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Autore: Sumiya Sakamoto    31/03/2011    6 recensioni
“Antonio…”
Lo spagnolo si voltò, sorridendo “Dimmi, Francis.” L’amico gli si avvicinò, sorridendo a sua volta e mettendogli una mano sulla spalla “Senti, non voglio cacciarti, ma Arthur stasera non sta bene.” Appena finì di dire la frase i ragazzi sentirono un colpo di tosse provenire dal piano di sopra, dove dormiva il bambino, come a sottolineare il concetto che il francese aveva appena espresso.
[Chibi!Inghilterra e Francia]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bonjour à tout le monde. L’ho scritta tutta d’un fiato, l’idea mi è venuta in mente stanotte. Quanto mi piacciono le fluff! Soprattutto su Francia e Inghilterra! Ok, basta, la finisco, giuro. Comunque, spero vi piaccia, io mi sono sciolta scrivendola (>_> ma…ma… =_= ndTutti). Se Inghilterra qui è Chibi!Inghilterra, Francia allora è un ragazzo, non è ancora adulto, perché quando Arthur era piccolo lui era un giovane. Ho cercato – circa – di far sì che la casa fosse una casa antica, nei tempi in cui, appunto, i due non erano ancora cresciuti. Buona lettura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sibilò, tentando di contenere il colpo di tosse in arrivo. La gola gli doleva per l’aver troppo tossito, il petto sembrava gli si stesse lacerando. Deglutì, illudendosi del fatto che la saliva avrebbe potuto calmare la gola irritata. Non fu così. Il colpo di tosse arrivò, più forte degli altri e ad Arthur sembrò che un gatto gli stesse graffiando la gola per l’intera lunghezza, mentre il dolore acuto si propagava per tutto il petto, fino al cuore e poi al diaframma. Gemette piano. Si raggomitolò su se stesso, portando le manine all’altezza del cuore, chiudendole a pugno come a voler prendere l’organo vitale in mano per non fargli sentire più quelle fitte continue. Era da circa trenta minuti che tossiva così forte che ad ogni colpo di tosse gli sembrava di dover morire o di sputare qualche organo interno.
 
