Storie originali > Avventura
Ricorda la storia  |      
Autore: Wolf    27/01/2006    3 recensioni
Un racconto di natale, un pò in ritardo. I rivoluzionari, si sa, esistono in tutte le società...
Genere: Avventura, Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Documento senza titolo

Nuvole e Lecca Lecca

Erano quasi le due, quando il giovane Scar si svegliò, assonnato; affondo la testa nel cuscino e cercò di ignorare il russare regolare di Dem. La sensazione di sonno lo catturò di nuovo dopo poco meno di un minuto.
Oh, sì, gli occhi si chiudevano lenti, la mente si spegneva piano, i muscoli si rilassavano… quando all’improvviso sentì quella fitta allo stomaco; avrebbe voluto poter dire che non gli era famigliare, che quel pensiero fisso non lo tormentava, che quell’infelicità non lo scuoteva… ma tutte queste cose erano assai vere. Era il Natale più triste della sua vita quindicenne.
Con la testa ancora intontita, ma la pressante sensazione spiacevole allo stomaco che continuava a pulsare, si alzò dal letto. Gettò un occhiata al buio che avvolgeva il suo amico Dem, il russare continuava; tutti nella stanza dormivano.
Di nuovo la frustrazione riempì i muscoli delle sue braccia e delle sue gambe, che fino a poco prima si stavano rilassando alla sensazione di torpore. Strinse forte le lenzuola del letto e scosse la testa con vigore. I suoi gesti erano scatti irregolari, pieni di dubbio e nervosismo, e pieno di queste sensazione si alzò e raggiunse la finestra. Fuori era notte, scura e fredda, illuminata dal rigido scintillio della luna.
Era lui che vedeva ogni cosa in negativo o anche il paesaggio ora sembrava così desolato? Guardandolo si sentiva così solo e… arrabbiato. Sì, quella era la parola giusta. Perché altri avevano scelto per lui la vita, il modo di pensare, il modo di vestire, l’orario in cui alzarsi la mattina, la canzoncina da cantare mentre lavorava… perché non gli era mai stato chiesto: Scar, cosa vorresti fare da grande? Perché non gli era mai stato chiesto: Scar cose vorresti ricevere per Natale?
Scar si guardò di nuovo alle spalle. Nella camerata erano sistemati cinque letti a castello e tutti i nove compagni dormivano grassamente, alcuni russavano, altri parlavano nel sonno, altri erano raggomitolati sotto le coperte.
All’improvviso, Scar sentì l’impulso irragionevole di andarsene via. Da quella stanza, da quella vita… aprì la finestra e una folata di vento gelido, lo investì. Quella temperatura non avrebbe invogliato nessuno ad uscire, ma Scar respirò a fondo, godendo del riflesso della luce che illuminava la neve bianca e immacolata. I fiocchi di neve cadevano fitti fitti, grandi e freddi; Scar allungò una mano fuori dalla finestra e molti gli si infransero sulla mano. Stava per saltare fuori, era già sul cornicione, quando si fermò e tornò indietro.
La foga di andarsene e la paura di essere scoperto gli avevano fatto dimenticare perfino le scarpe. Se le infilò e indossò guanti e giacca.
Quando poi fece di nuovo per uscire si sentì assalire dalla colpa. Guardò di nuovo indietro; Dem dormiva a pancia in giù, la bocca aperta schiacciata sul cuscino.
Potrei svegliarlo, pensò, Vorrebbe venire con me se lo sapesse.
Fece un passo verso l’amico.
Sei pazzo?, lo contestò invece la vocina dentro di lui, Sveglierà tutti! E poi cercherà di fermarti… A Dem piace qui, andiamo. Sarebbe perfino ingiusto volerlo trascinare in un posto che non è il suo.
Scar condivise un attimo il pensiero, ma un attimo dopo si disse che era solo una scusa perché aveva paura di essere scoperto e fermato, se avesse svegliato Dem. In fondo Scar sapeva che l’amico avrebbe per lo meno dovuto essere messo al corrente di dove stava andando.
