gli occhi su i suoi abiti si sentì una sciocca nel non averlo capito prima: Gwen e Arthur stavano insieme.
«Non sono tornata insieme ad Arthur», fu la sola risposta che Morgana si sentì di dare in quel momento. Sentiva qualcosa di cattivo, adesso, dentro se stessa, ma non aveva intenzione di far del male alla sua vecchia amica Gwen.
«Quindi siete venuta a Camelot da sola? Venite con me, sarete stanchissima». Come sempre Gwen era una ragazza gentile e anche molto bella, ma era soprattutto umile e desiderosa di aiutare gli altri.

Capisco le ragioni di Arthur…
Sarebbe una brava regina.

«Mi dispiace Gwen, ma non sono venuta a Camelot per restare. Ti chiedo scusa per quello che sto per fare, ma devo. Sappi che, però, ti ho sempre voluto bene. Per me non sei mai stata soltanto una serva, ma soprattutto un’amica», Morgana abbassò il viso, intenda a cercare di trovare le forze per far ciò che le era stato ordinato di fare. «Mi dispiace».
Gwen la guardò perplessa ma, non appena vide le mani di Morgana agitarsi, capì che stava usando una magia contro di lei. Anche il movimento delle labbra di Morgana fu rapido e incomprensibile e, subito dopo, Gwen si ritrovò a sprofondare in un sonno intenso.
Morgana adoperò la stessa magia su tutti gli abitanti del castello ed il popolo all’interno delle mura.
Il primo atto era concluso.

***


Il loro viaggio, all’andata, era durato parecchio. Erano stati in tutti i luoghi in cui vi fosse stata la presenza di Morgana e questo aveva portato, via loro, molto tempo. Adesso, però, non avevano bisogno di fermarsi in alcun luogo che non fosse Camelot e per questo motivo il loro viaggio era durato molto meno.
Per fortuna Morgana era partita per il regno poco prima di loro.
Arrivati a destinazione Arthur e Merlino non immaginavano di trovare un silenzio mai avuto all’interno di quelle mura. C’era qualcosa che non andava e lo si percepiva anche nell’aria.
«Sire, credo sia meglio che».
«Chiudi quella boccaccia, Merlino!», disse Arthur accompagnando la sua intimidazione con un gesto netto della mano.
Merlino si era accorto che il giovane Re parlava come se stesse bisbigliando, così capì che doveva davvero fare silenzio.
Arthur cominciò a fare dei gesti a Merlino, ma quest’ultimo, come sempre, non riuscì a comprendere cosa il Re intendesse dirgli. – A Merlino capitava spesso che, quando accompagnava Arthur a caccia, non riuscisse mai a decifrare gli “strani” segnali che il giovane sovrano gli faceva con le mani -. «Dannazione Merlino, ma è mai possibile che tu non capisca mai cosa ti chiedo di fare? Sei un asino!», disse Arthur esasperato dal servo rimbambito. «Sono i “segnali strategici”, ricordi?». La voce di Arthur era parecchio irritata, ma riusciva lo stesso a mantenersi bassa, nonostante l’inquietudine nel tono.
Merlino scosse la testa imbarazzato.
«Sei il solito tonto! Vai da quella parte, mentre io di qua. Ci rivediamo alle porte del castello», gli spiegò Arthur in modo chiaro. «Hai capito adesso?».
Merlino annuì. «E se non vi vedessi arrivare?».
«Santo cielo Merlino, sempre il solito pessimista. In tal caso entra nel castello e chiama le guardie», concluse semplicemente Arthur.
I due si separarono. Merlino era molto preoccupato in quanto era suo compito quello di proteggere Arthur da qualunque cosa, ma il suo Re gli aveva dato un ordine e non poteva disubbidire.
Intanto Arthur camminava a passi furtivi, con la sua Excalibur pronta per l’attacco davanti a lui.

