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Autore: AleAndDreams    31/03/2011    0 recensioni
Salve a tutti. Inizio con il dirvi che 'Là dove ha perso le sue ali' è la prima storia che pubblico qui, anche se ne ho scritte altre che però ho preferito lasciare nella mia cartella sul pc. Questa la sto scrivendo davvero con tutta me stessa, con solo la musica a farmi da musa e l'immaginazione da guida.
La storia è basata su un amore difficile ma allo stesso tempo 'angelico' dato che il personaggio maschile è un angelo caduto con un passato tutto da scoprire e la protagonista, anch'essa con un passato non molto semplice, è vittima del suo destino che dopo tanto dolore, le permetterà di sentirsi felice e al sicuro dandole l'occasione di vivere un amore senza pari. Lo stesso amore che farà fatica ad accettare ma che saprà apprezzare e rendere la cosa più importante della sua vita. Lasciando ovviamente, un piccolo spazio nel suo cuore al Canada,'la terra della neve' dice lei, dove è cresciuta, dove ha amato per la prima volta, dove ha i suoi affetti più cari e i suoi ricordi più importanti.
Grazie a tutti quelli che mi renderanno felice leggendo questa storia.
AAD
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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                 Una fine o un inizio?

Partire mi aveva distrutta. Guardarlo negli occhi e capire che era finita mi aveva distrutta. Aver perso mio nonno mi aveva distrutta. Lui, l’unica persona che aveva capito veramente chi fossi, quali erano i miei sogni e quanto amavo Dave, il mio ormai ex ragazzo. Lui era Italiano, i suoi nonni vivevano in un piccolo comune del Lazio, mi aveva tanto parlato della sua famiglia, di come amasse l’Italia e di come derasse tornare a vivere lì...con me. Avevamo costruito insieme tantissimi progetti sul nostro futuro, andati in fumo poi a causa del nostro sgradevole destino o forse il mio sgradevole destino. Già, con mio nonno avevo parlato anche di questo e non c’è da meravigliarsi, era anziano si ma le sue esperienze da soldato, le missioni in guerra che aveva compiuto, la sofferenza delle persone che aveva quasi provato su se stesso, lo avevano indotto a pensare di dover proteggere il prossimo, non con le armi ma con l’amore, la tolleranza e la pazienza che a mio parere nessuno aveva mai dimostrato nei miei confronti se non lui. Ora che mio nonno non c’era più ciò mi restava di Alfred, già questo era il suo nome, erano solo fotografie che presto il tempo avrebbe sbiadito.
Quella notte in treno era stata piuttosto faticosa: non ero abituata a viaggiare da sola e quando lo facevo si accavallavano nella mia testa tanti, troppi pensieri; eppure secondo i miei genitori trasferirci da Toronto a New York era la cosa migliore per farmi riprendere dal dolore che avevo provato dopo l'allontanamento di Dave. Ma questa era solo il motivo futile, perchè poi c'era quello importante. Il mio destino. Avevo sempre creduto che la mia vita venisse continuamente manipolata da qualcun'altro e non facevo altro che scappare, da tutto e da tutti, sempre. E ora che l'unica persona in grado di ascoltarmi mi aveva abbandonata non mi restava altro che cedere ancora. Forse definitivamente. Mi ero arresa, non avevo lottato, avevo solo cercato -forse finto- di convincere i miei genitori a rimanere a casa ma la risposta era sempre la stessa: “Inutile, inutile continuare a vederti così Hannah”. Già, mi chiamo Hannah -come la mia nonna paterna- Bailey, ho sedici anni, capelli castani con sfumature rossicce che una volta erano mesh color bronzo, occhi verdi. Non ho mai amato il mio aspetto fisico e non credo di piacere particolarmente ai ragazzi ma a me basterebbe l’amore di un’unica persona – il mio Dave - .
Lui era stato il mio primo amore e la mia prima difficoltà amorosa da affrontare . Nella vecchia città passeggiare con lui mano nella mano tra i tanti giardini curati, con tanto amore e dedizione e fare shopping con Charlotte, Emma e Juliette erano le cose che amavo fare di più, le cose di cui già sentivo la mancanza.