Gli scriverò un biglietto…
E così fece; prese carta e penna dalla scrivania sul lato della stanza e scrisse: Sono andato a…
Si fermò. Dove stava andando? Aveva una meta? Un posto dove rifugiarsi?
Sono andato lontano. Scusa, non ho voluto svegliarti, dormivi così bene. Ci vediamo, Scar.
Piegò in due il biglietto e scrisse “Per Dem” sul fronte, poi lasciò lì la penna e si fiondò alla finestra.
Era di nuovo sulla balaustra.
“Oh! Chi è là!” borbottò Dem, alzando la testa dal letto.
Scar si voltò in tutta fretta e corse a tappare la bocca all’amico che quasi urlò dallo spavento di vedere un ombra correre verso di lui tendendo le mani.
“Dem! Dem! Sono io Scar! Sta zitto!” sussurrò con quanta energia aveva in corpo.
“Sto andando via, sto scappando. Stai zitto, non dirlo a nessuno, d’accordo? E non cercare nemmeno di fermarmi perché non cambierò idea. Userò il teletrasporto che c’è nella capanna.”
Solo allora tolse delicatamente le mani dalla bocca di Dem, ma tenne l’attenzione pronta a ritapparla nel caso ce ne fosse stato bisogno.
“Dove vai? Cosa stai facendo????” Dem anche alla debole luce, aveva gli occhi così dilatati che sembrava spiritato.
“Davvero, se sei mio amico non dare l’allarme; e non cercare di fermarmi.” Lo disse sventolando il dito magro davanti alla faccia sconvolta dell’amico.
Quello, in risposta, si limitò a fissarlo, con la bocca stretta in un espressione di sconcerto misto a sdegno, che infastidì molto Scar, che si alzò e scavalcò la finestra con una gamba; non voleva proprio concludere l’amicizia con Dem con una discussione.
Si ritrovò nella neve fino alla vita e cominciò ad avanzare i primi passi lenti e faticosi; era già al settimo passo, quando sentì la voce di Dem seguirlo dalla finestra “Potevi almeno chiudere la finestra, fa freddo!”
Scar si voltò a guardarlo, per la verità un po’ deluso. Chissà perché, aveva teso le orecchie mentre camminava, in attesa di sentire il suo amico chiedere di aspettarlo perché sarebbe venuto anche lui. “Ah. Hai ragione, scusa.” Si voltò e ricominciò la marcia.
“Aspetta! Aspetta, dai! Volevo dire… fammi venire con te, dai!” bisbigliò Dem dalla finestra.
Questa volta un sorriso illuminò il visino di Scar, ma quando si voltò era stato sostituito da uno sguardo gentile.
“Okay, puoi venire. Ma non fare casino e sbrigati…”
Dem saltò fuori dalla finestra e seguì il sentiero aperto da Scar nella neve. Quando lo raggiunse borbottò: “Non ti perdonerò mai per questo….”
Scar rise tra i denti e ricominciò ad arrancare verso il capanno, la neve gli offuscava la vista.
“Non è NORMALE! Questo non è normale per un elfo! Gli elfi non scappano!” Borbottava Dem tra sé.
Scar si voltò, rideva.
“E’ normale secondo te, passare tutta la vita a montare giocattoli, a fare pacchetti regalo, ad intonare stupide canzoncine natalizie, a vestirsi tutti uguali ogni stramaledettissimo giorno?”
“Beh… sì.”
“Siete tutti malati.”
Scar ricominciò a camminare fino a che sotto i piedi sentì il cemento dell’entrata. Ancora un paio di passi…
“Sei uscito male Scar.”
“Prego?”
“Sì, lo dicono tutti che sei strano… Tuo padre non si sa chi sia…”
“E allora?”
“Melinda Merenda dice che secondo lei era un umano.
“Melinda Merenda?”
“Già.”
“Davvero?”
“Sì.”
“E ti interessa quello che dice Melinda? Da quando?”
“No… insomma, voglio dire…”
“Andiamo. Ne parleremo quando saremo lontani da qui.”
