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Autore: Ireth    25/01/2006    3 recensioni
Storia a lungo meditata che già da un po' aspettava di essere pubblicata. Se amate la coppia Viggo-Orlando spero che vi piaccia, anche se è un po' triste ed è la prima slash che scrivo.
Parla di un ipotetico futuro che si snoda dopo la fine delle riprese di LOTR.
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Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Orlando Bloom, Viggo Mortensen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Primo: Scoprire

E sono qui, tormentato dalla mia solita insonnia… Una volta credevo fosse l’ansia; ora, semplicemente, so che è mia.
Uso il tempo in cui non dormo per pensare, per scrivere, per guardarlo… Dio! E’ tanto bello da togliere il fiato. L’ho osservato dormire talmente tante volte che conosco a memoria ogni suo tratto, ogni espressione, ogni linea di quel viso e di quel corpo. Lo sento, qui, ora, poggiato contro il mio corpo, come a cercare protezione… E’ curioso come, quando dorme, cerca i miei piedi con i suoi, da sveglio non posso azzardarmi a toccarglieli per quanto soffre il solletico, ma ogni volta che il sonno mi abbandona, immancabilmente, li trovo avvinghiati ai miei.
“Orlando… Cucciolo, amore mio… sei così dolce quando dormi. Vaghi in un mondo meraviglioso, un mondo tutto tuo in cui non avrei mai nemmeno osato di poter avere accesso…
Eppure me l’hai permesso, mi hai donato la chiave di quel paradiso, insieme al tuo cuore e al tuo corpo, persino della tua anima mi hai fatto dono…”
Mi sembra di impazzire al pensiero che le nostre strade avrebbero potuto non incontrarsi mai.
Da più di tre anni condividiamo il nostro tempo, eppure mi sembra ieri.
Ricordo bene quel periodo, così difficile per me, uomo maturo. Ricordo bene quella sera, nella casa in cui vivevo durante le riprese del film, a solo mezzo isolato dalla tua, ma sempre troppo lontano da te. Se non fosse stato per Ian, forse non ti avrei mai chiesto di venire da me, per parlare, per cercare di penetrare la tua corazza, a volte così spinosa.

“Non l’hai capito, vero Viggo?”
“Capire cosa, scusa?”
Mi aveva guardato con quei suoi piccoli occhi azzurri e maliziosi, contornati da piccole rughe simili ai fili della tela di un ragno. Ian è sempre riuscito a leggermi dentro come mai nessun altro ha fatto, nemmeno con Orlando mi sento intimamente così nudo, come quando gli occhi di Ian scrutano nei miei.
“Che si sta innamorando di te?”
“Chi?” Ora non ricordo se davvero non capivo o se fingessi di non capire.
“Come puoi domandarlo? Non posso credere che tu non l’abbia capito… Orlando!”
“Orlando???”
“Già” quasi non ci credevo… gioia immensa e gelo al tempo stesso. Ricordo che mi parve di avere qualcosa di grosso (e soprattutto di vivo) che stesse mordicchiando il mio stomaco.
Lui, che da mesi popolava i miei sogni ed era protagonista assoluto dei miei reconditi desideri, ma di cui, al contempo avevo paura, tanto da allontanarlo, a volte… Non per cattiveria, ma per incapacità nel gestire i miei sentimenti; finivo sempre per ferirlo, maledizione!
E’ troppo sensibile per non accorgersi di una seppur minima sfumatura del mio umore, è quasi ridicolo tentare di nascondergli le mie tempeste interiori.
Ero il suo migliore amico, il suo maestro, il suo mentore, ma non mi bastava, forse non mi era mai bastato. Non sarebbe stato sufficiente, per me, nemmeno essere il suo amante, e questo mi sconvolgeva. Lo volevo accanto a me nella vita, pur conoscendolo da così poco…
Questo lui non lo avrebbe accettato, mai… del sesso poteva anche starci, e in fin dei conti mi ero accorto che anche lui era attratto da me, ma non potevo pensare che Orlando, neanche trentenne, fosse disposto a condividere la vita con me, già lanciato oltre i quaranta.
Ma ora, le parole di Ian… cambiavano ogni cosa…
Se davvero Orlando poteva amarmi, forse non tutto era perduto, più d’ogni alta cosa desideravo smettere di scappare da lui, attività per me snervante e assai dolorosa. Ma mi sarei sentito in colpa in ogni caso, perché nulla mi avrebbe convinto che non lo stavo strappando alla sua giovinezza, alla sua vita piena, alla sua carriera.
“Se lo ami diglielo, Viggo… In caso contrario diglielo comunque, perché è giusto che si metta il cuore in pace. Non pensare al resto del mondo, pensa a voi.”

Non so neanche con che coraggio, qualche giorno dopo, chiesi ad Orlando se poteva venire da me, dato che volevo parlargli, tantomeno ricordo in che modo mi fu possibile introdurre un discorso così spinoso. Ero sudato, balbettavo e sentivo la mia gola farsi sempre più secca, non era da me!
Lui si era innervosito, e non poco, forse non capendo dove volevo andare a parare!