C’è troppo silenzio. Dov’è la mia gente? Dove sono le guardie?
Qualcosa non va…che Morgana sia già…

«Ma guardate un po’ chi si vede», una voce sconosciuta lo mise in allarme alle sue spalle. Arthur si voltò con uno scatto che lo fece quasi inciampare.
Un ragazzo dall’aria a dir poco presuntuosa, adesso, gli stava di fronte. «Chi siete?», domandò Arthur con fermezza.
«Possibile che non vi ricordiate di me? Certo è passato qualche anno, ma sono così cambiato?». In effetti Arthur aveva notato che c’era qualcosa di familiare in quel giovane, ma non riusciva a tracciarne l’identità. Poi lo guardò dritto negli occhi e una scintilla si accese nella mente di Arthur.
«Voi…voi siete quel bambino che ho salvato da morte certa anni fa?», la sua fu una domanda, perché non era del tutto sicuro della persona a cui stava pensando. Certo, l’età sembrava combaciare con gli anni che il bambino avrebbe dovuto avere.
«Non ricordate il mio nome?», domandò, con finta aria di dispiacimento, il giovane.
«È passato tanto tempo», rispose Arthur.
«Allora vi rinfresco la memoria. Il mio nome è Mordred, Sire».
Mordred. Era questo il suo nome, adesso Arthur lo ricordava. Insieme al nome ricordò tutto ciò che aveva dovuto passare per portare in salvo quel bambino. Ripensò che per lui stava quasi per scontrarsi con un piccolo esercito di suo padre, ma che per fortuna Merlino era arrivato in tempo. Ripensò che Morgana gli aveva mentito per proteggere quel bambino.

Un attimo…Morgana? Non sarà mica…

«Cosa ci fate qui?», chiese Arthur.
«Sono venuto ad accompagnare una persona», rispose con noncuranza il giovane.
«Lady Morgana?».
«Esatto», confermò Mordred con un sorriso sfacciato in viso. «A quest’ora dovrebbe già aver finito».
«Cosa avete in mente? Morgana è nel castello?».
Il ragazzo annuì compiaciuto. Arthur si mosse per scostare il giovane di fronte a lui e recarsi al castello, ma quest’ultimo non glielo permise. «Dove intendete andare?».
«Toglietevi di mezzo», fu la risposta di Arthur. Non indugiò nemmeno un secondo nell’afferrare la spada ancora più saldamente. «e non succederà niente».
«Questa dovrebbe essere una minaccia? Oh, che paura!». Portando una mano in su, Mordred scaraventò Arthur a tre metri di distanza. «Non mettetevi contro di me, non sareste in grado di eguagliarmi», un sorriso sadico si era fatto spazio nel volto del giovane dagli occhi agghiaccianti.
Arthur si rimise in piedi con un leggero sforzo. «Perché fate questo? Io vi ho aiutato».
«E di questo vi ringrazio, ma come avete detto voi: “è passato tanto tempo”».
Il giovane sovrano corse incontro a Mordred, intento a colpirlo, ma con una frase Arthur si ritrovò immobilizzato ad un metro di distanza dal ragazzo.

Accidenti!
Maledetta magia.

