Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Oscar_    07/04/2011    5 recensioni
Ormai avvertiva la sua fine prossima. Aveva ottenuto vendetta e tutto stava per concludersi. Era davvero ciò che aveva voluto? Vendicarsi di chi lo aveva umiliato e di chi aveva bruciato la sua vita in un solo colpo? Oppure aveva desiderato qualcos'altro? Molto più al lungo e molto più silenziosamente...?
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Last words

 
 
 
 
 
 




Seduto in quella barca navigante in un fiume di ricordi, il giovane conte osservava distratto le piccole emozioni passate, di colore azzurrino, scivolare dolcemente sul pelo dell’acqua, mentre con la coda dell’occhio lanciava fugaci sguardi al suo maggiordomo, che benché avesse perso un braccio meno d’un’ora prima, riusciva ugualmente a remare verso un luogo misterioso e tetro di cui si scorgeva appena la riva in lontananza.
Non avrebbe fatto nulla. Le persone contro cui doveva trovare vendetta finalmente non c’erano più e... Anche lui stesso sentiva di non esserci più.
In quel momento in mezzo all’acqua il ragazzo scorse un colore differente da quello dei propri ricordi, e si chinò verso il piccolo oggetto che aveva attirato la sua attenzione, prendendolo delicatamente fra le mani: un anello ricavato con un fiore blu. Il maggiordomo si avvicinò al padrone, non capendo inizialmente la natura del fiorellino, successivamente lo allontanò dalle mani del giovane e tentò di infilarglielo al pollice della mano sinistra, senza però risultati, contando l’assenza di un prezioso arto. Sospirando, il giovane riprese l’anello e lo infilò autonomamente al dito, ripetendo al maggiordomo che con un braccio solo non poteva farcela. L’espressione del demone si fece abbattuta, avrebbe desiderato essere perfetto sino alla fine, ed invece...
Ma per il conte, lui era stato perfetto sino alla fine. Non aveva proprio nulla da rimproverargli in quell’attimo fuggente in cui la gondola attraccò sulla riva di quella che appariva come un’isola esclusa dal mondo.
I due ne scesero, ovviamente il maggiordomo prese in braccio il padrone; e si avviarono verso il centro dell’isola, dove alcune rovine di chissà quale epoca e chissà quale popolo, giacevano mute, spettatrici di uno spettacolo tutto da godere. Ma non erano le uniche. Su di un muro v’era un secondo osservatore, un corvo nero, che fissava il giovane Ciel.
Il giovane lo guardò distrattamente per poi concentrare lo sguardo sul maggiordomo.
Colui che in tutto quel tempo gli era stato accanto, promettendogli di vendicarlo, proteggendolo da tutti i pericoli che aleggiavano attorno a lui, rimanendogli accanto nei momenti più bui come in quelli più luminosi. Adesso avrebbe dovuto dirgli addio?
Probabilmente stava pensando molto più a questo che a quello che lo aspettava oltre la morte. Anzi, non gli interessava minimamente di dove sarebbe finito. Gli spiaceva solo che il suo perfetto maggiordomo non sarebbe rimasto vicino a lui anche in quel luogo sconosciuto.
- Avvicinati. – Mormorò il giovane, seduto su quel trono di pietra da cui non poteva più dettare legge a nessuno. Ed il demone gli si avvicinò a passo lemme, con il solito sorriso stampato in faccia; si chinò dinnanzi al suo giovane padrone ed attese il suo ultimo ordine, o qualunque cosa avesse desiderato dirgli.
- Ora avrai la mia anima. Quell’anima che hai tanto bramato in tutto questo tempo. Sarai affamato immagino. Beh... Placa il tuo appetito per altri cinque minuti in cui ti rivelerò tutto e niente, non voglio finire la mia esistenza in questo modo vuoto. –
- Non è da lei essere così sentimentale, bocchan... – Disse il maggiordomo, allargando il sorriso. – Ad ogni modo ascolterò. –
