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Autore: Miss Loki_Riddle Gold    27/03/2011    3 recensioni
Un funerale, obbliga House a riconoscere la sua umanità e le sue debolezze...Tranquilli non muore nessuno nessuno di vostra conoscenza anche se spero che recensiate.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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In una chiesa gremita si stava svolgendo un funerale.
La gente piangeva.
In prima fila si trovavano i pochi parenti, perlopiù amici. Un uomo stringeva a se una donna in lacrime e sconvolta che si domandava il perché non ne fosse arrivata a conoscenza prima.
Lì vicino un alto uomo dai corti capelli castani stringeva con le nocche ormai sbiancate il proprio bastone, ogni tanto faceva per prendere qualcosa dalla sua giacca da motociclista ben sapendo che non gli sarebbe servito a nulla.
Nessuno di loro ascoltava il prete.
In molti si voltavano ogni tanto a dare il loro silenzioso addio verso quella bara di legno.
Qualcuno avrebbe dovuto dire qualcosa di fronte a tutta quella gente, proprio come succedeva spesso durante i funerali americani.
La donna sconvolta che si trovava in prima fila alzò il volto dal petto dell’ uomo per voltarsi a fissare quei due occhi di ghiaccio dell’ uomo dai corti capelli per chiedergli di andare a parlare lui.
Lei non ce l’avrebbe potuta fare.
L’uomo annuì, prima di avanzare zoppicando.
Prese in mano in microfono con cui poter parlare.
-Non sono mai stato bravo a dare gli addii. Comunque credo sia meglio presentarsi, prima.- Disse, esitante.- Io sono il Dottor House. So che alcuni di voi sono stati miei pazienti ma in pochi sanno che rapporto avevo con la defunta.- Per quanto cercasse di non farlo vedere la sua voce si incrinava ogni secondo di più.- Iniziamo dal principio, credo che in pochi sapessero che Lei era rimasta orfana di entrambi i genitori in un incidente stradale a soli due anni.
Nella chiesa era calato il silenzio, alcuni dei presenti si domandavano come potesse, dunque, essere sempre stata così sorridente, così gioviale.
- Sua zia Lisa Cuddy decise di crescerla lei, proprio come chiedevano i genitori nel testamento.
Lisa, però, non riusciva a darle tutto quello che le serviva, era troppo impegnata nel lavoro così chiese a me e al mio amico Wilson di aiutarla. La portava ogni giorno per un paio d’ore al lavoro e noi la tenevamo d’occhio. Ogni anno che passava trascorreva sempre più tempo in ospedale fino a quando non le predisposero una camera tutta per lei: non andò più a casa.
Posso ancora ricordare tutte le volte che…- non lo disse e come, comunque, poter spiegare a tutte quelle persone che “la piccola Cuddy” era l’unica a potergli prendere la PSP o tutti quegli altri passatempi senza essere sgridata, che lei disegnava spesso sulla sua lavagnetta e che tutto quello gli sarebbe immancabilmente mancato? Come poter spiegare che lui, il burbero, il “misantropo” House aveva un cuore e che questo gli si sarebbe chiuso per sempre senza permettergli di oltrepassare quella porta scorrevole dove così tante volte l’aveva vista?
Si riprese abbastanza per poter continuare- Dunque…Crebbe con noi e col tempo le furono affidati sempre più compiti, anche se credo che il suo preferito fosse quello di giocare e intrattenere i bambini più piccoli. Quando venni a sapere che aveva un tumore al cervello era troppo tardi e, comunque, lei non mi permise di provare a salvarla. Non vi saprei dire se tutto questo abbia portato dolore a tutti ma una cosa posso saperla: ci mancherà a tutti perché di persone così ce ne sono davvero poche.- Con questo tornò al suo posto e il funerale poté continuare.
Mentre seguiva gli altri un flashback lo fece tornare per un attimo a quel giorno in cui aveva scoperto la sua malattia. Strinse con maggior forza il bastone per obbligarsi a non piangere.
 
Era lì, seduta sulla sua poltrona mentre giocava con la palla rossa e lo aspettava.
Entrò, irritato per una litigata appena conclusa con la Cuddy.
Lisa lo aveva scovato a perdere tempo e, questa volta, non era servito a nulla scherzare.
Era stata più irascibile del solito.
Così, con il suo solito brutto carattere, era entrato nel suo ufficio, se così lo si poteva chiamare.
Appena la vide un sorriso gli increspò le labbra avrebbe, infatti, potuto liberarsi da tutti quei obblighi e sgridarla un po’, per qualsiasi cosa, lei non si lamentava mai. Ancora ci doveva credere che lei era la nipote della Cuddy e non la sorella piccola di Cameron. Lei lo guardò e sorrise a sua volta: lo aveva sempre considerato come il padre che non aveva mai potuto avere.
-Metti giù la mia palla!- Le intimò.
Lei eseguì, incapace di contraddirlo. Prese, però la boccia che risponde alle domande e con voce canzonatoria domandò, mentre scuoteva l’oggetto:- Chi ha parlato?- Si bloccò e lesse:-La mia coscienza? Ooooohhhh!Deve essere rotto!- disse, alzando lo sguardo.
Lui la guardò in quel modo che inquietava tanti ma che su di lei non aveva effetto.
Cuddy entrò in quel momento permettendo alla nipote di sgattaiolarsene da Wilson attraverso la porta-finestre costantemente aperta.
Così, quando Lisa smise la sua lamentela House dovette andare dall’amico.
Lo fece anche perché quella “sciagurata” aveva disegnato sulla sua lavagna un grande sorriso sopra all’ultimo caso. Non aveva avuto cuore di cancellarlo, voleva che fosse lei a farlo.
Entrò da Wilson senza, ovviamente, chiedere il permesso e fece per parlare ma si interruppe quando sentì la ragazza chiedere una ricetta all’amico.
- tel’ho già detto non puoi averla, sei troppo piccola, insomma, nessuna farmacia te la darebbe-
-Ho sedici anni non sono poi così piccola- rispose lei, con quella voce ferma che aveva preso dalla zia- Dammela!- continuò, poi.
Quando, Wilson gliela diede, House pareva essersene andato, anche se, in realtà, era semplicemente nascosto.
La seguì prima fuori dall’edificio, poi seguì la macchina di Cameron a cui lei aveva chiesto un passaggio, infine in una farmacia. Doveva aver appena comprato qualcosa, quando lui entrò. La ragazza aveva un sacchetto di plastica in mano che, ovviamente, House le prese con naturalezza. C’era dentro una siringa. Lui alzò il volto per guardarla e le sue uniche parole furono:- Ho un tumore al cervello!- Greg credette che il mondo stesse crollando. Ebbe paura. Lasciò cadere la siringa e parte di lui gli disse che nulla sarebbe mai potuto tornare come prima.
 
House chiuse gli occhi nel tentativo di non piangere e rivide altri due, scuri, che lo fissavano, quelli appartenenti al volto di una ragazzina che aveva voluto morire facendosi tener la mano da lui, le cui ultime parole erano state:- Siate felici!- Prima di emettere il suo ultimo respiro con un sorriso vero in volto solo per lui.
Qualcuno gli prese il braccio e lo portò dagli altri, si voltò e vide il volto di Cameron.

 
   
 
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