“Smetti di nasconderti dietro questa cazzo di storia dell’età, Viggo! Tu, tu, tu e ancora tu! Tu hai più di quarant’anni, tu hai paura di frenarmi e limitarmi, tu hai paura di non saper gestire una cosa del genere, tu ritieni che io sia troppo giovane per poter tollerare i tuoi modi di fare, tu hai paura di non essere capito! A me ci hai pensato?! Oppure ti sei dimenticato che in amore bisogna essere in due? Dici che credi di amarmi… Beh… Vaffanculo! Io sono sicuro di amarti e mi sono stufato di stare ad aspettare che tu ti senta pronto. Non capisci che ogni volta che mi sfiori riaccendi in me questa cosa? Se non hai nemmeno il coraggio di dirmi cosa senti veramente, allora lasciami in pace!
Aveva accennato ad andarsene, dirigendosi verso la porta, costringendomi a trattenerlo per un braccio. Era orribile! Non riuscire ad esporgli i miei pensieri, dirgli ciò che provavo. Per la prima volta nella mia vita non ero in grado di esprimermi in consonanza col mio pensiero e ciò era disgustosamente frustrante! “Non andare, ti prego! Ho bisogno di te, anche se ho paura, ho talmente tanta paura che mi sembra di impazzire… Se esci da quella porta sarà la cosa peggiore che potrebbe succedermi, che potrebbe succedere ad entrambi!”
Avevo visto le lacrime nei suoi occhi scuri, quando si era voltato, mi ero sentito un tale idiota…
“Come cazzo fai a credere di non essere abbastanza per me, Viggo? Me lo vuoi spiegare? Ogni cosa che solo sfiori con lo sguardo s’impreziosisce e hai paura di non valere quel che basta per stare con un ragazzino da niente come me! Ma guardati… Dipingi, scrivi poesie, sei un attore affermato, pubblichi libri di fotografie e hai persino inciso dei dischi; io cos’ho fatto invece? Niente! Ho passato la vita rompendomi tutte le ossa possibili e immaginabili e infortunandomi ad ogni minima occasione. Ho cercato di diventare qualcuno, senza grande successo e se non fosse stato per questo colpo di fortuna, essere scelto per un film del genere, sarei ancora a sguazzare nella polvere della mia mediocrità. Sei tu quello speciale, io sono solo tristemente normale. Trovati un'altra scusa, quindi… Perché questa è ridicola!
“Forse perché non riesci a vedere quanto vali…” Gli avevo sussurrato prendendogli il viso tra le mani; non so come, ma eravamo finiti in ginocchio sul tappeto del salotto, uno di fronte all’altro, fissandoci negli occhi.
“Hai una voglia di vivere che io non ho mai posseduto. Tanta è la mia pacatezza, quanto il tuo essere vivo, autentico. Sei la persona più trasparente che io abbia mai incontrato, nemmeno credevo che qualcuno come te potesse esistere. Temo di intaccarti se solo tocco, di offuscarti con le mie nubi e i miei pensieri cupi. L’acqua non può più tornare pura e trasparente dopo che è stata sporcata, lo sai Orlando…”
“Già…” lui sorrideva, mentre le lacrime gli rigavano il viso. “Ma può assumere stupende gradazioni di colore, quando la sua superficie torna quieta. Non voglio restare incontaminato per sempre Viggo, non con te…”

E in quel momento avevo capito: io non potevo più stargli lontano, neppure se avessi voluto. Ero preso, incatenato, prigioniero di quegli occhi e della sua personalità fluttuante.
Che il mondo intero andasse al diavolo! Io non potevo più stare da solo, non potevo più lasciare che i giorni mi scorressero addosso mentre io restavo inerme, a subirli, come perso in un universo tutto mio. Il mio mondo, la mia vita erano li, ora, inginocchiati di fronte a me… e stavano piangendo.
Mi chinai piano e sfiorai quelle labbra con le mie, per la prima di una serie interminabile di volte… e la mia vita cambiò per sempre.

