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Autore: Dama Di Nove    06/04/2011    1 recensioni
molti si rassegnano ad un amore perso, altri si deprimono, altri se ne fregano ed alcuni semplicemente aspettano, forse in un modo folle ma attendono il ritorno di coloro che non hanno smesso di cercare.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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memorie perse nel vento

 

I .pioggia

Il vecchio scosse la testa bianca mentre il suo sguardo chiaro si posava oltre le vetrate della finestra

ah, il dolore… pensò con rammarico abbassando lo sguardo e rimanendo in silenzio, l’unico rumore che si sentiva era il ticchettare della pioggia sopra i vetri delle finestre lento e continuo, così cristallino da essere fastidioso.

Ogni sera  l’uomo che viveva al terzo piano del palazzo fuori centro, pioggia, vento grandine, sole cocente o tempesta di neve, lui scendeva le sue scale e camminava in silenzio con una rosa bianca in mano fino alla scuola di danza. Ogni sera annusava quella rosa, in attesa, dall’altro lato della strada ed osservava quel vecchio  edificio che cadeva in pezzi.

Una volta dalla porta della scuola uscivano ballerine con le scarpette da ballo delle mani e si salutavano andando ognuna per la propria strada e si sentivano le risa delle giovani ed i “ciao” che rallegravano la serata, adesso l’unico rumore era il cigolio delle vecchie assi e della pioggia scrosciante e continua.

Il vecchio osservava quell’uomo  sotto la pioggia stretto nel suo cappotto con la rosa bianca che pendeva floscia da un lato: Ogni sera aspettava la sua ballerina davanti alla scuola di danza. Il vecchio ricordava quando quella bella giovane accoglieva la rosa bianca che gli portava con un bacio ed insieme se ne andavano a prendere un caffè o semplicemente a stringersi la mano mentre gli occhi azzurri di quell’uomo si illuminavano di una luce viva, quella luce era  il cuore che pulsava nel petto della sua ballerina.

E adesso dov’è quella luce? Si chiese il vecchio scuotendo ancora la testa tristemente. Gli occhi dell’uomo si erano spenti, eppure era li, davanti a quella scuola ad osservare in attesa, noncurante della pioggia che gli appiccicava i capelli scuri alla fronte e gli bagnava il cappotto nero, sapeva che da un momento all’altro lei sarebbe ritornata con il suo sorriso, lui le avrebbe dato la rosa bianca ed insieme avrebbero preso la loro strada. Perché glielo aveva promesso quel giorno di tanti anni fa quando lei aveva detto “promettimi che verrai sempre a prendermi, che aspetterai sempre, sta tranquillo, prima o poi io tornerò” e lo aveva abbracciato salutandolo con un sorriso mentre entrava nella scuola.

prima o poi io tornerò, lei sarebbe tornata, ne era sicuro.

 

Il vecchio si lasciò andare ad un triste sospiro, mentre la rosa cadeva dalle mani dell’uomo, abbattendosi dolcemente sul suolo grigio del marciapiede ed inzuppando i petali giallognoli di acqua.

<< Non bisognerebbe essere innamorati di una donna che sta solo sotto terra, ecco! Bisogna farsene una ragione >> borbottò fra se non convinto neanche lui delle sue stesse parole. Mentre osservava ancora con la coda dell’occhio l’uomo la fuori in attesa della sua ballerina a bagnarsi fradicio ed immobile rimase un secondo con gli occhi aperti e tristi increspando le labbra in un espressione rassegnata.

Poteva chiamarla pazzia quella, poteva chiamarla malattia o poteva semplicemente chiamarla amore.

 

 

II . cappello e sorriso

Ogni mattina Irene prende il suo cappello di paglia intrecciata con il fiocco rosso al lato, lo stringe tra le mani e cammina instancabile fino al fiume ad aspettare. Alcuni dicono sia un po’ pazza Irene, alcuni dicono che sia esaurita e solo qualcuno crede che sia semplicemente innamorata.

Una volta quel fiume era limpido, adesso è solo grigio e schiumoso, le sue onde sbattono con un rumore quasi melodico contro le sponde, e Irene aspetta con il suo cappellino in mano il suo fidanzato di vent’anni partito per la guerra e non ancora tornato, ricordava quando molti anni orsono lui nella sua divisa opaca l’aveva stretta a se baciandola troppo velocemente perché quel bacio fosse un addio, eppure lo era, il cappellino che aveva fra le mani le era caduto e lui le aveva detto posando le sue mani sulle sue spalle “ritornerò, aspettami con il tuo sorriso e quel capello, come oggi”

Adesso Irene sente le onde del fiume che si abbattono sulla riva e sa che presto lui arriverà e la stringerà di nuovo a se con le sue forti braccia, lo sa perché deve essere così, perché lui tornerà da lei. Ogni giorno lei era lì ad attendere, ad osservare il fiume che ormai conosceva a memoria mentre il sole timido le illuminava i capelli rossi.

