Eccomi qui,
inaspettata.
Ok, oggi non
era proprio giornata per me, brutte cose, brutti ricordi, brutte scene, stasera
mi sarei dovuta mettere a scrivere altro, e invece mi è venuto fuori questo concentrato
di frustrazione, una fiumana di parole tutte in un colpo.
Uno sfogo, ne
ho decisamente sentito il bisogno, sempre sulle note degli Shinedown, la
citazione e il link diretto alla canzone li trovate in fondo.
Se ne avete
voglia, ditemi che ne pensate.
Lui, quel bastardo
Che gran
figlio di puttana che era.
Lo pensava, lo
rimuginava, se lo rigirava in testa da ore, giorni, anni, da sempre, dalla
prima volta in cui l’aveva incontrato, lo sapeva, l’aveva capito dal primo
incontro che avevano avuto, non era altro che un cretino viziato che andava
alle prove soltanto quando pareva a lui, fregandosene degli altri, senza
neanche avvertire, un fottuto figlio di puttana che credeva che il mondo
girasse solo ed esclusivamente per lui, perché lui era la diva, e tutti
dovevano dargli ragione.
Perché
bisognava sempre ascoltare Gerard, perché lui era il frontman, perché lui non
sbagliava mai qualunque cosa facesse o dicesse, perché lui era il protagonista
che tutti volevano, perché lui decideva anche per gli altri.
Nient’altro
che una fottuta farfalla, colorata, svolazzante, ma ingenua, stupida, che non
aveva ancora capito che più si metteva in mostra e meno erano le probabilità di
sopravvivere.
E infatti
erano morti. I My Chemical Romance erano morti.
Certo, non
che fosse tutta colpa di Gerard, ma in buona parte sì. Colpa del suo modo di
essere così dannatamente altezzoso, pretenzioso, arrogante, discontinuo, si
perdeva nei servizi fotografici, nelle stronzate più inutili, se ne fregava
della band, se n’era sempre fregato, per Gerard loro non erano altro che
strumenti, alla stregua delle stesse chitarre o dei bassi, solo strumenti di
sottofondo per la sua voce neanche tanto melodiosa, che urlava parole e versi
del cazzo e che la critica continuava a definire canzoni.
Frank non
dubitava che all’inizio il suo interesse fosse stato reale, non dubitava che
quel giorno, l’11 settembre, i sentimenti di Gerard non fossero genuini, che la
sua voglia di denunciare quella società di merda non fosse reale.
Ma poi si era
spento tutto, e la sua vena incredibilmente illimitata di egocentrismo aveva
avuto la meglio.
Quali
denuncie, quale società, le ultime canzoni che aveva scritto erano una marea di
cazzate, erano storie campate per aria senza morale, senza senso, erano
esattamente come i mille altri gruppi che intasavano il sistema musicale
statunitense, roba impregnata di tristezza, di rabbia, di cose che non
interessavano più a nessuno.
Ma Frank
aveva continuato a reggere quel gioco anche quando aveva capito che l’inizio
era stato solo un fuoco di paglia. Perché?
Perché se
Gerard era un figlio di puttana, Frank era il deficiente da primo posto sul
podio.
Perché se
Gerard era un odioso egocentrico, Gerard era uno zerbino accomodante.
Perché se
Gerard era un maledetto narcisista, Frank era uno schifosissimo masochista.
Perché se
Gerard pensava solo a se stesso, Frank pensava a Gerard senza sosta.
Perché se
Gerard era innamorato di se stesso, Frank era innamorato di lui.
Una relazione
a senso unico, che andava tutta in direzione di Gerard. Non era giusto. Il
mondo faceva schifo. Il mondo era uno strafottutissimo trogolo di ingiustizie.
Perché
Gerard? Perché si era dovuto innamorare di quella testa di cazzo, di quell’uomo
senz’anima, senza arte, senza costanza, preso solo dalla propria vita? Perché
non di Mikey, che era carino, era gentile, era infantile, era un amore, perché
non di Ray, che era paterno, era responsabile, era la stabilità fatta persona?
Perché Frank
si era dovuto innamorare di Gerard Way, se aveva già Jamia? Perché?
Jamia gli
stava accanto dal liceo, sempre insieme, innamorati come non mai, erano la
coppia perfetta, allora perché Frank la prima volta che aveva visto quel
deficiente dagli occhi verdi e la maglietta da coglione daltonico si era
sentito tramortito?
Perché
proprio quel cazzone, perché uno dall’aria annoiata, noncurante, il classico
tipo venuto alle prove perché non aveva niente di meglio da fare a casa
propria, quello con lo sguardo altezzoso che sembrava pensare che la sua
presenza doveva essere un dono del cielo per loro, pezzenti che non erano
altro?
Perché innamorato?