Scar inghiotti della neve quando girandosi controneve aprì la bocca per sibilare: Melinda Merenda.

Arrivarono nel capanno dopo meno di un minuto e si chiusero la porta alle spalle con un tonfo.
“Sai come funziona?” chiese Dem guardando il grosso portale al centro della stanza.
“Oh… certo.” Rispose Scar osservando di sbieco il marchingegno.
In realtà non ne aveva idea. La sala era circolare ed al suo centro stava un grande monumento in pietra, circolare e bucato al centro. Di fronte ad esso vi era una specie di consolle; Scar vi si avvicinò e scoprì di non essere abbastanza alto da capirne qualcosa.
Fece segno a Dem di passargli una sedia tra quelle accatastate sul fondo della sala.
Lui si incamminò a testa bassa.
“Perché non sei felice della vita che fai qui? Io non capisco… hai tutto!”
“Tutto cosa?”
“Tutto quello di cui hai bisogno! Amici, cibo, una casa… elfe!”
Scar rise rumorosamente all’ultima parola, sbottata con particolare furia. Dem non era un elfo particolarmente attraente; doveva ancora svilupparsi, le sue orecchie erano ancora piuttosto tonde e non superava il metro e venti, quando l’altezza standard di un elfo maschio medio era di un metro e cinquanta centimetri. Scar al contrario era slanciato, magro e le sue orecchie erano state tra le prime ad assumere una forma degna di un adulto. In oltre, caratteristica insolita in un elfo, aveva occhi straordinariamente azzurri. Per questi ed altri svariati motivi caratteriali, Scar era considerato un piatto assai prelibato per tutte quelle elfe adolescenti affamate d’amore che avevano frequentato con loro l’accademia fino ai tredici anni, mentre Dem era piuttosto snobbato dal popolo femminile.
“Mi dispiace Dem, ma non è esattamente quello che cerco.”
“Ma cosa…?”
Dem si bloccò e lo guardò strano. I suoi occhi si rabbuiarono.
“Non dirmi che… tu non sei… vero?” balbettava e lo indicava.
“Cosa?” Scar era piuttosto confuso dal comportamento dell’amico ma dentro di lui l’urgenza di andarsene e la paura di venire scoperti, premeva.
“Tu sei… oddio, no…”
“COSA DEM?! COSA SONO??!” Voleva concludere in fretta la conversazione ed andarsene; aveva l’orribile sensazione che li stessero per scoprire…
“Sei… ti piacciono gli elfi, insomma.”
“Che…? Cosa?!” Scar lo fissò male. Piacergli gli elfi? Ma cosa gli passava in testa?
“Sì, hai detto che le elfe non sono esattamente quello che cerchi.”
Scar non capì subito, continuò a guardare Dem accigliato e stanco. Poi ripensò a quello che aveva detto e…
“Ma no! Non era quello che intendevo! Intendevo che non questa non è la vita che cerco… insomma, elfe, amici, casa, cibo… sono tutte belle cose ma io… voglio la libertà.”
“La libertà?”
“Già…” Scar si fermò a pensare. Era vero… Era la libertà che voleva. La libertà di scegliere di essere ciò che voleva essere.
“Già, sì. – ribadì guardando serio Dem – La libertà di fare della mia vita ciò che voglio. E non voglio passarla qui a costruire giocattoli…”
Dem rimase zitto e dopo un po’ Scar gli chiese: “Mi capisci?”
L’amico fece una smorfia “No. Ma capisco che mi fido di te… Capirò.”
Scar fissò gli occhi color nocciola del suo più grande e datato amico e si scoprì a sorridere.
“Capirai.” Disse solo prendendo dalle mani di Dem la sedia e sistemandola davanti alla consolle.
Fu in quel momento che sentirono una voce profonda e sprezzante che li apostrofò dal fondo della sala.
“Fermi!” disse la voce in tono secco. Scar e Dem si diedero una rapida occhiata e guardarono al di là della consolle. Entrambi sperarono di non aver riconosciuto quella voce, ma quando misero a fuoco la figuretta sul fondo della sala, i suoi capelli crespi e mori dai quali spuntavano due orecchie a punta e la sua andatura ciondolante, non restò che guardare ognuno l’espressione sconfortata dell’altro per capire che no, non era un incubo.