Pensò Arthur. Improvvisamente sentì una voce arrivare da dietro un angolo: Merlino.
«Merlino! Ti avevo detto che se non fossi tornato avresti dovuto chiamare le guardie!», lo rimproverò Arthur.
«Be’ l’ho fatto, ma erano tutti addormentati, letteralmente. Non c’è nessuno che abbia gli occhi aperti…a parte noi, certo e…e voi chi siete? Cosa avete fatto ad Arthur?».
«Oh bene, te ne sei accorto Merlino, ma bravo», commentò Arthur sarcasticamente.
«Emrys, neanche tu ti ricordi di me?», domandò il giovane quasi seccato.
«Mordred», ripose Merlino.
«Bene, vedo che sei più sveglio del tuo amato Re. Molto meglio».
«Te ne sei ricordato? E…Merlino, perché ti ha chiamato Emrys?», Arthur sembrava seriamente confuso.
«Non gliel’hai ancora detto? Quanto potete essere amici se non gli hai ancora detto cosa, o meglio, chi sei in realtà?!».
Merlino abbassò lo sguardo cercando di trovare una soluzione il più presto possibile. Arthur vide che nel suo servo un’espressione di apparente dubbio era apparsa. «Merlino!». Il giovane mago raddrizzò velocemente il capo. «Cerca di liberarmi da questa…strana magia o quella che è!», ordinò Arthur seriamente disgustato.
«Anche lui è un mago, sapete? Un mago buono, come lo descrive la mia gente».
Merlino si pietrificò. Mordred aveva spifferato il suo segreto al suo amico e adesso Merlino sapeva che, se non fosse morto adesso, sarebbe morto successivamente, ma sul rogo.
«Lo so», fu la risposta di Arthur. «È da parecchio tempo che avevo intuito che Merlino avesse il “dono”, ma ho fatto sempre finta di non saperlo, anzi, di non crederci».
Merlino guardò Arthur. Si scambiarono uno sguardo molto significativo che fu subito interrotto dalla tipica arroganza di Arthur. «Brutto idiota, sei l’unico che può fare qualcosa in questo momento e te ne stai lì, ancora imbambolato a fissarmi? Liberami!». Merlino non potè far a meno di sghignazzare. «MERLINO!», lo ammonì il giovane Re.
«Certo che siete proprio uno zuccone, Sire».
«Non osare rivolgerti a me in questo modo, razza di idiota!», lo ammonì seccamente Arthur.
«Cos’è questo chiasso? Credevo stessero dormendo tutti», un’altra voce irruppe in quell’assurda situazione. Merlino approfittò di quel momento per liberare Arthur utilizzando, anch’egli, la magia.
I tre giovani si voltarono a guardare da chi provenisse quella voce, anche se tutti conoscevano benissimo quel tono melodioso, ma nello stesso tempo altezzoso della donna che tutti e tre aspettavano di vedere.
«Morgana…». Arthur rimase immobile, come se Merlino non avesse ancora spezzato l’incantesimo lanciatogli da Mordred.
Morgana lo guardò stupefatta. Non immaginava di vederlo tornare così presto a Camelot. Il suo cuore accelerò violentemente e brividi le invasero il corpo. I due non smisero di guardarsi nemmeno per un istante. I loro occhi sembravano incatenati da qualcosa di invisibile…magia? Forse.
«Morgana!», l’ammonì Mordred severamente. La giovane donna sembrò riprendersi improvvisamente ed anche Arthur. «Se hai fatto tutto è ora di andare». Morgana assentì.
«Fermi! Voi non andrete da nessuna parte». Arthur si mise davanti i due.
«Vedo che la prima volta non vi è bastata. Bene, vorrà dire che stavolta userò una magia molto più potente». Nel momento in cui Mordred iniziò a formulare ad alta voce l’incantesimo, Morgana lo interruppe bruscamente.
«No!». Con quell’unica parola Arthur sentì la vittoria in pugno, mentre Mordred la guardò contrariato.«Tu occupati di Merlino, al Re ci penso io», un sorriso che Arthur non aveva mai visto rese il viso di Morgana molto minaccioso.
D’un tratto Morgana ed Arthur si ritrovarono ai margini della foresta, appena fuori dalle mura di Camelot.
«Cosa…? Come…?». Arthur non sapeva da dove iniziare.
«Basta con le domande! Il tuo regno è in pericolo e non c’è niente che tu possa fare per evitarlo».
«Sei tu che vuoi mettere in pericolo Camelot, ma se rinunciassi a farlo non dovremmo neanche scontrarci», replicò Arthur.
«Potrei dire la stessa cosa a te».
«Sono venuto a cercarti Morgana. Ho passato tantissimi giorni a cercarti ed è questo quello che merito?».
