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Autore: mrsdianablack    28/03/2011    3 recensioni
Donna Noble ha la sua vita ora, ma è davvero questo che vuole? E se il caso le facesse reincontrare una persona?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Donna Noble
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aveva sempre amato viaggiare. Lo considerava, tra le altre cose, una sorta di terapia anti dolore. Gli serviva per non pensare. Poteva andare ovunque, nel tempo e nello spazio. Le uniche limitazioni a cui si atteneva erano quelle di non fermarsi mai troppo a lungo nello stesso posto e di non interferire con la storia.
Quest'ultima era una reminescenza delle regole delineate dalla sua gente. Ora che non c'erano più non era nemmeno tenuto a seguirle ma riteneva giusto continuare a farlo.
L'universo era infinito e c'erano luoghi in cui neanche lui, in oltre 900 anni di vita, era mai stato. E ce n'erano altri, invece, che frequentava spesso, e che conosceva molto bene.
Uno di questi era la Terra. Era il pianeta dove aveva portato Susan molti anni fa, e dove aveva vissuto, quando era stato esiliato da Gallifrey.
Ed era divenuta un po' la sua seconda casa, quando il suo mondo era andato distrutto. vi aveva sempre fatto ritorno volentieri, l'aveva salvata più e più volte, e aveva conosciuto le persone meravigliose che la abitavano. E si era affezionato ad alcuni di loro, uscendone però, quasi sempre, con il cuore spezzato.
Finchè aveva detto basta.
Aveva sopportato troppo dolore.
Troppa sofferenza.
Era trascorso esattamente un anno dall'ultima volta: una delle notti peggiori della sua intera esistenza.
Era stato un periodo lungo e difficile, in cui aveva viaggiato sempre da solo, senza fermarsi mai. Non aveva più voluto nessuno al suo fianco, non perchè non lo desiderasse ma perchè era stanco di perdere tutti coloro che amava.
E poi il destino l'aveva riportato su quel vecchio pianeta, un po' per caso e un po' per strane coincidenze, seguendo insolite fluttuazioni magnetiche che si erano rivelate appartenere a un WORMHOLE. Aveva sistemato le cose, come faceva sempre, e durante quell'esperienza aveva conosciuto una ragazza bella e intelligente. Si chiamava Christina e avrebbe voluto viaggiare con lui, ma aveva detto di no. Era stato difficile ma necessario; nemmeno lo sguardo deluso della ragazza gli aveva fatto cambiare idea.
La ferita era ancora troppo fresca.
Normalmente sarebbe ripartito subito, ma l'istinto e forse il bisogno di riposare l'avevano spinto a fermarsi un giorno in più.
Era una radiosa mattinata di primavera e lui ne aveva approfittato per camminare distrattamente per una qualsiasi via di Londra. La vita gli scorreva accanto frenetica ma non se ne rendeva conto, perso com'era nei suoi pensieri. Si accorse di aver urtato qualcuno solo quando una nuvola di fogli gli svolazzò attorno come tante farfalle e una voce fin troppo conosciuta lo rimproverò con un offeso "OI".
Alzò lo sguardo e la vide. Due intensi occhi verdi e una massa di capelli rosso fuoco che le aveva segretamente sempre un po' invidiato.
 
DONNA.
 
Il mondo attorno a lui svanì e si ritrovò come sospeso in una bolla al di fuori del tempo e dello spazio. Non esisteva più nulla al di fuori di lei.
Donna Noble. La donna più importante dell'intero universo. La sua migliore amica. Era lì di fronte a lui e lo guardava con quell'espressione offesa che gli era sempre piaciuta. Un po' come il suo marchio di fabbrica.
No. Non poteva essere. Non di nuovo. Un universo formato da miliardi di persone e incontrava lei per la terza volta. Non poteva trattarsi di una coincidenza.
Rimase immobile, quasi senza respirare, per un tempo che gli parve infinito. Non riusciva a smettere di guardarla, come se, distogliendo lo sguardo, potesse svanire.