“Che state facendo voi due? Demetrius Detronite e Scarlemide Scarlatto… chi altri…” Decretò con un sorrisetto pieno di potere e consapevole di averlo. La nuova venuta avanzò, alzando il dito contro i due elfi e facendolo ondeggiare tra uno e l’altro. Loro non dissero niente finché lei non gli fu così vicino da rischiare di accecarli con quel dito puntato.
“Che ci fai qui Clister… ehm… Cliopatra?” disse Dem irritato, mentre si massaggiava il piede che Scar gli aveva pestato con forza, per impedirgli di nominare il soprannome di scherno che era stato affibbiato all’elfa che avevano davanti.
A Scar non sembrava una buona idea mettersi contro l’unico ostacolo che gli bloccava la strada per la libertà.
“Sono di guardia…”
“Da quando c’è una guardia?” Chiese Dem ridendo.
“Da sempre. Solo che tu eri troppo occupato a fare sciocchezze per accorgertene.”
Scar tossicchiò “Senti Clio… - lei arrossì. Non aveva molti amici e quindi non c’erano molte persone che la chiamavano con soprannomi, se si escludevano quelli offensivi. - …sono sicuro che capirai…”
“Cosa dovrei capire Scarlemide?” disse lei ghignando. Aveva già perso l’imbarazzo.
Scar la fissò e solo allora si accorse che lei stava succhiando un lecca lecca e che aveva gli occhi verdi. Credeva di non averla mai seriamente guardata in faccia fino ad allora e, inaspettatamente, non la trovò poi così male. Cliopatra Clipartide non era mai stata vista bene dal resto degli elfi. Aveva l’età sua e di Dem, avevano frequentato asilo e accademia assieme, ma lei era sempre stata una strana. Avevano parlato, di tanto in tanto, ma non erano mai andati oltre al “Bel tempo, oggi.” o “Mi presti la scolorina?”. Cliopatra aveva il suo stretto gruppo di amici ma aveva sempre dimostrato di essere una piuttosto solitaria. In effetti era una tipa piuttosto “tosta”, notò Scar, e si chiese perché, fino a quel momento, non avesse mai provato il minimo interesse per la sua persona.
“Dovresti capire che devi farti gli affari tuoi e lasciarci in pace… e non dire a nessuno di averci visti qui!” sbottò Dem guardandola. Erano alti uguali, nonostante lui fosse un maschio.
“Oh… certo. Che state facendo allora?” chiese continuando a leccare il suo lecca lecca. Aveva una voce suadente.
“Ce ne andiamo.” Disse Scar guardandola fisso.
“Ma che sei matto, Scar? Non dovevi dirglielo, lo spiattellerà in giro!” affermò Dem strattonandolo per un braccio.
“No, non lo farà…” continuò a guardarla sorridendo.
“Infatti, sei fuori? – fece a Dem piuttosto sdegnata che lui la pensasse una tipa simile – Figurati se bloccò l’unica iniziativa interessante presa in questo posto dai tempi di mia nonna…”
Scar rise e Dem lo guardò accigliato.
“Non sei di guardia. Non c’è nessuna guardia…” sorrise Scar, ammonendola con un dito sventolato in aria.
“Molto intelligente Scarlemide. Touché.” Fece lei facendo finta di inchinarsi.
Dem aveva incrociato le braccia e guardava la scena con un certo distaccato interesse.
“Puoi anche chiamarmi Scar, sai…”
“Ovvio. Ma preferisco il tuo nome completo.”
“Okay, allora diciamo che odio essere chiamato col mio nome per intero. Per favore, chiamami Scar.”
Lei non commentò.
“Scar… - borbottò Dem tra i denti, scoccando occhiate gelide a Cliopatra - …basta farle gli occhi dolci, dobbiamo andare.”
Cliopatra li guardò interessata mentre Scar distolse lo sguardo da lei per la prima volta e lo puntò su Dem.