«Cercarmi? Tu volevi soltanto farti bello con Uther, come hai sempre fatto! Ti rendi conto che sei solo un presuntuoso, arrogante e viziato?!», la collera che Morgana aveva represso da parecchio tempo stava emergendo improvvisamente. «Volevi solamente mantenere una promessa, perché non lo ammetti?»
Arthur abbassò per un momento lo sguardo, ma tornò a raddrizzare la testa poco dopo. «Quando sei andata via ti ho odiato. Non hai la ben che minima idea di quello che hai fatto passare a mio padre…e a me».
«Ma certo…e la mia felicità non contava, vero? Il fatto che avessi preso una decisione era un dettaglio inutile. Sono stata io a scegliere di andare via, quindi non dovevate starci male!».
«Ti rendi conto delle sciocchezze che stai dicendo? Sei fuggita via e ti sei rifugiata da quei…druidi».
«Non osare assumere un atteggiamento disgustato quando parli della mia gente!», lo ammonì Morgana, severamente. «Adesso sono una sacerdotessa dell’antica religione e ho dei compiti ben precisi a cui non posso sottrarmi».
«Non ricordi cosa eri prima di essere una sacerdotessa di Avalon, però? Non ricordi che, innanzitutto, eri la figliastra di un Re che ti ha amato come se fossi la figlia naturale? Eri la Lady più amata e desiderata di tutta Camelot!», Arthur aveva alzato il suo tono di voce che si era fatto profondo e severo. «Eri mia sorella! Ma soprattutto eri la figlia di un uomo che si è battuto per difendere Camelot! Non rammenti tutto questo?».
Morgana restò spiazzata dalla frase che aveva fatto riemergere in lei il ricordo del padre. Una lacrima solitaria scese sul viso della giovane donna. Arthur se ne accorse e tentò di avvicinarsi.
«Non fare un altro passo!». Morgana teneva ancora il viso calato, gli occhi verde smeraldo nascosti dall’ombra di quel cappuccio che la gente come lei usava indossare ed i capelli corvini che le ricadevano ondulati fin sotto il seno, con quel mantello scarlatto che risplendeva sotto la luna che sembrava ammirarla.
In quel momento, Arthur pensava a quanto fosse bella la sua sorellastra. Era più magra, però, questo è sicuro. L’ultima volta che l’aveva vista, quando, sempre con quel mantello, aveva preso il suo cavallo e montando in sella si era allontanata da Camelot, non era così. Lui l’aveva guardata, accettando la sua scelta, ma in cuor suo sentiva la sofferenza e il dolore bruciargli nel petto. Sentiva di averla persa…adesso l’aveva ritrovata e non voleva lasciarla andar via, di nuovo. Decise, così, di non fermarsi ed avanzare verso di lei, ma un’improvvisa forza lo spinse via. Morgana stava usando la magia per tenerlo lontano. «Non devi avvicinarti!».
«Non vedi come ti sei ridotta? La magia ti sta svuotando. Perché vuoi autodistruggerti?», Arthur sentiva una profonda angoscia invaderlo ogni minuto di più. «Perché vuoi allontanarci tutti? Perché vuoi allontanare me?».
«Tu dici che Camelot è la mia casa, che è sempre stata la mia casa, ma per me non è mai stato così. Uther mi ha accolto per mantenere una promessa, come del resto hai anche fatto tu accettando di venirmi a cercare. Nessuno ha mai preso liberamente la scelta di volermi sul serio. Sono cresciuta da sola, in quel castello. Non ho mai avuto delle amiche perché tutte le altre ragazze erano gelose di me», gli occhi verde smeraldo di Morgana erano colmi di lacrime e brillavano più della luna stessa. «Gwen è l’unica amica che io abbia mai avuto ». Dopo aver pronunciato quel nome Morgana tirò su il viso. «anche se…adesso l’hai presa tu. Si, tu prendi sempre tutto quello che vuoi! Ti sei preso pure Gwen!», adesso era la rabbia a parlare e non più Morgana. «Sei soltanto uno sciocco, presuntuoso!».
Arthur tentò di fare qualche passo verso Morgana, ma qualcosa lo aveva bloccato, «Morgana…». Il giovane sovrano non pensava che Morgana avesse sofferto così tanto dell’assenza di qualche amica, anzi, era convinto che fosse lei troppo vanitosa per volerne qualcuna. - Adesso che ci pensava, Arthur ricordava come, durante le feste a corte, le altre donne la fissavano con aria minacciosa e sapeva, anche, che tutto ciò era dovuto alla sua bellezza. Era questo il vero motivo per cui Morgana si avvicinava a lui ed ai suoi amici e non perché volesse metterlo in imbarazzo -.