"Oi, Skinny Boy, hai perso la lingua?" fu la sua voce a farlo riemergere dallo stato catatonico in cui era caduto e a riportarlo bruscamente alla realtà.
Doveva essere trascorso meno di un minuto.
Lei intanto si era chinata a raccogliere i fogli sparsi sul marciapiedi, borbottando parole incomprensibili.
Si accucciò al suo fianco per aiutarla, cercando disperatamente qualcosa da dire.
Ma la sua voce sembrava svanita, e la sua testa totalmente svuotata. L'unica cosa di cui era consapevole era la sua presenza, che colmava il vuoto che si era formato in quell'interminabile anno.
Quando le loro mani si sfiorarono involontariamente, per raccogliere lo stesso foglio, fu attraversato da una scossa improvvisa. Alzò la testa di scatto e incontrò lo sguardo della donna: ogni traccia di rabbia sul suo viso.
"Ci conosciamo?" domandò lei a un tratto, colta da un pensiero improvviso.
La mano del Dottore si ritrasse di scatto, come se quel contatto avesse iniziato a bruciare, e si rimise in piedi.
Donna si alzò con lui, senza interrompere il contatto visivo, i fogli raccolti stretti al petto.
"No, non credo..." rispose lui, ritrovando infine la voce.
Fece un passo indietro, incerto. La vita, attorno a loro, proseguiva nel suo frenetico movimento, la gente li superava senza far caso a quei due strani individui immobili sul marciapiede.
"Eppure..." mormorò lei, continuando a scrutarlo pensierosa. Era come un ricordo che non voleva saperne di riemergere dalla memoria. "Io non dimentico mai una faccia."
"Devo avere un viso comune..." replicò lui, cercando di apparire convincente. "Ma ora devo andare. Scusa per aver..."
"Ci sono!" esclamò lei di colpo, interrompendolo. Lo fissò con entusiasmo. "Smith. John Smith, non è vero?"
Il Dottore spalancò gli occhi, e il respiro gli si bloccò in gola.
Non stava succedendo veramente. Non ora.
Se avesse ricordato l'avrebbe persa.
Doveva andarsene via da lì. Subito.
"Un anno fa, a casa mia. Eri venuto a trovare i miei. Ci siamo visti solo per un attimo." proseguì Donna, imperterrita.
Doveva decidere in fretta. Poteva scegliere di fingere di non sapere o ricordare all'improvviso. In ogni caso doveva mettere fine a quell'incontro e andarsene.
Assunse un espressione pensierosa.
"Un anno fa..." disse quasi a se stesso, fingendo di frugare tra i ricordi. "Qual è il tuo nome?"
"Donna." rispose lei. "Donna Noble."
"Noble! Ma certo!" esclamò lui dopo un po', con un entusiasmo che era ben lontano dal possedere."Devi perdonarmi, ho una pessima memoria."
Il viso di lei si rilassò. Sorrise.
"Lo sapevo! Oh sono brava con le facce!" disse gongolante. "Non mi hanno mai detto cos'eri venuto a fare da noi. Non ti avevo mai visto prima." lo fissò con intensità. "Magari ora puoi rispondere alle mie domande davanti a un caffè, che ne dici?"
 
E fu così che il Dottore si ritrovò, mezzora più tardi, in un bar, a chiaccherare più o meno piacevolmente con lei. Com'era finito in quel guaio non lo sapeva nemmeno lui.
Alla fine, tra un tentennamento e l'altro, era riuscito a mettere in piedi una storia abbastanza credibile. Aveva raccontato di essere il figlio di un vecchio amico di famiglia. E lei sembrava averci creduto. Era tranquilla e rilassata. Si perse a guardarla.
Non era cambiata per niente. Anzi, era anche più bella di come la ricordava.
"E dimmi John, cosa fai nella vita?"
"Viaggio..." rispose lui d'istinto. Poi si rese conto di ciò che aveva appena detto. "Per lavoro. Viaggio per lavoro..." cercò di rimediare, mordendosi il labbro.
