Titolo: Lifeless
doll
Personaggi: Clair.
Pairing: slight-BatoBea.
Rating: Verde,
Genere: Introspettivo.
Avvertimenti: Flashfic.
Note: Devo scrivere altro su Clair...
Disclaimer: Clair, Beato e tutte le altre signore personalità non mi appartengono <3
Lifeless
doll
La
voce
di Clair risuonava nell'ampia cappella, pacata, una nota di rammarico e
tristezza traspariva dalle sue parole. Una punta di rassegnazione, mentre
la
storia che narrava proseguiva imperterrita – delle vicende
già accadute, già
vissute e già sofferte.
Parlava
di un fato crudele e assoluto la storia che leggeva e interpretava,
abbassando
lo sguardo di tanto in tanto sul libro che reggeva fra le mani, e
alzandolo
ogni tanto quando i suoi spettatori le ponevano domande o
interrompevano il
filo del racconto.
La
sua – la loro – non era una
storia semplice. Né da raccontare, né da
capire.
Nessuno
aveva mai capito.
Battler
non aveva capito, nonostante l'avessero desiderato tanto. Era arrivato
tardi e,
ormai, Beatrice s'era già arresa.
Un
fato crudele, che legava gli amanti per poi separarli quando le loro
vite era
diventate fin troppo dipendenti l'una dall'altra.
Un
fato triste, che regalava tristezza e solitudine mascherate in sorrisi
e
promesse.
“Tornerò
a prenderti.”
No,
non sarebbe tornato.
Non
era mai tornato. Non per lei. Non per portarla via da quell'isola.
“Sono
una, eppure molti.”
Non
era mai tornato per fermare la loro follia, per impedire che quella
pazzia
proseguisse oltre.
Li
aveva abbandonati e poi era arrivato troppo tardi per salvare
– capire – Beatrice.
Bugiardo.
O
ingenua lei, che aveva creduto a quelle mere parole attorno a cui aveva
creato
un significato particolare – significato che non c'era mai
stato.
Sognatrice
ad occhi aperti, deludente ragazzina innamorata.
Ed
ora, a causa di quell'amore che non era stata in grado di controllare,
non era
nient'altro che una bambola senza vita. Una pedina nel gioco delle
streghe, il
cui unico scopo era intrattenerle finché non si fossero
stancate di lei e della
sua storia, e le avrebbero gettate entrambe nell'oblio chiamato
dimenticatoio.
“Sono
una, eppure molti.”