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Autore: Mirokia    01/04/2011    4 recensioni
Ma nessuno poteva sapere che ogni dannato giorno, quando tornava a casa, Dave si guardava allo specchio e poi, automaticamente, si copriva il volto con le mani, perché si vergognava di guardarsi in faccia.
-Sono innamorato di lui.- ripeteva, senza riuscire a versare lacrime. Era persino incapace di piangere.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kurt Hummel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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How he fell for Him

 

 

 

 

In realtà, Dave Karofsky non s’era innamorato di Kurt Hummel a prima vista. No di certo.

A suo avviso, i colpi di fulmine tipici delle fiabe romantiche non esistevano, ma è vero che inizialmente avrebbe voluto che quell’Hummel fosse colpito da un qualche fulmine vagante.

Non negava di aver messo gli occhi su Kurt sin dai suoi primi giorni di scuola, ma di certo non erano occhi sognanti o meravigliati. Forse indignati e un po’ schifati. Insomma, non era proprio un piacere per i suoi poveri occhi vedere un ragazzino di appena quindici anni vestirsi in modo assolutamente appariscente e camminare muovendo con fare esagerato i fianchi e tenendo la testa alta, quasi fosse fiero di ciò che era.

Gli faceva una tale rabbia… Una rabbia che cresceva ogni qualvolta intercettasse la figura di Kurt Hummel, coi suoi modi di parlare e di comportarsi decisamente stravaganti. Neanche conosceva il suo nome, in quel periodo: per lui era “il Finocchio”, e poi diventò “il Finocchio del Glee club”, quando entrò a far parte del suddetto club.

Tormentare gli sfigati del Glee club era compito dei bulli da generazioni  e generazioni. Così, quando Dave e Azimio iniziarono a prendere di mira Finn Hudson, finirono inevitabilmente col molestare anche gli altri membri del club, tra cui Kurt Hummel. Adesso Dave, appena ne trovava l’occasione, urlava qualche brutto insulto al ragazzo, senza ancora sapere come diavolo si chiamasse. Ma per il momento, il suo bersaglio preferito rimaneva Hudson: non si sarebbe arreso finchè non fosse riuscito a scrivergli un bel “perdente” sulla fronte spaziosa.

Gli dava fastidio, però, che quel finocchio continuasse ad ignorare i suoi insulti e a tirare avanti con portamento fiero, come se le parole di Dave servissero solo a rinforzarlo. Una checca davvero fastidiosa, senza dubbio. Un paio di volte al bullo passò per la testa l’impensabile idea di andare da lui, picchiettargli sulla spalla e chiedergli se si rendesse conto di essere un’insopportabile checca che gli stancava la vista. E se rispondeva di sì, magari gli avrebbe chiesto com’è che ne era così fiero. Perché Dave proprio non capiva come poteva riuscirci. E si vergognò quando sentì un sentimento simile all’invidia montargli dentro. Si vergognò tanto da voler spaccare la faccia a qualcuno, magari a quel belloccio di Kurt Hummel.

Venne a conoscenza del suo nome quando entrò a far parte della squadra di football nel ruolo di kicker. Nel momento in cui lo vide ballare sulle note della canzone di Beyoncè in campo, avvalorò le sue tesi riguardo l’incredibile omosessualità di quel ragazzino. Lo guardava dalla panchina mentre si esibiva, e intanto si chiedeva come fosse possibile che un elemento del genere potesse fare il provino per il ruolo di kicker e poi dimostrarsi un ottimo kicker, e che lo facesse sentire tanto frustrato. Insomma, era poco più di un bambino, ma gli metteva soggezione. Un insetto del genere che metteva soggezione ad un colosso come lui? Era fuori discussione!

Eppure, iniziò ad accorgersi che se si ritrovava nello stesso corridoio nel quale scorazzavano lui e suoi amichetti, gli si agitava qualcosa nello stomaco e, puntualmente, sentiva il bisogno di rovinare la giornata di qualcuno di loro con una bella granita in faccia.