Mi riscuoto dai miei pensieri… Si sta svegliando, stiracchiandosi ed emettendo mormorii soddisfatti. Ormai è mattino inoltrato, come sempre ho perso la cognizione del tempo esplorando i miei ricordi.
“Buongiorno mio amore…”
“Mmmhh…” si rotola nel letto, tirandosi la coperta sugli occhi.
“Oralndo…” lo canzono allegramente. “Se non apri subito gli occhi dovrò svegliarti a modo mio!”
Altro grugnito da sotto le coperte. Ok, l’ha voluto lui!
M’infilo anch’io sotto la trapunta e scivolo in basso, lungo il suo corpo, come al solito ha dormito senza nulla addosso, iniziando a lambirlo piano, con la lingua, quando raggiungo quel punto lo sento irrigidirsi, si è svegliato…
Inizio a muovere lentamente le labbra intorno alla sua eccitazione, lo sento sospirare e la sua mano si sposta piano sulla mia testa, artigliandomi piano i capelli, quando mi sembra vicino al limite, di colpo mi blocco e riemergo dalle coperte, accanto a lui.
Riprende fiato e finalmente spalanca i suoi meravigliosi occhi nocciola, incastonati nel suo viso perfetto, incorniciato dai suoi riccioli scuri e perennemente spettinati.
“Vuoi farmi morire svegliandomi così?” Mi si avvinghia addosso. “Perché ti sei fermato?” bisbiglia poi malizioso.
Lo adoro quando fa così, quando si finge innocente, guardandomi inbronciato… Non è bravo a fingere, ogni suo respiro trasuda suadenza.
“Forse perché dovresti collaborare anche tu…” sibilo poi mettendomi a cavalcioni sopra di lui, che mi cinge i fianchi con le mani, sorridendo… Credo che in testa gli frullino i miei stessi pensieri, mi sento così vivo in questo momento. Mi chino per baciarlo, mentre le sue dita sottili disegnano percorsi misteriosi sulla mia schiena e il suo bacino si alza verso il mio… Sto tremando per l’eccitazione, come se fosse la prima volta che i nostri corpi si sfiorano. Non abbiamo ruoli fissi o precisi sotto le coperte, non è mai stato così tra noi, ogni volta è una scelta, una lotta per chi dominerà, ma oggi credo sia il mio turno… forse perché lui continua a mostrare quella sua innocenza, che in queste situazione è talmente invitante da rasentare una sottile perversione. Mostrarsi inesperto per farsi conquistare, è così bravo a recitare questa parte…
Mi insinuo nell’incavo del suo collo, risalgo mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.
“Oh Orlando… vorrei ricoprirti di cioccolata e mangiarla dal tuo corpo, sarebbe la colazione migliore…” continuo a divorare la sua pelle.
“Mmmh… l’idea è interessante, mio focoso ramingo…” Mi chiama ancora così, a volte, proprio come quando lavoravamo al film.
Si alza di scatto e quasi rotolo giù dal nostro grande letto.
“Viggo!” Il tono è quasi di rimprovero.
“Che ho fatto?”
“Non stamattina, devi fare quegli esami!”
“Cristo!” Mi alzo di scatto, il mio piede si impiglia nel lenzuolo e finisco gambe all’aria sul pavimento. Mi sollevo indolenzito e lui è li, che si sporge dall’orlo del letto e mi guarda divertito.
“Tutto bene! Non vorrei che ti rompessi, bambola mia…” Mi ritrascino sul letto e lo ghermisco.
“Non stamattina Orly… Posso farli un altro giorno, ora ho voglia di fare ben altre cose!”
Ma mi sfugge.
“No! Hai già preso l’appuntamento, ti ci trascino a forza piuttosto, ma oggi ci vai… Hai già rimandato due volte!” Si alza e inizia a vestirti frettolosamente.
“Muoviti è tardissimo! Il dottor Liwenstone non può aspettarci tutto il giorno! E’ già tanto che ti abbia concesso un appuntamento privato per un semplice prelievo.”
“Perché se mi presentassi in ospedale credi che filerebbe tutto liscio? Verrei travolto da fans urlanti, che naturalmente cercherebbero te e, non trovandoti, si rifarebbero sulla mia vecchia pellaccia!”
“No, ma potevi andare in clinica da lui… solo ci avremmo perso la mattina e io gli ho chiesto se poteva farti questo favore…”
“Sai che affare…”
Così dicendo inizio a vestirmi… Non amo dottori e medicine, non ricordo più nemmeno quando ho fatto gli ultimi esami del sangue, deve essere stato nella mia vita passata… Ma non mi sento al massimo della forma da qualche settimana, più precisamente da quando Ian è stato qui a cena, portando degli strani frutti tropicali, piccoli e rosati, che non avevo mai visto. Non erano male, un po’ amarognoli, forse ne ho mangiati troppi, non lo so… Sono stati poco bene anche lui e Orlando e poi… Poi quel disgraziato ha scoperto che stavamo per rimettere tutti e tre l’anima a Dio per il semplice fatto che li abbiamo mangiati acerbi, il venditore non gli ha detto che andavano fatti maturare! Ma io non mi sono ancora ripreso e Orlando si è fatto venire le paranoie, crede che le tossine si siano annidiate nel mio corpo e che per tale motivo continuo a soffrire di stomaco. Mi ha convinto lui a fare gli esami e anche il dottore dice che è meglio nei casi di intossicazione alimentare che non si risolve da se.
“Viggo?” mi sta guardando con sospetto.
“Cosa?”
“Dimmi che non hai mangiato nulla mentre stavo dormendo, per favore…”
”Non preoccuparti, ho digiunato…”

E ora sono qui a farmi bucherellare con questa siringa dalle dimensioni terrificanti…
“Perché dovete prendermene così tanto?” chiedo sospettoso al dottore, non mi piace vedere il mio sangue che si riversa in quel cilindro di plastica.
“Non essere avido, Vig!” sghignazza Orlando “Ne hai quanto ne vuoi!”
Il dottore sorride tra se, ci conosce e sa di noi, è un vecchio amico della madre di Orly, ma mi inquieta leggermente, con la sua aria da scienziato pazzo… Ma in fondo c’è molto peggio in giro.
“Gli esiti saranno pronti tra qualche giorno, ti chiamo io, Viggo… Vuoi approfittarne, Orlando??” Si volta verso di lui sogghignando maleficamente, mentre brandisce una confezione di plastica contenente una grossa siringa.
Orlando fa un balzo indietro scoppiando a ridere.
“No grazie, Mark! Fatti meno di tre mesi fa… penso che una volta ogni sei mesi sia più che sufficiente! Questa volta ti è andata male…” gli sorride un po’ strafottente e in un attimo siamo fuori dallo studio.
“Che vampiro!” mormoro tra me e me.

