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Autore: KanraChan    01/04/2011    2 recensioni
- H-Hibari-san… - azzardò, quasi timoroso di ricevere l’ennesimo avvertimento che, ordinariamente, puntava in ballo la sua stessa esistenza.
Due iridi suggestive si bloccarono su di lui. – Sawada. – lo riprese. – Cosa stai facendo? – domandò con la stessa tonalità di un’accusa, incrociando successivamente le braccia al petto.
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- Hibari-san… - incalzò, sicuro di aver fatto ricadere un paio di iridi zaffiro su di lui. – Hai mai pensato a cosa vorresti diventare? Cioè… - si grattò la nuca, cosciente di aver fatto una domanda fin troppo stupida.
- No. – la voce di Kyoya atona, quasi annoiata, lo liquidò pressoché subito.
Il moro fece indugiare appena lo sguardo sulla figura di Hibari ancora appollaiato nei pressi dell’uscio. – Io vorrei essere in grado di proteggere le persone a me care. – sorrise timidamente. – Diventare più forte per loro. –
Eppure, proprio in quel momento, gli sembrò di aver appena trovato un motivo per diventare più forte.
Perché qualcosa gli disse che lui, in realtà, già sapesse cosa lo attendesse nel futuro.
Parlava come se dovesse morire.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kyoya Hibari, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Destroy me, little cherry blossom.

 

 

 

 

 

 













