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Autore: Deirdre_Alton    31/03/2011    2 recensioni
Re Artù non ha figli e decide di lasciare il proprio trono ad uno dei suoi nipoti. Solo il più valoroso tra di loro, dopo aver cercato per tutta la Britannia quello che gli chiederà il Re, potrà avere lo scettro e la corona!
Questa è una rivisitazione della favola "La Gatta Bianca" di Perrault in chiave arturiana.
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agravaine, Altri, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta un Re di nome Artù, purtroppo non aveva figli e questo lo affliggeva profondamente. Parlando con sua moglie, la Regina Ginevra, si chiedeva cosa avrebbe potuto fare, lui non la voleva ripudiare, le era molto affezionato. Non si poteva certo lasciare il regno ad uno sconosciuto. La Regina Ginevra, seduta comodamente su di una poltroncina ebbe un lampo di genio, battè le mani tutta eccitata «Mio caro Artù e se organizzassimo un torneo per scoprire chi è il più valoroso dei guerrieri? Questo valoroso guerriero, ovvero Lancillotto...», il Re inarcò le sopracciglia e interruppe Ginevra «Come avete detto prego?», la Regina tossicchio, «dicevo mio signore, il più valoroso guerriero poi passerà una notte con me e se la divina provvidenza lo vorrà avremo un erede!». Le guance di Ginevra erano rosa come pesche mature e i suoi occhi sprizzavano scintille di gioia. Re Artù che aveva smesso di ascoltare le parole della moglie dopo l'interruzione, si fermò di colpo dalla sua camminata nervosa e urlò «Ma certo! Che idea geniale!», la Regina si alzò di scatto dalla sedia, corse ad abbracciare il Re ebbra di felicità per avere trovato la soluzione perfetta. «Mio caro! Sapevo che eravate una persona ragionevole!» Ginevra avrebbe voluto saltellare dalla gioia ma suo marito parlò ancora «Sentite l'idea che mi è venuta! Sceglierò tre dei miei nipoti, i più meritevoli e valorosi, li manderò in missione e chi tornerà con la cosa che gli avevo chiesto diventerò il mio erede! Sono un genio, vero mia cara?» disse il Re con crescente emozione. Ginevra sbuffo spazientita e apostrofò il Re come “idiota senza cervello con le manie da avventure” ma Artù non sentì nulla, era troppo euforico.
Il Re quella sera convocò i nipoti prescelti per l'impresa: Gawain, Agravain e Mordred.
Gawain era il più bello, affascinante e sexy cavaliere della tavola rotonda, le sue labbra sensuali avevano fatto fremere migliaia di cuori.
Agravain era un tipo frizzante, simpatico e terribilmente ironico, diciamo pure caustico ed Artù lo aveva scelto a casaccio. Agravain aveva un gemello, Gaheris, Artù non li distingueva l'uno dall'altro.
Mordred... era stato scelto perchè... Gareth, il più giovane dei fratelli delle Orcadi era appunto troppo giovane. Dato che dovevano essere per forza in tre (tre era il numero perfetto secondo Artù), Mordred era stato obbligato, ovvero trascinato, in quell'avventura.
Il Re spiegò ai nipoti che intendeva cedere il trono a colui che entro un anno, gli avrebbe portato in dono la spada più bella. I tre partirono subito.
Noi che siamo vagamente di parte, seguiremo le imprese del bel tenebroso Mordred. Il bellissimo principe vagò a lungo per il mondo e vide migliaia di spade, ma nessuna gli sembrava abbastanza bella da valere un regno.
Un giorno si trovò davanti ad un castello così bello che sembrava uscito da una fiaba, con pareti di porcellana, tetti di cristallo e porte d'oro. Bussò a una di quelle porte che subito si aprì. Meraviglia delle meraviglie, vide dinanzi a sé solo una dozzina di mani trasparenti che lo invitarono ad entrare, queste lo trascinarono dentro «Ehi, smettetela di palparmi ovunque!» fece lui irritato, non amava tutte quelle attenzioni, da delle mani trasparenti poi! Le mani vogliose, cioè particolarmente volenterose lo guidarono in una stupenda stanza da letto «Non facciamo scherzi eh, manacce maniache!», Mordred iniziava a sospettare di tutta quella ospitalità inattesa. Le mani lo spogliarono, lo lavarono mentre il principe veniva scosso da un brivido di terrore vedendo le mani indugiare su di lui, lo pettinarono e Mordred sibillò «Maledetto Artù e le sue idee assurde!», infine lo vestirono con abiti di seta e velluto, poi lo condussero in una sfarzosa sala da pranzo.
