Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Fuecchan    06/04/2011    0 recensioni
Piccola shot dedicata agli ultimi capitoli SPOILER dell'opera ClAMPICA xxxHOLiC. Parla della solitudine di Watanuki dopo *beeeeep* e dato che dentro di lui dopo l'accaduto si è creato un tale vuoto, non riesce più a sopportare tutto questo sopratutto dopo un sogno fatto in cui il protagonista non è più Haruka...
{DouWata/DouKi - Shonen-ai /Yaoi - One-shot - Song-fic}
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kimihiro Watanuki , Shizuka Dômeki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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{Sen wo nuita – Vorrei farla finita ~

{Sen wo nuita – Vorrei farla finita ~

 

-DouWata-

 

 

{ Kidzuitanda kinou no naidayoru ni
Ochita kaben hiroiageta to shite
Mata saki modoru koto ha nai sou te no hira no ue no chiisana shi
Bokura no jikan ha tomatta mama

 

 

 

Le sensazioni che si provano in certe occasioni, probabilmente non si potranno mai più provare.

Rimangono insite nel cuore, come uniche ed inimitabili.

Allora perché mi convinco di poterle rivivere tranquillamente?

Perché tento ancora di poter captare quelle stesse sensazioni, quella stessa irritazione?

O quel batticuore che mi veniva ogni qual volta non mi sentivo solo guardandomi allo specchio e notando la differenza di pigmentazione delle mie iridi?

 

 

Non riesco a concepire niente di tutto ciò. Non l’ho mai concepito.

Tutto ciò mi punge come delle schegge avvelenate che recidono le mie arterie.

E forse in cuor mio avevo sempre saputo, mi ero sempre chiesto dove saresti stato per me in seguito. Io che fine avrei fatto senza di te?

Penso che all’inizio si trattasse di semplicissima comodità, ma dopo si era trasformata in un bisogno psicologico: magari anche di mandarti comodamente al diavolo, come se quel rancore – apparente – fosse l’unico filo rosso ad unirci. Forse non si è trattata di una coincidenza… No.

Yuuko-san diceva che tutto ciò che accade è inevitabile.

E allora come posso pensare alle volte che avrei potuto cambiare come sono andate le cose?

Ma in fondo è meglio così. In fondo era così che doveva andare…

Ma in fondo volevo che tutto rimanesse com’era prima.

Ma era inevitabile che tutto ciò finisse in questo modo, senza che io potessi fare niente.

Io sono solamente una povera vittima di un cuore – come il mio – che è stato capace di amare persone che se ne sono andate.

 

Maru e Moro lanciarono il piccolo Mokona per l’ennesima volta fuori dalla cucina dove Watanuki preparava dell’appetitosissimo sukiyaki. Il saké era pronto in tavola ma sembrava che per una volta la palletta nera non fosse in vena di cominciare a brindare prima del tempo. E Watanuki era più che felice di notare quella piccola modifica, quella sera.  Forse perché Mokona era come se avvertisse i suoi pensieri, o almeno sentisse scorrere delle vibrazioni strane da Kimihiro.  Maru si infilò sotto al tavolo acchiappando un qualcosa di non ben definito, che fece subito vedere a Moro che, tutta contenta, andò saltellando da Watanuki, tirandogli lentamente il kimono ricamato in seta.

 

Watanuki!”

Watanukii!”

 

Cinguettarono energicamente le due ragazzine mentre gli tiravano ancora il vestito.

Sbuffando il moro si girò abbassando la fiamma sotto la pentola più grande mentre, tenendo la pipa tra i denti guardava le due più piccole da sotto la leggera montatura degli occhiali la vista, appena appoggiata sulla punta del naso.

 

Cosa c’è, Maru, Moro?”