Sorride Irene: adesso ha il suo cappello ed il suo sorriso.

Alcuni dicono sia un po’ pazza Irene, alcuni dicono che sia esaurita e solo qualcuno crede che sia semplicemente innamorata.

 

 

III .sto aspettando una persona

<< se ne va signore? >> chiese con un sospiro triste la barista  

<< no Mary >> sorrise l’uomo << rimango ancora un po’, sto aspettando una persona >>

Come vuole pensò Mary avviandosi al bancone ed osservando il suo locale ormai vuoto, perfino i camerieri che pulivano i tavoli avevano finito.

 Fuori dal gran finestrone si poteva intravedere la notte buia e senza stelle, tipica di quel posto.

Sempre la stessa risposta riflettè con materna tristezza la donna riordinando le ultime bottiglie di alcolici sugli scaffali sto aspettando una persona

Mary la conosceva quella persona e sapeva che quella persona ormai non c’era più, e non c’era più da molto, molto tempo. Eppure quell’uomo veniva lì ogni domenica a bere un caffè e ad aspettare quella persona.

Mary si ritrovava spesso a sorridere quando lei era ancora viva e…anche lui era ancora vivo, perché ormai quello era un uomo morto dentro, rimasto un guscio vuoto, un anima a metà, spezzata per sempre.

Ripulì il bancone lentamente, tanto per far passare il tempo osservando con la coda dell’occhio l’uomo guardare ansioso fuori dalla finestra, aspettano Lei. Era bella lei  sospirò la donna, le aveva invidiato gli occhi scuri ed allegri ed i capelli biondi che le ricadevano in riccioli perfetti come molle fino alle spalle.

<< andiamo Jak >> sospirò avvicinandosi all’uomo << ti accompagno a casa >>

<< non poso >> scosse la testa con un sorriso  << le ho promesso che ci saremmo incontrati>>

Mary era a conoscenza di quella storia: alla ragazza piaceva nuotare, andò a fare una gara di nuoto al mare con le sue amiche proprio il giorno in cui Jak si era sentito male ed era rimasto a casa, gli avevano raccontato dei ,mulinelli che c’erano quei giorni, dovettero scavare per ritrovare il corpo della giovane. Prima di andare a nuotare la ragazza aveva detto a Jak che si sarebbero rincontrati al bar dove si erano visti la prima volta e quel bar doveva essere proprio il bar rinomato per la sua bellezza nonostante le piccole dimensioni: ovvero il bar di Mary 

Brutta faccenda pensò tra se ritornando al bancone e continuando ad osservare, mentre asciugava con uno strofinaccio un bicchiere per la birra, l’uomo che osservava la foto ingiallita della ragazza tenuta stretta fra le mani

<< forse è meglio così >> si disse fra se posando il bicchiere appena asciugato, forse la verità l’avrebbe ucciso, forse vederlo aspettare tutte le domeniche al bar era la cosa migliore, perché in fondo anche Jak sapeva che la sua Susan era morta, e sapeva anche che ammetterlo avrebbe fatto morire anche lui.

Ecco un uomo distrutto pensò la barista scuotendo il capo, non pensava che innamorarsi potesse fare così male, perché quell’uomo era quello dopotutto, un uomo distrutto ed ancora innamorato di colei che era ormai solo un cadavere.

 

 

IV .sconosciuta su una panchina

 

<< Kate, che fa quella ragazza? >> chiese perplessa Jenny osservando con la coda dell’occhio una bella donna bionda seduta su una panchina con una foto ingiallita tra le mani a fissare un albero di fronte a lei.

<< aspetta >> spiegò la cugina << porta due coca-cola al tavolo dodici >> spiegò posando sul vassoio che aveva in mano le lattine rosse

<< “aspetta”… Kate? >> chiese titubante prima di correre verso il tavolo dove erano sedute due ragazze e consegnare le coca-cola con uno dei falsi sorrisi che trovava in repertorio.

<< si chiama Erien >> spiegò Kate con un sospiro triste mentre osservava la donna fuori dalla finestra del ristorante di campagna.