“Ma che stai dicendo?” Bisbigliò. “Occhi dolci?! Naaaaa…”
Dem lo sgridò sbarrando gli occhi come un gufo nella notte.
“Beh… comunque, Dem ha ragione… dobbiamo proprio andare… non è che sai come funziona il teletrasporto, vero?”
“Certo.”
“Davvero?!” sbottò Dem fissandola; tratteneva ancora Scar per una manica, come fanno i grandi amici, come per evitargli dal cadere in quel baratro in cui, a suo parere, il suo amico era oramai già seriamente sprofondato.
“Sicuro. Credete di essere i primi a tentare la fuga?”
“Sì. Chi l’ha già fatto?” chiese Scar di botto, abbandonando per un attimo il tono mieloso che gli si era attaccato addosso.
“Io.”
Dem strinse più forte la presa sul braccio del suo amico.
Davvero???” Scar ora sembrava un vero e proprio cagnolino. Dem si coprì gli occhi con una mano… Scar era una gran bravo elfo, certo un po’ strano, con idee un po’ innovative, ma era uno con un gran cervello e in questo Dem credeva. Vedere il suo solitamente elegante, spontaneo e dignitoso compagno tutt’orecchie (e anche tutt’occhi a dire il vero) per una ragazza era una cosa che non succedeva tutti i giorni. Anzi, a dire il vero non era mai successa.
“Sono stata a Dublino, la prima volta. La seconda a Vienna, poi Amsterdam, Capo Verde, Las Vegas… voi dove volete andare?”
“Non lo so, cioè, voglio dire… Ma Babbo Natale ti ha mai scoperta?”
“Certo, Babbo Natale sa che io parto, ho chiesto il permesso, voi no?”
Dem e Scar si guardarono in faccia.
“Non si è arrabbiato? Non ti ha detto che non potevi andare?” chiese incredulo Dem.
“Certo che no! Ogni elfo è libero di decidere per la propria vita, mi ha detto…”
“SUL SERIO???” Scar non credeva alle proprie orecchie… era come se… come se… come se gli avessero appena detto che Babbo Natale non esiste!
Clio rise come una bambina ride di neonato.
“Certo Scar…” disse dolce.
Lui la guardò a bocca aperta e notò solo in quel momento (come riprova della sua scarsa capacità d’osservazione) che Clio era vestita diversamente dagli altri elfi. Ma come aveva fatto a non notarlo prima? Come?
“Oh…”
“L’anno scorso sono andata a parlare con Babbo Natale e lui mi ha detto che ero di certo libera di andarmene e vivere la mia vita. Ma mi avvertì anche che la fuori difficilmente avrei trovato scelte facili di vita. Mi invitò a vederlo io stessa e così viaggiai.
“Ho visto tante cose spiacevoli purtroppo… gli umani non sono poi così interessanti come voi li vedete. Tutt’al più uguali a noi, caratteristiche fisiche a parte. Ed è inutile dirvi che esseri alti un metro e venti centimetri con le orecchie a punta non sono ben accetti nel loro mondo.
“Ma ho visto anche atti di pura generosità e cose bellissime, tra cui spettacoli della natura di bellezza estrema.
“In ogni caso Babbo Natale disse che potevamo decidere insieme quali punti volevo che toccasse la mia nuova libertà. Si propose di darmi uno stipendio mensile, così che io potessi viaggiare con meno impedimenti e per più tempo finché io l’avessi desiderato. Inoltre io chiesi di poter indossare ciò che volevo e lui fu più che felice di accontentarmi e di fissarmi un appuntamento con il sarto per decidere il mio nuovo look. E questo è quanto.”
Scar la guardava sconcertato. Possibile che una tale libertà fosse stata concessa e con così tanta facilità, sotto i suoi occhi, senza che lui si fosse accorto di nulla? Era stato così occupato a cercare un problema, e quando l’aveva trovato a cercare il modo per trovare la sua libertà, che non si era accorto che era tutto facilmente risolvibile?