Ho un bozzo violaceo nell’interno del gomito, dove quel pazzo scatenato del dottor Liwenstone ha compiuto il suo furto di sangue… Lo guardo mentre sono in veranda con Peggy, la nostra cagnetta… Orlando è fuori città per lavoro, tornerà stasera tardi, io ne approfitta per dipingere.
E’ un pomeriggio da poco incominciato, il sole è leggermente velato, mentre soffia una brezza leggera. La casa è così silenziosa quando lui non c’è, mi ricorda Venice Bay, quando ancora ci vivevo da solo.
Ora invece siamo qui, in questo quartiere a LA… Non è male, ma ci stiamo solo quando il lavoro ci tiene legati qui, perché appena abbiamo un po’ di tempo libero ci rifugiamo nella casa che abbiamo comprato a Wellington, in Nuova Zelanda. Li è il nostro vero rifugio, la nostra alcova, li i nostri ricordi più belli, la nostra pace, le nostre passioni più forti, molti dei nostri amici, che abbiamo conosciuto nel lungo periodo che vi abbiamo trascorso, durante la creazione del film.
Se tutto va bene ci rifugeremo li tra qualche giorno, dovremmo avere un po’ di tempo libero… Mi sono irrimediabilmente innamorato della Nuova Zelanda, che io e Orly chiamiamo amichevolmente la “Nostra Terra di Mezzo”. Adoro vivere la, osservare per ore quel mare, che si vede dalla finestra del nostro salone, vorrei rimanerci sempre…
Suona di nuovo, quel maledetto telefono… E’ una sorta di cinguettio isterico, non so come Orlando abbia potuto sceglierne uno dotato di una suoneria così orrenda.
“Si?”
“Orlando?” come si può essere tanto idioti? Abbiamo una voce totalmente differente.
“No, sono Viggo. Chi parla?”
“Proprio te cercavo. Dottor Liwenstone. Puoi venire qui? Ho i risultati dei tuoi esami.”
Però… che efficienza! Sono passati solo due giorni!
“Ok… Va bene se passo domani?”
“Sarebbe meglio se tu venissi ora… Non mi va di parlartene al telefono, ma se tu potessi…”
Qualcosa nella sua voce mi ha convinto, non so perché… Ma ho preferito dargli retta. Orlando non c’è, almeno non dovrò coinvolgerlo in questa perdita di tempo. Non che io abbia paura di andare dal dottore da solo, ma lui insiste sempre per accompagnarmi… Una cosa è certa: non mangerò mai più assolutamente nulla che mi venga offerto da Ian, anche se oggi sto particolarmente bene… ma quei piccoli e infidi frutti mi stanno creando un sacco di scocciature.

“Ciao Viggo, siediti…”
Lo guardo interrogativamente, perché mi ha fatto venire qui?
“Vengo subito al dunque,” continua lui, “devi fare altre analisi.”
“Cosa???”
“Nei tuoi valori c’è qualcosa che non va, ce ne sono alcuni che non vanno molto bene, altri sono completamente sballati.”
Non c’è che dire, tranquillizzante questo dottore! Che cazzo vuol dire che i miei valori non vanno?
“Che cos’ho?” E’ dal suono della mia voce che lo capisco, ho paura… e di che cosa poi? Idiota che sono!
“Non lo so, Viggo… Non è questa la domanda da fare!La domanda giusta è –come mai i miei esami sono così scombussolati?- Potrebbe essere causato dall’intossicazione alimentare, il fatto che Orlando stia bene non significa nulla, organismi diversi possono reagire in modo molto diverso; potrebbe essere un’anemia, dello stress, malattie metaboliche, tumore fulminane, leucemia…”
“Ok… ho afferrato il concetto!” lo interrompo al limite di un collasso, vuole farmi morire di terrore questo pazzo squilibrato? Però vedo che sorride, forse era solo un modo di sdrammatizzare.
“Cosa devo fare?” la mia voce è un pigolio indifeso.
“Ti scrivo tutto qui!” ha già cominciato a scarabocchiare su un foglio. “Ti presenti in clinica domani mattina e ti facciamo tutto quello di cui hai bisogno… Tu evita solo di fare colazione e non preoccuparti.”
“Ok” prendo i fogli che mi porge, un po’ intontito e confuso, e mi avvio verso la porta.
“Viggo…” la sua voce mi spinge a voltarmi di nuovo e guardarlo negli occhi. Il suo sguardo è limpido e tranquillizzante, forse non è poi completamente pazzo.
“Sta tranquillo…” aggiunge lui “sono solo analisi e probabilmente non è nulla di grave.”
Sorrido leggermente confortato e mi avvio verso casa, probabilmente lui ha ragione, non c’è alcun motivo di sentirmi nel modo in cui mi sento… ma io sono così…

Ho pensato di non dirlo a Orlando, questa sera… ma poi mi son reso conto che sarebbe estremamente ridicolo, non c’è motivo di comportarmi in questo modo, e ad ogni modo io non gli ho mai nascosto nulla… E’ tornato in serata, io lo aspettavo sul divano, avvolto in una coperta e con un libro tra le mani; basta che lui faccia il suo ingresso ed è come se una ventata d’aria fresca e pura entrasse con lui.
“Ciao amore, finalmente sono a casa.”
Si slancia sul divano con la sua solita irruenza e mi stampa sulle labbra un bacio schioccante.
“Come va lo stomaco?”
“Oggi non male…”
“Bene…”
Mi abbraccia e si accoccola ancor di più accanto a me.
“Ti vedo provato dalla giornata…” lo apostrofo sorridendo.
“Puoi ben dirlo…” sfrega il viso nell’incavo del mio collo, procurandomi una sorta di solletico, lo fa sempre, come un cucciolo che cerca affetto e protezione.
Cerco di dirglielo come si trattasse di una cosa di poco conto, perché di questo si tratta.
“Sono andato dal medico, per i miei esami… ci sono dei valori che non vanno troppo bene, per cui mi ha prescritto qualche altra analisi.”
“Mmmh?” si solleva e mi guarda negli occhi, leggermente imbronciato.
“Niente di grave, vero?” mormora poi.
“Non credo, il dottore mi ha detto di stare tranquillo, sono solo accertamenti. Vado domani in clinica e mi fanno tutto.”
“Ti accompagno.” Non è una domanda, ha già deciso.
“Lascia stare, Orly… Hai quell’ incontro con la stampa, per le interviste sul nuovo film…”
“Ma non è così importante…”
“Vero… Ma neanche le mie analisi lo sono. Davvero amore, non è necessario… Sopravviverò anche se ci vado da solo.”
“Ok…” mormora muovendosi sinuosamente verso di me, mi guarda con occhi languidi, sa che non gli posso resistere quando mi guarda così. “Io ora sarei molto stanco… e ho bisogno di un energico massaggio, cosa ne dici se ci spostiamo di là?”
Ammicca verso la nostra camera da letto e io non posso che approvare questa magnifica idea…
Lo seguo come ipnotizzato, mentre lui mi trascina per una manica.