Mordred ormai immaginava di essere finito nel castello di una qualche strega «Vuoi vedere che sono finito a casa di mia zia Morgana? Dea, aiutami ad uscire indenne da qui». Il principe notò al centro della sala, una tavola apparecchiata per due e, rannicchiato in una poltrona, una minuscola figura simile a una bambola, coperta da un velo nero. «Dea, salvami, farò il bravo, non tirerò mai più secchiate d'acqua gelata su Lancillotto quando passa sotto la mia finestra. Ti prego fa che non sia una strega!» mentre il principe la fissava e pregava, la bambola gettò via il velo ed apparve un Gatto Bianco bellissimo, con un pelo che sembrava seta e grandi occhi azzurri come il cielo d'estate. Il musetto, però era triste. A Mordred si strinse il cuore «Dea! Ho sempre desiderato avere un gatto, ma non ho avuto il coraggio di tenerlo, Agravain e Gaheris come minimo l'avrebbero spellato vivo! Che tenero gattino. Micio, micio, che fai qui tutto solo?» «Degnati di cenare con me, bel principe» disse con una vocina dolce, un po' miagolante il bel gatto, «e parliamo un poco».
Mordred sgranò gli occhi «Un dolce gattino che parla! Non avrei mai potuto desiderare di meglio, sembra anche che voglia starmi ad ascoltare! Con piacere bel micio, sono contento di essere qui.»
La cena era deliziosa, il Gatto Bianco gentilissimo. Il principe raccontò lo scopo del suo viaggio e le difficoltà incontrate nella ricerca di una spada davvero straordinaria, poi bevve un dolce liquore versato dalle mani vogliose che servivano a tavola e dimenticò tutto. Da quel giorno, senza più un pensiero al mondo, visse beato nel castello del Gatto Bianco, attorniato da tutti i sudditi gatti. Andava a caccia, assisteva a feste e balli, suonava il liuto (in modo pessimo). Un giorno il Gatto Bianco gli disse: «Mio principe, domani scade l'anno concesso da Re Artù per portargli la spada e io so che i tuoi fratelli ne hanno trovate di bellissime.» D'improvviso il principe Mordred ricordò tutto e cominciò a disperarsi. Penso però che a lui non gliene importava nulla di avere il trono di Artù, nessuno gli voleva bene e se fosse diventato Re avrebbero subito tentato di ucciderlo.
«Non preoccuparti e non tentare di scappare alle tue responsabilità, prendi questo fodero, dentro c'è una spada portentosa» gli disse il Gatto Bianco.
«Ma dentro a questo fodero non c'è nessuna spada! Com'è possibile?» rispose Mordred.
«Fidati di me, chiudi gli occhi, non senti quanto pesa?»
Era proprio vero, se chiudeva gli occhi riusciva anche a sentire l'impugnatura della spada! Salutò ed abbracciò il Gatto e si mise in cammino. Quando giunse al palazzo di Re Artù, i suoi fratelli c'erano già e avevano in mano delle spade stupende, così stupende che il Re, chiamato a giudicare, era imbarazzatissimo. Fu allora che Mordred chiudendo gli occhi, sentii l'impugnatura ed estrasse la spada, ci fu un lampo di luce e tutti poterono vedere una spada meravigliosa. Gawain si avvicinò per osservarla meglio e disse «C'è una scritta sulla lama!» Agravain prese la spada dalla mano di Mordred e lesse «Artù ti sei fatto fregare, questa è la vera Exalibur».
Tutti rimasero a bocca aperta, Artù fu il primo a riprendersi «Questa è la spada più bella, ma è stata un'impresa troppo semplice per capire chi è il più degno tra di voi a succedermi al trono. Entro un anno dovrete portarmi il Sacro Graal. Ce n'è uno solo, chi lo porterà sarà Re!»