Con uno sguardo piatto e consumato studiava con palese seccatura quel foglio bianco che, inespressivo, giaceva scompostamente sopra il banco su cui era quasi accasciato mentre con la penna tamburellava con cadenza vicino la spigolo della superficie di legno.
Le gambe erano incrociate sotto la sedia, il gomito sorreggeva tranquillamente la nuca ed un cervello affaticato cercava di metabolizzare qualche utile pensiero da gettare sopra quel pezzo di carta sperando che il ticchettare dell’orologio affiancato al muro segnalasse il prima possibile le quattro del pomeriggio, ponendo fine ai suoi recuperi pomeridiani.
Come al solito era l’unico a frequentare le lezioni serali e, dato che Yamamoto doveva praticare quasi tutti i giorni i suoi allenamenti di baseball, si ritrovava ad affrontare l’ennesima giornata ispida e scialba nel modo più solitario e triste possibile.
Il tempo come al solito dava l’impressione di non trascorrere mai e l’inerzia stava lentamente prendendo possesso di ogni singola cellula del corpo di Tsuna, inducendolo pian piano ad abbandonarsi a quella dolce frescura primaverile che scivolava attraverso la finestra socchiusa, dove le tende color panna svolazzavano al ritmo della brezza ed ombreggiavano appena la sua esile figura.
Permise ancora una volta al suo sguardo di vacillare altrove, cogliendo ogni piccolezza che riuscisse a imprigionare la sua attenzione e distogliendo con altrettanta voglia i suoi interessi con vivace semplicità.
Immerso come al solito nella contemplazione dei fiori di ciliegio che distanziavano di qualche metro dalla sua aula, non si accorse della pila di pagine che inevitabilmente dal banco scivolarono sulle piastrelle immacolate del pavimento della classe, cospergendo un manto di carte arrotolate e fogli puliti letteralmente ovunque.
- Come al solito… - sospirò afflitto, rendendosi conto ed accertando con altrettanta risolutezza quanto fosse irritante essere accomodati sopra una sgangherata sedia scolastica per tre ore di fila.
Scompostamente si scostò dalla sua posizione sgranchendosi per qualche istante gli arti atrofizzati dal troppo poco movimento, fino ad accorgersi con la coda dell’occhio della presenza di un secondo individuo appostato con apparente pacatezza al bordo della porta scorrevole con una spalla.
Il corpo di Tsuna si chinò appena, come se in realtà non si curasse affatto di ciò che vi fosse sotto i suoi piedi, perlopiù fu catturato da un’espressione eloquente che con sguardo vitreo il ragazzo dinnanzi gli rivolse usualmente, capace di lasciarlo oltretutto spiazzato ed incapace di controbattere.
- H-Hibari-san… - azzardò, quasi timoroso di ricevere l’ennesimo avvertimento che, ordinariamente, puntava in ballo la sua stessa esistenza.
La punta della scarpa tacchettava ritmicamente contro lo stipite dell’uscio mentre, più equilibrato e silente del solito, con un velo di scetticismo tangibile osservava con la stessa attenzione di un falco durante la caccia, modulando varie occhiate lungo i fogli sparpagliati vicino ai piedi della cattedra.
Due iridi suggestive si bloccarono su di lui. – Sawada. – lo riprese. – Cosa stai facendo? – domandò con la stessa tonalità di un’accusa, incrociando successivamente le braccia al petto.
Tsuna strinse convulsamente fra le mani quei pezzi di carta straccia, raccogliendoli uno dopo l’altro con una veemenza mai utilizzata prima d’ora. Era imbarazzante che leggesse ciò che vi fosse scritto nel contenuto, tanto più se a sfogliarlo fosse stato Hibari.
- Ah… Stavo scrivendo un tema per le prossime lezioni… - confessò con impaccio, precipitandosi nel raccogliere tutto ciò che le sue braccia potessero contenere.
Dalla soglia lo osservò per qualche minuto, controllando la tensione che ostentava più del necessario e con quanta foga rastrellava con le mani i numerosi pezzi di carta, tanto da renderlo minimamente curioso di sapere cosa vi fosse scritto di così importante sopra.
- Mh. – storse appena le labbra fissando con un intensità tale quel che sorreggeva fra le braccia il moro che sembrava volesse incenerirlo con un solo sguardo.
Non che gli importasse particolarmente.
Il Decimo dei Vongola ripose accuratamente il suo tema sopra la scrivania dell’insegnate, notando con scrupolo le particolari attenzioni che Kyoya gli stesse dedicando.
- E’ una specie di autobiografia, parla più o meno della mia vita, ciò che vorremmo divent-
- So’ cos’è un’autobiografia, Sawada. – lo interruppe bruscamente, smorzandolo con uno sguardo efficace ma al contempo non troppo severo.
Tsuna rizzò le spalle, nonostante vi dovesse essere abituato non riusciva a non sobbalzare quando il tono di voce di Hibari si alterasse per qualsiasi volubile ragione che lui non ritenesse opportuna.
Ogni volta che si ritrovava ad avere a che fare con Sawada gli donava l’impressione di maneggiare fra le mani un fiore, lo stesso identico fiore di ciliegio che sporgeva con irruenza al di fuori delle mura scolastiche, lo stesso fiore che al primo impatto avrebbe detestato fino alla morte, odiato, disprezzato per l’apprensione che dimostrava verso chiunque. Con il suo colore era in grado di stregarti, fino a renderti succube di un destino che mai avresti immaginato, e che, forse, non avresti mai voluto.
In fondo era conscio che avrebbe continuato a distanziarlo, che in realtà sarebbe rimasto così per sempre, perché lui voleva che fosse così.
Ma, per quanto si possa odiare qualcosa, infine, con essa si impara a convivere prima o poi.
Ed è proprio in quel fatidico momento di debolezza che il fiore, così innocuo e gentile, ti penetra nel corpo e ne instaura le radici, rendendo i tuoi sforzi senza alcun significato, vani, e, per tutto ciò che tu sia in grado di fare, sai che non riuscirai mai ed estirparlo dalla tua anima.
Ma, finchè avesse potuto, lo avrebbe odiato.
Tsuna cominciò a bilanciare il peso da una gamba all’altra con nervosismo, chiedendosi perché mai fosse calato un silenzio così inopportuno nell’aula.
- Hibari-san… - incalzò, sicuro di aver fatto ricadere un paio di iridi zaffiro su di lui. – Hai mai pensato a cosa vorresti diventare? Cioè… - si grattò la nuca, cosciente di aver fatto una domanda fin troppo stupida.
- No. – la voce di Kyoya atona, quasi annoiata, lo liquidò pressoché subito.
Il moro fece indugiare appena lo sguardo sulla figura di Hibari ancora appollaiato nei pressi dell’uscio. – Io vorrei essere in grado di proteggere le persone a me care. – sorrise timidamente. – Diventare più forte per loro. –
La fronte del corvino si corrugò, mentre con una cinica espressione stampata sul volto lo osservava; diventare più forte? Per lui non vi era una ragione per diventare più forte.
Lui combatteva e basta, nessuna riflessione, nessun indugio, perché così doveva essere.
Lo vide sospirare quasi con visibile tristezza. – Non è buffo? – domandò quasi a sé stesso. – Il racconto di una vita scritto sopra un foglio di carta, così se in futuro non ci fossi più qualcuno prima o poi lo leggerà. –
Eppure, proprio in quel momento, gli sembrò di aver appena trovato un motivo per diventare più forte.
Perché qualcosa gli disse che lui, in realtà, già sapesse cosa lo attendesse nel futuro.
Parlava come se dovesse morire.