Osservo le ombre notturne, che dall’esterno si proiettano nella nostra stanza, attraverso la finestra… Non ho chiuso le imposte, ma non è così importante; mi piace osservare i giochi di luce ed ombre che la notte riesce a dipingere sulle pareti.
I brividi del piacere non se ne sono andati dl tutto, mi sento un po’ spossato, ma rilassato e in uno stato di pace totale… Lui s’è già addormentato, con la testa sul mio petto e i suoi riccioli mi solleticano una guancia, il suo profumo è quasi inebriante, non posso fare a meno di cullarmi nelle sensazioni che tutto ciò mi fa provare.
Orando… Orlando…Come hai potuto stregarmi fino a tal punto?
Allungo la mano verso il comodino, è rimasta una grossa fragola rossa sul vassoio, su cui si erge un piccolo e perfetto ricciolo di panna; poi mi blocco, forse è meglio lasciar stare, ne ho già mangiate parecchie, prima, insieme a Orlando, e dati i capricci che ultimamente sta facendo il mio stomaco è meglio non provocarlo oltre, oggi si è comportato bene, dopotutto…
Mi stringo forte a lui, ascolto il suo respiro lento e regolare, lascio che mi culli…
Ascolto per un poco ancora i rumorii del vento, dell’imposta che ogni tanto sbatacchia e scricchiola, delle fronde degli alberi che si agitano, poi è come se mille braccia mi sollevassero, è il sonno che arriva… Non oppongo resistenza e scivolo in un piacevole limbo.

Mi sento a pezzi. Io ODIO gli ospedali con tutto me stesso, anche le cliniche private, tanto sono la stessa identica cosa.
Mi sento come se avessi avuto un incontro con Dracula e con il campione mondiale di lotta libera, insieme, ovviamente…
Non ho esattamente capito che motivo c’era di succhiarmi tutto quel sangue, ma questo è il meno…
Mi hanno fatto passare sotto una serie interminabile di macchine, cardiogramma, elettroencefalogramma, tac, radiografie…Sono stato maneggiato e palpato da una quantità impressionante di dottori, che mi hanno auscultato pigiando ogni singola parte del mio addome e del mio stomaco chiedendo se faceva male… Certo che faceva male! Mi sembrava di avere un rinoceronte che mi passeggiasse sopra! Certo, non hanno trascurato nulla, Liwenstone aveva ragione per quanto riguarda l’efficienza! D’altra parte è lui il direttore sanitario… Tutti gli altri dottori gli assomigliano in modo inquietante, tutti pazzi con barbetta e capelli stranamente tendenti al rossiccio… probabilmente li clona lui in persona di notte, nei sotterranei…
Sospettavano un’appendicite e quando gli ho detto che me l’hanno levata a dodici anni non mi sono sembrati convinti, quasi morissero dalla voglia di farmi a pezzi con un bisturi.
Alla fine di tutto lui si presenta sorridendo come una Pasqua, dicendo che mi chiama tra qualche giorno quando ci sono i risultati… Gli ho lasciato il numero del cellulare, non posso tapparmi in casa in attesa che Lui chiami!

Ero talmente a pezzi che a appena tornato a casa mi sono addormentato sul divano, dopo aver avuto la pessima idea di accendere il televisore!
Mi sono svegliato quando Orlando si è buttato sopra di me, nel tardo pomeriggio… A vederlo non si direbbe, ma quando vuole sa essere un essere estremamente sgraziato, ma non per questo meno amabile…
“Come sei pallido… Ti hanno strapazzato, vero?” mi parla con una tale dolcezza da sembrare musica. Annuisco mogio…
“Mi sento vergognosamente vecchio a dirlo, ma è come se mi avessero messo sotto con un camion…”
“E’ perché frequenti troppo poco gli ospedali!” mi provoca ridendo. “Se ti spaccassi qualche osso ogni tanto, come faccio io, ad esempio, il tuo fisico sarebbe più temprato per gli incontri con i piccoli seguaci di Liwenstone!”
“Non so dove sia andato a pescarli, sembrano tutti uguali!”
“Allora l’hai notato anche tu!” la sua risata è argentina “Tutti uguali e a sua immagine e somiglianza… secondo me diventano così dopo un po’ che lavorano alle sue dipendenza.”
Una piccola pausa, in cui estrae dalla sua borsa a tracolla azzurra una cartelletta di plastica, contenente alcuni fogli.
“Stasera il piccolo Orlandino deve studiare…” borbotta poi accennando a qualcosa che riguarda il film a cui sta lavorando. “Resti a farmi compagnia?”
“Naturalmente…” In realtà non lo faccio solo per fargli un favore, amo osservarlo in silenzio, o anche solo ascoltarlo, quando studia le parti per i suoi film.
Dopo cena mi stendo sul divano, contro di lui, circondato dalle sue gambe e appoggio la testa sul suo ventre; mi passa le mani tra i capelli.
“Ti sono cresciuti, mi piacciono di più quando li porti lunghetti… Non li tagliare per un po’.”
“Ma tu non dovevi studiare?” lo rimprovero con finta severità.
“Ma quanto rompi!” ribatte tirandomi un orecchio. Ad occhi chiusi lo ascolto ripetere parole e frasi del suo copione… Non saprei dire di che parla, in realtà… Cioè, la storia la conosco perché me ne ha già parlato, ma ora, mentre lo ascolto, il senso scivola via, perché è il suono della sua voce che entra in me e si espande nella mia testa, è solo una melodia, che non ha parole.
Siamo così io e Orlando, ci basta stare insieme, il tempo, il luogo e l’attività ci sono indifferenti…

