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Autore: Lirin Lawliet    01/04/2011    13 recensioni
Dieci minuti.
Dieci minuti per toccare il paradiso e per precipitare all'inferno.
Dieci minuti per perdersi e poi ritrovarsi ancora, ed ancora.
Dieci minuti per abbandonare il mondo fuori e trovarne uno all'interno.
Dieci minuti per chiudere una porta e per aprirne un'altra: quella del cuore di Hikaru.
Una piccola parte del cuore di Hikaru si era appena dischiusa per Kaoru; e lo stesso Kaoru non avrebbe approfittato di quel momento per sbirciare all'interno, per placare la sua sete di risposte, ma invece si sarebbe seduto, in paziente attesa, aspettando che fosse direttamente Hikaru a consegnargli la chiave per entrare nel suo mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hikaru Hitachiin, Kaoru Hitachiin
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: il testo è stato modificato affinchè fosse conforme alle regole del sito riguardanti la tematica incestuosa. La scena erotica è stata addolcita e privata di ogni descrizione approfondita, giacchè è possibile discutere dell'incesto, a patto di evitare scene particolareggiate, in quanto sono vietate dal regolamento.
L'autrice.

 


Dieci minuti in paradiso
 

Kaoru osservò la luce che proveniva dal salotto assottigliarsi sempre più, sino a diventare un'evanescente lama dorata, illusoria come la linea dell'orizzonte. Avvertì distintamente il suono della chiave che ruotava due volte nella serratura e la voce ilare di Tamaki, che annunciava gioiosamente: «Dieci minuti, ragazzi. Mi raccomando, fate i bravi.»

Ovviamente, Kaoru sapeva che il King dell'Host Club non aveva intenzione di deridere lui o suo fratello; al contrario, era certo che le sue raccomandazioni, in realtà, stessero nascondendo un implicito invito a dare inizio ai giochi. Dopotutto, quello stupido gioco, «Dieci minuti in paradiso» così lo aveva chiamato, era stato solo l'ennesimo capriccio di Tamaki per deliziare le molteplici ospiti che, ogni giorno, si baloccavano con l'idea di trascorrere del tempo con i loro più che piacevoli accompagnatori. Il gioco era puerile quanto intrigante: bisognava estrarre due nomi a sorte, e i prescelti dal destino avrebbero avuto l'occasione di trascorrere dieci minuti in un ripostiglio buio ed angusto. Con ogni probabilità, anche la ragazza affetta dalla più acuta delle scotofobie avrebbe ingoiato le lacrime dinanzi alla prospettiva di restare in intimità con uno degli splendidi membri dell'Host Club; e questo inconfessabile segreto perverso, come si può immaginare, era di dominio pubblico...
Ma il caso - o meglio, lo zampino previdente di Kyouya Ootori - aveva deciso altrimenti.

Ecco perchè il cuore protestava ferocemente nel suo petto; ecco perchè l'aria era divenuta improvvisamente così satura di tensione; ecco perchè trovava difficile resistere ai brividi che gli scivolavano incessantemente lungo la schiena... Perchè, lì, in quella minuscola stanza, c'era il più grande dei suoi timori: Hikaru.
Kaoru avvertiva distintamente il gomito sinistro di suo fratello strusciare, placido, contro il proprio fianco.
Kaoru sentiva chiaramente il suo fiato caldo rotolargli addosso in spire incandescenti.
Kaoru ammetteva a se stesso di essere incantato dall'atmosfera che si era creata, quasi come se sapesse che tutto ciò che avesse fatto in precedenza o successivamente a quei dieci, maledetti, minuti non avrebbe mai avuto importanza. Con la complicità silenziosa del buio, Kaoru si spogliò di ogni inibizione, di ogni freno che, sin da quando aveva subìto la confusione che gli cresceva nell'anima ogni volta che si trovava accanto al gemello, aveva sempre accompagnato i suoi segreti desideri. Il buio annullava tutto: esclissava la somiglianza che tra loro esisteva, scioglieva i vincoli di sangue, li svestiva di ogni legame precedente... Perchè lì, in quella minuscola stanza, c'era la più irresistibile delle sue tentazioni: Hikaru.