“Antonio…”
Lo spagnolo si voltò, sorridendo “Dimmi, Francis.” L’amico gli si avvicinò, sorridendo a sua volta e mettendogli una mano sulla spalla “Senti, non voglio cacciarti, ma Arthur stasera non sta bene.” Appena finì di dire la frase i ragazzi sentirono un colpo di tosse provenire dal piano di sopra, dove dormiva il bambino, come a sottolineare il concetto che il francese aveva appena espresso. Lo spagnolo annuì, serio, poi disse “Sarà meglio che tu vada da lui allora. Anche io ora vado dal mio Lovino.” aggiunse con orgoglio. Francis lo accompagnò fino alla porta per salutarlo e dargli la buonanotte, quindi si diresse verso il piano di sopra. Appena mise un piede sul primo gradino, una serie di violenti colpi di tosse ruppero il silenzio della casa, seguiti poi da un’imprecazione che il francese riuscì chiaramente a sentire. Salì le scale a passi rapidi e leggeri, attraversò il breve corridoio che portava alla cameretta dell’inglese e socchiuse la porta, piano. Il piccolo era raggomitolato su di sé e gli dava la schiena. “Arthur…” lo chiamò piano Francis, sicuro che fosse ancora sveglio.
“Mmm…” fu la risposta, che ricordò tanto al francese il miagolio di un micio arrabbiato. Chiuse allora la porta dietro di sé, avvicinandosi al letto dell’inglese e ci si sedette sopra. Portò una mano alla fronte del piccolo per sentire se scottava, ma constatò che era soltanto molto sudato per lo sforzo di tossire. Passò allora la mano fra i capelli corti e umidi dell’altro, che in quel momento tossì di nuovo, violentemente e subito dopo gemette frustrato, chiudendosi ancora di più su di sé. Francis sollevò le coperte e gli scoprì il busto, lasciando coperte le gambe, per fargli sentire meno caldo. Trattenne un sospiro, pensoso. Non capiva dove avrebbe potuto prendersi quella tosse, ma non voleva indagare ora, sapeva che le sue domande avrebbero messo ancora più in difficoltà il piccino. Aspettò che l’inglese avesse finito con un’altra raffica di colpi di tosse, poi mormorò “Vado a prenderti qualcosa per far calmare l’irritazione alla gola.”
“No! Don’t go! Don’t go, stupid frog!” si lamentò il bambino, quasi sul punto di piangere, con la voce che tremava. Si voltò di scatto e si aggrappò ai suoi vestiti per non lasciarlo andar via, mentre altri lunghi colpi di tosse lo scuotevano. Il francese stette a guardarlo stupito, le sopracciglia sottili inarcate per la sorpresa, quindi sorrise lievemente. Afferrò il bimbo da sotto le ascelle e se lo portò al petto e mentre questi gli circondava il collo con le piccole braccia, prese una coperta e lo avvolse in questa. Discese le scale con il più piccolo in braccio, i suoi passi scanditi dai colpi di tosse del bambino e si diresse in cucina. Fece sedere il bimbo sulla panca di legno accanto al tavolo, mentre lui cominciò ad affaccendarsi e a viaggiare dal camino, dove il fuoco era acceso, alla dispensa. Il bimbo lo osservava di sottecchi tra una tossita e l’altra, temendo il peggio per lui e per la sua gola. In effetti, quando vide Francis affettare una cipolla si dimenticò di tossire e senza dire nulla, più silenzioso e furtivo che mai, saltò giù dalla panca e sgusciò verso l’uscita della cucina, venendo però fermato in tempo dal francese, che ridendo lo prese di nuovo in braccio e lo fece rimettere seduto accanto al tavolo. I colpi di tosse aumentarono, costringendo il bambino a distendersi direttamente sul legno della panca a causa delle vertigini dovute allo sforzo. Poco dopo sentì Francis posare qualcosa sul tavolo e chinarsi su di lui. Lo prese in braccio per la terza volta e una volta seduto se lo mise sulle ginocchia, sostenendogli la schiena con un braccio. Gli avvicinò una tazza in ceramica alle labbra, ma il piccolo la respinse con le manine, voltando il capo dall’altra parte.
“Vuoi sapere cos’è?” chiese allora Francis, paziente.
“No, non voglio proprio bere!” ribattè con voce roca Arthur, guardando torvo il fumo che usciva dalla tazza. Fu preso da un altro violento attacco di tosse, che lo fece pentire di aver detto quella frase.
“È latte, cipolla e miele.”
“Eh?!” riuscì a dire il bimbo prima di tossire di nuovo.
“Hai sentito, mon petit. Latte, cipolla e miele. Non è un infuso malefico, è un’antica ricetta per far passare la tosse.”
“Ci hai messo una cipolla dentro?!” esclamò Arthur incredulo.
“L’ho filtrata, non ci sono pezzi di cipolla dentro la tazza. Assaggia, su.” gli avvicinò di nuovo la ceramica alle labbra, ma l’inglese ebbe l’ennesimo spaventoso attacco di tosse. Si prese il capo fra le manine, che doleva terribilmente e posò la fronte sul petto di Francis, chiudendo la manina sui suoi vestiti, sulla spalla del più grande. Lacrime silenziose cominciarono a rigargli il volto, per il dolore, la stanchezza e lo sforzo. Il francese lo sentì, lo capì, posò la tazza e lo abbracciò con dolcezza, mormorando parole per calmarlo e rincuorarlo. Depositò dei dolci baci sui capelli ancora umidi del piccolo e sulla sua fronte, mentre con una mano gli accarezzava la piccola schiena. “Coraggio, mon Arthur, prima bevi e prima ti passerà questa brutta tosse.” Il piccino allora si sciolse dall’abbraccio e allungò le manine verso la tazza, prendendola con cautela, mentre il francese l’aiutava a bere, stando attento a non farlo sporcare né scottarsi. Il piccolo inglese bevve il latte tutto d’un fiato, poi scostò la ceramica come se fosse stata di fuoco e tornò a nascondere il viso fra i vestiti del francese. “Com’era?” chiese questi, posando la tazza sul tavolo.
“Orrendo!” rispose Arthur con il viso nascosto. Francis sorrise, tornò a prenderlo in braccio e lo riportò in camera sua. Qui però non lo fece distendere, per timore che la tosse potesse ricominciare una volta sdraiato di nuovo. Lo tenne in braccio, camminando lentamente per la stanza, cantando sommessamente ninne nanne in francese, mentre i colpi di tosse del bambino si facevano meno frequenti e meno violenti. Si accorse che il piccino si era addormentato solo quando lo chiamò piano e questi non gli rispose. Lo depositò allora a letto, dopo aver messo un secondo cuscino sopra il primo, per tenergli sollevata la schiena in modo da farlo respirare meglio, quindi si concesse di osservarlo qualche secondo, con un sorriso dolce sulle labbra. Si chinò su di lui, gli diede un silenzioso bacio sulla fronte e mormorò “Bonne nuit, mon petit. Sogni d’oro.”
 
 
 
 
 
 
 
 
“La toux” vuol dire tosse. 

  
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