I principi si misero di nuovo in viaggio, questa volta con minore entusiasmo. Era un'impresa impossibile!
Mordred corse subito al castello del Gatto Bianco. Sempre le solite mani vogliose lo lavarono, lo pettinarono e lo vestirono con abiti di seta e di velluto, poi lo condussero dal loro padrone. Il Gatto Bianco era disteso su un cuscino di raso, accolse il principe con miagolii di gioia e ordinò una cena di cento portate.
Ricominciò per Mordred la vita felice con feste, balli e partite di caccia finchè, un giorno il Gatto gli disse «Mio principe, domani scade l'anno concesso dal Re per portargli il Sacro Graal. Tu lo hai dimenticato, ma io no, per fortuna. Prendi quella scatola e ritorna a casa. So che i tuoi fratelli si sono dati da fare. Ma sono certo che di Graal ne esista solo uno, ed è quello che c'è nella scatola. L'ho cercato e trovato io stesso tempo fa.» Mordred era desolato di dover lasciare il Gatto Bianco, perchè sentiva di volergli un gran bene e gli sarebbe piaciuto svelare il mistero che avvolgeva quella strana creatura; ma in fondo al cuore gli sorrideva anche l'idea di ottenere il regno di Artù, perciò saltò a cavallo e si mise in cammino.
I suoi fratelli lo avevano preceduto di qualche ora e cominciavano a sperare che non arrivasse più perchè non avevano dimenticato che Mordred aveva trovato la vera Excalibur. Artù ricevette tutti e tre con grandi manifestazioni di affetto, poi volle vedere subito il Graal.
Gawain fu il primo a mostrare il suo Graal. Era una coppa d'oro massiccio ricoperto di smeraldi, traboccava di santità secondo Artù.
Poi fu la volta di Agravain, anche lui mostrò il suo Graal. Era una coppa d'oro con decori in argento con zaffiri enormi. Anche questa trasudava santità secondo Artù.
Fu la volta di Mordred, che poggiò la scatola sul pavimento, la aprì, da lì uscirono dei canti angelici ed una luce soave che emozionò tutti i presenti, la voce parlò «Solo i puri di cuore possono vedermi e qui non ce ne sono, quindi fidatevi della mie parole, io sono il Graal».
Davanti a quel miracolo tutti rimasero a bocca aperta. Re Artù non era però in grado di decidere quale fosse il vero Graal, quindi decise di dare una nuova prova per i suoi nipoti. Disse «Prima di decidermi definitivamente voglio, miei cari, che viaggiate ancora per un anno. Colui che condurrà qui la persona più bella del mondo e la sposerà, sarà degno di succedermi.» Gawain, Agravain e Mordred salirono a cavallo e partirono. Mordred era contento di dover tornare dal Gatto Bianco, anche se l'idea di sposare una sciocca fanciulla petulante non gli piaceva più di tanto. Venne accolto con grandi manifestazioni di gioia e dolcissimi miagolii dal Gatto Bianco, acciambellato su un divano di broccato. «Di nuovo qui, senza scettro e senza corona, mio bel Mordred? Forse il mio Graal non è stato abbastanza convincente?»
«No» rispose Mordred, «Non è così. Re Artù pretende ancora qualcosa, prima di decidere a chi cedere il regno.» «
E cioè?»
«Devo trovare una persona che batta in bellezza tutte le altre, portarla alla corte di Artù e sposarla.»
Il Gatto Bianco fece le fusa.
«Non è poi tanto difficile. Ordinerò ai miei sudditi di fare delle ricerche e vedrai che riusciremo a portare al Re la persona più bella del mondo. Intanto pensiamo a divertirci.» Venne imbandita una cena di duecento portate e poi Mordred e il Gatto Bianco assistettero ad una movimentata battaglia tra topi e gatti, perduta da questi ultimi.
Tra un divertimento e l'altro i giorni correvano veloci e passò così un anno meno un giorno. Mordred, sempre più affascinato ed affezionato dal Gatto Bianco, non ricordava più la prova che doveva portare a termine; quando il suo ospite gliene parlò fu proprio come un fulmine a ciel sereno.
«Mio principe, vuoi veramente portare alla corte di Re Artù la persona più bella del mondo?»