Il conte annuì fra sé e poi iniziò a parlare a bassa voce, di modo che solo il suo fidato alleato potesse udirlo, come se vi fossero ancora nemici in agguato, come se un altro pericolo potesse sorgere per farlo rimanere ancora accanto al suo maggiordomo per il più largo arco di tempo possibile. Ma nulla di tutto ciò sarebbe accaduto, Ciel lo sapeva.
- In questi anni mi sei sempre rimasto vicino. Anche in altre forme, ma ci sei sempre stato. Riterrei giusto ringraziarti di questo, ma non lo farò, visto che stai già per prenderti la tua meritata ricompensa. Certamente tutti i pericoli e le avversioni che abbiamo superato, per te sono stati solamente dei piccoli fastidi che ti separavano dalla meritata cena, dal pasto, dal nutrimento primario per la tua infinita esistenza. Tutti i momenti che abbiamo passato assieme, sono state piccole perdite di tempo, che ti allontanavano dal tuo obiettivo. E ti prego, non mentirmi dicendo che non lo sono stati. Perché oramai ti conosco meglio di me stesso. Sarà per questo che non mi sono mai conosciuto a fondo. Perché ho sempre cercato di conoscere te. E devo dire che è stato difficile come credevo, sebbene tu a volte sia un libro aperto. E a te non è mai importato nulla di me come persona, giusto? Ero solo “speciale” per la mia anima corrotta e sprezzante di tutto. Non ero nulla, solo un altro ingenuo caduto nella tua trappola di promesse ed efficienza. Quanti ne avrai già divorati come me! Non oso immaginarlo. – Scosse il piccolo capo. – Non mi dilungherò ancora, desidero arrivare subito alla conclusione per non farti attendere oltre il tuo tanto atteso pasto. Per me... Anche se mi costa un certa fatica confidarlo, i ricordi positivi che ho non sono più legati alla mia famiglia, e a quando eravamo tutti uniti, ma a quando c’eravamo solo io e te. Quelle notti in cui sentivo freddo. E desideravo riscaldarmi con la tua presenza. Quei giorni nuvolosi e pieni di pioggia, nei quali tu eri sempre presente col tuo sorriso e la tua dannata perfezione. Non riesco ad immaginare un luogo senza di te. Un luogo in cui tu non sia affianco a me per commentare le mie azioni e le mie scelte. Il solo pensiero di finire in un posto vuoto della tua presenza mi fa tremare. Sarò nuovamente solo? Quella solitudine che tu eri riuscito a nascondere nei meandri del mio cuore... Riemergerà per tormentarmi in eterno? – E nell’occhio oltremare, quello visibile perché scoperto dalla benda, balenò una scintilla di malinconia. Malinconia aggravata dalla paura, la paura di tornare a dei momenti odiati per non trovarvi mai più via d’uscita.
- Mi hai insegnato, tuo malgrado, molte cose. Abbastanza da farmi diventare quasi autonomo. Vicino a te sono cresciuto ed ho imparato a non temere più nulla. Ed io non temo la morte, temo le sue conseguenze, fra cui quella che non mi dà pace... La tua assenza eterna. Perché tu non sarai affianco a me fino alla fine vero? Non è questa la fine, per nessuno di noi due. O almeno lo sarà per il mio corpo. Io non avrò pace come tutte le persone morte naturalmente, giusto? Rimarrò nel buio, a domandarmi il perché delle mie scelte, a pensare a se qualcosa sarebbe cambiato se io avessi deciso diversamente dall’accaduto. Dunque io ti chiedo un’ultima cosa. Non so perché in tutto questo tempo io non l’abbia fatto benché lo desiderassi. Forse non ne ho trovato la forza, oppure semplicemente tale cosa mi veniva in mente in momenti poco opportuni. Ad ogni modo, Sebastian, mi permetti di toccarti? – Lo chiese con naturalezza, come si chiede di farsi passare qualche oggetto lontano dal nostro tocco. Ed il maggiordomo smise di sorridere. Osservò quella piccola figura così indifesa e piena comunque di sentimenti racchiusi ed oscuri a tutti tranne che, adesso, a lui. Si domandò se davvero avrebbe dovuto prendere la sua anima. Si porse quesiti che mai avevano sfiorato la sua mente razionale e calcolatrice. Pensò ad una prossima preda ed arrivò alla conclusione che non avrebbe incontrato mai più nessuno come il suo bocchan.
