Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: trecy    27/03/2011    0 recensioni
Una storia altamente introspettiva. La protagonista in un momento particolare decide di ripercorrere le tappe di un periodo della sua vita o meglio una persona che non ne fa più parte, non senza risentimento e malinconia. Ma del resto chi non prova nessun rimpianto?
"Dicono che con il tempo il viso delle persone che hai perso tenda a perdere di giorno in giorno quella nitidezza che caratterizza l’immagine mentale che hai di loro, iniziando a sbiadire. Con lui non è mai successo, ricordo ogni piccolo dettaglio come quella luce che aveva negli occhi quando mi guardava o quel sorriso che decretava la sua vittoria, o quello con cui mi sfidava e quello con cui mi dimostrava di avere bisogno di me, quando tornava sempre indietro, sempre da me."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Salve a tutti! Ecco una nuova storia, dai toni un pò drammatici, spero di essere riuscita a rendere i sentimenti della protagonista. fatemi sapere che ne pensate
Buona lettura!! Spero vi piaccia la storia. 

Rimpianti
 
“Sei tu… sei sempre stato tu sin dall’inizio,
ma me ne sono accorta troppo tardi.”



 
Non sembra nemmeno siano già trascorsi sei anni. Non riesco a credere di essere riuscita a sopravvivere senza di lui. Non avrei mai pensato che sarei stata capace di stare con qualcun’altro. Ma se c’è una cosa che ho imparato dalla nostra storia, è che non si deve mai cercare di prevedere il futuro, perché a volte ti riserva strane sorprese. Questo giorno è per lui e così sarà sempre. Non riuscirò mai a dimenticarlo, neanche adesso che c’è lui. Avrei voluto vivere più a fondo tutto con lui, perché è inutile negare, ormai, che noi due ci siamo sempre presi in giro.
Abbiamo giocato con il fuoco e ci siamo bruciati più volte, ma le scottature che ci procuravamo guarivano in fretta e noi eravamo pronti a bruciarci di nuovo, ma poi è arrivata l’ustione, quella seria, quella che non può essere guarita. Il nostro rapporto non è stato sicuramente ordinario, ci siamo fatti solo del male, convinti che quello fosse l’unico modo per uscirne indenni e così per paura di soffrire ci siamo feriti l’un l’altro, ma neanche questo bastava ad allontanarci e noi non ce ne accorgevamo neanche, troppo presi ad  escogitare trucchi e sotterfugi.  
Era solo un gioco come un altro, era solo una battaglia da vincere per dimostrare – ancora oggi non so bene a chi – che eravamo forti e non avevamo bisogno di niente e nessuno. Così abbiamo dato il via ai tradimenti, alle ripicche, alle menzogne, alle gelosie e ogni volta era sempre peggio, ogni trovata era sempre più meschina di quella precedente. Ma tra noi non finiva mai, non sarebbe mai potuto finire nulla. Avevamo come un tacito accordo che alla fine ci riportava insieme, nonostante tutti i sotterfugi, tutte le bugie, tutti i giochi noi ci amavamo, solo che eravamo troppo immaturi e orgogliosi per poterlo ammettere, non avremmo mai potuto perché farlo avrebbe significato la sconfitta ed entrambi volevamo vincere. Un giorno i sentimenti presero il sopravvento, era inevitabile del resto, ma ci vollero mesi prima che ce ne accorgessimo. Ricordo benissimo i nostri tentativi di stare insieme e i problemi inutili che ci ponevamo; ognuno aveva bisogno dell’altro per qualche oscura ragione e insieme stavamo bene, forse troppo e ci completavamo a vicenda. Noi avevamo il legame che tutti cercano, quello che ti capita solo una volta nella vita, quello a cui non puoi rinunciare. L’amore vero insomma. Purtroppo anche solo pensare a questa parola ci terrorizzava. Però lo sapevamo bene di cosa si trattava perché tra noi non c’è mai stato bisogno di usare le parole; io sapevo bene che quella luce che avevi negli occhi quando mi guardavi era solo per me e quello non sarebbe mai potuto cambiare. Non era necessario dirci “ti amo” o definire il nostro rapporto come una relazione seria. Ma si sa che con il tempo la gente inizia a fare domande, tutti si convincono che sei cambiata, che pensi al tuo futuro, che ti sei “innamorata”. Forse questo può essere considerato normale, ma non per noi; avevamo paura di qualcosa che in realtà già c’era, non volevamo essere troppo esposti troppo vulnerabili. E questo fu l’inizio della fine perché ricominciammo da capo: di nuovo giochi, tradimenti, bugie. Ma questa volta era diverso. Non riuscivamo più a farci del male senza soffrire, così arrivo il fatidico momento: eravamo riusciti ad ammettere a noi stessi che ci amavamo, ma il passo successivo sarebbe stato impossibile da compiere. Così ci allontanammo sempre di più; da stupidi ingenui eravamo convinti che l’uno non ricambiasse l’altro, ma ci conoscevamo troppo bene per non capire quello che in realtà provavamo. Ma ammetterlo ad alta voce era tutt’altra cosa… Nessuno di noi due avrebbe mai potuto. Però non potevamo neanche stare lontani per un destino avverso che ci aveva resi l’uno succube dell’altro, che ci aveva legati in modo irreversibile. Ricordo bene come per la prima volta nella mia vita, in quel periodo cominciai a guardare commedie romantiche, iniziando a capire qualcosa sull’amore. Ma la realtà non è un film a lieto fine, se io ero pronta non avrebbe implicato che anche lui lo fosse. Del resto l’amore che provavo io, non era come quello di un film, era diverso. Troppo tardi mi sono resa conto di come in realtà eravamo uguali, io e lui eravamo identici fatti per stare insieme, due anime gemelle coniate apposta.  