Lo stato di grazia del mio stomaco sembra ormai essersi trasformato nella norma vigente e ciò non può che farmi piacere.
“Visto che alla fine sei guarito!” mi prende in giro come al solito. “C’è solo voluto un po’ più di tempo, ma se ci pensi è normale, tu sei più vecchio!”
“Ian è molto più vecchio di me!” sbotto io fingendomi estremamente infastidito.
“Ma la sua vita intensa lo ha reso assai resistente!” così dicendo mi butta le braccia intorno al collo e mi bacia sulla bocca, sfiorandomi con la lingua, ma senza darmi il tempo di afferrarla tra le mie labbra. Si allontana da me rapidamente, saltellando, e corre al set, naturalmente in ritardo… E’ una fortuna che stia girando questo film a LA, così possiamo stare insieme, a casa nostra… Per l’ultimo suo film è stato costretto ad andare nemmeno ricordo più dove, ma era molto lontano. Avrei dovuto partire con lui, ma stavo lavorando alla pubblicazione del mio ultimo libro fotografico, così avevo rinunciato a seguirlo ed ero riuscito ad andarlo a trovare una volta soltanto… Mi era mancato immensamente.
Sappiamo bene che la nostra vita è così, lo sapevamo anche quando abbiamo deciso di fare sul serio, cioè da subito… Ma nonostante ciò ancora fatichiamo ad abituarci a questa situazione.
Ora siamo entrambi qui, entrambi molto impegnati, ma almeno insieme… Ogni sera torniamo a casa e dormiamo nel nostro letto, siamo in una di quelle fasi in cui possiamo dire di essere una coppia normale, ma non possiamo sperare che sia sempre così…
Fra due ore ho un appuntamento col mio editore, si tratta sicuramente di qualche assurdo e fastidioso problema per la pubblicazione del nuovo libro “Fiabe magiche e musicate”, di solito non scrivo libri per bambini, ma c’è sempre una prima volta e credo che per essere un esperimento i risultati siano più che buoni.
Mi sono appena seduto sul letto, appoggiato alla testata, sbucciando un’arancia e la mia quiete viene turbata.
Molesto squillo del cellulare, che proviene da un punto non ben precisato della stanza.
Mentre lo cerco penso che a quest’ora possono essere solo due persone. Prima ipotesi, seccante, il mio editore vuole posticipare/ritardare/spostare il nostro incontro di stamane; seconda ipotesi, molto meno seccante, Orlando ha dimenticato qualcosa a casa e mi chiede se posso portargliela, chiamandomi sul cellulare perché sa che, a volte, non rispondo al telefono di casa.
Mi sbaglio, è Liwenstone.
“Viggo… Ciao, come stai?”
“Abbastanza bene, sono pronti i miei esami?”
“Esatto, sarebbe meglio se venissi subito al mio studio…
“Ok…” ha un tono che non mi piace, sto per chiedergli se è tutto ok, ma mi ha già sbattuto il telefono in faccia.