Sono stato uno stupido a non accorgermene.
Un vero e proprio stupido.

«Ti chiedo scusa». Arthur non sapeva davvero cosa dire. Sapeva soltanto che Morgana aveva ragione. «Non avevo mai pensato che dietro tutto questo ci potesse essere la solitudine».
Morgana smise di piangere silenziosamente. «Non devi compatirmi, non ne ho bisogno. Adesso voglio solo che mi lasci in pace».
«Non posso…». Arthur impugnò Excalibur. «Rinuncia a tutto Morgana. Rinuncia e potrai tornare al castello, insieme a me. Non soffrirai più, non lascerò che qualcuno ti faccia soffrire».
Un sorriso triste prese il posto dell’espressione afflitta di Morgana. «Impossibile. Non riuscirei a sopportare di vedere te e…».
«Finalmente vi ho trovato!». Merlino era sbucato all’improvviso da dietro un albero. Se ne stava piegato aspettando di riprendere fiato. «Per il momento Mordred è fuori uso, ma non lo sarà per molto. È fortissimo».
Arthur non aveva ancora fatto caso alla presenza di Merlino. Sembrava aspettare ancora la continuazione di quella frase che Morgana aveva lasciato in sospeso, per via dell’interruzione di Merlino.
«Cosa hai fatto a Mordred?», al contrario di Arthur Morgana si era accorta di Merlino.
«Lady Morgana dovete stargli lontana finché siete i tempo. Lui è… », un’altra interruzione.
«Qui!». Mordred li aveva raggiunti. «Morgana, avete usato fin troppa magia per oggi. Sarà meglio andare via». Mordred sembrava non aver ricevuto alcun colpo da Merlino, il che faceva davvero pensare che il ragazzo fosse forte così come Merlino aveva detto.
«Non vi lascerò andar via!», aggiunse Arthur.
«Non sarete voi a fermarci», replicò Mordred. Il giovane si avvicinò a Morgana e la strinse delicatamente a sé, poggiando il braccio della giovane donna sulla sua spalla. «È ora di andare, mia cara», le sussurrò all’orecchio, ma Arthur riuscì a sentirlo.
«Siete voi che l’avvelenate con la vostra sporca magia!». Il giovane Re sentiva la rabbia crescergli in corpo. Intanto Morgana sembrava quasi aver perso i sensi. «Merlino fa qualcosa! Morgana non sta bene».
Merlino provò a immobilizzare Mordred per far si che Arthur riuscisse ad avvicinarsi per afferrare Morgana, ma lo sforzo del giovane mago fu inutile, al contrario di Mordred, Merlino aveva perso troppo forze, infatti cadde a terra sfinito. «Mi spiace Sire, non ce la faccio». Arthur si precipitò affianco all’amico con gli occhi sempre fermi sulla sua sorellastra.
Mordred chiamò il suo cavallo che giunse galoppando dalla foresta. Adagiò Morgana per prima e, subito dopo, montò in sella anche lui. «Arthur…ho dimenticato di dirvi che, se tutto andrà come previsto, e sicuramente accadrà, Morgana diverrà la nuova sovrana di Camelot, con me al suo fianco». Un sorriso di vittoria aveva sostituito quello presuntuoso del giovane.
Arthur riusciva a stento a trattenersi dall’esplodere in una rabbia senza limite.
Improvvisamente Morgana aprì gli occhi e si raddrizzò. «Cos’è successo?». Poi incontrò nuovamente gli occhi di Arthur e notò che c’era qualcosa di diverso, qualcosa di…irrequieto. «Cosa gli avete fatto?».
«Niente mia cara. Ho soltanto detto che presto saremo noi due i nuovi sovrani di Camelot…noi due, come è giusto che sia», rispose Mordred compiaciuto.
A quel punto Morgana ritornò a guardare Arthur ed abbassò lo sguardo.
«Fatemi scendere!»,ordinò Morgana. Mordred la guardò perplesso. «Ho detto fatemi scendere, devo fare una cosa!».
Mordred la liberò dalla sua stretta e lasciò scender da cavallo. Morgana si avvicinò ad Arthur, sotto gli occhi vigili di Merlino. Si accostò accanto al fratellastro. «Sii un buon re. Gwen sarà un’ottima regina». Subito dopo si avvicinò a Merlino. «Tu…tu mi hai ferito quando ho scoperto che eri come me ma che non me l’hai detto, però sei un buon amico per Arthur. Rendilo migliore e, soprattutto, meno presuntuoso». Detto questo la giovane donna ritornò al cavallo e Mordred l’aiutò a salire.
Prima che potessero andare via, Arthur notò un’altra di quelle lacrime solitarie calare sul viso di Morgana. Avrebbe voluto seguirli e prendere Morgana con la forza e, se fosse stato necessario, uccidere Mordred a costo di perdere anch’egli la propria vita, pur di elargire la libertà alla sua amata sorellastra, ma un eco gli inondò la mente.