Lei lo guardava estasiata.
"Dev'essere meraviglioso. È strano ma a volte mi sveglio la mattina e mi sembra di non aver fatto altro. Mi capita di fare questi sogni che..." si interruppe, pensierosa.
Il Dottore si irrigidì sulla sedia. Era troppo per lui. Doveva andarsene, prima che fosse troppo tardi.
"Succede anche a me..." disse piano, quasi a se stesso. Allungò la mano a prendere il cappotto abbandonato su una sedia e si alzò in piedi.
Forzò un sorriso.
"Ti ringrazio per la chiaccherata, Donna, ma ora devo proprio andare. È stato un piacere vederti."
Fece un passo indietro ma lei lo bloccò, prendendolo per un braccio e il suo sguardo si fece serio, con una punta di angoscia nascosta in quegli occhi verdi.
"Non lasciarmi di nuovo, Dottore."
 
Due tazze di the e mille raccomandazioni non erano servite a calmarlo. Era raro vederlo così sopraffatto dalle emozioni e con le lacrime che gli offuscavano la vista.
"Sei sicura di stare bene?" le domandò per l'ennesima volta. Avrebbe voluto portarla al Tardis, per farle dei controlli e assicurarsi che fosse tutto a posto, ma lei aveva rifiutato con gentilezza e determinazione.
"Sto bene." disse convinta. "Davvero, Space Man, smettila di agitarti. Non ti fa bene, alla tua età."
Quelle parole riuscirono a strappargli un sorriso. Prese un profondo respiro, nel tentativo di rilassarsi.
"Ok. Ma com'è possibile? Voglio dire quando..."
"È iniziato tutto alcuni mesi dopo che te ne sei andato. Prima erano solo dei sogni strani che mi lasciavano confusa e preoccupata. Poi si sono fatti sempre più reali. Ho provato a parlarne al nonno ma son riuscita solo a spaventarlo. Così ho fatto ricerche per conto mio. E ti ho ritrovato nei miei ricordi. Sei diventato vero."
"Mi dispiace..."
"Sai che potrei ucciderti per questo?" Ora anche lei aveva lo sguardo offuscato dalle lacrime.
"Potevi morire! Ho dovuto farlo."
"Ma sono qui. E sono viva. Ti sbagliavi, come sempre."
Il Dottore abbassò lo sguardo, senza replicare.
"Ti rendi conto di quello che ho passato? Non potevo dirlo a nessuno. Non sapevo dove e come trovarti. Sono stata sul punto di impazzire!"
"Donna mi dispiace. Mi dispiace così tanto. Ma credevo fosse la soluzione migliore."
Lei gli sfiorò una mano con la propria.
"Lo so." mormorò dolcemente. "Ma non osare farlo di nuovo." e alzò un pugno nella sua direzione, per rendere più incisiva la sua minaccia.
Lui sollevò le mani in segno di resa.
"Ok, ok. Te lo prometto. Ma lasciami verificare che non ci sia nessun pericolo, ti prego."
Donna sbuffò: quell'uomo era impossibile.
"Sto bene. Quante volte te lo devo ripetere?"
"Sicura?"
"Sì."
"Nessun'effetto collaterale?"
"Nessuno."
"La tua mente è..."
"Non so neanche come si cambia una lampadina, soddisfatto?"
Finalmente si rilassò. Si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse gli occhi. Si passò una mano sul viso. Si sentiva esausto, ma felice, per la prima volta dopo tanto tempo.
"Sembri stanco."
Riaprì gli occhi.
"Sto bene." rispose, senza troppa convinzione.
"Hai trovato qualcuno?"
Lui scosse il capo.
"Non dovresti rimanere da solo."
"Lo so."
Rimasero a fissarsi per un lungo momento in silenzio, occhi negli occhi. Tutto ciò che era stato sembrava svanito nel nulla.
Erano insieme, e il resto non contava.
"Tu che fai, invece?" chiese lui, dopo un po'.
Donna sospirò.