 

Fece un piccolo movimento con la mano per prendere la pipa tra le dita e poi tenerla elegantemente tra di esse mentre osservava le mani di Maru contenere qualcosa. Appena le aprì vide una farfalla dorata scuotere le ali e librarsi nella stanza, tentando di trovare una via d’uscita. Gli occhi di Watanuki si spensero un momento, sentendo come se dentro di sé qualcosa si riaprisse, sanguinando in modo abbastanza copioso. Il sangue caldo di una ferita che avrebbe portato dentro per tutta l’eternità. Si poggiò una mano sull’occhio destro, mordendosi violentemente il labbro, mentre col sinistro seguiva lentamente i movimenti della farfalla, che, trovato sbocco poi nella veranda posteriore, che affacciava nel giardino, volò via, confondendosi lentamente col forte brillare della luna che in cielo salutava il rigoglioso giardino ben curato di Watanuki.

 

Si girò lentamente specchiandosi nella pentola, mentre osservava rammaricato l’iride dorata. Deglutì lentamente sentendo le lacrime ascendere nei canali lacrimali e poi fare una vertiginosa caduta sulle sue guance, pallidissime.

{ Koe wo karashite sakenda 
Ankyou zankyou munashiku hibiku
Hazusareta kusari no sono saki ha
Nani hitotsu nokotte ya shinai kedo

 

Cosa mi è rimasto di te?

Niente se non questo occhio.

Ora sono libero. Ma a quale prezzo?

Quale prezzo ha avuto la mia libertà?

Anche se vivo con la convinzione che ognuno di coloro che vedo, non sei tu, ancora spero che un giorno uno di loro mi possa guardare o toccare nel modo in cui facevi tu.

Il destino ci ha fatti incontrare, odiare, amare, crescere e ora ci ha nuovamente diviso. Divisi, come eravamo all’inizio di tutto.

Con una madornale differenza.

Tutto quello che correva tra di noi ora mi logora l’anima, ora mi fa sentire come se non avessi più niente al mondo, se non una schiera di fantocci pronti a starmi accanto, ma mai come lo facevi tu. Magari anche tu eri un fantoccio, come tuo nonno. E magari il fantoccio migliore della tua famiglia. Non m’importa.

Ora tu hai il mio cuore e te lo sei portato nella tomba con te.

E ora il fantoccio solo io.

 

Il divanetto era cosparso di bottigliette bianche. Tutto il saké che c’era in quella casa era stato prosciugato dalle labbra di Watanuki, labbra che ora erano increspate in una smorfia d’incontenibile dolore. Un dolore pungente come un calabrone. Un Dolore di cui Mokona stesso era spaventato, spaventato soprattutto dal fatto che il suo attuale padroncino si lasciasse andare troppo spesso a quelle crisi di pianto, a quei rimescolamenti di sentimenti, sensazioni, ricordi.

Ricordi che ferivano, che avvelenavano quell’anima ormai turbata dal profondo.

 

 

Il kimono era abbandonato sopra il sottile corpo di Kimihiro, lasciando trapelare in modo palese, l’esile e pallidissimo corpo del moro. A volte si toccava la gola, sentendosi soffocare a quel sentimento crescente che gli bloccava la trachea, che si liberava solamente con un nuovo singhiozzo, uno dopo l’altro insieme a quelle lacrime che non volevano sentire ragioni di smettere di scendere. Gli occhiali abbandonati ai piedi dei divano insieme alla pipa da cui fuoriusciva un leggero ed opaco fumo, che come sempre aveva riempito quasi completamente Watanuki, lasciando che lo avvolgesse in quella spinosa coperta, affatto madre, ma più matrigna. Maru e Moro erano stese sulla fresca erbetta del giardino a contare – se si potesse – tutte le stelle che brillavano nel firmamento. Stelle che Watanuki adorava osservare con Shizuka accanto. Stelle che aveva contato e ricontato con una bottiglia di saké in mano e lui accanto., magari stuzzicandosi o parlando di cose serie. E qualche volta anche con attenzioni più intime, il cui solo ricordo faceva scaturire in Watanuki gemiti soffocati, strozzati da quel pianto che tanto lo stava stringendo dallo stomaco. Avrebbe voluto denudarsi completamente e cadere in ginocchio nel giardino, gridando ancora il suo nome in preda alla disperazione.