Non c’era una volta che quella femminuccia non attirasse l’attenzione del bullo. E come dargli torto, d’altronde? Kurt Hummel se ne usciva con un nuovo, stravagante travestimento ogni giorno. Il colmo era stato quell’inguardabile abito alla Lady Gaga: sembrava che si fosse avvolto nella carta stagnola. E allora, giù con altri insulti e appellativi poco carini. L’ultimo utilizzato da Dave e che gli sembrava calzasse a pennello ad Hummel era “Fatina”. Non perse occasione per chiamarlo a quel modo, lo stuzzicava di continuo, lo minacciava coi pugni alzati insieme ad Azimio. Perché la scuola doveva essere ripulita dalla gente che si travestiva da fenomeno da baraccone, quasi si trovasse al circo. Infatti, un trattamento simile era stato riservato anche agli altri componenti del Glee club. Ma Hummel era particolarmente insultabile. A dir poco.

Come si divertì, Dave, a scarabocchiare la foto del Glee nell’annuario scolastico disegnando una gonna sui pantaloni di Hummel e tracciando una bella X sulla faccia di Rachel Berry.

 

Poi arrivò l’estate, e la fastidiosa immagine di Kurt Hummel che s’aggirava per i corridoi del McKinley e veniva riempito di granita da lui stesso o da altri bulli, svanì poco a poco dai suoi pensieri.

Il problema tornò però a verificarsi al rientro dalle vacanze, più forte di prima.

-Diamo il benvenuto alla Signorina con una doccia di granita.- aveva proposto Azimio, e Dave gli era andato subito dietro. Rivedere Hummel non gli fece molto bene. Perché non era più un bamboccio coi capelli a scodella e le maglie fosforescenti: sembrava più alto, più magro, e non aveva più quel terribile ciuffo di capelli che gli cadeva sulla fronte. Pensò che era un peccato mandare a puttane quell’impeccabile pettinatura con un paio di Slushie, ma non poteva tirarsi indietro all’ultimo momento.

Quell’anno iniziò allora col piede sbagliato, che a quanto pareva non aveva intenzione di raddrizzarsi. La presenza di Hummel a scuola era per Karofsky fonte di rabbia e nervoso acuto, che sfociavano in atti di violenza nei confronti del più piccolo. Iniziò infatti a sentire il bisogno di spintonarlo, per fargli capire che il suo essere così diverso gli dava davvero sui nervi.

Forse era invidioso sul serio. Iniziò a rendersene conto quando una volta si ritrovò a sbirciare nell’aula prove del Glee club e vide Kurt che cantava qualcosa, e intanto piangeva. Aveva una voce incredibilmente da checca. Il bullo continuava a ripeterselo, quasi a voler fermare il proprio cuore, che s’era messo inspiegabilmente a battere in modo frenetico. Ma niente, quello non rallentava, anzi, gli faceva vibrare febbrilmente le labbra. E quando si chiedeva perché diavolo avesse in corpo tutte quelle strane sensazioni, preferiva non cercare la risposta; la evitava come una malattia, ne era terrorizzato.

 

A quel punto, Dave smise gradualmente di tormentare gli sfigati del Glee club, perché ormai non riusciva a far altro che concentrare la propria attenzione su quella femminuccia di Hummel che, constatò Dave, più andava avanti, più diventava presuntuosa, insopportabile e incredibilmente bella. Bella? Quella femminuccia? Eppure gli veniva spontaneo pensarlo, come se nel suo subconscio l’avesse sempre fatto.

Arrivò persino un periodo in cui non passava un giorno in cui Dave non pensasse al fatto che Kurt fosse davvero di bell’aspetto, a tal punto che gli dava fastidio intercettarlo così spesso per i corridoi.

Arrivarono inoltre i periodi in cui Dave si sentiva talmente frustrato da voler sfogare la propria confusione proprio sul povero Hummel. Lo spingeva contro gli armadietti sempre più spesso, e con brutalità, non con scherno e derisione. Cercava di giorno in giorno un qualche contatto fisico col ragazzo, perché gli rodeva il fatto che quel finocchio gli popolasse i pensieri da mesi, se non da anni, ma che lui, al contrario, sapeva a malapena dell’esistenza di Karofsky.