 

 

 



Tsunayoshi Sawada lo aveva sempre odiato sin dal principio, detestava il suo modo di essere bonario, gentile e crudele allo stesso tempo.
Perché Tsuna era come un piccolo fiore di ciliegio, lo disprezzava, ma nonostante tutto aveva imparato a conviverci.
Avrebbe preferito allontanarlo da sé, ma con il passare dei giorni quelle tenere radici avevano finito per tramutarsi in rovi spessi e pungenti che avevano finito per strozzarlo, perché per quanto constatasse di disdegnarlo, alla fine ne aveva fatto la sua ragione di vita.
Quello stesso fiore di ciliegio che molto tempo fa lo imprigionò, e, per quanto si dimostrasse così dolce e tenero nelle apparenze, lo aveva straziato pian piano all’interno, lasciandolo agonizzate fino al termine della sua vita.
Lo aveva prosciugato.
A quel punto avrebbe preferito non odiarlo, avrebbe preferito non incontrarlo, avrebbe preferito ancora una volta l’eterna indifferenza, la solitudine, piuttosto del nulla.
Perché quell’odio aveva finito per distruggerlo.

Io vorrei essere in grado di proteggere le persone a me care. Diventare più forte per loro.
Quelle sue parole sciocche lo rispecchiavano alla perfezione, dolcemente aveva ucciso lui, coloro che voleva proteggere.
Che futile ironia della sorte.
- Ti odio, Sawada Tsunayoshi. – Un coro di parole si rispecchiarono con irruenza sopra una bara nera, mentre un fascio di fiori rosa si distingueva nettamente dal candore pallido degli altri.
Avrebbe continuato così, avrebbe ininterrottamente continuato a far finta di odiarlo per non sentire più niente.
Avrebbe continuato a portargli quei fiori per dimostrargli quanto gli avesse fatto male, quanto nella sua vita in realtà fosse stato crudele.

Non è buffo? Il racconto di una vita scritto sopra un foglio di carta, così se in futuro non ci fossi più qualcuno prima o poi lo leggerà.
E non gli restava altro da fare che allontanarlo nuovamente, escluderlo dalla sua vita.
Perché qualcosa gli disse che lui, in realtà, già sapesse cosa lo attendesse nel futuro.
Parlava come se dovesse morire.

Rimpiangeva ancora quel tempo in cui gli avrebbe voluto rispondere che no, non c’era bisogno che diventasse più forte, perchè lo avrebbe protetto lui.
Rimpiangeva ancora quel giorno in cui aveva fatto della sua ragione di vita un’utopica follia.
E, tutt’ora, rammarica quel giorno in cui lo lasciò morire.   

 









Dovevo scrivere un’altra 1827, ne sentivo urgentemente il bisogno.
La parte scritta in corsivo si tratta appunto di un flashback che ricorda Hibari, mentre l’ultima parte riguarda le sue riflessioni. (TYL)
Dopo questo spero che vi sia piaciuta, non so perché ma alle Hibari x Tsuna tengo particolarmente, quindi apprezzerei davvero molto un commento : )
Un grazie anche a chi legge soltanto : )

 

 
Golden Brown.

 

   
 
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