Ma quelli erano momenti in cui solamente Mokona – con estremo rammarico e dispiacere – riusciva ad assistere. Persino Maru e Moro non riuscivano a vederlo così. Ogni tanto il cosino nero gli portava qualche altra bottiglia di saké , che lui lasciava scendere giù, nella gola, come se fosse acqua, avendo un consequenziale bruciore della gola stessa. Ma al momento sembrava importargli solamente affogare in quelle stesse lacrime, il che sembrava quasi piacergli.

Mokona fece un piccolo saltello, e si stese sul suo addome che si abbassava aritmicamente, in modo sconnesso, a causa dei singhiozzi che rompevano i meravigliosi occhi – non sono per il colore, ma anche per altri motivi – di Watanuki.

 

{ Omoidasu yo hajimete atta kisetsu wo
Kimi no yasashiku hohoemu kao wo
Ima wo kakko ni oshiyatte futari kizutsuku kagiri kizutsuita
Bokura no kokoro ha toge darake da

 

 

 

Ho una folle paura di potermi ricordare di te. Ma è come se m’infastidissi anche dal posto in cui ti trovi in questo momento. Che possa essere l’inferno, il paradiso o il purgatorio. Non importa dove tu stia, riesci sempre a sbaragliare i muri della mia anima, completamente pieni di cuciture che ho dovuto applicare con la forza di volontà per non lasciarmi andare dalla disperazione.

Ma sembra che quasi ogni giorno io debba per forza avere un momento in cui tutto di te – dagli occhi ai tuoi rozzi e campagnoli modi di fare – mi ritorna in mente in modo tremendamente prepotente, come se mi facessi un dispetto.

Eppure quando eri ancora accanto a me non volevi farmi soffrire.

Ora sembra che l’unica cosa che vuoi è che non mi dimentichi di te.

Ma vuoi proprio vedermi in questo stato pietoso tutte le sere, eh aho?

Penso proprio che la tua soddisfazione sia a livelli a dir poco cosmici, ma dopotutto ora che importanza ha?

L’unica cosa che vorrei è poterti rivedere almeno una sola volta…

Una.

Cosa chiedo in fondo? Niente di che.

Ma il mio desiderio avrebbe un prezzo troppo alto  per essere esaudito.

Più che sentire come il mio cuore viene trafitto da mille lame, non posso fare. Più che osservare il delirio lento e inesorabile che mi sta avvolgendo, come questo arido fumo…

 

Tra il pianto e l’abbiocco da alcool, Watanuki aveva cominciato a viaggiare nel mondo dei sogni. Un mondo che era più pericoloso del mondo reale stesso. Un mondo dove era stato ingannato, dove Yuuko-san era stata tenuta prigioniera, non permettendole di riposare in pace. Una mano era poggiata su Mokona che, da quando aveva preso sonno il moro, aveva avuto un po’ di sollievo tanto da potersi addormentare anche lui. Per quanto la piccola creatura fosse dispettosa, teneva a Watanuki più di qualsiasi persona al mondo e vederlo colare a picco in quel modo, non poteva che dargli fortissime ansie.

Maru e Moro sonnecchiavano sotto le stelle, di cui ovviamente avevano perso il conto e chissà quante altre volte avevano provato a contare, cominciando sempre da una stella diversa, che probabilmente avevano contato sì e no altre due o tre volte, se non di più.

 

Watanuki schiuse gli occhi.

Una pioggia di eleganti petali di ciliegio incorniciava completamente la sua vista, che sboccava in un viale alberato da cui provenivano i petali della suddetta pianta. Una pianta che sembrava marcire lentamente insieme a lui. Mugugnando qualcosa si mise seduto, notando che – anche senza occhiali – ci vedeva alla perfezione. Bene, aveva potuto constatare che quello in cui si trovava era un sogno. Ma la cosa che lo sconcertava di più era che si trovava nel tempio della famiglia Doumeki.