"Lavoro. Precaria, come sempre. Ho dovuto ricominciare tutto da capo." Fece una breve pausa, incerta. "E ho un fidanzato."
Il Dottore ebbe un lieve tremore. Non se l'aspettava. E lo feriva un po', ma era giusto così.
Era quello che le augurava. Aveva tutto il diritto di andare avanti, ma non poteva fare a meno di essere triste.
"Sono contento per te." Disse invece, con un sorriso accennato. "Lo sposerai?" E per un attimo gli tornò alla mente il loro primo incontro.
Donna trasalì.
"Non lo so. È presto per dirlo." Scrollò le spalle. "Voglio andarci cauta, dopo l'ultima volta. Certo Shaun è diverso ma..." Lasciò la frase in sospeso, pensierosa.
Fino al giorno prima era convinta della sua vita: era soddisfatta di quello che aveva e non desiderava di più, nonostante quella sottile malinconia. Era sicura che non l'avrebbe più rivisto.
Ma ora tutto era diverso. Tutto era cambiato.
L'intero suo mondo si era stravolto, l'equilibrio faticosamente raggiunto spezzato.
L'istinto le suggeriva di mollare tutto e andare via con lui, ma la ragione la tratteneva ben salda sulla terra. Non sapeva cosa fare.
Ma lei, dalla vita, cosa voleva?
"Che succederà adesso?" mormorò, a bassa voce.
Lui sapeva cosa voleva dire.
"Non posso chiedertelo."
"Fallo."
"Donna."
"Chiedimelo."
"Non posso. Non dopo tutto quello che hai passato per colpa mia. Questo incontro è sbagliato. È tutto sbagliato. Non dovevo..." si interruppe, incapace di continuare.
"Non m'importa quello che è stato. Non ti faccio una colpa per ciò che è successo e non è quello che mi frena. È qualcos'altro."
"Shaun."
"Gli spezzerei il cuore. Lui mi ama. Sono certa che lo fa. E ho una vita sicura, con lui. Un futuro sereno e tranquillo."
"Tutte cose che io non potrei mai darti."
"Ma è davvero quello che voglio?"
Lui la guardò per un momento poi si alzò in piedi. Doveva decidere per entrambi. E doveva farlo subito.
"Devi stare con lui. È stato bello rivederti, Donna." Prese il cappotto e lo infilò con un gesto stanco e abitudinario. Cercò di nascondere il turbamento che provava.
"Abbi cura di te." La fissò per un altro istante, poi si voltò, incamminandosi lentamente verso l'uscita.
Donna rimase immobile a fissare la sua figura che si allontanava. Poi prese una decisione: non poteva lasciarlo andare.
Si alzò in piedi e lo rincorse. Lo raggiunse che era già sul marciapiede e lo bloccò, prendendolo per un braccio e costringendolo a voltarsi.
Il contraccolpo lo fece quasi cadere tra le sue braccia e i loro volti si sfiorarono.
Istintivamente lei gli prese il viso tra le mani e, anzichè allontanarlo, lo baciò.
Desiderava farlo da una vita.
Lui non si ritrasse, anzi, dopo un attimo di sorpresa le circondò la schiena con le braccia, ricambiando quel bacio.
Ricordava ancora il suo sapore.
Si staccarono ansanti e un po' imbarazzati.
Il Dottore si passò la lingua sulle labbra, incerto sul da farsi. Non era abituato a queste cose. Si aspettava una reazione da lei, magari uno schiaffo.
Ma Donna si limitava a guardarlo in silenzio, il respiro ancora affannato.
"E questo cos'era?" chiese infine.
Lei lo guardò torva.
"Era un bacio, scemo."
Lui accennò un sorriso timido.
"Lo so ma... voglio dire... perchè?"
"Posso spezzare il cuore a Shaun, ma non posso farlo con te." Sorrise. "E non posso lasciarti da solo. Qualcuno deve prendersi cura di te."
"Sei sicura?"
"Sì, Dottore, sono sicura."
 
   
 
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