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Autore: Meggie    10/04/2011    6 recensioni
Tutto ciò che accade a Dave, non accade veramente. Semplicemente perché non può accadere. (Dave Karofsky - nominati Kurt/Blaine)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Er-rò-re
 
1 Allontanamento dai principi logici, dalle cognizioni o dalle regole comunemente accettate
2 Allontanamento dal vero e dal giusto in ambito religioso e morale 
3 Allontanamento da ciò che nella sfera pratica risulta più proficuo
 
 
La prima volta che accade, non accade veramente.
La sua mente si sbaglia, i ricordi sono sballati, ci dev’essere un errore nella sua memoria. Ecco tutto. Un errore. Abbastanza grande da prendere possesso di tutto il suo corpo e da fargli perdere la testa, è evidente, ma è solo un errore. Tutti sbagliano. Ha sbagliato anche lui, ne è consapevole e basta, tanti saluti.
Un errore non è la fine del mondo. È solo uno.
Comunque, non è accaduto, quindi, forse, non c’è neppure l’errore.
Non saprebbe dirlo, non è mai stato bravo in logica – è una gran rottura, a dirla tutta. E lui è più il tipo da scienze. Con quella va alla grande. Almeno in base a quello che dice la professoressa Fitz – ma un paio di cose le ha comunque afferrate, probabilmente.
Qualsiasi cosa sia successa, non è quello.
Dove quello ha una specificità che non dovrebbe avere. Non è una parola a caso. No. Indica proprio quello. Quel momento, quell’istante in cui la sua mano ha preso il sopravvento sul suo cervello e poi…
… e poi i ricordi si sono sballati.
La prima volta che accade, non accade veramente.
Non per Dave, almeno.
Ma Dave si sbaglia.
 
*
 
È piacevole. Si concede di pensarlo, in quel momento, perché ancora non sa – o forse sì, forse lo sa comunque, ma è mezzo addormentato e nessuno prende sul serio qualcuno che sta dormendo e i sogni sono solo cazzate. Cazzate – cosa sta facendo. Ma è piacevole.
È solo una questione fisica, dopo tutto. C’è il suo letto, gli ormoni e il suo uccello. È normale, assolutamente normale. E non è la prima volta che accade, decisamente no.
Quando il sonno diventa maggiormente legato alla realtà, e si ritrova nel dormiveglia, il ritmo diventa più serrato. Si sfrega di più contro il materasso e schiude le labbra, rilasciando un gemito solo parzialmente attutito dal cuscino. E per fortuna le sue sorelle dormono nell’altra camera.
È ancora piacevole, ma è anche qualcosa di più. Dave non capisce – e non sa. Sta dormendo. No. Ora non più, ma non importa. Non sa. Non sa -, ma l’inguine sembra aver preso possesso del suo intero corpo ed è normale, perché è solo un ragazzo e non ha di certo problemi con quello.
Quello con cui ha problemi è l’istante in cui nella sua mente si forma un’idea. L’idea di una bocca, di un paio di mani che non sono le sue, di occhi che non sono i suoi.
Dave viene contro le lenzuola. E si sveglia del tutto.
È la prima volta che ha quell’immagine nella sua testa. È la prima volta, ma non è successo veramente. Non è successo e quelle lenzuola umide finiranno presto per essere sbattute a terra e lavate e dimenticate perché non è successo veramente.
Quando si mette a sedere sul letto e nota le dita della sua mano tremare – e nel petto, il cuore gli sta esplodendo – si guarda attorno, spaventato. Come un bambino che ha paura del buio.
E il buio, lì, nella sua stanza, c’è veramente.
E probabilmente è quello che lo sta inghiottendo. Ma adesso è sveglio, non può più succedere nulla.
E quel finocchio di Hummel non è mai entrato nella sua testa cercando di fargli un pompino. Proprio come quelle lenzuola non sono mai state macchiate di sperma. Proprio come quella notte non è mai successa.
La mano, però, non smette di tremare.
 
*
 
Che schifo.
È il pensiero che ti torna in mente ogni volta che ti guardi allo specchio.
Che schifo.
Ti guardi e pensi solo a questo. Pensi a quando è successo – a quando nonè successo – la prima volta. Ma è stato solo un caso, così ti ripetevi. Capita. Gli ormoni, gli ormoni fanno dei brutti scherzi. Degli scherzi del cazzo, proprio.
Capita.
Quando è accaduto la seconda volta, hai lanciato il cuscino contro il muro, colpendo la lampada sulla scrivania. E hai svegliato tuo padre. E le tue sorelle.
Ma è un caso, solo un caso.
Quando è accaduto la terza volta, hai iniziato a pensare di fare schifo. Di fare schifo sul serio.
E non hai mai odiato Hummel così tanto.
 
