Note alla
lettura:
La terza flash!fic della storia è
una non-sense. Non va letta con l’idea di trovarvi un senso logico, quindi, ma
si tratta puramente di un’insana proiezione prodotta da Carry,
il mio neurone vacanziere.
È una situazione in cui i due personaggi
di pokémon Black and White si incontrano, nonostante sia completamente
impossibile. :)
Per intenderci, Cynthia
è Camilla.
Inoltre, vorrei ricordare che, Pokémon e tutti i
personaggi, idee, ect. appartengono a Nintendo, 4Kids
Entertainment, Warner Brothers, Game Freak e Satoshi Tajiri. Il tutto viene utilizzato senza scopi lucrativi, chiaro?
A meno che non vogliate fare un’offerta. In quel caso, sotto la storia trovere il riquadro per inserire cosa ne pensate. (L)
Buona lettura, chicos.
M. (Altro che N, tsè.)
Her hair reminds me of a warm safe place
[Dedicata
a Hilly.]
~ so you're leaving in the morning on the early train*
Ruby
se l’era ritrovata di fronte per caso. Ricordava bene i due ciuffi color miele
che si muovevano con il vento, così come l’aria spaventata per quell’incontro
che la ritraeva come una bambina di cinque anni.
La
prima cosa che pensò di lei, fu quanto fosse carina. La seconda, che non
l’aveva mai vista da quelle parti, né da altre; probabilmente era la figlia del
nuovo capo palestra di Petalburg City, Norman. Parlavano tutti di loro, compreso
suo padre, che già pensava di donarle uno dei suoi preziosissimi pokémon. Aveva
sproloquiato su quante nuove specie avrebbe potuto catalogare, se oltre a Ruby,
ci fosse stato anche qualcun altro pronto a mettere sotto sopra Hoenn e i suoi
luoghi nascosti.
Gettò
un’occhiata indagatrice sul suo corpo esile ed acerbo, accarezzando poi con
particolare interesse il suo viso rotondo, le labbra sottili e gli occhi grandi
ed azzurri, dal taglio orientale e ricchi di chiare ciglia lunghe.
La
sua terza impressione, fu che la trovava più che carina.
«Tu
devi essere Sapphire,» le disse con più durezza di quanto avrebbe voluto,
vedendo solamente in quell’istante una pokéball nella sua mano destra; suo padre
non aveva perso tempo, pensò Ruby sorridendo. Il suo Mudkip scalpitava,
percependo nell’aria profumo di lotta, e lui lo imitava.
«E
tu…tu sei Ruby? Il figlio del professor Birch?» Aveva una voce piccola,
Sapphire, intimidita dalla sua presenza. Eppure, i suoi genitori gli ripetevano
spesso quanto a suo agio mettesse le persone; forse fu per questo che le
sorrise, annuendo poi ed afferrando la propria pokéball.
«Mio
padre ti ha mandato per sfidarmi, giusto?» le chiese lanciando Mudkip in campo,
mentre anche l’altro pokémon scalpitava eccitato – fu facile immaginare quale
avesse scelto, quella ragazzina.
La
guardò portarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e fu talmente
catturato da quel gesto che non la vide lanciare in campo un piccolo ed agitatissimo
Torchick, di un arancione caldo quasi come le guance di Sapphire, emozionata
per quella prima lotta.
«Se
vinci tu, potrai allevare quel pokémon e catturarne altri, viaggiando per la
regione di Hoenn. Se vinco io, dovrai migliorare e poi venire a batterti di
nuovo, prima di poter intraprendere quest’avventura.»
La
vide annuire decisa, e Ruby seppe che avrebbe perso contro di lei. E che quella
grinta gli piaceva, gli piaceva da morire.
~ everytime that I come near her, I just lose my nerve*
«Cosa significa questo?»
Mars sollevò gli occhi dal manga che stava leggendo, masticando
lentamente il biscotto al cioccolato che una recluta le aveva gentilmente
offerto; di fronte a lei, Saturn bolliva di rabbia.
Fu con estrema magnanimità che la ragazza prese ad osservare il foglio
scarabocchiato di giallo e fucsia fosforescenti, e lo riconobbe come il piano
per la cattura dei tre pokémon dei laghi. Sorrise con cortesia, sbattendo le
sopracciglia angelica.