L’amore che ho provato per lui mi ha logorata, mi ha dilaniato mente e corpo, mi ha esasperata e condotta ad un punto di non ritorno. Ma nonostante questo io non riuscivo a smettere di amarlo, per ironia della sorte più soffrivo più lo amavo di un amore disperato, che mi distruggeva, che non mi faceva respirare. In quel momento non riuscivo a capirlo, ma ora con il senno del poi so che anche lui provava gli stessi sentimenti. Tra noi poteva succedere qualsiasi cosa, ma le catene che ci univano non si sarebbero mai potute spezzare per quanto noi tentassimo di romperle. La cosa più assurda era che entrambi desideravamo essere liberi da quel legame, eravamo stufi di dipendere l’uno dall’altro perché vivevamo quel sentimento nel modo sbagliato. Il primo e l’unico che ci provò è stato proprio lui. Un giorno si presentò davanti a me con la sua nuova “fidanzata”, appellativo che non aveva mai attribuito a me; in quel momento mi trasformai – forse perché ormai ero troppo esasperata, o forse perché l’amore che provavo aveva raggiunto dimensioni esorbitanti – in una persona che mai avrei creduto di poter essere, una persona migliore senza doppi fini. Guardai quella ragazza e il viso di lui così distrutto, come se non ce la facesse veramente più a vivere così. Nel profondo del mio cuore provai una fitta lancinante che si trasformò in stupore, quando mi accorsi di sperare che almeno lei potesse renderlo felice, perché io non sarei mai stata in grado di farlo. Fu in quel momento che una convinzione si fece larga strada in me: eravamo fatti l’uno per l’altra, ma non per stare insieme. Così entro pochi minuti mi ritrovai ad osservare le sue spalle e la sua mano sulla quella di lei, lui che gli apriva la portiera della macchina come tante volte aveva fatto con me. Quella fu la prima volta che realizzai di averlo perso, ma quella sensazione durò solo per pochi secondi perché istantaneamente quel meccanismo contorto del mio cervello trasmise i suoi occhi mentre guardava lei. Sarebbe tornato da me, come sempre, io non potevo perderlo. Il suo sguardo non aveva la solita luce, era spento e così sarebbe stato sempre. Niente e nessuno ci avrebbe potuto mai separare, quella ormai era una certezza, che qualche ora dopo si trasformò in realtà. Come sempre, come tutte le volte era tornato da me e questa volta sarebbe stato diverso, lo sentivo. Quando si presentò alla porta di casa mia nel suo sguardo lessi qualcosa di nuovo, ci misi un po’ per comprendere ma poi realizzai che doveva trattarsi di paura, tutta la sua sicurezza era scomparsa e per la prima volta nella sua vita si scusò con me. Voleva dirmi qualcosa, doveva parlarmi di una cosa seria, ma era come bloccato, sembrava gli mancasse il coraggio, così optò per quella che da anni era stata la nostra soluzione migliore: rimandare. Mi disse  che doveva parlarmi e che lo avrebbe fatto la sera successiva. Sapevo cosa voleva dirmi, ero perfettamente consapevole che ormai saremmo stati finalmente felici insieme, ma non volevo rendergli le cose facili così feci finta di non avere la minima idea di cosa stesse parlando. Quello fu il più grave errore della mia vita, è stato e sarà sempre il mio peggiore rimpianto.  
Quando la sera successiva ero pronta in attesa, lui non arrivava, trascorse mezz’ora, un’ora, due ore… Alla terza ora suonarono al campanello, ma non era chi mi sarei aspettata. La cosa assurda è che mentre aspettavo che arrivasse, neanche per un istante mi aveva attraversato la mente l’idea che gli potesse essere successa qualcosa. Quando davanti alla porta di casa mia trovai suo cugino, non ricordo cosa successe esattamente, so soltanto che mi risvegliai su un letto d’ospedale, probabilmente ero svenuta. Lui aveva avuto un incidente, lo avevano soccorso, ma non era riuscito a superare l’intervento. Suo cugino mi diede solo una scatola e un biglietto, dicendomi come avesse chiesto di me e non vedendomi arrivare perché il padre si era rifiutato di farmi chiamare, gli avesse detto di scrivere delle parole in quel biglietto e di darmi la scatola. Il biglietto riportava delle semplici parole che mi distrussero per mesi “ti amo  ti prego perdonami se non sono riuscito a dirtelo”  nella scatola c’era un’anello. 
Avevo sbagliato su tutto. Sino a quel momento non sapevo il significato della parola “dolore”, perché fu solo in quel momento che lo provai davvero. La mia anima era squarciata in mille pezzi, le lacrime che mi solcavano il viso erano un misto di rabbia, delusione, amore. Avrei tanto voluto essere morta con lui. Ma soprattutto ero arrabbiata con lui, perché come sempre ne era uscito senza sporcarsi le mani, come sempre aveva vinto, ma mi aveva abbandonata. Non poteva lasciarmi, il nostro legame era indistruttibile, questa era la verità ma i quel momento mi sembrò così falso. La gente diceva che sarebbe passata, che era una tragedia ma che il tempo guarisce ogni ferita. Non è vero! Certe ferite non guariscono mai, la cicatrice è sempre lì davanti che ti fa ricordare cosa ti è successo, che riporta a galla ricordi che vorresti sopprimere. Poi ci sono i “se” e i “forse” che ti corrodono completamente, perché se io quel pomeriggio prima fossi stata meno orgogliosa forse lui sarebbe rimasto da me, non avrebbe avuto bisogno di programmare quella serata, avrebbe evitato l’incidente, o se davanti a quella ragazza non avessi cambiato atteggiamento, facendogli capire quanto lo amavo, forse saremmo ancora insieme a farci la guerra, a vincere e perdere le nostre battaglie e poi tornare indietro. Perché solo oggi che sono trascorsi sei anni mi rendo conto che era quello il nostro modo di amarci, noi eravamo unici, diversi e non avevamo bisogno di conformarci a tutte quelle coppie banali. Noi amavamo il rischio, la competizione, le gare e avevamo una visione tutta nostra della vita considerandola come una guerra da vincere. Ci siamo amati come pochi riescono a fare, pur non essendo mai riusciti a renderlo esplicito. La verità è che questa realtà era troppo stretta per tutti e due e lui l’ha voluta lasciare solo a me.
 