Annuì all’ultima, dolce richiesta del padrone ed avvicinò il volto, giusto perché potesse sfiorarlo con una mano. Ed il giovane Ciel, con l’espressione di chi non ha più nessuna speranza, posò la mano sulla pelle lattea del maggiordomo. Era una pelle liscia e morbida, somigliava alle sue lenzuola di seta ma... Era molto più calda. Credeva che i demoni fossero gelidi, gelidi e spietati, mentre il suo Sebastian gli aveva donato un’immagine di sé stesso dolce ed ammaliante, un’immagine che sembrava racchiudere solo bene. Ma che invece era tutto il contrario del reale sé. Il giovane chiuse gli occhi ed accarezzò il volto del demone, rilassandosi a poco a poco. Lentamente si alzò dalla panchina senza scansare la mano dal volto del maggiordomo e si sedette sulle sue gambe, aggiungendo anche l’altra mano al tocco. Era così bello poterlo finalmente toccare. Senza che nessuno li interrompesse. Quel momento gli sarebbe rimasto impresso per sempre nei ricordi, o almeno così credeva sarebbe successo il giovane, mentre continuava a toccare il volto del demone. Egli lo sorreggeva con l’unico braccio rimastogli, sugli esili fianchi, impedendogli di rialzarsi o cadere di colpo. Nessuna delle sue vittime sino a quel momento gli aveva mai domandato una cosa del genere, e nessuna di esse gli aveva mai rivelato così tante cose prima di finire nel posto oscuro che attendeva anche il giovane che in quel momento stava seduto sulle sue gambe, così fragile e solo, senza più nessuna speranza a cui aggrapparsi per difendersi da quel buio impenetrabile sul punto d’inghiottirlo.
Per qualche minuto l’unico rumore a rompere il silenzio che aleggiava in quell’isola abbandonata fu quello del lieve contatto fra il padrone e il maggiordomo. Poi il giovane dischiuse gli occhi ed osservò il viso del demone fra le sue mani, tutto solo per lui in quell’attimo che stava per spezzarsi per non ricomporsi mai più e sussurrò:
- Il mio ultimo ordine è... Ricordami. – Pronunciando quei termini avvertì gli occhi farsi umidi dopo anni di gelo, e delle lacrime iniziarono a scorrere involontarie sul candido volto del giovane.
- Yes, my lord. – Mormorò il maggiordomo, sempre perfetto, sempre impeccabile, sempre suo.
Le labbra del giovane si contrassero in un sorriso, per poi sciogliersi nuovamente in serietà. Il suo tempo era scaduto. Doveva dirgli addio.
- Sono felice d’averti rivelato almeno questo. Spero che la mia anima sia come l’hai sempre desiderata. – E chiuse gli occhi. Attendendo il mezzo per cui sarebbe finito nel posto tanto temuto. Senza più il suo Sebastian, senza più speranze, senza più assolutamente niente se non sé stesso.
Ed invece avvertì delle morbide labbra posarsi sulle sue. Non capì subito cos’era accaduto, ma se ne accorse poco dopo, perché si sentì stanco e assonnato, poco dopo arrivò un forte dolore al suo petto, un dolore insopportabile. Avrebbe voluto gridare, ma sulle sue labbra c’erano quelle del maggiordomo, che lo stavano assaporando lentamente.
E l’ultimo pensiero del giovane fu:
“Così è questo il modo per prendere un’anima. Chissà se è davvero così buona la mia...”.
E non riuscì più a pensare, anche quella funzione del suo fragile corpo era svanita fra le labbra del suo demone.
Era davvero finita.
 
 

 - The end –

 
   
 
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