«Il piano che mi hai chiesto, Saturn,» cinguettò divertita, pronta a
godersi lo spettacolo. Dietro di lei, una piccola folla di reclute si era già
riunita, ormai abituata a quei piccoli siparietti quotidiani di comicità. Erano
piacevoli spezzoni che si concedevano quando Cyrus non era nei paraggi pronto a
sproloquiare per l’ennesima volta la validità delle sue idee, i suoi piani,
quanto odiasse quei tre mocciosi che mettevano loro i bastoni tra le ruote ogni
volta.
«Questo…questo…è colorato!»
Esclamò Saturn indignato, diventando rosso di rabbia quando la rossa di fronte
a lui cacciò una risatina sarcastica. La osservò accavallare le gambe, e
deglutì.
«Sì, lo vedo anche io. Quindi?»
Il ragazzo sbatté le ciglia, chiedendosi se Mars lo stesse prendendo
in giro – beh, quello era ovvio, ma
la speranza era sempre l’ultima a morire.
«Quindi,» calcò pesantemente sulla parola, chinandosi verso la giovane
e rimanendo a pochi centimetri dal suo naso a punta, «con che faccia potrei
presentarlo a Cyrus? Devi rifarlo.»
Mars inarcò un sopracciglio, per nulla contenta di quella conclusione.
Si alzò in piedi, fronteggiando il giovane comandante e mettendosi le mani sui
fianchi. Dietro di lei, le reclute indietreggiarono intimorite, ben consapevoli
cosa volesse dire incappare nell’ira della ragazza.
«Devo? A quanto ne so, Saturn, quello è un semplice favore che ho
fatto a te. I piani sono un tuo dovere, quindi, se vuoi, puoi prendere i tuoi
capelli da Purugly e andare da Cyrus con il mio favoloso piano. Altrimenti, sai dove
sono gomma e matita.»
Saturn boccheggiò un paio di volte, mentre Mars di fronte a lui
piegava le labbra carnose in un lievissimo sorriso di vittoria. Diventò di un
rosso mattone, stringendo con forza il foglio colorato nella mano, prima di
cacciare un ringhio e darle le spalle.
Sbatté la porta con forza, l’eco della risata di Mars nelle orecchie
che lo torturava...ancora una volta.
~ the touch of your hand says you’ll catch me whenever I fall*
White si lasciò cadere a terra,
ignorando il dolore provocato dalle ginocchia sbucciate ed il colare del sangue
lungo il polpaccio. Strinse un pugno di erba e sassi con forza, mentre una
lacrima cadeva lungo la sua guancia, solitaria.
«Debole,» sussurrò per poi mordersi
il labbro inferiore, fino a sentire il sapore ferruginoso del sangue invaderle
la bocca. Nella testa, l’eco sorda della voce di N, che le ripeteva l’errore
che aveva fatto nel giudicarla come possibile eroina. L’immagine di Emboar, Lilligant e gli altri
suoi amici esausti a terra, con le ferite che tempestavano i loro corpi
martoriati.
«Debole,» ripeté ancora una volta,
ricordando quanto fosse stato difficile vincere le medaglie, una dopo l’altra;
quante volte i suoi pokémon fossero stati portati d’urgenza ai vari Centri
Pokémon, in condizioni gravi o gravissime.
«Debole!» Urlò infine, mentre
soffocava i singhiozzi contro una mano sporca di terra. Le spalle sussultavano
pesantemente, ed il silenzio della strada era interrotto solamente da White.
Non c’era nessun allenatore pronto a sfidarla, non c’era nessuno.
Forse, fu questo il motivo per cui
quella carezza gentile – e conosciuta – la fece sussultare ed urlare di paura.
La giovane allenatrice cadde a terra, sbattendo il sedere con forza e
sbucciandosi anche il polso.
I suoi grandi occhi azzurri si
spalancarono di colpo notando la figura slanciata di un ragazzo di circa la sua
età di fronte a sé, un sorriso caldo che cercava di rassicurarla.
«Non volevo spaventarti,» disse
semplicemente, riscaldandola con quel timbro più maturo di quanto White
immaginasse. Lo guardò a lungo, la mano saldamente ancorata alla pokéball che
conteneva Samurott, l’unico dei suoi pokémon ancora
in grado di lottare.
«Non voglio combattere,» le spiegò
il ragazzo sedendosi al suo fianco, come se fosse quasi naturale starsene in
tutta tranquillità in mezzo ad una strada attraversata da biciclette o pokémon
selvatici, in piena notte. «Ho solo sentito...che avevi bisogno di me, White.»
Se possibile, la giovane spalancò
maggiormente gli occhi: era una situazione pressoché assurda.