 
Oggi è il sesto anniversario della sua morte e come ogni anno davanti alla sua tomba ripercorro la nostra vita. Le tappe migliori e le peggiori e con una maturità che prima non mi apparteneva ogni anno comprendo qualcosa di nuovo. La verità è che la mia vita si è fermata insieme alla sua, forse dovrei andare avanti e smetterla di voltarmi indietro, ma come posso farlo? Come posso dimenticarlo, quando la mia vita continua solo in funzione dei ricordi che ho di lui? 
Dicono che con il tempo il viso delle persone che hai perso tenda a perdere di giorno in giorno quella nitidezza che caratterizza l’immagine mentale che hai di loro, iniziando a sbiadire. Con lui non è mai successo, ricordo ogni piccolo dettaglio come quella luce che aveva negli occhi quando mi guardava o quel sorriso che decretava la sua vittoria, o quello con cui mi sfidava e quello con cui mi dimostrava di avere bisogno di me, quando tornava sempre indietro, sempre da me. Avrei voluto vivere al suo fianco, avrei voluto consumare il nostro amore, ma soprattutto avrei voluto dirgli che anche io lo amavo, che ancora oggi lo amo e che non potrò mai amare nessun altro. Si sto con Paolo ora, ma non potrò mai amarlo, perché quello era l’amore vero, solo lui sapeva sconvolgermi, solo lui era in grado di farmi piangere, solo lui è riuscito a distruggermi completamente. Lui, il cui nome non riuscirò mai più a pronunciare, mi è entrato dentro fino al midollo dall’inizio, dalla prima sfida, dalla prima discussione il mio subconscio sapeva che era lui. Vorrei tanto riuscire a vivere davvero, non avere tutte queste ombre, a volte desidero non averlo mai conosciuto, altre volte rimpiango tutte le parole che non sono stata in grado di dirgli, in realtà lui mi ha cambiato la vita, anche se ancora oggi non so se in meglio o in peggio.
 
Mi manca, vorrei odiarlo perché forse sarebbe più facile, ma non posso smettere di amarlo.
 
 
 
 
 
 
 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: trecy