Crossover
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Autore: Sparrowhawk    04/04/2011    0 recensioni
Per amore della pace, voglio subito dire che in questa fanfic si incontrano due mondi assai diversi, ovvero quello di Kuroshitsuji (qualcuno ha mai sentito parlare di buon vecchio conte Ciel Phantomhive e del suo stupenderrimo maggiordomo?) e quello di Pandora Hearts (anche qui, manga abbastanza famoso). I protagonisti sono Elliot Nightray e Célie Phantomhive che, sì, non altri che il caro Ciel versione femminile.
In pratica qui Ciel ha una sorella gemella. Alquanto scioccante, lo so. ù.ù
Che altro dire? Beh, il racconto è in terza persona, ma ho cercato di concentrare l'attenzione su entrambi i personaggi ma alternativamente, ovvero non insieme. Si vedrano spesso le vicende vissute da entrambi i punti di vista. Credo di essere stata abbastanza fedele al carattere dei personaggi...o quanto meno lo spero XD.
Per il resto, quando scrivo fra le "..." sono pensieri, mentre quando è parlato le parole stanno fra le «...».
Buona lettura! *manda baci e incrocia le dita*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cherryblossom - Pillole di Crossover'
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Elliot camminò tranquillo per il corridoio scolastico, ignorando come al solito le ragazze che, non appena lui passava, non facevano altro che osservarlo e parlottare fra di loro fitto fitto. Sembravano essere convinte del fatto che lui non si rendesse conto di quel fatto ma, siccome non era un povero idiota, questa speranza era del tutto vana: per loro sfortuna Elliot si accorgeva di tutto quello che aveva intorno, allenato dai tenori della sua famiglia ad essere sempre scaltro ed accorto. Non lo aveva chiesto lui di essere così appariscente in fin dei conti!

Appoggiò il suo libro alla spalla e, fermandosi di colpo, guardò giù da una delle finestre del corridoio bene illuminato udendo un gran vociare provenire dal cortile sul retro: c'era un gruppo di ragazze che, accerchiate intorno ad un piccolo figurino inginocchiato, se la stavano ridendo della grossa parlando di chissà che cosa. Lì per lì non pensò a nulla, immaginando che stessero semplicemente dicendo delle sciocchezze ma, proprio quando stava per andarsene, ecco che colse alcune parole davvero poco gentili.

«Sei davvero una noia mortale Célie!» disse una di quelle che gli davano la schiena, almeno dalla sua posizione in alto «Scoppi sempre a piangere, neanche ti avessi detto chissà che di nuovo. In fin dei conti lo sai anche tu che tuo fratello ti ha mandata qui solo perchè non ti può più sopportare!»

Elliot si accigliò.

«Oh, come dargli torto del resto?» esordì un'altra «Questa qui è detestata da tutti quanti!»

«Già. Nessuno sopporta i suoi continui piagnistei ne il suo viso sempre perso fra le nuvole!» rise ancora un'altra «Possibile che tu non riesca a stare con i piedi per terra?!»

Improvvisamente, lasciandolo più che basito, ecco che la prima che aveva parlato diede un leggero calcio alla ragazza inginocchiata di fronte a lei, continuando così fino a che non si decise a chinarsi per prenderle il viso fra le mani: fu solo allora che Elliot si rese conto di che genere di espressione avesse addosso Célie, così la avevano chiamata. Sembrava spaventata, un terrore del genere non lo aveva mai visto addosso a nessuno e, doveva pur dirlo, era uno che se ne intendeva a riguardo visto quante persone aveva spaventato nel corso della sua vita. Aveva un viso così severo e si arrabbiava così facilmente che non sempre gli altri si accostavano a lui senza il timore di doversi sorbire qualche strana predica, ma quello...

Aprì la finestra di scatto, sporgendosi un poco da essa e urlando «Ehi tu! Che accidenti stai facendo?!»

Il gruppetto si voltò verso di lui e, nel momento in cui si resero conto di chi egli fosse, ecco che si sparpagliarono senza posa correndo di qua e di là, lasciando finalmente sola la piccola ragazzina ancora inginocchiata a terra, tremante.

La guardò per un pò, perplesso «Stai bene...?»

Non ricevette risposta.

«Ohi!» continuò, incontrando ben presto il suo sguardo triste che lo colpì nel profondo, stringendogli il cuore.

«S-sto...sto bene...» disse lei, alzandosi titubante e portandosi una mano sugli occhi, scacciando le lacrime che gli avevano rigato il volto sino a quel momento «...ci sono abituata...»

