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Autore: Susi Echelon Hu    28/03/2011    2 recensioni
"Si avvicina lentamente, fino ad arrivare a sfiorarle il viso con le dita; la vede chiudere gli occhi. Le sue dita si muovono verso i nastrini della maschera e prima che lei possa protestare, cade; ed è lei, è Jenny". Basato sul ballo in maschera della quarta serie.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jenny Humphrey, Nate Archibald
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Still a little bit of your ghost your witness
Still a little bit of your face I haven't kissed.
You step a little closer each day still I can't say
what's going on
.Stones taught me to fly,love
taught me to lie
,life taught me to die.So it's not
hard to fall, when you float like a cannonball.

-Damien Rice
 
Tutto quello a cui Nate riesce a pensare è che non è lo stesso.
Le luci soffuse, l’odore di stantio, i vestiti troppo costosi, le maschere, le persone- tutto gli fa venire in mente di una sera di tanti anni fa. Erano passati quanti, tre o quattro anni? Non se lo ricorda. Tutto quello che sa è che Blair stava cercando di riavvolgere il tempo, di ritornare ai primi tempi del liceo, quando erano giovani. Torna al party di tanto tempo fa, prima che perdessero loro stessi, prima che la situazione diventasse contorta e complicata.
 
Ritorna indietro. Ritorna indietro, in un tempo precedente alla sua partenza, in un tempo prima che Jenny se ne andasse. Il suo fantasma è qui, è presente nella stanza, trascinandosi in giro in un vestito giallo brillante. Ma c’è un odore di mare che si diffonde attorno a lui, rendendo meno reale il suo fantasma, solo una visione nella sua testa, e il luogo designato non gli è familiare. È come il party a tema 1920 o il ballo Fiocco di Neve: è tutta finzione. Stanno fingendo di ritornare al tempo in cui i loro errori non li avevano ancora rovinati, e non avevano ancora cambiato la personalità delle persone che avevano incontrato.
 
“Non è lo stesso”, pensa, guardando Dan e Serena ballare insieme; cerca di plasmare i loro corpi in quelli dei giovani che erano tre anni fa. Non è lo stesso; non con Chuck e Blair impegnati a fingere che non ci sia niente tra di loro. Cercano di mantenere un discorso leggero pieno di battute sarcastiche  evelenose, ma è tutto una farsa. Ma lui è ancora qui, a fissare fuori da una finestra, proprio come tanti anni fa.
 
Non è cambiato niente, ma non è lo stesso.
 
E adesso è quasi mezzanotte e si volta a guardare l’orologio e tutto quello a cui riesce a pensare è come quattro anni fa le sue braccia avessero afferrato la ragazza sbagliata, ma che in realtà era la ragazza giusta e di come non lo avesse capito per i seguenti quattro anni. E in questo momento, esattamente quattro anni fa, stava dicendo alla ragazza giusta di amare la ragazza sbagliata, di come l’avesse voltata e baciata, di come lei fosse scappata verso l’ingresso-
 
C’è una ragazza lì, e sul suo delicato viso porta una maschera d’argento che richiama la bordatura dello stesso colore che riveste il bustino del suo vestito nero. Non può fare a meno di pensare che c’è una sorta di deja-vù nel suo modo di nascondersi dietro a quel ventaglio argentato, e i suoi capelli sono di una tonalità dorata più scura che la rendono impossibile essere colei che lui vorrebbe fosse. Sta parlando con un ragazzo, accarezzandogli il braccio con le punte delle dita, con fare civettuoso. Sposta un po’ il ventaglio, e Nate riesce a intravedere un sorriso familiare mentre lei sussurra qualcosa all’orecchio dello sconosciuto. Sta fissando un punto dietro di lui, e non appena incrocia i suoi occhi di un azzurro terso, fa subito due più due.
 
Conosce quel sorriso. E questa realtà lo colpisce come una tonnellata di mattoni, e perché nessun altro se n’è ancora accorto? Perché nessuno si è ancora accorto che è lei? Non è che la maschera che porti serva a molto, comunque. Adesso lo sta fissando con gli occhi spalancati, prima di tornare a nascondersi dietro il ventaglio, cercando di non farsi riconoscere da nessuno. Nota che si sta guardando attorno, e prima di rendersene conto si ritrova a sgomitare in mezzo a tutta quella calca, incominciando a correre quando la vede dirigersi frettolosamente verso l’ingesso. Il cuore gli martella incessantemente nel petto quando finalmente si ritrova fuori, nelle scalinate del lussuoso hotel. Fuori è buio, ma ci sono alcuni lampioni, e riesce a individuare la sua sagoma che corre verso la spiaggia, i tacchi stretti in una mano.
 
Non può fare a meno di pensare che dopo tutti questi anni gli estenuanti allenamenti di soccer e lacrosse gli sono serviti a qualcosa, mentre la raggiunge.
 