Mi avvio a piedi verso lo studio di Liwenstone, sono stanco di questa storia… Il mio stomaco va meglio, i dolori se ne sono quasi del tutto andati, per cui mi sembra strano che ci sia qualcosa che non va. Spero solo che non servano altre analisi, perché odio sentirmi una cavia da laboratorio.
Appena entro nello studio noto due cose, una pila di carte e volumi sulla sua scrivania e la sua faccia, che non mi piace per niente.
“Non ha una bella espressione…” esordisco seriamente mentre mi siedo, stupendomi della mia stessa voce, che assomiglia più ad un mormorio spaurito.
“Ci sono due notizie, una è cattiva, l’altra non direi buona, ma consolante…”
Lo fisso senza rispondere ma quella situazione mi piace sempre meno, è chiaro che qualcosa non va, ora si tratta di capire quanto è grave.
“Abbiamo capito perché i tuoi valori sanguigni erano così fuori dai parametri…” estrae dei fogli rigidi e semitrasparenti da una cartelletta. “Queste sono le tue ecografie,” aggiunge mettendomele davanti “la vedi questa macchia biancastra qui in basso, sullo stomaco?”
Annuisco.
“E’ un carcinoma, di dimensioni non eccessive.”
E’ come se una folata gelida mi stesse attraversando, paralizzandomi… lo so bene cosa sono i carcinomi, e ora ho un motivo ben valido per morire di paura.
“Chiamiamolo cancro, dottore… è inutile che ci giriamo troppo attorno. Se ha un nome usiamolo.”
“Viggo…” si vede che è dispiaciuto e in certo senso è una bella cosa, ma ho una visione fulminante: l’espressione di Orlando quando pronuncerò questa parola di fronte a lui.
“Di cancro si muore…” mormoro rivolto più a me stesso che a lui.
“Già, si può morire, ma alcune persone guariscono e noi l’abbiamo trovato in tempo Viggo, possiamo provarci… ci sono diverse terapie. Non ci si arrende così, all’inizio, senza nemmeno tentare.”
“Che possibilità ci sono?”
“Più del quindici per cento dei pazienti ha una sopravvivenza di cinque anni senza ricadute, raggiunto tale traguardo ci si può considerare guariti…”
“E’ pochissimo…”
“Ma è qualcosa in più di niente…E poi è ancora all’inizio, probabilmente non ha raggiunto ancora i linfonodi e questo aumenta le tue possibilità.”
Mi sento pieno dir rabbia, contro tutti, contro tutto. “Io non capisco!” esplodo poi. “Ho sempre fatto vita tranquilla, senza eccessi o sregolatezze. Cerco di mangiare solo cose sane e di non bere alcol in eccesso. Come ho fatto a prendermi il cancro? Com’è potuto succedere proprio a me?”
“Non lo so.” Ha l’aria rassegnata, chissà quante volte l’ha già sentito questo sfogo, è pur sempre un medico… “E’ il cancro che sceglie… Certo, chi ha una vita sregolata può ammalarsi più facilmente, ma non è l’unica causa. A volte sono fattori genetici, altre volte solo sfortuna.”

Lo so, lo so bene… E so anche che è inutile prendermela, non ha senso che io mi arrabbi ora, perché la realtà non cambia, la realtà è questa. Lui è qui. Inconsciamente mi porto le mani allo stomaco, ma è assurdo, non può muoversi, palpitare, non respira… Non lo sentirò dentro di me. La mia è solo pura e semplice consapevolezza.
Quanto dolore… A me e a chi mi ama, quanto dolore ho in serbo per Orlando, mi sento morire al solo pensiero del suo viso alla mia rivelazione. Come posso, come posso dirglielo, come posso chiedergli di sostenermi in tutto questo. Ma il rispetto che nutro per lui DEVE essere più forte e mentirgli sarebbe la cosa peggiore che potrei fare ora. Ha il diritto di sapere, di sentirsi chiedere aiuto da me; perché se lo scoprisse poi, a posteriori, non me lo potrebbe perdonare… e in ogni caso io non potrei perdonare me stesso.
Io non voglio morire, non ora che la mia vita è così straordinariamente perfetta, non voglio abbandonarlo ora perché ho troppo bisogno di lui e lui ne ha di me. Voglio combatterla questa cosa, per me e per Orlando, perché questo dottore pazzo, in fondo, ha ragione, non ci si arrende così, io non sono tipo da arrendermi in questo modo.
“Viggo…”
Mi volto verso di lui, ha la testa leggermente reclinata da un lato e mi sta osservando, come a scrutarmi, per provare a capire ciò a cui penso.
“Vai a casa, dormici sopra, parla con Orlando… Il mio numero lo sai e quando avrai deciso cosa fare io sono qui. So che è difficile…”
“No… So già qual è la cosa giusta e non credo di potermi permettere perdite di tempo. Mi dica quello che bisogna fare e faccia in modo che si possa fare il prima possibile, la prego…”