Si tirò indietro leggermente la frangia, sentendo il cuore che gli si stringeva. Aggiunstò una parte del kimono sulla spalla, alzandosi in piedi e cominciando a guardarsi intorno. Ma perché di tutti i posti che ricordava, proprio quello?

Sembrava che il destino ogni volta volesse pugnalarlo alle spalle con qualche nuova e spiacevole sorpresa, come poter camminare in quello stramaledettissimo posto che non avrebbe mai più voluto vedere per nessuna ragione esistente al mondo. Ma l’inevitabile aveva ancora qualche asso nella manica per  Kimihiro.

 

Oi.”

 

Watanuki scrollò le spalle, avendo giurato di aver sentito la voce di Haruka-san. Oh, beh non che gli dispiacesse incontrarlo nei suoi sogni ricorrenti, ma ovviamente vedere qualcuno con la sua stessa faccia, non giovava per niente al suo spirito perennemente tormentato. Così lo prese come uno scherzo della stanchezza, un puro frutto della sua frustrata immaginazione, che non voleva far altro che confortarlo con qualche rimasuglio dei suoi ricordi. Ma ovviamente non poteva permettersi di lasci-

 

Oi.”

 

“Quante volte devo ripeterti che non mi chiamo “Oi?!

 

Si voltò di scatto lasciando che il kimono gli cadesse ancora sulle spalle, allungando le maniche senza far intravedere le sottili mani. Dietro di lui vi trovò dietro “Doumeki”. Ma quale? Haruka-san usava chiamarlo “Kimihiro-kun”…

Gli si ghiacciò il sangue nelle vene spalancando gli occhi bicolore mentre si stringeva convulsivante l’apertura del kimono sino alla gola che gli si chiuse prepotentemente, lasciandolo soffocare. L’altra mano finì sulle labbra che s’incresparono in modo aggressivo, non riuscendo davvero – in alcun modo – a trattenere le lacrime che cominciarono a cadere dai suoi meravigliosi occhi, uno di questi che apparteneva alla figura di fronte a lui.

Lo stesso storse le labbra continuando a guardare Watanuki piangere, come se non ne comprendesse apparentemente il motivo. Ma in realtà stava solamente osservando cosa aveva portato la sua assenza a Watanuki; l’assenza di quel Doumeki”, non uno dei tanti che lui si era assicurato di lasciare col moro.  Non disse una parola mentre osservava il suo corpo scarno, più pallido di quanto se lo ricordasse e la cosa gli faceva intuire che mangiava relativamente poco e se cucinava era solamente per Mokona – ma doveva davvero insistere la piccola creatura nera per avere un pasto. Un silenzio surreale si alzò tra di loro, solamente rotto dai singhiozzi che Watanuki non riusciva a fermare e da un vento caldo, accogliente, consolatore che portava via i petali dei fiori facendoli cadere sui due in piedi, in mezzo al vialetto d’entrata del tempio.

Watanuki non riusciva a rimanere indifferente a quella visione, una visione che gli pareva quasi un regalo donatogli da chissà quale Dio, per curare la sua anima costantemente tormentata dal ricordo di Shizuka. Ma la cosa che più gli faceva rabbia – e che di conseguenza lo faceva piangere ancora di più aumentando il morso allo stomaco – era che davanti a lui dovesse manifestare questi sentimenti così forti, quando solitamente – in passato – aveva solamente usato mostrargli puro e costantissimo rancore, un rancore trasportato da sentimenti contrastanti che aveva sempre tentato di sopprimere ma che riaffioravano ogni qualche volta Shizuka aveva qualche pensiero gentile per Watanuki – basti pensare al suo occhio destro.

Almeno “Doumeki” ebbe la decenza di rimanere in silenzio finché Watanuki non avesse ripreso possesso del proprio cervello e soprattutto non avesse raccolto un po’ di auto-controllo. Kimihiro alzò gli occhi diversi osservandolo mentre si asciugava il naso col dorso della mano in un movimento per niente elegante, cosa che al momento non gl’importava più di tanto, e prese a scrutarlo dalla testa ai piedi.