Il tragitto in treno era quasi concluso, a New York mi aspettava la casa dei miei zii che mi avrebbero ospitata fino a quando i miei genitori non avrebbero concluso le pratiche per il trasferimento. Ora come ora però io che in un certo senso gradivo la nuova vita in una nuova città, avrei voluto volentieri fare marcia indietro: una volta a New York troppi ricordi mi avrebbero tormentata.
L’aria della Grande Mela dal finestrino sembrava piuttosto fredda,    d’altronde era autunno inoltrato e si era fatto ormai abbastanza tardi. L’inverno da noi si fa sentire molto di più dell’estate, qualche mese ancora e sarebbe iniziata la stagione della neve. Quanto amavo giocare con mia sorella Jenny, due anni più grande di me, nel giardino di casa nella notte di Natale, quando con ansia aspettavamo i parenti per il grande cenone. Ricordi si aggiungevano ad altri frammenti di vita. Desideravo Dave accanto a me in quel momento, sapevo che anche solo un suo sorriso mi avrebbe restituito tutte le forze per andare avanti, sostenermi era il suo forte. Mi mancava da morire, mi mancavano i suoi baci, mi mancava tutto quello che avevamo costruito e quello che era in programma per il nostro futuro. Tutto era stato spazzato via in un attimo, i nostri nove mesi insieme erano ormai un doloroso ricordo. Il trasferimento era stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: era stato la scossa definitiva, la fine per il nostro noi. Sentivo la sua voce nella testa, il cuore martellare e il fiato affaticato, non mi accorsi neppure dell’inaspettato scatto con cui portai la mano sul vetro del finestrino e iniziai a tracciare lettera dopo lettera il suo nome. Al contatto con il calore umano la condensa sul finestrino si trasformò in tante piccole goccioline, tra di loro risaltava il suo nome: ”Dave Dave Dave”, era ovunque. Tornai cosciente all'improvviso quando l’altoparlante intonò che eravamo giunti a destinazione...purtroppo. Fuori faceva ancora più freddo di quando poco prima avevo aperto il finestrino per sentire che temperatura ci fosse. Scesa dal treno qualcuno mi fece enno con la mano, era mio zio Dom, ,ia cugina July che aveva appena un anno allungava le braccia verso di me per essere presa in braccio, ma io non ero pronta a tutto quello fu poi il sorriso di zia Emily ad incoraggiarmi, a permettermi di avvicinarmi  a loro senza dover scappare – come sempre -. Dovevo avere una faccia piuttosto sconfortata perché in coro i miei zii mi chiesero se stavo bene, risposi con un cenno della testa e probabilmente capirono che preferivo tralasciare questo particolare perchè non osarono insistere. Li abbracciai e presi la piccola tra le braccia, una volta in macchina mi sentii più al sicuro e più tranquilla soprattutto quando la zia Emy mi parlò con la sua voce dolce e pacata
-Ehy Hann..vuoi qualcosa per cena?-  Era piuttosto scortese rifiutare la gentilezza di quella donna, sebbene non avessi per niente fame, perciò accettai - Zia non mi dispiacerebbe...sai-
Seguirono buffe risate. In meno di venti minuti arrivammo a casa: il giardino di casa Duff era molto spazioso, sulla destra c’era un’altalena nuovissima, ancora inutilizzata, July era ancora troppo piccola. Nonostante fosse sera e il sole fosse scomparso già da qualche ora il colore acceso della casa illuminava tutto intorno. La vista di una piscina ancora in costruzione mi eccitò: amavo nuotare, era il mio unico rimedio a tutte le sofferenze, l’unica cosa capace di allontanare i miei pensieri e trasportarmi in un mondo fantastico. L’aria era molto fredda perciò ci avviammo di fretta verso l’entrata principale per rifugiarci nel tepore della famiglia. Passo dopo passo mi avvicinavo all’ignoto, passo dopo passo Dave scompariva alle mie spalle, passo dopo passo andavo incontro ad una nuova vita inconsapevole del fatto che mi sarebbe piaciuta.