Hikaru taceva, ma Kaoru percepiva distintamente l'insostenibile ferocia dell'elettricità che li divideva, seppur di pochi centimetri. Sin da bambini, la lontananza, per Hikaru e Kaoru si era sempre tradotta in un dolore bruciante, quasi palpabile, come la puntura di mille spilli che affondassero nelle loro carni nell'incredibile sforzo di impedire al filo rosso del destino, quello che li legava, di sciogliersi e di lacerarsi.
Strappato: ecco come si sentiva Kaoru ogni volta che, al suo risveglio, non avvertiva la schiena morbida di Hikaru dolcemente adagiata contro la sua. Delicata, come una piuma che si adagi su una nuvola. Necessaria, come la rugiada che luccichi sui primi, timidi, boccioli di marzo. Leggera, come un sottile filo di fumo che si disperda nello zefiro primaverile. Insostituibile, antica... Eppure, sempre nuova. Nuova, come lo era l'onda di emozioni che lentamente stava crescendo nel suo spirito e che minacciava di sommergerlo da un momento all'altro.

Strappato, ancora una volta. Diviso in due, tra l'estasi e il tormento.

Una parte di lui avrebbe voluto stringere la mano di Hikaru nella sua; l'altra avrebbe desiderato fuggire, per rifugiarsi ancora ed ancora nella penombra della sua routine quotidiana. E, intanto, il tempo correva, imperterrito, inseguendo i suoi pensieri, indefiniti e confusi, come i riflessi di realtà che aveva scorto tante volte negli universi racchiusi nelle bolle di sapone. Ed era esattamente così che Kaoru si sentiva: in trappola, in una bolla di sapone che minacciava di esplodere da un momento all'altro, e che, lui lo sapeva, una volta dissolta, non sarebbe più tornata come prima. Non ci sarebbero più state maschere, nè sguardi ambigui, nè discorsi dubbi... Ci sarebbe stato solo lui, lui e quella minuscola stanza in cui c'era tutto.

...Tutto il suo mondo.

Hikaru era tutto il suo mondo.

Un minuto era ormai trascorso. Kaoru immaginò le ragazze al di là della porta trattenere il fiato, nella speranza di cogliere anche il più fievole dei sospiri; immaginò gli sguardi divertiti di Tamaki, di Takashi e di Mitsukuni; immaginò gli occhi felini di Kyouya osservare con impazienza le lancette dell'orologio che si strusciavano le une con le altre, in attesa che il tempo scadesse; immaginò l'espressione distaccata di Haruhi... E qui, le sue sopracciglia si inarcarono.
Haruhi. Se solo Hikaru non avesse conosciuto Haruhi.
Cosa provava per lei? La desiderava? La amava? Forse, non lo sapeva con certezza neanche lui. Ciò di cui però Kaoru era certo era che Haruhi non sarebbe mai stata in grado di comprendere Hikaru come avrebbe potuto fare lui. Avrebbe forse riconosciuto il suo profumo fra altri mille? L'avrebbe forse guardato come solo lui era solito fare? Avrebbe scorto mai la fossetta che gli increspava le guance quando era pensieroso? Si sarebbe mai accorta di quanto sperduti fossero i suoi sguardi, quando lui non c'era?
Probabilmente, Haruhi avrebbe potuto amare Hikaru.
Ma non con la stessa dedizione e lo stesso ardore con cui l'avrebbe fatto lui.
Perchè era così, Kaoru lo aveva sempre saputo: tutta la felicità di cui aveva bisogno era nel palmo della mano del gemello, nel fondo dei suoi occhi, nell'incavo del suo petto...
Kaoru era perdutamente, tragicamente, innamorato di Hikaru... E tutto il suo amore era lì, ad un passo da lui, in quella minuscola stanza in cui c'era un segreto.
Eppure, da quando Haruhi aveva riempito la loro vita, da quando sembrava essere venuta a lenire ogni loro male, Hikaru era cambiato.
Non era più il suo Hikaru-kun.