 

Che c’è?”

 

Domandò Shizuka alzando un folto sopracciglio mentre le braccia erano rigidamente abbandonate lungo i fianchi, in una muta analisi di Watanuki, un “Watanuki” che non era “Watanuki”… Non riusciva minimamente a concepire il suo radicale cambiamento.

 

“Certo che le domande idiote non ti mancano minimamente, nonostante tutto questo tempo…?”

 

Kimihiro si passò violentemente, e con nervoso, il palmo della mano sugli occhi soffermandosi qualche secondo su quello destro. Possibile che, nonostante tutto quel tempo che non si erano visti, Watanuki fosse solamente capace di rispondergli in modo acido? Forse era sempre stata una tattica per difendersi dai suoi stessi sentimenti; sentimenti di cui “Doumeki” era puramente e pienamente cosciente – e anche consenziente – per cui aveva sacrificato generazioni alle dipendenze di Watanuki, ma a quanto pareva nessuno gli andava bene se reagiva in quella maniera. Il solito acido e scontroso Watanuki… Che gli era mancato da morire.

Shizuka avanzò a larghe falcate verso di lui, causando un tremare da parte del minore che arretrò – a piedi nudi – sul selciato di ciottoli di cui l’ingresso era completamente rivestito, ma non poté compiere un movimento di più dato che il maggiore gli aveva afferrato violentemente un polso e strattonato verso di sé, quasi sollevandolo da terra, con una mano che gli teneva saldamente un fianco fine.

 

B-bestione mollami…”

 

“No.”

 

Lo strattonò maggiormente verso di sé prendendogli il mento ed ammirando lo splendore del portamento che aveva nel avere il colore dorato al bulbo oculare destro. Osservò poi i tratti infossati, rugosi, completamente spenti e soprattutto le violacee occhiaie che erano sentore di nottate passate a bere soprattutto piangere. Per quanto aveva evocato il suo nome, a “Doumeki” erano fischiate le orecchie per secoli. Sembrava che con qualche scialbo e stanco movimento volesse opporre resistenza, una resistenza inutile dato che Shizuka lo teneva saldamente a sé, facendo scorrere il fiato che fuoriusciva rabbioso dal naso, sul viso di Watanuki. Il minore poggiò, rassegnato, la fronte contro il suo petto, tirando un piccolo sospiro di sconfitta, dove si sorprese di sentir battere il cuore, forse più forte del suo. Forse anche “Doumeki” era nervoso nel vederlo; emozionato, in una remota visuale della cosa.

 

Watanuki.”

 

La voce roca dell’altro rimbombò violentemente nelle orecchie di Kimihiro che, aggrappatosi al kimono di Shizuka, come se non volesse più lasciarlo andare per nessun motivo al mondo, singhiozzava violentemente lasciandosi cullare dal respiro e dal battito irregolare del maggiore. Era meraviglioso sentire come ogni funzione vitale era come l’aveva lasciata e come se la ricordava in “Doumeki”. Si morse piano le labbra ascoltando quello che aveva da dire. Ma non vi fu altra parola pronunciata dalle sue labbra e il silenzio calò nuovamente, in modo soffocante tra i due. Fortunatamente Watanuki lo ruppe.

 

“Devi perseguitarmi anche da morto?”

 

La risposta non arrivò subito da parte di Shizuka, dato che rimase in silenzio ad accarezzare la schiena di Watanuki che era rotta da singhiozzi irregolari, mentre questo, stringeva in modo convulsivo la stoffa del kimono di Shizuka sotto le sue dita, facendole diventare bianche per lo sforzo. Era un colpo troppo forte in fatto emotivo per Watanuki,  non era così pronto a rivedere “Doumeki” così, di punto in bianco. Forse in fondo - anche se non tanto in fondo, visto e considerato che ora era completamente accollato a lui e non sembrava avere la minima intenzione di lasciarlo ancora andare tanto presto -  era tremendamente felice di poterlo toccare, di poterlo annusare, di poter nuovamente avvertire il battito del suo cuore.