«Tu come...?»
«Trucchi del mestiere. Sai, io ero
nella tua stessa situazione. Un tizio con la coda mi ha sconfitto, ha detto che
ero debole ed io ho perso fiducia in me stesso,» le raccontò fissando il vuoto,
mentre con una mano si premurava che il cappello non gli volasse via dalla
testa.
White sbatté le palpebre incuriosita,
dimenticando per un istante che quel ragazzo fosse uno sconosciuto: «E poi?»
Il ragazzo sembrò soppesare la sua
domanda, arricciando per un secondo le labbra prima di voltarsi nella sua
direzione, guardandola negli occhi. In quell’istante, White notò che erano
della stessa tonalità dei suoi, o forse anche più intensi – vivi.
«Poi...una ragazza mi ha tirato una
pokéball in testa, e mi ha detto di tirare fuori gli attributi. Mi ha detto che
anche lei ce l’aveva fatta, sai?»
Le diede una leggera pacca sulla
spalla, e, White ci avrebbe messo una mano sul fuoco, la sentì trasformarsi in
una lieve carezza, quasi l’imbarazzo avesse preso possesso di quell’arto.
Fissò il ragazzo incuriosita,
mentre si alzava. Quando lui le sorrise ammiccante, il suo cuore fece due
capriole improvvise, così improvvise da toglierle il fiato.
Alzandosi di colpo, con lui, si
ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altra.
«Io preferisco la dolcezza alla
violenza, White. Ricordalo per la prossima volta, occhei?»
E prima che lei potesse anche solo
proferir parola, le diede le spalle, incamminandosi verso la direzione opposta
alla sua. Fece appena in tempo a ritrovare la voce, prima di vederlo scomparire
del tutto: «Qual è il tuo nome?!»
Un sorriso nel buio, mentre
l’allenatore abbassava la visiera del cappello. Nonostante fosse stato più che
un sussurro, White sentì quel nome forte e chiaro, la consapevolezza di averlo
sempre saputo.
«Black.»
~ I could stay awake just to hear you breathing*
Jun sbattè le palpebre un paio di
volte per abituarsi al buio della stanza, mettendosi poi a sedere di scatto.
Tastò al suo fianco con un urgenza, sospirando poi quando la sua mano andò a
scontrarsi un una montagna di morbidezza oltre le lenzuola gialle ed arancioni.
Il ragazzo appoggiò la testa al
cuscino, e dalla sua posizione poteva sentire sulle proprie labbra il respiro
della ragazza al suo fianco, che dormiva placidamente nonostante il movimento
brusco di poco prima – e tutti quelli che Jun aveva provocato durante quelle
ore notturne.
In quel momento, sentendo solamente
il suo respiro caldo, Jun nutriva l’insano desiderio di sollevarsi piano, senza
fare alcun rumore, per raggiungere l’interruttore ed accendere la luce. Voleva
godersi le palpebre abbassate di Hikari, ed ammirare la scompostezza dei suoi
capelli corvini sparsi sul cuscino, così lunghi da riuscire a raggiungere
persino lui.
Desiderava sapere se Hikari fosse
così rilassata da sorridere nel sonno, o se avrebbe dovuto stringerla a sé, in
un moto di dolcezza che, se fosse stata sveglia, non le avrebbe mai dimostrato.
Jun voleva sapere in che posizione
Hikari preferisse dormire, in modo tale che, la prossima volta, senza farsi scoprire, si sarebbe sdraiato per
farla stare comoda e facilitarle il sonno.
Tuttavia, nonostante il suo spirito
lo intimasse ad alzarsi, Jun rimase immobile. Strisciò solamente di qualche
centimetro sul letto, dove il respiro di Hikari quasi diveniva un tutt’uno con
il proprio.
Sorrise nel buio, sapendo che,
stando così, non sarebbe più riuscito a prendere sonno.
~ I would only be in your way*
Silver
si issò alla bell’e meglio lo zaino in spalla, lanciando solamente un’occhiata
distratta alla città che, da qualche miglia, aveva ormai lasciato dietro di sé.
Al suo
fianco, Gengar svolazzava impudente, sorpassando di tanto in tanto il suo
padrone per fargli poi una linguaccia, torturandolo con qualche scherzo e
facendogli perdere la pazienza ogni due passi.
Nonostante
questo, Silver non riusciva a rinunciare alla sua presenza. Anche se ammetterlo
gli costava parte dell’orgoglio che lo contraddistingueva, Gengar era la cosa
che più assomigliava a quello scalmanato di Gold.