Una volta dentro un odore fortissimo e dolcissimo invase le mie narici. Vaniglia presuppongo. Era tutto così colorato in quella famiglia, soprattutto i loro sorrisi, tutti così raggianti che avevano trasmesso anche alle pareti la loro complicità. In quella casa mi era parso di percepire un'aria pura e sincera di famiglia molto più forte della mia. Sarà stato che con i miei genitori non avevo mai avuto un rapporto di quelli eccezionali, l’unica di cui non avrei potuto fare a meno sarebbe stata mia sorella, stare lontana da lei mi distruggeva. Era la mia unica e vera confidente.
Zio mio aiutò a portare le valigie sopra, nella mia stanza e dopo scesi a cenare qualcosa, devo ammettere che non credevo di essere così affamata. La cena fu più tranquilla di come l’avevo immaginata, certo mi imbarazzava molto vivere con i miei zii, ma Amy mi aiutava sempre in queste situazioni, per questo l’ammiravo, come non avevo mai fatto con nessuno però ammiravo e nient’altro: non sono il tipo di persona che “venera” qualcuno, quella parola mi ricordava tanto Giusy, la “bellissima” e stupidissima mia ex compagna di classe. E no,non immaginatevela come una bionda mozza-fiato alta esnella…no affatto, Giusy aveva i capelli ricci, crespi e scurissimi, gli occhi neri e un po’ di pancetta, anzi un po’ di più, ed era piuttosto bassa tanto da essere soprannominata “topolina” e credetemi non so fino a che punto era un complimento. Mi ero sempre chiesta infatti cosa avesse di speciale, era un’oca, come tutte le sue amiche, eppure i ragazzi le stavano dietro numerosi. Il mio ex ragazzo, Dave, era stato con lei una volta, ma no…non fraintendete non è entrato a far parte delle sue famose vittime d'amore, si erano solo visti così ad una festa e lei da “topolina” che è ha fatto la solita gatta morta piombandogli addosso. il resto preferisco non raccontarlo.
Dopo cena non volevo altro che un bagno per rilassarmi, così entrai in camera e finalmente la guardai bene: le pareti erano gialle, il mio colore preferito, il letto era a due piazze, c’era un televisore e anche un bagno, una scrivania e anche un computer, ma io avevo il mio, dove erano racchiuse tutte le foto e le cose che mi ricordavano la mia bella città. Mi affacciai alla finestra, dava sul giardino. Ci profumava di alberi appena tagliati e di pini, fu soprattutto quest’odore a riportarmi in Canada, ad un pomeriggio d’inverno, forse il più freddo, quando io e Charly “la mia bella bionda”, avevamo trascorso tutto il pomeriggio a pattinare sul laghetto vicino casa mia. Quanto diavolo mi mancava anche lei. Improvvisamente iniziò a piovere, inizialmente restai lì a contemplare quelle goccioline fredde che scendevano dal cielo ombrato dalla notte, poi dovetti chiudere la finestra perchè la pioggia si stava facendo fitta e rischiavo di ammalarmi giusto in tempo per il primo giorno nella mia nuova scuola, anche se in realtà avrei preferito starmene a letto.
Presi l’accappatoio, che tirai fuori dalla valigia, ancora da sistemare e andai in bagno, dopo aver riempito la vasca fino all’orlo con l’acqua bollente e aver azionato  la musica sul cellulare mi immersi nel tepore più assoluto di quella sera. L’odore di zucchero a velo che invadeva la stanza da bagno mi dava alla testa, quel bagnoschiuma era stato un regalo di Dave per un nostro mesiversario, ed era la mia fragranza preferita anche perché adoravo quando lui abbracciandomi , scherzando esclamava di amarmi per il mio dolce odore. Forse non dovevo pensarci e dovevo comprare un altro sapone, magari alla fragola.