 

“… Devo proteggerti.”

 

Fu l’unica cosa che Shizuka mormorò accarezzandogli piano i capelli corvini, sottili come seta, mentre il suo sguardo scuro si perdeva ad osservare la moltitudine di ciliegi che ricopriva il vialetto, con la testa poggiata sulla tempia di Watanuki,  avvolgendo i due corpi uniti, ma così tremendamente distanti che suonava come una pugnalata alla schiena per Watanuki. Il più piccolo alzò lo sguardo lasciandovi correre alcune lacrime che Shizuka prontamente catturò col pollice osservandolo col suo solito sguardo fiero, freddo e distaccato, ma tremendamente riflessivo.

 

“Da cosa?”

 

“Da te stesso.”

 

“Non essere ridicolo…”

 

Watanuki scostò piano lo sguardo tentando di evitare completamente quello di “Doumeki”. Lui, che quando parlava ad una persona preferiva guardarla negli occhi per chiarire qualsiasi equivoco che si sarebbe potuto venir a creare, afferrò violentemente – come al solito – il mento di Kimihiro, impossessandosi nuovamente di una visuale completa dei suoi occhi meravigliosi. Era davvero così; Watanuki stava colando a picco perché lentamente si lasciava andare, non curandosi più di se stesso a causa del dolore e Shizuka non poteva permettere che questo accadesse, non a lui, non voleva che crepasse prima del tempo stabilito… Voleva vivere attraverso quell’occhio e così avrebbe fatto, ma per vivere attraverso Watanuki, Watanuki stesso doveva sopravvivere a quel dolore e quindi alla completa autodistruzione ed abbandono del proprio corpo.

Gli alzò lentamente il viso leccandogli una lacrima, causando un singhiozzo più forte in Kimihiro che, stringendo maggiormente le mani sulla stoffa del kimono di Shizuka, si morse le labbra sentendo anche il calore della sua lingua salire lentamente sulla guancia destra sino alla palpebra – precedentemente chiusa da Watanuki – dove “Doumeki” vi depositò sopra un bacio, lasciando rabbrividire l’altro tra le sue braccia.

 

Watanuki. Vivi. Se non vuoi vedermi morire una seconda volta.

 

 

{ Omokurushiku tsudzuku kono kankei de
Kanashii hodo kawaranai kokoro
Aishiteru no ni hanare gatai no ni
Boku ga iwanakya

 

 

Non è vero niente. Tu non sei qui con me.

Non voglio lasciarmi andare a questo calore che mi dai. Ho paura di lasciarmi completamente andare, ho paura che inevitabilmente io possa nuovamente innamorarmi di te. Anche se non avevo mai smesso di amarti.

Non ho mai potuto cambiare idea su di te, non ho mai potuto lasciarmi alle spalle questo sentimento, non posso, sarebbe come vederti morire ancora e ancora, continuamente, in modo inesorabile, e la cosa mi addolora e mi logora maggiormente.

E ora tu, mi trafiggi così, con queste parole, con le tue labbra e le tue braccia che sono un castello dove raccogliere, anche in sogno, le mie amare lacrime solitarie, lacrime che nessuno avrebbe mai potuto confortare se non tu stesso in questo momento, in questo posto. Qui, tra le tue braccia.

Shizuka. Ti amo.

 

Watanuki spalancò gli occhi trovandosi ad osservare il soffitto completamente intonacato di rosso del salottino dove ora Mokona riposava ancora sulla sua pancia. Con flemma accarezzò la peluria dell’animaletto mentre respirava lentamente, cercando di riordinare un momento i pensieri.

 

“Un sogno?”