“Non è possibile! Sono tutte balle per impedirci di andare ed incastrarci con Babbo Natale, domani!” ringhiò Dem.
Clio lo guardò stupita, ma seria rispose: “No. Non racconto mai balle, Demetrius.”
Scar era sconvolto, affascinato, sbigottito, felice. Non sapeva se aver trovato una soluzione così facile lo confortava o lo deludeva.
“Cosa ne dite se ora andiamo a letto? Domani è la vigilia di Natale, ci sarà un mucchio di lavoro… non vorrete mica lasciare quei bambini senza regali, vero?” Chiese lei, spontanea come un fiore che sboccia a primavera.
“In ogni caso ci sono i genitori, che fanno regali ai bambini…” mormorò Scar.
Clio lo fulminò e Scar lesse nei suoi occhi un misto di pena, rabbia e sconforto che lo fece arrossire.
“Ti sbagli… Non hai la minima idea di quanti bambini là fuori non hanno genitori a fargli regali. O genitori senza soldi per farlo.” Sussurrò lei, triste; Scar si ricordò in quel momento, ed arrossì di nuovo come se avesse ricevuto due schiaffi, che Clio era orfana.
“Sì… sì, hai ragione…”
Dem se ne stava in silenzio. Non aveva mai realmente voluto andarsene ma quando cominciava ad accarezzare l’idea di vedere nuove cose, nuovi posti, nuove vite, gli era stata strappata da una facile soluzione… Anche Scar stava pensando la stessa cosa, in mezzo al trambusto del suo cuore e la vergogna, per aver dato per scontato davanti a Clio che tutti avevano la felicità che lei non aveva mai avuto.
Clio sembrò leggere nel pensiero ad entrambi e, dopo un attimo di silenzio, disse: “Possiamo passare qui questo natale, dopo di che vi porterò con me da Babbo Natale. Vi vestirete come volete, andrete a dormire quando volete… e vi porterò con me in Africa. E’ il mio prossimo viaggio. Ve lo prometto. Ma ora concentriamoci su questo natale perché è l’unico momento felice dell’anno nella vita di molte persone.”
Scar la guardò un attimo assente mentre l’amico le sorrideva per la prima volta in tutta la serata.
“Africa eh…” borbottò Dem.
“Oui, monsieur.” Sorrise lei.
Scar guardo fuori. La neve continuava a cadere lenta… continuò a guardarla fino a che non senti gli sguardi dei due che gli bucavano la pelle.
“Però voglio un lecca lecca come il tuo…” disse ridendo e guardando Clio.
Lei rise e lo guardò di sottecchi. Fece spallucce “Te lo dovrai guadagnare però…” ammiccò. “Buona notte Dem, Buona notte Scar…” e se ne andò dalla porta principale.
Però voglio un lecca lecca come il tuoooo…” lo scimmiottò Dem appena Clio chiuse la porta.
Scar rise con Dem “Piantala…”
Dem gli circondò le spalle con un braccio. “Mi piace. Sì, hai la mia approvazione…”
“Che approvazione?! Non mi piace mica!” Negò Scar spudoratamente.
Dem fece una smorfia buffissima e rise “Noooooooooooo! Ma chissà… tra un lecca lecca e l’altro…”
“Dem!”
“Che ho detto?”
“Per favore!”
“Ahahahah! Sei innamorato, sei innamorato, sei innamorato!”
“Piantala!”
“Scar è innamorato, Scar è innamorato, Scar è innamorato!”
Il battibecco li seguì anche dentro la neve, e poi quando ebbero raggiunto i loro letti, sotto forma di bisbigli, fino a che il sonno non cullò Dem, che cadde nel più rilassato sonno della sua vita. Russò perfino più forte del solito e Scar credette di sentirlo borbottare nel sonno “Scar è innamorato…” mentre lui, guardando il soffitto, lasciava che il sonno gli rubasse la coscienza con dolcezza e pensava a Dem, ai nuovi vestiti che avrebbero potuto avere, e a Clio soprattutto…
Quella notte, sognò l’Africa.

FINE.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: Wolf