Quando uscii dall’acqua faceva così freddo che mi vestii in un battibaleno e dopo aver asciugato i miei lunghi capelli castani mi rintanai sotto il piumone. La stanza era troppo silenziosa, quel letto troppo grande, presi il cellulare e scrissi un messaggio a Charly, cercando di mostrarmi felice
“Ehy Charly, che combini? Io sono già rintanata sotto il piumone. Fa freddissimo stasera, così freddo che ho quasi l’impressione di non aver mai lasciato il Canada. Qui è tutto ok. Domani la nuova scuola, poi ti faccio sapere. Buonanotte e salutami Emma e Juliette. Ti voglio bene”
Credevo che la mia amica non avrebbe risposto ma invece lo fece e anche subito, lei però non badò a falsificare il suo stato d’animo, non c’era bisogno: era sempre sorridente e si intendeva anche solo da un messaggio
”Tesoroooooooooooooooooooo, che bello, credevo ti fossi già scordata di me. Uffa lo sai che mi manchi già?? Fa freddissimo anche qui, oggi ha nevicato e io, Emma e Juliette abbiamo marinato la scuola e siamo andate al laghetto vicino casa tua, abbiamo pattinato tutta la mattinata come i vecchi tempo, però purtroppo mancavi tu. Quando vieni a trovarci? Ti stiamo già aspettando...anche se sei partita oggi. Siii voglio tutti i dettagli, soprattutto sui ragazzi, mi raccomando tesoro, non mietere troppe vittime con il tuo fascino ;) buonanotte baby, a presto”.
Risi di gusto per la sua spiritosaggine e per un attimo mi scordai del viaggio, delle distanze e di tutto, mi immaginai a ridere senza un motivo valido, così solo per il gusto di farlo, mentre pattinavo con le mie amiche e cercavo inutilmente di spiegare a Emma che il ghiaccio non l’avrebbe risucchiata  da un momento all’altro. Risi ancora, poi qualcuno bussò alla porta e dopo essermi schiarita la voce dissi -Avanti
-Hann, stavi dormendo? Mi chiese zia Amy.
-Nono, zia entra. Feci per uscire dal piumone ma zia mi fece cenno di restare al caldo, accese l’abasciur e si sedette sul bordo del letto, mi sorrise e poi disse -Sei sempre stata così carina sai.
Arrossii e lei rise ma poi facendosi seria aggiunse - Hannah, volevo dirti che puoi chiedermi qualunque cosa di cui tu abbia bisogno, anche se ti serve qualcuno solo per sfogarti io sono qui. Comunque domani ti porto a fare colazione in un bar in città, è uno Starbucks, il mio preferito in zona, così conoscerai anche un po’ l’ambiente
Non so fino a che punto mi andava ma non potevo dirle di no -Va bene zia e grazie…-Non vedo l’ora aggiunsi un po’ meno convinta, -Buonanotte tesoro
-Notte.  Risposi e lei facendomi l’occhiolino uscì dalla stanza, lasciandomi nuovamente da sola, a sprofondare nei miei dubbi e nelle mie paure. Focalizzai la mia attenzione su zio Dominick, aveva sempre amato in un modo eccezionale mia zia. Qui un flashback mi colpì all'improvviso e la nostalgia si impadronì di me: eravamo tutti a Toronto, loro vivevano ancora in Canada, era estate e stavamo festeggiando il compleanno di mia sorella in giardino, all’improvviso richiamò l’attenzione su di sé, le prese la mano e si inginocchiò, così, davanti a tutti e disse ”Cara Amy, sinceramente non so da dove iniziare, ho preferito dire qualcosa di spontaneo anziché prepararmi il discorso, sai meglio di chiunque altro che preferisco stupirle le persone, è questo che voglio fare con te, qui questa sera d’estate. Ho bisogno di te per vivere, e con te voglio costruire il mio futuro, non mi resta che chiederti di voler farne parte”  Mia zia non rispose nulla, per un attimo pensai che gli avrebbe risposto di no, dato che piangeva ormai a dirotto, ma poi lo fece alzare e lo baciò. 
                                                             Non c’è promessa più reale di un bacio dato con amore.
Amy e Dom hanno costruito la loro famiglia, ora hanno una bambina bellissima e persino la loro casa ha compreso e apprezzato il loro meraviglioso modo di amare e di amarsi. Quello che mi restava da credere è che forse io non sarei mai stata amata come lei, ciò mi feriva.
Mi addormentai accarezzata da questi pensieri colmi di invidia. Un’invidia non fatta di cattiveria, perché io adoravo i miei zii ma fatta di tristezza, di amore. Quell’amore che non possedevo più.






Grazie ancora a chi leggerà e scusatemi per gli eventuali errori. Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo. A presto e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate.

AADream
  
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