Se lì ci
fosse stato lui, nessun silenzio avrebbe permesso a Silver di udire il suono
del vento tra le foglie, o le urla dei pokémon nell’erba alta. Il ragazzo era
sicuro che Gold avrebbe continuato a parlare imperterrito, cacciando qualche
urlo a metà delle frasi, e ridendo in solitudine delle proprie battute.
Ancora
Silver non si capacitava del motivo per cui Gold volesse così disperatamente viaggiare
con lui. Kotone aveva dimostrato molta più intelligenza ad unirsi ad un campione
come Red, cosa che, chiunque avrebbe decretato “alla Gold”, una volta.
Invece
quel ragazzino impertinente continuava a ripetere che gli sarebbe piaciuto
poter viaggiare con lui, alla scoperta di nuovi pokémon. Anche se intimamente
era stata una cosa che gli aveva fatto piacere, Silver non gli poteva
permettere di stare tra i piedi. Ed era per quello che, la mattina, era partito
in fretta e furia dal Centro Pokémon, con la speranza di far perdere le sue
tracce a Gold ed ai suoi pokémon.
Era
quasi sicuro di esservi riuscito, quando un ciuffo nero come il carbone spuntò
dalla collina, entrando nella sua visuale. Mentre il suo cuore si rilassava,
finalmente appagato, Silver assunse un’espressione arcigna di fronte al sorriso
divertito di Gold.
«Te l’ho
detto che voglio viaggiare con te, Silveruccio. E so
che lo vuoi anche tu,» esclamò ammiccante, facendo imporporare le guance del
rosso.
Sarebbe
stata un’altra lunga – e piacevole – giornata, quella.
~ now that you know I’m trapped
Cynthia appoggiò un palmo al vetro della finestra,
guardando la propria immagine riflessa. Studiò con criticità i capelli di un
biondo ormai spento, seguendone la fine, guardando con disgusto crescente il
proprio corpo nudo, i segni di una passione che si scurivano intorno al collo,
divenendo lividi.
Dietro
di sé, intravedeva la sua figura
dormiente. Dietro di sé, Cynthia intravedeva la sua
personale condanna.
Da una
campionessa ci si aspetta fiducia, onestà, maturità. Nessuno si aspettava che
lei sfogasse la sua passione sotto le lenzuola di un hotel a ore, in compagnia
dell’ultimo uomo sulla terra che avrebbe dovuto volere al proprio fianco.
Si passò
una mano sul viso, tentando di cancellare le occhiaie violacee che le
incorniciavano gli occhi. Guardò nuovamente il suo volto, cercando la vecchia Cynthia.
«Cosa
fai lì?» Domandò con voce burbera l’uomo dietro di lei, facendola sussultare.
Non ebbe il tempo di voltarsi, due braccia forti le strinsero saldamente la
vita, mentre labbra invadenti le inumidivano il collo.
Sospirò,
prima di guardare nuovamente se stessa e Cyrus
nel vetro.
Ciò che
vide, non era un abbraccio. Cynthia vide se stessa
tra le braccia di un uomo, il cui unico desiderio era quello di tenerla lontana
dai propri affari.
Cynthia vide gli occhi di una donna, una donna che non
poteva (voleva) liberarsi da quella trappola di carne – in fondo, lei non era
poi così forte.
~ don't you know I feel the same*
Kotone lasciò che Red accarezzasse ancora il suo corpo.
Permise nuovamente a quella lingua ruvida di leccarle la pelle,
facendole chiudere gli occhi ogni qual volta lui cadeva giù, tra le sue gambe,
chiedendo mutamente il permesso di entrare con gli occhi antracite.
Vedeva in lui il nulla, in quegli istanti. Nessuna emozione di
piacere, nessun sentimento devastante, come invece quello che era presente nei
suoi.
«E se io ti amassi?»
La domanda cadde nel vuoto della stanza. Kotone udì lo scricchiolio
del letto mentre Red si issava meglio sopra di lei, una mano ancorata
saldamente al fianco magro; erano sospiri, quelle mani. Così leggere che la
ragazza pareva sognarle. Tuttavia, ogni singola emozione che trasmettevano era
reale, così come quel respiro affannato che sbatteva ripetutamente contro il
suo collo, o i suoi seni, o ovunque.