“Jenny? Sono io, sono Nate”, le dice, afferrandole un braccio; non pronuncia il suo nome da così tanto tempo che non gli suona più familiare. Si strappa la maschera e la guarda, disperatamente. Le è mancata così tanto; è sempre stata l’unica che lo abbia sempre capito- ha paura che non sia davvero quella che spera sia. Ma dev’esserlo- quel sorriso, quegli occhi-
 
“Non so di cosa tu stia parlando”, dice la ragazza con freddezza, strattonando il braccio fuori dalla sua presa. “Lasciami in pace”, aggiunge, voltandosi. Facendo questo, si lascia dietro una scia di un profumo che gli è familiare: vaniglia e lavanda.
 
“Aspetta”. La sua voce gli esce così sicura che la ragazza smette di camminare. Fa un passo avanti, girandosi a guardarla; i loro occhi s’incontrano e sì, è sicuro che sia lei. Si avvicina lentamente, fino ad arrivare a sfiorarle il viso con le dita; la vede chiudere gli occhi. Le sue dita si muovono verso i nastrini della maschera e prima che lei possa protestare, cade; ed è lei, èJenny.
 
“Lo sapevo”, dice, e vuole prenderla e tenerla stretta a sé per sempre. “Cosa sta succedendo, Jenny? Quand’è che sei tornata?”
 
“Non sono tornata. Nessuno sa che sono qui, Nate… nessuno doveva saperlo. Ti prego, non dirlo a nessuno” gli risponde, lei, dolcemente e supplichevolmente, e gli da una tale sensazione di piacere sentire di nuovo la sua voce che ci mette un po’ prima di capire quello che gli ha detto. “Sono venuta solo per vedere come stavate, credo. Sono venuta per i ricordi, per vedere se il ballo in maschera sarebbe stato diverso… torno ad Hudson domani mattina”.
 
“Aspetta, cosa? Resta, Jenny. Ti prego. Mi devi una spiegazione, almeno, del perché te ne sei andata”. La sente spostarsi, fare un passo indietro, allora l’afferra per i gomiti, per non lasciarla andare via di nuovo. Perché è così disperata da volersene andare via di nuovo? Perché non vuole che nessuno sappia che sia lì? La sente irrigidirsi e sul suo volto è comparso un’espressione rabbiosa.
 
“Scusami, cosa? Ti devo? Per che cosa? Non ti devo nulla”, ribatte con rabbia, lottando per liberarsi della sua stretta, col solo risultato che Nate rafforza ancora di più la presa.
 
“Intendo, dopo tutte le volte che sono venuto a salvarti-”
 
“Molte delle quali non te l’ho chiesto io-”
 
“c’è anche il fatto che non mi hai mai chiamato prima e dopo la tua partenza!”. Si chiede perché l’infrangersi del mare contro la sabbia sia così rumorosa, ma poi capisce che è il sangue che gli pulsa nelle orecchie. Tutto il dolore, la rabbia, il senso di rifiuto che ha provato in quei mesi, è tutto tornato. “Ti ho mandato sms. Ti ho telefonato, ti ho mandato e-mail, ho chiesto a Dan di te. Ti ho anche mandato la mia lettera di due anni fa, quella che Vanessa ti ha rubato e che ho tenuto, e non hai mai risposto. E per quanto ne so, non ho fatto nulla per meritarmi di venir trattato in questo modo”.
 
Non risponde, emette solo un lieve sospiro carico di frustrazione. “Ti stavo salvando, Nate”.
 
“Che cazzo? Da cosa, Jenny? Da un’amicizia? Ho bisogno di te, Jenny. Ero sempre lì quando avevi bisogno di me-”
 
“Non lo eri!”
 
“Non ricordi le notti con Agnes? Il Cotillon?”. Non gli importa più se qualcuno sente che le sta urlando contro- perché lei si sta comportando così?
 
“Tu non c’eri, Nate! Non eri lì, io stavo cercando te- eri tutto quello che vedevo quando-”
 
“Quando cosa? Cazzo, dimmelo e basta!”
 
“Quando sono andata a letto con Chuck!”
 
Tutto quello che riesce a sentire è il suono delle onde, il sangue nelle orecchie, uno squillo; non riesce ad emettere alcun suono e vede tutto pieno di macchie rosse d’ira. È vagamente consapevole del fatto che lei lo sta scuotendo, di Jenny che si gira e incomincia ad andarsene.
 
“Dillo ancora”. La sua voce è rauca e dev’essere uno specie di masochista, perché gli ha fatto così fottutamente male la prima volta, e lui sta già chiudendo gli occhi in attesa di sentirle uscire fuori dalla bocca delle parole che fa solo rigirare il coltello nella piaga. Cerca di tenere a bada il respiro, e sa che i sentimenti che prova non sono quelli che un normale fratello maggiore dovrebbe provare. È lo stesso identico sentimento che provò quella notte nell’appartamento di Agnes, quando vide che il fotografo stava guardando Jenny come fosse oro puro: gelosia.
 