Prendo a calci i ciottoli sul vialetto di casa, non ho potuto smetter un solo attimo di pensarci, perché l’assurdità in questa cosa è di dimensioni terrificanti.
Dio! Avrei dovuto farmi controllare prima, perché ho lasciato passare anni dal mio ultimo esame del sangue? Non mi importa se il dottore ha detto di non crucciarmi, di non sentirmi in colpa, perché non ho nessuna responsabilità… Come faccio a non sentirmi da schifo in questa situazione?
Mi accorgo solo quando sto per entrare in casa di quello che sta di fronte a me:la macchina di Orlando… è già rientrato. Non sono pronto, non ora, pensavo di avere tempo, almeno fino a stasera, per poter riflettere. Voglio poterglielo dire nel modo giusto, sempre che un modo giusto esista… in questo momento ancora non posso.
Ma prima di poter fare qualunque cosa, prima di potermi voltare e scappar via, mi rendo conto che ho già aperto la porta e ora sto immobile sull’uscio.
“Amore? Sei tu?”
La sfortuna vuole che sia nei paraggi e che mi senta, la porta scricchiola sempre un po’ quando la si apre. Che fare ora? Scappare? Magari nascondermi in giardino, dietro al barbeque? Non essere sciocco Viggo! Ma non posso stare immobile sulla porta, qualcosa mi devo inventare.
Opto per quella che in gergo chiamerei azione di travolgimento: entro spedito e mi dirigo verso la cucina. “Si… sono io!” cerco di produrre una voce dalla parvenza abbastanza normale.
Non riesco a mantenere i miei propositi e a dirigermi verso il bagno, dove avevo progettato di chiudermi a chiave, passando dalla cucina non posso fare a meno di fermarmi sulla soglia e osservarlo. E’ naturalmente infilato nel frigorifero.
“Dov’eri?” chiede senza guardarmi e continuando a cercare qualcosa di appetitoso.
Non rispondo, ma sento il mio cuore correre all’impazzata, come se non potesse più fermarsi e dovesse esplodere; forse per quello si volta verso di me. Ha in mano un sandwich triangolare, e ne stringe un secondo tra i denti, forse ci ha messo il prosciutto… quando l’ho conosciuto era vegetariano, ma un bel giorno ha deciso che aveva voglia di una bistecca e tanti saluti ai vecchi principi.
“Viggo? Tutto ok?” come fa a parlare senza far cadere il sandwich? Ma quanto sono idiota! Come faccio a pensare ad una cosa del genere ora?
Devo avere un espressione che definire idiota sarebbe solo riduttivo, che fare? Che dire ora? E’ come se il mio cervello fosse scollegato.
“No… Cioè, si… Ero con l’editore, ho un po’ di mal di testa.”
“Vuoi?” Mi tende il secondo sandwich.
“No… mi toglierà l’appetito all’ora di cena”
Si avvicina per baciarmi le labbra, ma io mi volto impercettibilmente, tenendo gli occhi bassi.
“Mi devo fare una doccia, sono sudato… Dopo parliamo.”
Mi guarda perplesso.
“Parliamo?”
Non gli do il tempo di pretendere una risposta, mi catapulto in bagno e mi chiudo dentro… Grave errore, perché di solito non usiamo mai la chiave. Quasi mi strappo i vestiti di dosso e mi infilo sotto la doccia. L’acqua gelida mi fa sussultare, poi lentamente, diventa tiepida e poi calda.
Resto così, immobile, appoggiato al muro a testa bassa, mentre rivoli bollenti scivolano su di me… e finalmente piango, da solo, in silenzio, così che lui non mi senta.
Non sarà saggio fasciarsi la testa prima di averla rotta, è vero, ma io ho paura.
Non so per quanto tempo rimango lì, forse più di un ora, poi capisco che devo uscire. Non posso rimanere per sempre nascosto nella doccia perché non credo proprio che Orlando mi lascerebbe fare, probabilmente verrebbe a riprendermi dei capelli.
Mi avvolgo un asciugamano attorno alla vita sgocciolando copiosamente sul pavimento, poi mi trascino scornato verso la camera. Ora mi rivestirò, tamponerò la testa con l’asciugamano, andrò in cucina e gli parlerò di tutto, con calma, senza scene isteriche… Cambio di programma! E’ seduto sul letto con le gambe stese davanti a se e le braccia incrociate, mi guarda seccato e con aria di sfida. Non credo abbia intenzione di aspettare che io termini la mia preparazione psicologica. Conosco bene quell’espressione ed è tipica di chi vuole una spiegazione e la vuole subito.
“Tu adesso mi dici che hai.” Non chiede, pretende.
Mi infilo rapidamente un paio di larghi pantaloni di lino, che indosso sempre in casa e mi siedo sul bordo del letto, lontano da lui… è stupido, ma è come se avessi paura di avvicinarlo, il cancro non è contagioso, ma non è quello. Temo che lui possa vedere il mio dolore e la mia paura, l’inquietudine che invade la mia anima.
“Perché mi eviti? E non dire di no! Anche prima, in cucina…”
“E’ solo che ti devo dire una cosa.”
“Cattive notizie?”
Annuisco…Come a prendere fiato, a farmi coraggio.
“Di che tipo?” incalza.
“I miei esami.” Lo vedo cambiare espressione, forse per un attimo ha temuto che ci fosse qualcosa tra di noi che non andasse, che io volessi dirgli qualcosa sul nostro rapporto. Ma ora i suoi occhi diventano grandi e spauriti, ora la sua paura cambia. Scatta sul letto e mi si avvicina, prendendomi la mano e costringendomi a guardarlo in viso.
“Cosa c’è?”
Guardo quegli occhi, quel terrore che non riescono più a contenere, è come se già sapesse, se leggesse nella mia mente. E sento che non posso più fingere di essere tranquillo. Sono sempre stato così bravo nel mostrarmi freddo e distaccato, ma non ora. Ora mi rendo conto di stare per scoppiare a piangere come un bambino.
Quasi lo aggredisco con il mio abbraccio, nascondendo il mio viso e le mie lacrime sul suo collo, ma non posso nascondere i miei singhiozzi, non posso nascondergli più nulla.
Ma mi rendo conto di accrescere solo le sue paure in questo modo.
“Viggo… Ti prego, parlami… Cosa c’è?”
“Ho il cancro.” Solo un piccolo sussurro, ma so che l’ha sentito.
In un attimo avverto il suo corpo diventare rigido e il tuo respiro farsi ansimante.
Si scosta da me quasi con violenza e mi afferra per le spalle.
“Non può essere amore!” ribatte poi riuscendo ad emetter un tono di voce quasi normale “Liwenstone si è di sicuro sbagliato! Tu sei ancora giovane, stai bene… Adesso lo chiamiamo e gli diciamo di rifarti gli esami, vedrai che si spiega tutto. Non fare così, ti prego.”
Lo vedo che già allunga le mani verso il telefono, lo fermo. Non ha senso sperare in un errore, non c’è un errore. Io le ho viste le ecografie.
“Orlando… Guardami.”
“Ti prego… Dimmi che è solo un incubo.” Mormora poi rivolto più a se stesso che a me.
Le lacrime continuano a scendermi lungo le guance, ma ho smesso di singhiozzare, perché so che devo essere forte, almeno mostrarmi tale, per me e per lui.
“Ho già parlato con Liwenstone, non c’è nessun errore. Mi ha detto cosa devo fare… me lo toglieranno e poi la chemioterapia, sarà dura, ma è un tentativo.”
Non riesco a crederci eppure sto mantenendo la calma.

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