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Autore: Ulisse85    03/04/2011    7 recensioni
Agli adulti piace illudersi che siano i mobili che si riassestano perché “sono vecchi” o che sia il vento all’esterno che scuote le persiane o che fischia tra gli alberi rompendo il silenzio della notte con innocui rumori naturali.
Ma se la notte fischia non è mai per caso, è per chiamare qualcuno.
E Danilo, a volte, ha l’impressione che il nome sussurrato sia il suo.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Danilo finì di sistemarsi le coperte mentre guardava la figura di sua madre allontanarsi nella luce del corridoio, come inghiottita, per poi svanire nel buio dell’altra camera da letto.

Contemporaneamente anche la luce del corridoio svanì, inghiottita anch’essa dalle tenebre che avvolgevano ormai l’intera casa.

Danilo era disteso su un fianco, come sempre, per poter tenere gli occhi fissi sulla porta mentre si addormentava. E controllare.

Appena spente le luci il buio sembrava sempre più intenso di quanto in realtà fosse.

“È perché gli occhi si devono ancora abituare” gli avevano spiegato.

E quello era il momento di chiuderli e tenerli chiusi, perché quel buio intenso era insopportabile e perché tanto attraverso tale oscurità non sarebbe comunque riuscito a vedere niente.

E se non era nelle tue possibilità vedere, non eri tenuto a guardare. E controllare.

E quindi era quello il momento magico, l’attimo da cogliere per scivolare sicuro nel sonno e dormire tranquillo.

Ma non sempre si riesce a cogliere l’attimo e talvolta si sente che il momento è passato, si vorrebbe rimanere con gli occhi chiusi, far finta di stare sprofondando nell’incoscienza che prelude ai sogni, ma poi… un rumore, forse il vento, e Danilo apre gli occhi perché ha sentito un respiro.

E ora deve controllare.

Il buio è meno intenso, o forse sono i suoi occhi a essersi abituati alla poca luce rimasta.

Danilo fissa ora i contorni della porta aperta davanti a lui, sa che chiuderla sarebbe inutile. Anzi pericoloso. A volte una porta chiusa permette lo stesso di entrare ma poi non di uscire in caso di….bisogno.

“A 12 anni hai ancora paura del buio?!” sente riecheggiare nella testa la domanda materna. E sa che non riuscirebbe mai a spiegare a parole come non sia il buio in sé a spaventarlo, ma ciò che in esso si nasconde, ciò che dalle tenebre prende vita per tendersi poi verso il suo letto, sotto forma di dita lunghe, sottili, nodose, ruvide come spogli rami di un albero che, nel gelo di una notte di nebbia, vengono scossi dal vento.

O da un respiro. Perché anche il buio respira.

Agli adulti piace illudersi che siano i mobili che si riassestano perché “sono vecchi” o che sia il vento all’esterno che scuote le persiane o che fischia tra gli alberi rompendo il silenzio della notte con innocui rumori naturali.

Ma se la notte fischia non è mai per caso, è per chiamare qualcuno.

E Danilo, a volte, ha l’impressione che il nome sussurrato sia il suo. Ma si distoglie da questo pensiero quando il sussurro si fa ghigno, ne fugge.

E intanto che ascolta la notte, osserva la porta e come cambiano i suoi contorni; non si deve mai distogliere troppo a lungo lo sguardo.

Ora qualcuno sembra sbirciare dallo stipite destro, una sagoma. Fuori un soffio di vento. E la sagoma è più bassa, ma più vicina. Un battito di ciglia, ed è sparita. Poi Danilo giurerebbe di averla vista correre, o forse saltare, arrivando dall’altra parte della porta. Un alito di vento e di nuovo l’ombra è vicino allo stipite destro della porta.

E Danilo ora comincia ad avere sonno, i suoi occhi tendono a chiudersi, come farà a controllare?

La notte scuote la persiana più forte, Danilo riapre gli occhi accorgendosi solo così di averli chiusi e nella luce tremolante filtrata gli sembra di vedere addirittura un occhio ghignante. Un occhio rosso di un’ombra di tenebra, che ora stanca di aspettare dietro la porta sta per venire a cercarlo.

Danilo comincia a rassegnarsi, sa di non poter resistere ancora a lungo, e così lascia che sia.

L’ombra percepisce che niente più la controlla, e, come se fosse una regola, solo adesso scivola nella camera, lentamente, evitando le infiltrazioni di luce dalla finestra che la feriscono come frecce. Fluttuando nel buio si avvicina con pesanti passi silenziosi a Danilo che, incatenato nel sonno, rimane immobile mentre l’ombra si accosta al letto, i suoi occhi rossi scorrono ad individuare la sagoma del ragazzo, mal celata dalle coperte stese sul corpo, che lo avvolgono ora come un sudario, senza nasconderne le forme all’avido sguardo.

Infine i due occhi, rossi e opachi come l’attraente giovane sangue di Danilo, si posano sul viso del dodicenne.

Pochi attimi di stasi, si ferma anche il vento, persino la notte trattiene il respiro. E dall’ombra, di nuovo, si fanno largo quelle mani gelide di albero nodoso, che ora ripercorrono, quasi senza sfiorarla, la sagoma del ragazzo, mentre gli occhi si mantengono fissi sul viso abbandonato nel sogno.

In un sogno che, rabbrividendo a quella gelida carezza, stava ormai diventando un incubo.

E quelle mani, quei rami stanno per arrivare al viso.

Danilo sa che è proprio ciò che non avrebbe dovuto permettere. Era ciò per cui doveva controllare.

Ma le dita stanno ormai per sbucare dalla nebbia e sfiorare il suo volto, ed egli è addormentato. Deve cercare di svegliarsi, perché sa cosa sta accadendo: il soffio del buio è arrivato nei suoi sogni.

Le sottili dita di ghiaccio dell’ombra sfiorano ora il suo viso, tracciano una sottile linea di paura sulla guancia. Prima delicatamente, come una perversa carezza, poi affondando lievemente come una macabra unghia nera nella soffice guancia, per farne stillare qualche goccia di sangue che poi scivola lungo quel lento disegno.

E allora Danilo si sforza, compie un atto di volontà, squarcia il velo tra sogno e realtà, e mentre ormai sente quelle dita nodose sul proprio viso, si alza di scatto a sedere: è finalmente sveglio.

Si guarda intorno ancora un po’ disorientato, dalla finestra filtra l’incoraggiante luce del mattino, e Danilo realizza che l’ombra che si avvicinava al letto, gli occhi rosso sangue, lui in pericolo che non riusciva a svegliarsi se non all’ultimo, le gelide dita dell’albero sul suo viso, altro non erano se non tutto un sogno. Terrificante, ma sempre solo un sogno.

Danilo respira di sollievo, le sue consapevolezze sono tornate con la luce del giorno e dureranno per almeno una quindicina d’ore.

Così Danilo si gira sporgendo le gambe dal letto, calza le ciabatte, si alza in piedi e si avvia in cucina sorridendo delle proprie insensate paure notturne, mentre si passa sbadigliando una mano prima fra i capelli, e poi lungo la guancia attraversata da un lungo e profondo graffio umido di sangue ancora fresco.
   
 
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