Quando Kotone sollevò gli occhi nocciola, incontrò lo sguardo
dell’allenatore. Stettero immobili per qualche attimo, prima che lui allungasse
una mano ad accarezzarle i capelli.
Sentì le dita che solitamente la penetravano, districarle i nodi con
dolcezza estrema; sentì le sue labbra baciarle una ciocca con amorevolezza;
sentì il suo respiro lontano dal suo corpo, vicino al suo cuore, ora.
«Probabilmente, ricambierei.»
end.
* Guns’N’Roses, “Sweet
child o’mine” - titolo;
* Phil Collins, “Can’t
stop loving you”;
* The Police, “Every little
thing she does is magic”;
* Ronan Keating, “When you
say nothing at all”;
* Aerosmith, “I don’t wanna miss a thing”;
* Whitney Houston, “I will
always love you”;
* Muse, “Time is running
out”;
* Guns’N’Roses, “November
Rain”.
Note dell’autrice
bislacca:
Avrebbero
dovuto essere sette Ruby/Sapphire, e invece ce n’è solo una. Per lo meno,
essendo questa la prima, dimostro un settimo di coerenza. Non mi pare nemmeno
giusto dare tutta la colpa alla vecchiaia che incombe, in ogni modo.
Tanto
perché non ho nulla da fare a parte studiare (ancora!), vi spiegherò nei minimi
(?) dettagli (?!) ogni singola flash!fic:
•
Ruby/Sapphire: il titolo è utilizzato in modo figurativo. Sta ad indicare che,
anche se non descritto, Sapphire vincerà ed inizierà ad intraprendere il suo
viaggio, nonostante non prenda il primo treno, eccetera, eccetera.
Una
rivalutazione molto personale – e sentimentale – del primo loro incontro.
Personalmente, all’inizio Ruby lo trovavo insopportabile, quindi mi divertivo
ad infliggergli una sconfitta lotta dopo lotta, lo ammetto. (L)
•
Saturn/Mars: semplice, quasi una commedia. Non si capisce se i due siano
innamorati, ma Mars stuzzica Saturn come fa una bambina all’asilo con quello
che le piace. E lui...beh, lui perde la calma solo con Mars. Devo aggiungere
altro? ;) ...sì. La battuta sui capelli di Saturn non è propriamente mia, ma è
presa da una fan art che ho trovato spulciando photobucket.
Personalmente, è la mia preferita tra le sette.
•
Black/White: quando ancora il gioco non era uscito, pensavo che i due si
incontrassero come ogni versione di pokémon. E, ovviamente, mi ero già
innamorata di loro. La batosta che ho preso me la ricorderò in eterno, temo.
Questa
è una versione leggermente fantasy di un incontro tra i due personaggi. White è
distrutta psicologicamente, e chi se non se stessa(o) può aiutarla? Qui compare
Black. Sta a voi immaginare perché lui l’abbia già vissuta. Io dico che il
giocatore che usava Black era semplicemente più avanti nel gioco (L).
Ah,
per inciso, si amano.
•
Jun/Hikari: lui è in un momento di dolcezza, e mezzo addormentato, quindi mi
rifiuto di considerarlo OOC. Poi, diciamocelo, l’amore. E quanto amo la
canzone?
•
Silver/Gold: non era prevista, notando soprattutto che il titolo è al
femminile. Silver è quindi la donna? Dubbio amletico.
Molto
leggera. Niente di psicologicamente distruttivo: Gold è solamente un rompi
scatole e Silver un musone. Clicheosa. ;)
•
Cynthia/Cyrus: non lo so. Loro non mi interessano, mi
sono indifferenti, eppure eccoli qua. Che ci fanno qui? Boh.
È
molto astratta. Mi diverto ad immaginare Cynthia
(muori, tu ed il tuo Garchomp!) in balia di Cyrus. Il
tutto non so se è da vedersi in ambito prettamente sessuale, o anche
sentimentale.
•
Red/Kotone: loro sono LA coppia. È forse la più breve, ma secondo me è anche la
più intensa. In Kotone c’è ormai disperazione, arrendevolezza, ma a differenza
di Cynthia, lei è sicura di amarlo, e vuole sentirlo
vicino come può.
Non
poteva non esserci un happy ending. Non poteva,
capite? Io ci ho provato, sono loro che poi si muovono da soli – e fanno bene,
sì.
Detto
questo, spero di aver chiarito ogni dubbio. Spero sinceramente che qualcuno
commenti queste...cose. O le legga. O qualsiasi cosa.
Una
caramella rara a tutti!
M.