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Eleventh
«Devi proprio
essere sempre così calmo?».
Annuì,
l’Arcobaleno, poggiato alla parete di uno degli infiniti
corridoi della
residenza Vongola.
Il
cappello calato sul viso nascondeva strategicamente lo sguardo glaciale
che
permaneva sul suo volto ormai da ore. In attesa.
Il
venticinquenne precedentemente conosciuto come “mostro
broccolo” o altri
curiosi nomignoli si alzò dal pavimento, infilando le mani
nelle tasche del
giubbotto, facendo spallucce e tirando un gran sospiro.
Più
per impazienza, doveva ammetterlo, che per altro.
«Come
ti pare, Reborn. Sta solo nascendo il tuo nuovo allievo. Io non starei
nella
pelle, ma fa come vuoi, vecchio mio»
«Attento
a chi dai del vecchio. Ricordati che stupida mucca eri e stupida mucca
resterai», decretò senza alzare di un minimo il
capo, le solite basette
arricciate che spuntavano dalla tesa del cappello che ora svettava
molto più in
alto di quanto non avesse mai fatto, segno che il tempo passava anche
per un
Arcobaleno.
«D’accordo,
io torno di sotto».
E
con queste parole anche il Guardiano del Fulmine scomparve
giù per le scale.
Rimase
in ascolto per sentirlo cadere ma non accadde. Lambo poteva essere
imbranato
quanto voleva, ma non era né Dino né tantomeno
Tsuna.
Entrambi
erano stati suoi allievi, uguali nel carattere,
nell’imbranataggine e poi,
improvvisamente, erano cresciuti.
Avevano
affinato le loro abilità ed erano saliti al loro giusto
posto, il primo come
boss dei Cavallone ed il secondo come boss dei Vongola.
Era
stato catapultato in quel mondo da un giorno all’altro e da
quattordicenne in
perenne ritardo a scuola era riuscito a diventare un perfetto boss
della mafia.
Ammetteva
che era rimasto un po’ perplesso quando aveva appreso della
decisione del Nono,
ma aveva accettato comunque di fargli da tutor.
Il
risultato era piuttosto accettabile, no?
Erano
cambiate così tante cose nelle vite di tutti… ed
ora stava per iniziarne
un’altra.
Si
sistemò il capello sulla testa e si aggiustò il
nodo alla cravatta, facendo per
lasciare il corridoio.
Tuttavia
proprio in quel momento la porta alle sue spalle si aprì
lentamente.
Dall’interno
giungeva soltanto il silenzio ed un leggero bagliore di una lampada
quando un
cresciuto seppur ancora giovane Decimo dei Vongola uscì,
tenendo delicatamente
tra le braccia un fagottino bianco.
«Reborn…
sei ancora qui…».
Parlava
sottovoce il giovane boss, che sicuramente mai aveva sostenuto un peso
così
leggero.
L’Arcobaleno
si avvicinò di qualche passo, osservando il suo allievo e
colui che lo sarebbe
diventato di lì a qualche anno.
«Sembra
fatto apposta per il tuo abbraccio», disse Reborn, stupendosi
della tenerezza
di quella frase e, maggiormente, del fatto che fosse stato lui a
pronunciarla.
«Già»,
rispose il giovane, rivolgendo un sorriso emozionato al fagotto.
Ogni
volta che lo guardava si stupiva di quanto assomigliasse sempre di
più a
Giotto.
Tanto,
forse troppo, ma non era un male.
Anzi,
probabilmente era esattamente il contrario.
«Beh,
auguri. Sono felice per te Tsuna», disse voltandosi e
raggiungendo le scale,
sempre con la sua solita freddezza calcolata.
Non
appena fu in cima alla scalinata, tuttavia, si voltò di
nuovo verso il suo
allievo.
«Oh,
non ti conviene scendere di sotto. Hayato vuole salire ad ogni
costo… se lo
farà Hibari avrà occasione di allenarsi un
po’»
«Grazie
Reborn…».
“Per
tutto”, avrebbe aggiunto volentieri, ma sapeva che il suo
tutor non amava quel
genere di cose.
Probabilmente
c’era stata una sola persona alla quale aveva permesso di
essere un po’ più
carina nei suoi confronti, ma quella persona non c’era
più, quindi…
L’Arcobaleno,
senza una parola, fece un cenno e scese il primo gradino.
«Ah,
ti conviene stare in guardia, avrai a che fare con una piccola Sawada.
Se io
sono stato un problema… beh, non posso assicurarti che con
lei sarà tutto rose
e fiori».
E
con queste parole rientrò nella stanza.
Non
c’era che dire, Reborn non si aspettava affatto che fosse una
bambina ma era
felice lo stesso.
Con
un sorriso più aperto, ma sempre nascosto, scese gli
scalini.
Iniziava
una nuova generazione.
Fuori
dai cancelli un uomo in impermeabile scuro osservava la mansione.
«Questo
momento di felicità non durerà a lungo. Goditi il
tuo pargolo, Sawada, finchè
puoi».
Con
uno sguardo glaciale ed un sorriso beffardo lasciò il
vialetto di ghiaia.
PAP – Piccolo Angolo
Pazzo
Ciaossu!
Dunque
dunque… che dire di questa fic appena nata? Che è
nata come una OneShot.
Mi
sono ritrovata un giorno in classe senza niente da scrivere, avevo
appena
finito di vedere il primo arco narrativo di Reborn ( si, vado lenta -.-
xD ) e
la vena creativa si è sintonizzata su esso.
E
ne è uscito questo capitolo. Mi sono detta:
“massì, una OneShot su Reborn ci
può stare”.
Poi
una mia amica mi fa notare: “perché non la fai
diventare una Long?”.
E
così ho fatto.
Ora…
è il mio primo esperimento con Reborn, quindi…
spero che questo primo capitolo
vi piaccia ^^”
xoxo
Jin.
PAP
PS: se ci sono degli strafalcioni – spero che non ci siano,
ma non si sa mai… -
mi scuso infinitamente ma non ho ancora finito di vedere tutto Reborn e
mi sa
che andrò moooolto lenta per evitare il finale il
più possibile xD lo adoro già
così tanto che non voglio finirlo ç_ç