 

Deglutì alzandosi di scatto dal divano mettendosi seduto, sentendo ancora le lacrime affiorargli prepotentemente agli occhi. Mokona – come ben prevedibile – fece un bel voletto all’altro capo della stanza, ma ovviamente non si destò neanche sbattendo contro il muro e poi finendo col musetto sul pavimento. Watanuki scostò immediatamente tutte le bottiglie, fregandosene che alcune erano andate rotte e cominciò a cercare in modo frenetico Shizuka, come se avesse potuto trovarlo nella sua casa, anche dopo ciò che si presentava come un evidente sogno. Ma no! Lui non riusciva minimamente a concepire che fosse un fottutissimo sogno! Lui era lì! Era il suo Doumeki! E non quei fantocci!

 

Doumeki! Doumeki!”

 

Prese a chiamarlo con fare disperato andando di stanza in stanza, prima la sua – o quella vecchia di Yuuko – poi la cucina, il magazzino dove cercò dietro ogni scaffale a costo di far cadere cose abbastanza preziose, vecchi e nuovi pagamenti che riceveva in cambio della realizzazione dei desideri della gente. E infine, svegliando Maru e Moro, si fiondò nel giardino inciampando rovinosamente nel kimono – da solito e maldestro Watanuki – alzando lo sguardo dorato e blu verso il sole che ora picchiava prepotentemente sulla sua testa, accecandolo. Tese un braccio verso il cielo, quasi scongiurando gli dei, qualsiasi creatura al di sopra dei suoi poteri che potesse realizzare il suo più intimo desiderio. Strinse gli occhi spalancando la bocca mentre, le stesse gocce salate gli finivano sulla lingua.

 

Shizuka!”

 

{ Futari wo tsunaideta kizuna
Hokorobi hodoke nichijou ni kieteku
Sayonara aishita hito koko made da
Mou furimukanai de arukidasunda

 

 

Probabilmente vivrai sempre nei miei sogni.

Vivrai e potrai stringermi e baciarmi.

In un sogno infinito che sarà la mia vita.

E questo il nostro epilogo, l’epilogo della nostra vita terrena.

Mi addormenterò e dormirò in eterno, sognandoti eternamente.

Lasciami vivere con te in questo sogno. Un sogno che come pagamento ha la mia stessa vita. Ma non m’importa. Il desiderio di averti con me è molto più forte di quanto tu possa immaginare. Questo è il nostro epilogo e a parte il nostro aspetto c’è una cosa fondamentale che non è cambiata.

Il mio amore per te.

 

 

 

“Sto arrivando, Shizuka.”

 

 { Kore de oshimai sa ~

(Perché, infine abbiamo raggiunto la fine.)

 

{  Just be friends – Luka Megurine

 

 

 

Spazio commenti finali:

 

Bene non c’è molto da dire su questa fanfiction. A dire la verità è stato uno schizzo di quattro ore consecutive sul word, ma vabbeH Dettagli. Ho voluto vedere Watanuki in un futuro troppo prossimo, in un futuro dove il vuoto lasciato da Shizuka diventa talmente nero che lo risucchia al suo interno. Ed ovviamente le parole di questa canzone non potevano che calzarci a pennello. Tanto angst

Per quanto riguarda i commenti, non me ne aspetto, dopotutto è la prima DouWata (o DouKi, che dir si voglia), quindi potrei aver fatto qualche strafalcione con l’IC. Vado abbastanza sul sicuro per Watanuki, ma per Shizuka non tanto. Non mi aspetto tanti commenti, come ho detto sopra, ma almeno se la fanfiction vi piace, e mettete a preferiti(cosa che dubito profondamente), non vi costa nulla lasciare un commento anche di una paroline nette nette, non mi offendo anzi sarei onorata di sapere che avete sprecato tempo a battere le vostra dita sulla tastiera come io ho fatto per scrivere questa fanfiction quattro ore ad ammazzarmi davanti al monitor senza occhiali…

Che schifo elemosino commenti…

Vabbè a voi il giudizio.

Fue ♥

   
 
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