<< e chi aspetta? >> chiese incuriosita Jenny appoggiando il vassoio sul bancone

<< vai direttamente a chiederlo a lei >> propose la cugina riposando lo sguardo verde su Jenny

<< ma se non la conosco neanche! Che stai dicendo Kate!? >>

<< sta tranquilla, quella donna è un angelo, va da lei, le fa piacere che qualcuno le tenga compagnia, ti do una pausa >> la rassicurò la cugina correndo vero un tavolo con due anziani tenendo in equilibrio due vassoi ricolmi di frutta.

Jenny si avviò titubante verso l’uscita del ristorante aprendo la porta e facendo tintinnare il campanellino sopra di essa, arrivò alla panchina dove c’era la donna intenta a lisciarsi le pieghe del vestito blu.

<< buon…buon giorno >> balbettò quando le fu davanti, la donna alzò lo sguardo azzurro scoprendo un viso dolce spruzzato da qualche lentiggine qua e là

<< buongiorno anche a te cara >> rispose con un sorriso << sei stanca? Vuoi sederti? >> chiese facendo un cenno al posto libero affianco al suo, Jenny acconsentì all’invito titubante sedendosi lentamente e guardando negli occhi la bionda

<< le serve aiuto? >> tentennò

<< ho no, grazie >> sorrise la donna guardando il cielo << sto aspettando Alex >>

<< chi è…Alex >> chiese senza pensare alla sfacciataggine della sua domanda

<< sai, a lui piacciono le stelle >> spiegò con un sorriso ignorando la sua domanda << non pensi che siano proprio quelle stelle che vediamo ogni notte a scegliere il destino degli esseri umani? Non credi che siano quelle stelle a vegliare e regnare su di noi? >>

<< non lo so >> ammise Jenny

<< vivi ogni attimo >> continuò la donna abbassando lo sguardo sulla fotografia che aveva sulle ginocchia << perché non si può immortalare tutto in una fotografia, e poi gli attimi passano, il tempo li consuma, li sbiadisce, e delle loro memorie non rimane che una piccola e flebile linea, vivi ogni attimo ragazza: perché lui non torna più >>

Jenny rimase in silenzio: quelle parole l’avevano colpita, da quando una sconosciuta ti accoglie con un sorriso e ti parla così?!

<< prendi questo >> disse la donna alzandosi ed estraendo dalla borsetta un pezzo di carta << un promemoria per il futuro >> le assicurò posando il foglietto nella mano di Jenny e chiudendola delicatamente << devo andare, ciao cara >> sorrise andando via con un lento passo ondeggiante e tranquillizzante.

 

<< bhe, cosa ha detto? >> chiese curiosa Kate contando gli ultimi incassi

<< niente di strano, aspettava il suo ragazzo credo, un certo Alex >>

<< lo so >> sospirò la cugina alzando lo sguardo verde velato di tristezza

<< qual è il problema? >> chiese stupita Jenny

<< Jennyfer..Alex si è suicidato nel ’95, Erien va su quella panchina ogni giorno credendo che prima o poi arriverà: è impazzita  cugina>> la ragazza spalancò gli occhi scuri, quella donna gli sembrava un po’ strana ma non fino al punto di resuscitare i morti.

<< ah >> seppe solo mormorare sedendosi ad un tavolo, nell’istante in cui prendeva posto su una sedia si ricordò del foglietto che gli aveva dato la signora, lo tirò fuori dalla tasca aprendolo e l’esse l’elegante calligrafia

 

Vivi ogni attimo fino in fondo Erien, perché lui non torna più, fai della tua vita un capolavoro, ne hai una: vivila, non perderti i dettagli, gli attimi, gli istanti, non tutto potrà essere racchiuso in una macchina fotografica, guarda il cielo e le stelle, e forse ti ricorderai di me, è troppo tardi per ricominciare a vivere. Per tutti gli innamorati che non smettono di sognare, per i testardi che non smettono di lottare, per tutti coloro che vedono il mondo con occhi diversi, non versare lacrime: sorridi ogni giorno e forse quando ti siederai su quella panchina dove ci siamo conosciuti ti ricorderai di me, sarebbe bello dire “dimenticami”, ma io non voglio che tu mi dimentichi anche quando non ci sarò più, di il mio nome ed io ritornerò con te, su quella panchina in quella giornata d’autunno. Non siamo altro che ricordi dopotutto, memorie perse nel vento.

Alex

18 Marzo 1995

 

 

 

 

 

 angolo autrice.

niente da dire, mi frullavano queste idee in testa e le ho messe su carta, non mi è uscito un granchè ora che ci penso :)

 

 

 

  
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