«Io vorrei restare con te per sempre, ma mi piacerebbe dimostrare ai miei fratelli che sono io il vincitore.»
«Allora devi fare una cosa: impugna la spada, tagliami la testa e la coda e gettale nel fuoco.»
Mordred indietreggiò inorridito.
«Mai! Non lo farò mai. Non mi importa niente del regno, dello scettro e della corona. Che si scannino pure Gawain e Agravain! Gatto Bianco, voglio restare qui con te per sempre!» Ma il Gatto Bianco insisteva, affermando che tutto si sarebbe risolto per il meglio e alla fine Mordred si lasciò convincere. Piangendo, con mano malferma impugnò la spada, gli tagliò la testa e la coda e le gettò nel fuoco.
A questo punto avvenne il prodigio. Il corpo minuscolo decapitato cominciò a crescere, la candida pelliccia cadde a terra ed ecco apparire un ragazzo di bellezza perfetta. Aveva pelle di giglio, grandi occhi azzurri come il cielo d'estate e capelli così biondi che sembravano d'argento. Per lo stupore e la felicità Mordred quasi uscì di senno. E mentre se ne stava immobile a contemplare tanta bellezza, la sala si riempì di dame e cavalieri, ognuno con una pelle di gatto in spalla, che si avvicinarono al ragazzo chiamandolo «Principe Galahad» e complimentandosi con lui per la fine dell'incantesimo.
Finite queste cerimonie, i due giovani rimasero finalmente soli e tutti i misteri vennero svelati. Galahad era il figlio di Ser Lancillotto, la fata Morgana (sì, proprio la zia di Mordred!) che era innamorata di Ginevra per fare un dispetto al favorito della Regina aveva fatto questo terribile incantesimo a Galahad. Morgana sperava che Lancillotto sarebbe partito immediatamente alla ricerca di una soluzione per portare a forma umana il figlio. Invece Lancillotto se n'era totalmente fregato, così Galahad era rimasto lì nel suo castello sotto forma di gatto.
L'incantesimo si sarebbe sciolto solo quando un nobile principe che gli volesse bene anche sotto l'aspetto di Gatto, avesse acconsentito a tagliargli la testa e la coda.
Finito il racconto, Mordred chiese a Galahad, con voce che tremava
«E ora che sei tornato quello di un tempo, vorresti sposarmi?»
«E' la cosa che più desidero al mondo, mio caro Mordred.»
Poco dopo i due innamorati erano in viaggio, diretti al palazzo di Re Artù. Questa volta i tre fratelli arrivarono contemporaneamente. Anche gli altri due conducevano per mano due vere bellezze.
Gawain era accompagnato da un giovane uomo molto alto e dai capelli biondo scuro, il suo nome era Galehaut. Lo aveva incontrato su di un prato, piangente perchè la persona di cui credeva di essere innamorato l'aveva rifiutato. Ma vendendo Gawain dimenticò presto quell'ingrato cavaliere e si innamorò perdutamente del principe delle isole Orcadi.
Agravain era assieme ad una dolce e vispa fanciulla di nome Nimue, il principe l'aveva salvata dalle attenzioni di un vecchiaccio con la gobba di nome Merlino che si credeva un mago. Nimue, pur di fuggire da quel pazzo, aveva giurato amore eterno all'ironico Agrvain.
Re Artù non sapeva davvero decidersi, Galahad, Galehaut e Nimue erano di una bellezza straordinaria. Allora Galehaut si fece avanti e disse «Mio signore, io sono il Re delle Isole lontane, io ed il mio futuro sposo non abbiamo bisogno di un altro regno. Cediamo il posto a chi lo vorrà tra gli altri due principi.»
Poi si fece avanti Galahad che disse «Vostra Maestà, anch'io ho già il mio regno con il mio bel castello. A me e al mio Mordred basta quello, lasciamo volentieri il vostro regno ad Agravain.»
A queste parole tutti lanciarono grida di gioia, anche se Re Artù si passò una mano sulla fronte per asciugasi i sudori. Mai avrebbe immaginato un tale re per la Britannia!
Finalmente vennero celebrati contemporaneamente i matrimoni dei tre principi con feste grandiose, poi Galahad e Mordred partirono per il loro reame e là vissero a lungo, felici.

   
 
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