“Morgana è stata scelta e se non porterà a termine la missione ci saranno della gravi conseguenze, soprattutto per lei. Dovete scegliere Arthur: il vostro regno o vostra sorella.”


«Non posso lasciarla andar via…non dopo che l’ho ritrovata, dopo tanto tempo», ma non riusciva a convincere nemmeno se stesso di ciò che diceva. Quella frase continuava ad echeggiare nella sua mente. Intanto il cavallo si era allontanato insieme all’unica donna che avrebbe desiderato avere Arthur, in quel momento, al proprio fianco.
«Arthur». Merlino si avvicinò al suo amico e poggiò una mano sulla spalla, in segno di comprensione. «Dovete lasciarla andare, anche se questo vi costa un sacrificio enorme».
«L’avevo ritrovata, Merlino», la voce di Arthur risultava così grave da far quasi impietosire Merlino. «e adesso è andata via…con lui».
«Non può sottrarsi al suo destino. Camelot o Lady Morgana».
Quell’ultima frase fu per Arthur una pugnalata dritta nel petto. Sapeva che Merlino aveva ragione, ma non voleva capacitarsene.
«Troverò un modo per liberarla Merlino. Dovesse essere l’ultima cosa che faccio».



Note d'autore:

Salve a tutti! Sono nuova in questo fandom, perchè in "Merlin" ho soltanto letto storie sulla serie, ma questa è la prima fic che faccio.
Ovviamente amo la serie di Merlin ed ho deciso di mettermi alla prova provando a dar vita a scene immaginate dalla mia mente.
Non sapevo se dividere la storia in più capitoli oppure fare un'unica one-shot, in caso consigliate voi ed io sistemo =)
Come potete vedere la storia sembra rimanere in sospeso, perchè, a dire il vero, non so se fare una continuazione o meno =S, quindi anche per questo chiedo a voi un consiglio.
Avrete notato che c'è qualcosina di diverso dalla serie, ma credo sia normale visto che è una mia invenzione >.<
Ci tengo a precisare che per determinate "situazioni", mi sono ispirata al film "Le nebbie di Avalon" (non so se qualcuno di voi l'ha visto) ed è per questo motivo che Morgana si mostra in modo diverso con Mordred. Lei è profondamente legata a questo ragazzo, ma una sorta di diffidenza la rende vigile nei suoi confronti. Inoltre, questa è come se fosse una continuazione della seconda stagione (come piacerebbe a me, intendiamoci XD), quindi gli spoiler delle stagioni successive non sono inseriti in questa storia. Non vorrei creare dubbi ai lettori, per questo vi ho spiegato tutto ciò =) I dialoghi in grassetto riguardano un ricordo passato (in questo caso di Gwen); le frasi in corsivo sono pensieri mentali dei personaggi (ovviamente la parte in corsivo tra sacerdote e Merlino è un dialogo mentale, per questo l'ho scritta in corsivo). [Ringrazio elyxyz per le dritte, le ho apprezzate ed è per questo che ho motivato alcuni contenuti della storia.] Spero vi sia piaciuta.
See you soon! Thank you =)




   
 
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