Perché, cosa c’era in Gerard Way che aveva potuto smuovere la sua attenzione a
tal punto da mandarlo in tilt, dall’immaginarsi quello sguardo color miele
mentre scopava con Jamia? Cos’aveva quel pittore fallito, cosa c’era in lui che
era tanto travolgente, tanto magnetico da costringerlo a inginocchiarsi e
guardarlo con gli occhi adoranti come un imbecille, a elemosinare una sua
occhiata, a sperare nella sua attenzione, ad attendere con ansia i concerti
perché sapeva che era l’unico momento in cui poteva mettere le mani addosso a
Gerard senza che nessuno lo trovasse strano?
Fottuto
mondo, crudele, stronzo, bastardo.
Aveva sperato
che sposarsi con Jamia e avere le sue due ragazze avesse potuto riequilibrare
le cose, assorbire completamente la sua mente e fargli dimenticare una volta
per tutte quel demente.
Invece no,
anzi. Un disastro completo.
Non solo la
nascita di Cherry e Lily aveva rappresentato uno scoglio non da poco per lui,
per uno che aveva suonato con una chitarra in mano da quando aveva sei anni e
che non aveva la minima idea di cosa significasse fare il padre responsabile,
ma aveva avuto esattamente l’effetto opposto.
Il desiderio
di evadere dal casino incredibile di casa sua, delle strilla delle bambine -
per carità, le amava come l’aria, ma due in un colpo solo erano veramente
troppo - dalle crisi di Jamia, dalle litigate, dalla stanchezza, dal suo mondo
che improvvisamente si era ritrovato a essere dannatamente minuscolo, l’aveva
spinto sempre più contro Gerard. Che fallimento.
Frank si era
ritrovato a stare sempre con lui, sempre, dovunque andasse, qualunque cosa
facesse, sempre con Gerard, ore, giorni, a sentirlo parlare di cose inutili, di
discorsi fatti e rifatti, di menate varie, di balle senza la minima utilità.
La cosa
brutta era che Frank ascoltava tutto. E anche con interesse.
La cosa
peggiore era che più lui e Gerard stavano insieme, più Frank si innamorava di
lui.
E non capiva
perché!
Perché cazzo
Gerard aveva un così forte ascendente?! Perché le sue chiacchiere lo ipnotizzavano
in quella maniera oscena?! Perché si ostinava a morirgli dietro nonostante
sapesse che Gerard era sbagliato per lui, Gerard era un uomo, era un figlio di
puttana della peggior categoria, era un superficiale, un meschino, una
primadonna, un idiota!
E lui
continuava ad amarlo lo stesso.
Il colmo.
Il colmo
della stupidità. Allora al liceo avevano avuto ragione a chiuderlo negli
armadietti. Era veramente un cretino, se lo meritava.
Per quanto
cercasse di non pensarci, per quanto tentasse di razionalizzare la cosa -
perché era impossibile che ci fosse una logica in quell’attrazione! - non c’era
niente da fare, Gerard era nella sua testa, e da lì non si voleva schiodare.
Frank
conviveva con la sua immagine perennemente in testa, un fantasma, un sogno, un
incubo che lo rincorreva giorno e notte, che non lo lasciava in pace, che lo
prendeva nei momenti più impensati, che cazzo di relazione ci poteva essere tra
lo sbattere due uova e Gerard?! Nessuna! Eppure a lui lo faceva venire in
mente!
Una mente
contorta, quella di Frank Iero.
Contorta,
perseguitata, e ferita.
Si era
lacerata in maniera irreversibile quando Gerard aveva pronunciato quelle parole
che erano già nell’aria da tanto, ma che udite, che dette ad alta voce gli
avevano fatto mancare l’aria.
I My Chemical
Romance si scioglievano, e ognuno a casa sua.
In quel
momento la cosa più coerente che Frank era riuscito a pensare era stata lo
spasmodico desiderare di essere Mikey, per vivere sotto lo stesso tetto di
Gerard.
Dio, che
idiota che era Frank.
Avrebbe dovuto
essere felice di quella soluzione, in fondo i My Chemical Romance erano un
gruppo commerciale al massimo, erano quattro tizi che suonavano canzoni senza
profondità, senza di loro Frank avrebbe avuto più tempo per dedicarsi alla sua
band, a quella che amava davvero, a quella che gli faceva sfogare i problemi,
non glieli creava.
E invece.
Invece se
n’era andato dallo studio, si era messo in macchina, ed era scoppiato a
piangere, così, senza preavviso.
Erano anni
che non piangeva, anni che non sentiva quel groppo in gola che gli fermava il
respiro, anni che non si sentiva così male fisicamente ed emotivamente, anni in
cui la tentazione di correre da Gerard e spiattellargli in faccia tutta la
verità non era mai stata così forte.
Frank non
aveva mai confessato i suoi sentimenti a Gerard. C’era andato seriamente vicino
una o due volte, ma si era sempre fermato in tempo, tanto sapeva benissimo cosa
sarebbe successo se si fosse arrischiato a fare quella stronzata.