«Kaoru...?»
La voce di Hikaru riempì il silenzio, vibrando impazzita contro le pareti del suo cuore, insinuandosi silenziosa nelle pieghe dei suoi inconfessabili desideri.
«Cosa c'è?» riuscì a sussurrare Kaoru, geloso di quell'attimo, smanioso di custodirlo gelosamente. Nessuno, nessuno avrebbe dovuto sentirli.
«Quando pensi fai rumore, Kaoru.» spiegò l'altro, stringendogli la mano «Che cos'hai?»
Cos'avrebbe dovuto rispondere?
«Hikaru... Riesci a vedermi?» chiese timidamente. Riuscì ad immaginare l'espressione perplessa del suo vivace gemello.
«Scemo, è tutto buio. Come pensi che potrei vederti?»
«Allora...» Kaoru intrecciò con maggior energia le proprie dita con quelle di Hikaru «Chi di noi due è Hikaru-kun?»
«Che stai farneticando, baka? Sono io Hikaru-kun!» protestò l'altro, confuso.
«Ne sei davvero sicuro?» chiese «Perchè io non lo sono.»
Hikaru tacque.
«Normalmente, mi avresti abbracciato e avresti fatto in modo che le nostre ospiti potessero equivocare. Invece, sei distante, sei lontano Hikaru... Forse, è perchè temi lo sguardo di Haruhi? Hai paura di quello che potresti vedere?»
«Ma cosa dici!?» sbottò Hikaru «Perchè dovrebbe interessarmi? Cosa dovrei vedere?»
«La sua indifferenza.»
Hikaru tacque ancora, e Kaoru interpretò quel silenzio come un'ammissione di colpa. Ma poi la voce di Hikaru risuonò calda, liquida, come lava incandescente nelle sue orecchie sensibili; le mani di Hikaru vagarono peregrine, spaesate, sulle sue spalle incurvate.
«Sei un'idiota, Kaoru...» sussurrò «Non è l'indifferenza di Haruhi che può farmi male.»
Kaoru si voltò, avvolto dal buio. La punta del suo naso sfiorò quella più fredda del gemello. I loro respiri si intrecciarono, spezzati dalla tensione.
Istintivamente, anche Kaoru si aggrappò alle spalle di Hikaru, alla stregua di un naufrago che non avesse più stelle con cui orientarsi.
«Non capisci?» fece Hikaru «Non ti sfioro, perchè mi spaventa. Tu mi spaventi, Kaoru-kun.»
«E allora perchè adesso lo stai facendo?»
Le mani di Hikaru raggiunsero il mento liscio del gemello e lo vezzeggiarono con dolci carezze. Inequivocabili. Conturbanti. Disperate.
«Perchè mi fa più paura l'idea di non poterlo fare...» ammise Hikaru, adagiando la sua fronte contro quella di Kaoru «Possiamo... Possiamo restare un po' così?»
«No.»
«Perchè no?»
«Perchè io non sono uno che si accontenta di così poco, dovresti saperlo!»
«Sei tu quello che non sa tutto di me...» terminò Hikaru, unendo le sue labbra con quelle del gemello.
Le loro bocche si sfiorarono, timide, incerte, come se stessero esplorando per la prima volta un labrinto di luci ed ombre che, forse, non li avrebbe mai condotti a nessuna meta. Ma in quel momento, a nessuno dei due importava trovare una via d'uscita, un'uscita di sicurezza, perchè l'unica sicurezza che Hikaru e Kaoru avevano era quella di appartenere l'uno all'altro. Così, si persero in quel liquido mare di passione, approfondendo i loro baci, rincorrendo le loro lingue in una danza talora delicata come un waltzer, talaltra impetuosa come una lambada. I loro respiri si fusero insieme, imprigionando le loro anime in un amplesso metafisico feroce, entrambe incuranti della ragnatela di parole dolci, atroci, che stavano tessendo intorno ai loro cuori confusi e distrutti dal desiderio. Le loro labbra dolcemente dischiuse, come fiori carnivori che nascondono il più zuccherino dei nettari al loro interno, si offrirono l'una all'altra.