Una spintonata, due, tre. Finalmente Hummel gli rivolse personalmente la parola, ed ebbero il loro primo dialogo diretto. Non molto amichevole, ma era sempre qualcosa. Aver parlato con quella fatina, scatenò in Karofsky un turbine di emozioni sconosciute, che gli pulsavano dolorose e allo stesso tempo piacevoli all’altezza dello sterno. Anche quella notte vide nei suoi sogni quel dannato ragazzo. Ormai lo sognava di continuo, era insopportabile, lentamente lo stava facendo impazzire.

-Che diavolo mi hai fatto?- si chiedeva spesso allo specchio, come se di fronte a lui avesse Hummel e gli stesse parlando faccia a faccia. –Il cuore mi esplode, che diavolo m’hai fatto?!- ripeteva arrabbiato, e poi mollava un pugno al muro. Ma ci voleva poco perché si mettesse a piangere adagiandosi sulle proprie ginocchia. Si tirava i capelli per un tempo indeterminato e digrignava i denti borbottando fra sé.

Poi, un giorno di quelli tornò a fissarsi allo specchio, vergognandosi di incontrare il proprio sguardo impaurito.

-Sono innamorato di lui.- si disse, con la sensazione che la sua immagine riflessa fosse brutta e deforme.

 

Amare segretamente un ragazzo fu doloroso e insopportabile per Dave. Non era facile camuffare quell’insolita voglia di prendere tra le mani il viso di Kurt e avvicinarlo al proprio, per avvertire il suo respiro, godere del suo profumo, sentire che sapore avesse la sua pelle. Non riuscì infatti a controllarsi quando si ritrovò Hummel che urlava stizzito a pochi centimetri dalla sua persona: avrebbe voluto picchiarlo per la sua presunzione, è vero, ma quella malsana idea di sentire le sue labbra sulle proprie lo vinse, e lo costrinse a strappargli via un bacio. Un’altra, enorme frustrazione fu il rifiuto da parte di Hummel di un secondo contatto di labbra. E come poteva dargli torto? Dopo mesi e mesi di torture, Kurt non avrebbe mai accettato un bacio da Karofsky. Mai. Come non l’avrebbe mai perdonato.

Ma chi se ne importava di quel finocchio? Dave aveva ben altro a cui pensare, non poteva farsi condizionare da sguardi impauriti ed espressioni di terrore e da un viso di porcellana diventato troppo bianco per lo shock.

Ma a chi voleva darla a bere? Non era tanto forte come amava mostrare agli amici: Kurt continuava ad essere al centro dei suoi pensieri, e se non riusciva ad intercettare la sua figura per più di due giorni, andava a cercarlo, poi lo metteva al muro, e lo terrorizzava. Ancora una volta. Anche se la sua intenzione era quella di sentirlo vicino, non importava se quasi moriva di paura. L’importante era averlo lì, davanti ai suoi occhi, bello come non mai.

 

Terrorizzarlo, però, forse non era la strategia giusta. Perché l’enorme paura che provava Kurt nei confronti del bullo, l’aveva traumatizzato, tanto da costringerlo a scappare, scappare dalla scuola, scappare da lui.

Dave non vide più Kurt Hummel scorazzare per i corridoi, ma la sua presenza era costante, poiché chiunque parlava di lui e commentava la sua situazione. Primo fra tutti Puckerman, che rimproverò a Dave di aver fatto fuggire Hummel. Poi la Berry, che sottolineò la sua intransigenza verso quel bullo, quel noto omofobo. E pure Hudson, che ricordò a Shuester del fatto che Karofsky aveva costretto Kurt al trasferimento.

Ma nessuno poteva sapere che ogni dannato giorno, quando tornava a casa, Dave si guardava allo specchio e poi, automaticamente, si copriva il volto con le mani, perché si vergognava di guardarsi in faccia.

-Sono innamorato di lui.- ripeteva, senza riuscire a versare lacrime. Era persino incapace di piangere.

 

 

§

 

 

Shot senza pretese scritta nell’arco di tre sere.

Ho immaginato come Dave possa aver gestito questo enorme sentimento che è l’amore. :)

Grazie a coloro che si sono fermati a leggere :D

E un caloroso abbraccio stritolante a tutti i miei fans! *lancia fiori colorati sentendosi una diva*

 

 

Mirokia

   
 
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