Gerard
l’avrebbe guardato con le sopracciglia inarcate, avrebbe fatto uno di quei suoi
sorrisi sorpresi, irritanti e dannatamente irresistibili, e con l’espressione
più ingenua del mondo gli avrebbe chiesto << Sul serio? >>
Sul serio sì,
cazzo!, dieci fottuti anni passati a guardargli le spalle sognando cose
che mai in vita sua erano state così sporche, maledizione, giorni interminabili
nell’attesa di un nuovo incontro e Frank lì, sempre con le parole sulla punta
della lingua e la voglia di uscire che non si frenava, lo amava, che cazzo, lo
amava più di tutto il resto di quel mondo schifoso!
Ma per Gerard
non sarebbe stata altro che l’ennesima conferma per il suo ego. Dei sentimenti
di Frank non gliene sarebbe fregata proprio una sega, l’ennesima fan girl cotta
di lui, in fondo che cosa differenziava le ragazzine urlanti dei concerti da
Frank Iero?
Frank Iero
era di sesso maschile, punto, finite le differenze.
Così i My
Chemical Romance avevano raggiunto il capolinea definitivo, e di tutto quel silenzio
Frank non aveva saputo cosa farne.
Era più
stressato di quanto non fosse quando era in tour, era sempre di cattivo umore,
Jamia non perdeva occasione per rimproverargli la sua svogliatezza, la sua
assoluta mancanza di voglia di fare qualunque cosa che non fosse starsene in
solaio a strimpellare suoni inarticolati, tutto improvvisamente aveva preso ad
andare più storto di prima, solo che adesso Frank non aveva più la voce di
Gerard a consolarlo.
Anzi, il
ricordo della voce di Gerard rischiava di ammazzarlo. Se lo sognava di
notte, stava ore e ore a riportarlo alla mente, a rivivere le loro
chiacchierate, il suo sguardo di miele, i suoi capelli dei colori più di merda,
i suoi modi di fare da checca, il suo corrucciare la bocca quando, tanto per
cambiare, si sentiva superiore agli altri in qualcosa.
Gerard gli
mancava. Non per modo di dire. Gli mancava come senso di vita.
Spesso si
addormentava nel solaio, e lì si svegliava, chiedendosi per quale motivo lo
stesse facendo. Non avrebbe visto Gerard quel giorno, e neanche quello dopo, né
quello dopo ancora. Non l’avrebbe rivisto mai più, quindi che senso aveva?
Senza
saperlo, si era drogato di lui, drogato sul serio, aveva cominciato
praticamente per sbaglio, e adesso le crisi d’astinenza si ripercorrevano a distanza
sempre più breve, adesso la mancanza gli svuotava la testa, gli toglieva la
voglia di vivere, l’interesse per tutto il resto.
Perché si era
ridotto così? Come aveva fatto? Cos’aveva Gerard Way da farlo star male in quel
modo?
Un bel
niente. Gerard Way era solo se stesso. Il fottuto se stesso figlio di puttana
che gli aveva rubato il cuore senza restituirglielo.
Gerard era
sempre stato lo stesso stronzo egoista, non aveva mai fatto finta di essere
diverso, mai fatto finta di essere gentile col prossimo, mai fatto finta di
essere interessato ad una cosa di cui non gli fregava nulla. Era schietto,
corrosivo come un potente acido, gli era entrato nel cervello, nel sangue, e
non ne voleva uscire.
Frank si
pentì di non averlo fatto entrare nel suo corpo almeno una volta, tanto per
capire cosa si provasse. Allo stadio terminale c’era già arrivato, e da un
sacco di tempo, una scopata con la persona peggiore della sua vita l’avrebbe
stroncato definitivamente, ma sarebbe stato meglio, almeno avrebbe smesso di soffrire.
<<
Frankieeeeeeeeee!!! >> urlò Jamia dal piano di sotto << Telefono!
>>
Frank non si
chiese nemmeno chi potesse essere. Non gliene importava veramente un tubo.
Si trascinò
giù per gli scalini, strisciando quasi, stanchissimo senza aver fatto niente,
indolenzito per la posizione improponibile che gli stava sconquassando
l’architettura delle vertebre.
Vagò per il
corridoio, una delle due bambine piangeva, non si diede nemmeno la pena di
domandarsi chi delle due fosse.
Afferrò la
cornetta abbandonata sul mobile, sentendosi la bocca di piombo. Da quant’era
che non pronunciava una parola?
<< Sì?
>> domandò Frank.
<<
Frankie? Sei tu? Stai male? >>
La voce di
Gerard. La voce del figlio di puttana, al telefono.
<< E’
da un sacco che non ci sentiamo, cavolo, saranno quattro mesi. Volevo chiederti
se ti andava di vederci domani sera, tu e io... Ti va? >>
Cos’era
quella cosa che sostava perennemente sulla punta della lingua di Frank?
Com’erano quelle maledette paroline che sarebbe sempre stato meglio non pronunciare?
Quelle che si associavano alla figura di Gerard in ogni fottuto momento della
giornata?
<<
Frankie? >>
La cornetta
finì penzoloni a lato del mobile e Frankie cadde a terra privo di sensi,
senza più sentire proprio niente.
Crying out for the last
time
Clear a space for the
warning signs
Crying out for the last
time
And there's no turning
back now that you've opened up to your mind