E Kaoru smarrì se stesso. Smarrì il senso del tempo, smarrì la sua mente, che naufragava incerta lungo la schiena di Hikaru, correndo incontro ad una dannazione certa.

Una dannazione desiderata.

Una provocazione voluta.

Una promessa mantenuta.

Le mani di Kaoru sciolsero il nodo della cravatta del gemello; e con quel nodo, Kaoru sciolse ogni suo dubbio. Voleva Hikaru, desiderava Hikaru, tutto, tutto il suo essere era fatto per incontrare Hikaru. Le loro labbra si cercarono, lascive, voraci, vogliose di mordicchiarsi e di succhiarsi con bramosia. Fameliche ed incandescenti. Le mani di Hikaru si intrufolarono fra i suoi capelli bruni: li accarezzarono e li scompigliarono, stringendo le piccole ciocche nei polsi serrati e tremanti di desiderio. Quando Kaoru prese a baciargli il collo, Hikaru avvertì le sue mani spostarsi velocemente sul suo ventre, per poi risalire lungo il petto; i suoi palmi si fermarono all'altezza dello sterno e presero a stuzzicargli capezzoli già turgidi e sensibili, ma purtroppo ancora coperti dalla camicia di cotone. La lingua Kaoru era come una scia di lava sulla sua pelle fredda, era come una scarica elettrica che gli lambiva la gola, troppo esposta, troppo vulnerabile.
Un leggero gorgoglio sfuggì alle labbra dischiuse di Hikaru, che di riflesso rovesciò il capo per offrirgli di più.
Quel mormorio fu musica per le orecchie di Kaoru: dolce come una cascata di granelli di zucchero sulla sua pelle, come una cucchiaiata di miele nel latte caldo.
Quel mormorio fu condanna per le orecchie di Hikaru: carnefice e vittima di se stesso, schiavo dei propri bisogni.

Si baciarono ancora, mentre le loro dita si affannavano affinchè soltanto il buio li vestisse.

Hikaru si lasciò sfuggire un gemito soffocato quando Kaoru iniziò a stuzzicargli il lobo dell'orecchio e, senza volerlo, lo attirò verso di sè con forza, forse, tirandogli un po' i capelli. Cercò il suo sguardo per accertarsi di non avergli causato dolore... Ma i suoi occhi liquidi sembravano solo gridare di puro piacere. Gli occhi di Kaoru: dolci come quelli di un angelo, pericolosi come quelli di un demonio. E così, Hikaru si lasciò incantare dai segreti svelati dalla lingua del fratello, che si intrufolava nel suo orecchio con movimenti ampi e delicati. Si lasciò stregare dai suoi sospiri che, per quanto rochi e bassi fossero, sembravano strillargli di dargli piacere. Lo accontentò senza indugi, lasciando scorrere le mani sulla sua schiena e premendo le unghie corte contro la sua pelle adamantina. Esasperato dall'attesa, gli sfilò la camicia con impeto forse eccessivo. Non ricordò dove l'avesse lanciata, ma lo fece con violenza ed impazienza: non dovevano esserci ostacoli, non dovevano esserci contrattempi.
Non potevano esserci: perchè entrambi stavano disperatamente correndo in equilibrio su una corda di filo spinato. Il filo rosso che li legava era ormai filo spinato.
Ma a nessuno importava...