«Abituata...?»

Célie annuì e se ne andò, senza aggiungere altro.

A che serviva darsi pena di dire che no, non stava per niente bene, quando nessuno si era mai veramente interessato a ciò che pensava o desiderava? Per esempio, Célie voleva tornarsene a casa, a Londra, da suo fratello. Voleva stare solo con lui perchè era l'unico che la capiva e che non la trattava male. Voleva lasciare la casa di suo zia quello stesso strano personaggio che non aveva mai visto se non da quando era arrivata a Parigi, e dimenticarla per sempre.

E invece no, era bloccata lì per non si sa quale motivo. Ciel la aveva lasciata in quel posto, promettendole che sarebber tornato a prenderla nel momeno in cui avrebbe risolto alcune faccende. Le aveva anche promesso che presto si sarebbe fatto sentire ma...era da più di un anno che le sue lettere non ricevevano risposte.

Era rimasta sola.

Si fermò in mezzo al cortile, all'ombra di uno degli alberi di ciliegio che, per via della stagione, non erano ancora sbocciati e, d'improvviso, si mise a piangere senza ritegno portandosi le mani a coprirle il volto: non le importava se qualcuno la avrebbe vista, non le interessava se i suoi compagni di scuola avrebbero ricominciato a sparlarle dietro dicendole di smetterla o la avrebbero spinta. Semplicemente non le importava di niente.

«Tieni.»

Smise di singhiozzare per un secondo, alzando lo sguardo ed incontrando gli occhi azzurro ghiaccio dello stesso ragazzo che poco prima la aveva temporaneamente salvata dal solito supplizio del bullismo quotidiano al quale era sottoposta. Gli stava porgendo un fazzolettino di tessuto, osservandola con sguardo serio.

«Dai su, prendilo.»

Lo prese e, asciugandosi le lacrime, fissò il terreno incapace di guardarlo negli occhi.

Quella era la prima gentilezza da quanto...?

«Perchè piangi?» le chiese, senza badare al suo palese imbarazzo.

«S-sono triste.»

«Tutti siamo tristi qualche volta, ma vedi forse gente che continua a piangere?»

No, non la vedeva, sapeva di essere l'unica che continuava a farlo.

«Se ti sforzassi di trattenerti forse...»

«Non servirebbe a niente.» lo interruppe lei, ridandogli il fazzoletto e scuotendo il capo «Non serve a niente, ci ho provato ma non...non vengo accettata perchè sono diversa.»

«Diversa per cosa?»

Sospirò e, alzando appena il ciuffo di capelli blu che le ricadeva sulla parte destra del volto, alzò lo sguardo su di lui di modo di fargli vedere cosa la rendeva differente dagli altri: il suo occhio destro, a differenza dell'altro che era di un blu oceano intenso, era di un lilla acceso e vivace, cosa che palesemente non poteva essere normale agli occhi delle altre persone.

«Per questo.» sussurrò «...e per...mille altre cose.»

Probabilmente adesso lui se ne sarebbe andato, chiamandola mostro o cadaverino come tutti gli altri, ma ciò non avvenne e, anzi, il ragazzo non fece altro che riprendersi il suo fazzoletto rimettendolo nella tasca dei suoi pantaloni scuri. Célie rimase sbalordita: di solito, quando toccava qualcosa, gli altri studenti non osavano neanche più sfiorarla considerandola come maledetta per sempre.

«N-non...non lo butti...?» domandò, aggrottando la fronte.

«No, perchè dovrei?» rispose lui, sbuffando e appoggiandosi un libro sulla spalla «Figuriamoci se butto via il mio fazzoletto! Non è mica di carta.»

«M-ma io...io l'ho...»

«Ti ci sei asciugata gli occhi. Nulla di che.»

Si sentì qualcuno parlare alle sue spalle e, voltandosi, vide un gruppo di ragazzi che faceva dei segni a quello che aveva di fronte al naso: tornò a guardarlo, rendendosi conto che anche lui li aveva notati. Cominciò a camminare passando oltre e raggiungendo i suoi amici, senza più degnarla di uno sguardo.

«Ci vediamo.»

Célie sgranò gli occhi e si voltò a guardarlo mentre se ne andava.

Che aveva detto?






(N.d: Un piccolo passo indietro, come da titolo, per spiegare come Elliot e Célie si sono incontrati. Niente di che, come al mio solito, XD, ma spero comunque che per voi sia valso la pena di essere letto. Insomma, non è mai bello quando manca un pezzetto del tassello!)
  
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