“Ho perso la verginità con Chuck. Ero andata nell’appartamento per cercare te. Blair mi aveva appena detto che nessuno poteva amarmi. Ti stavo cercando perché ti amavo, eri l’unico di cui mi fidavo. Ma tu non eri lì; c’era lui”. La sua voce è calma, piatta, morta. Sente lo stomaco annodarsi, non sa cosa fare…
 
“Non te ne andare, Jenny”. La sua voce è rotta e sa che la sta supplicando. “Resta, ti prego. Resta…”
 
Jenny si ferma e si gira e Nate pensa che forse adesso sarà come nei film, che correrà tra le sue braccia. Lei è tutto quello che si è lasciato dietro nel passato. Serena e Dan sono fatti l’uno per l’altra e lo stesso per Chuck e Blair. Ha bisogno di Jenny, ha bisogno di lei perché lei è l’altro pezzo del puzzle, quello che combacia con il suo. La brezza del mare le scompiglia i capelli, mentre inclina la testa da un lato e lo fissa, gli occhi socchiusi.
 
“Sai per quanto tempo ti sono corsa dietro, Nate? Quante cose ridicole ho fatto per te? Correrti dietro mi ha portato al peggiore errore della mia vita”. Fa una pausa. “mi sono persa in un mondo a cui non appartengo per niente. E per cosa? Un falso trono? Per te? Ho perso me stessa per niente”.
 
“Jenny, Jenny, Jenny…” il suo cuore fa male e riesce a malapena a parlare. Nasconde il volto tra le mani, cercando di ricomporsi. Perché nessuno gli hai mai detto niente? Perché Chuck e Dan non gli hanno mai detto quello che era successo? Jenny lo sta distruggendo, e forse anche lei l’ha capito, dal silenzio che segue; sente i suoi passi farsi sempre più vicini, sente le sue mani che dolcemente gli fanno rialzare il viso, guardandolo con occhi che una volta lui conosceva come le sue tasche. Tiene una delle sue grandi mani tra le sue delicate, e prima che se ne renda conto si è sporto verso di lei e la sta baciando in modo aggressivo e dopo un momento incerto la ragazza risponde al bacio. Affonda le sue mani tra i suoi morbidi capelli per tenerla lì, non vuole che lei si tiri indietro, ma sembra che l’idea non le sia passata neanche per la testa. Gli asciuga alcune lacrime di cui non sapeva neanche l’esistenza dall’occhio sinistro, per poi vedere che anche lei sta piangendo. Può sentire i rivoli bagnati sulle sue guance, e sa che le fa male quanto ha fatto male a lui, dire tutte quelle cose…
 
E la sta spingendo contro uno dei supporti in legno del molo, la sabbia gli entra nelle scarpe, ma non gli importa, perché è impegnato a baciarle il collo con fare più rude del solito, a morderle dolcemente il labbro inferiore, a pizzicare la pelle della sua clavicola nel basso ventre. Qualcosa gli dice che deve rivendicarla sua come una volta- lei è sempre stata sua- ed è tutto un casino, è un gran casino il loro modo di strapparsi i vestiti di dosso. È un casino come lei gli geme il suo nome all’orecchio, come le sue mani quasi gli strappi tutti i bottoni della camicia, come i ruvidi baci lascino posto ai graffi sulla schiena quando la solleva contro di sé, di come le sue unghie si conficchino e scavino nella nudità della sua schiena.
 
Passa un po’ di tempo dopo che hanno finito. Lei non lo coccola sulla sabbia. Lui fissa il cielo, mentre chiarisce pian piano quello che è appena successo; tutto quello su cui si concentra è il suo respiro costante.
 
Nota all’improvviso che Jenny si sta rivestendo e subito la imita, ma lei finisce prima e incomincia ad allontanarsi.
 
“Dove stai andando? Aspetta! Jenny!” la chiama, lasciando la camicia sbottonata e afferrando le scarpe in una mano. La ragazza si gira, lanciandogli uno sguardo torvo.
 
Non mi seguire”.
 
“Jenny, non puoi… non puoi pensare che le cose che hai detto siano ancora vere. Non è vero che non sono niente per te, sono qualcosa; abbiamo appena… ho bisogno che resti. Ho bisogno che tu stia insieme a me”.
 
“Tu non sei niente per me, Nate. Quello non era niente. Lasciami da sola. Lasciami in pace. L’Upper East Side non fa più parte della mia vita, e neanche tu. Tu sei il passato. Non ti voglio più nella mia vita”.
La sua voce è così maligna che non può fare a meno di arretrare di un passo, e rimane immobile mentre la guarda riprendere a camminare.
 
Ci prova ancora, gridando disperato, “Hai detto che mi amavi, prima. Mi amavi, Jenny”.
 
“Ti amavo”; non si preoccupa nemmeno di girarsi e la luce della luna cattura alcune sue ciocche di capelli biondi come la volesse tenere a sé. Getta qualcosa- un foglio?- nell’oceano, distrattamente, prima di continuare a parlare. “Ti amavo, prima che tu mi distruggessi”. E con questo scappa via dal ballo in maschera, come aveva fatto quattro anni fa.
 
Vede che è la sua lettera quella che ha buttato via e lo guarda mentre annega e si perde nel mare.
 
 


 
NdT: Come tutte le altre storie che pubblico, anche questa qui è la traduzione di un’altra ragazza di cui il nickname è “A Taste For Tragedy” =) Io ho subito amato questa storia, per questo ho deciso di tradurla e spero tanto che piaccia anche a voi^^
  
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