Si donarono l'uno all'altro, fra baci e carezze, esplorando per la prima volta la vera essenza dell'altro. Le loro anime si rincorsero, unendo i loro corpi in un irresistibile abbraccio di carne e sangue, fuso in un tripudio di sospiri e di parole mai dette, mai confessate. Cavalcarono le ombre, smarrendosi in quel labirinto nero, in cui ogni sentiero conduceva inevitabilmente ad un baratro senza fine, un baratro sul fondo del quale v'era solo il loro amore: la loro dannazione. Si sporcarono, come due angeli caduti, che avessero compiuto il sommo sacrificio di strapparsi le ali. Umani, troppo umani. Erano umani, mentre Hikaru si muoveva veloce dentro Kaoru. Erano umani, mentre sormontavano l'insaziabile e prorompente onda dell'orgasmo. Erano umani, mentre si saziavano l'un con l'altro...

La prima sensazione di Kaoru non fu affatto piacevole: gli sembrò di essere sul punto di esplodere, proprio come la bolla di sapone che poco prima gli era venuta in mente; ma a poco a poco il dolore si trasformò in sopportabile fastidio, e dopo ancora, in incontenibile piacere. I loro corpi si muovevano all'unisono, i loro cuori vibravano in sincronia, le loro anime erano intrecciate l'una nell'altra, come quando da bambini erano convinti di essere una sola persona in due diversi corpi che soltanto insieme si sarebbero completati.

«Hi... Hikaru!!!» gridò, consapevole che qualcuno lo avrebbe sentito dall'altra parte della porta.
«Aspettami, Kaoru...!» lo supplicò il gemello, aumentando il ritmo delle proprie spinte.

Pochi istanti dopo, entrambi vennero sommersi da un'onda di piacere, la stessa onda che poco prima aveva tanto spaventato Kaoru, e che ora invece si era rivelata essere meravigliosa da cavalcare, se in compagnia del gemello.
Entrambi si abbracciarono e si sorrisero, restii a rivestirsi, ma consapevoli del tempo che era ormai, quasi sicuramente, giunto al termine. Infatti...

«Hikaru, Kaoru, tempo scaduto!» gongolò Tamaki, aprendo la porta appena un attimo dopo che Hikaru fosse riuscito ad abbottonarsi i pantaloni. La luce dell'aula di musica n°3 li colse di sorpresa, accecandoli. Uno stuolo di ragazzine, chi svenute, chi adoranti, chi in estasi mistica, si era riunita intorno a Kyouya, che reggeva un registratore, riproducendo ritmicamente le voci di Hikaru e Kaoru...

«Hi...Hikaru!!!»
«Aspettami, Kaoru....!»

Hikaru e Kaoru sbiancarono, arrossirono, divennero color porpora, e poi sbiancarono di nuovo al sol sentire gli ululati delle loro ospiti impazzite.

«Per il nastro completo, vi chiedo soltanto ottomila yen, signorine!» le informò Kyouya, sogghignante.
«Lo prendo!»
«Ne voglio uno anch'io!»
«Io ne compro dieci!»
«Io venti!!!»

Hikaru e Kaoru si scambiarono uno sguardo stupito, si sorrisero, complici, e poi risero di gusto. In fondo, quegli ottomila yen non valevano neanche un secondo del tesoro che c'era in quella stanza... Perchè ottomila yen non avrebbero mai comprato dieci minuti in paradiso.

 

Dieci minuti.

Dieci minuti per toccare il paradiso e per precipitare all'inferno.

Dieci minuti per perdersi e poi ritrovarsi ancora, ed ancora.

Dieci minuti per abbandonare il mondo fuori e trovarne uno all'interno.

Dieci minuti per chiudere una porta e per aprirne un'altra: quella del cuore di Hikaru.

Una piccola parte del cuore di Hikaru si era appena dischiusa per Kaoru; e lo stesso Kaoru non avrebbe approfittato di quel momento per sbirciare all'interno, per placare la sua sete di risposte, ma invece si sarebbe seduto, in paziente attesa, aspettando che fosse direttamente Hikaru a consegnargli la chiave per entrare nel suo mondo.

   
 
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