Serie TV > Castle
Ricorda la storia  |      
Autore: giuliaserpy    07/04/2011    4 recensioni
Kate sogna la morte dell'assassinio della madre così intensamente da credere di riviverla. Capisce però di non essere più sola. E' arrivato chi la può consolare: Richard Castle.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Beckett ricordava bene quella serata. Il temporale impazzava su NY dopo un periodo di lunga siccità estiva.
I fulmini squarciavano il cielo e l’acqua scendeva fitta caricata di tutta la forza che, repressa, si era accumulata.
Kate ricordava bene di come tornando a casa dal negozio sulla 71th si fosse inzuppata da capo ai piedi: il corto vestitino a fiorellini le aderiva ormai interamente al corpo evidenziandone le curve e rivoli d’acqua le scendevano dai capelli.
Non aveva pensato di portare con sé un ombrello. L’avrebbero certamente guardata di traverso se a metà Agosto, con temperatura media intorno ai 37°C, con un sole cocente sopra la testa e i contorni della città sfumati all’orizzonte dal calore dell’asfalto, avesse portato con sé un ombrello.
Nulla avrebbe potuto presagire che verso sera avrebbe piovuto e se a Kate l’avessero detto la mattina stessa non ci avrebbe creduto, ne avrebbe certamente riso.
Eppure ora che si trovava sotto quella doccia gelata non aveva più voglia di ridere. Kate non vedeva solo l’ora di ritornare a casa.
Correndo sul marciapiede con le borse della spesa zigzagava tra i passanti che a passo svelto come lei si muovevano verso un riparo.
Mancava poco, ancora qualche via e sarebbe stata all’asciutto del suo appartamentino di Manhattan. Questa certezza le diede la forza di continuare a correre malgrado le scarpe straripassero d’acqua con un rumore di “chick-chack” ad ogni passo.
Un fulmine rischiarò il cielo improvvisamente e l’eco del tuono si spense in lontananza.
“Forza, ancora poco e sarò a casa!” si disse Beckett…soltanto 20 metri, 3 passi ed eccola al portoncino.
Fece scattare le chiavi e si precipitò dentro.
“Mamma sono in casa!”. Nessuno rispose.
Un silenzio tagliente aleggiava nell’appartamento. A Kate ronzavano le orecchie e decisamente non era una bella sensazione. Quel ronzio non aveva nulla a che vedere con quello delle zanzare d’estate o delle api intente ad impollinare. Quel ronzio era raggelante, le faceva paura per qualche ragione inspiegabile. Lo sentiva: era malvagio, impregnato di dolore. Un presagio di morte.
“Mamma?!” chiamò ancora.
Solo l’eco della sua voce.
Stava innondando tutto il pavimento.  Tolse i sandali e camminando a piedi nudi si avviò con le borse della spesa verso la cucina. Un peso le schiacciava lo stomaco e il respiro era accelerato. Dov’era finita?
Si svegliò di soprassalto. Dovette fermarsi: il ricordo stava diventando troppo doloroso.
La lacerava lentamente lasciandola in agonia.
La notte che le aveva cambiato la vita portandola a diventare una detective. La notte in cui il male l’aveva travolta. Dopo dieci lunghi anni le ferite non si erano ancora rimarginate del tutto.
Malgrado Kate cercasse di far credere a tutti coloro che le stavano attorno cha aveva superato il dolore, non era così, semplicemente lo teneva dentro di sé. Al distretto era la migliore detective, lavorava sempre attivamente e non ammetteva soste. Aveva ben fisso l’obiettivo del suo lavoro nella mente: garantire che la giustizia venisse assicurata alle famiglie delle vittime.
Sapeva che cosa si provava a perdere una persona cara. Sapeva il dolore che procurava alle famiglie il fatto che gli assassini restassero in libertà. Kate lo sapeva bene.
Ancora a distanza di anni si svegliava di soprassalto nel cuore della notte coperta di sudore e con il battito accelerato. L’immagine del corpo della madre riverso in una pozza di sangue sul pavimento della cucina non l’aveva mai abbandonata. Quell’immagine di morte riapriva con forza le ferite a stento rimarginate. Con uno strappo il suo cuore ricominciava a versare il sangue dell’antico dolore.
La tornavano ad avvolgere i diavoli, la volevano portare con loro.
Negli anni successivi alla morte della madre, complice il dolore, Kate si era lasciata trascinare via da loro ed aveva accolto con piacere il vuoto in cui era poi scivolata. Era meglio del dolore, le permetteva di respirare.
A dieci anni di distanza però la sua mente iniziava a reagire, si ribellava sia al dolore che all’annientamento.
Aveva deciso di vivere, di non dover più sentire che portare il ricordo era un peso.
Da due anni a quella parte aveva ritrovato il motivo, la ragione per cui valesse ancora la pena lottare… si chiamava Richard Castle.
Doveva ammetterlo, quell’uomo le aveva cambiato la vita.
Con quei modi da bambino, le battute sempre pronte, il sorriso sarcastico e il fascino da ragazzaccio l’aveva dapprima affascinata e poi totalmente stregata.
Aveva riportato la gioia e la voglia di vivere nella sua esistenza.
L’aveva salvata in tutti i modi in cui una donna poteva essere salvata, l’aveva preservata da sé stessa. Kate ne era diventata dipendente, non poteva più sopravvivere senza vederlo ogni giorno, non aveva la forza di risolvere un caso senza il suo aiuto e le sue pazze intuizioni.
Era diventato troppo importante per lei, anche se non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno a sé stessa.
Quell’uomo la capiva. Sapeva leggere la sua anima come se l’avesse sempre conosciuta, come un libro caro conosciuto a memoria che non si stancava mai di rileggere.
 
Ehi :) Volevo solo dire che è la prima storia che pubblico e ovviamete non poteva che essere Castle il mio primo soggetto :) quanto amo quell'uomo!! scriverò ancora di lui e Beckett se mi verrà l'ispirazione..
Nel frattempo vorrei sapere cosa ne pensate sia che il giudizio si positivo che negativo, aiuta a migliorare :)
Grazie davvero a tutti quelli che recensiranno!
A presto :)
Giuliaserpy
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: giuliaserpy