*
 
Hummel è quel finocchio che si crede una ragazza. E, sul serio, Dave non ha mai avuto un problema con i froci. Cazzi loro, alla fine. Ma Hummel, lui, te lo sbatteva in faccia il suo essere finocchio. Te lo cacciava in bocca e te lo faceva ingoiare.
Quindi, alla fine, non sono più solo cazzi di Hummel. Sono anche cazzi suoi che per i corridoi del McKinley deve per forza passarci. Non può di certo evitarlo e non può evitare di incrociare Hummel e la sua camminata da diva anni cinquanta. Cammina come in una sfilata, con quel mento puntato verso l’alto e la schiena dritta.
Dave ha voglia di prenderlo a pugni, ogni tanto. Giusto per vedere se, nel caso, cambierebbe postura. Giusto per vedere se quel mento lo sa anche abbassare, ogni tanto.
 
E tu l’hai visto, quel mento. L’hai visto mentre quella bocca era intenta a farti un pompino. E Dio, quanto lo vuoi colpire. Colpirlo così forte da farlo sanguinare, da farlo piangere, da farlo smettere.
Smettila.
 
Gli dà una spinta con la spalla forse non così tanto forte, ma Hummel è come una ragazza, e proprio come una ragazza finisce contro gli armadietti.
E Dave sorride ad Azimio.
 
*
 
Ti escono parole cattive dalle labbra, ti escono sempre. E sguardi pieni di disprezzo e una voglia incontrollabile di colpirlo.
Perché, in qualche modo, almeno lo potresti sentire. Con violenza e con cattiveria e la confusione e la paura e la disperazione e tutto, tutto quanto si mescola ed è qualcosa di nuovo e fa paura.
Hai paura.
Ma riesci a sentirlo, riesci a sentirlo sotto le dita e la sensazione è adrenalinica e insaziabile e la paura è una cazzata, tutto è una cazzata, ma non quello, non quel momento e-
 
Dave apre gli occhi di scatto, mentre un rantolo si ferma in gola, senza la possibilità di poter uscire.
I suoi boxer sono bagnati e Dave può solo imprecare sottovoce. Può solo fare quello. Non ha abbastanza coraggio per fare nient’altro.
 
*
 
Hummel non lo lascia stare. E Dave è costretto a reagire, perché non esiste che uno scherzo della natura del genere la passi liscia, non esiste che qualcuno che se ne va in giro con una fottuta gonna pensando di essere una fottuta ragazza, si permetta di rispondergli in un qualche modo.
Non esiste neppure che se ne stia sul suo cammino, perché Dave non può vederlo. Non può guardarlo e pensare che sia normale, perché non lo è. Hummel non è normale e dovrebbe piantarla di comportarsi in quel modo. Dovrebbe piantarla di sbatterlo in faccia a tutti.
Dave vorrebbe prenderlo a pugni, ma è a scuola e non può farlo. Non è così stupido, nonostante ciò che pensa Hummel – ma ciò che pensa, poi, è davvero importante? -.
Così si limita a spingerlo contro un armadietto. E sente il rimbombo del metallo e nella sua mente esplode come un proiettile, e fa un po’ male. Ma non può farci nulla, ormai, perché la sua mano si è già mossa e Hummel vi è già finito contro e lui si è già messo a ridacchiare. Non può farci più nulla.
 
E dentro ti senti così stupido. E fai schifo, fai schifo per un milione di motivi diversi.
E non sai se sei più disgustato da Hummel o da te stesso.
Non sai se sei più disgustato dal Dave che spinge un ragazzino che pesa la metà di te contro un armadietto, o dal Dave che si fa le seghe pensando sempre a lui, allo stesso ragazzino che ti ritrovi ad insultare.
Fai schifo, e non capisci neppure perché.
 
Quando Dave sente la porta dello spogliatoio aprirsi e chiudersi, fa finta di non notare la vocetta stridula di Hummel rivolgersi rabbiosa verso di lui.
Dio, che schifo. Adesso pure nello spogliatoio dovrebbe trovarselo davanti.
Ma non c’è da stupirsene. I froci sono froci e vogliono solo una cosa. E chissà, forse le spinte contro gli armadietti lo hanno eccitato.
Che schifo.
Hummel si mette ad inveire contro di lui con quel suo spirito da ragazzina rabbiosa e Dave non può far altro che osservarlo, riuscendo a  cogliere solo la metà delle parole che quello sfigato gli vomita addosso. Ha sempre pensato di non essere così male con le parole, ma forse si sbaglia. Si sbagliano anche i professori.
Forse si sbagliano tutti. Lui per primo. Si sbagliano tutti perché tutti si preoccupano di vedere solo quello che fa loro comodo. Nessuno vede oltre. Lui per primo.
Hummel continua a parlare e parlare e parlare e Dave perde la pazienza e colpisce con un pugno l’armadietto accanto a lui. Vorrebbe colpire altro. Vorrebbe colpire quel ragazzino. E vorrebbe farlo sanguinare. Vorrebbe farlo sparire, soprattutto, da davanti a lui, perché è troppo vicino, troppo, e Dave si sente in trappola e ha così tanta paura, così tanta, perché Hummel non dovrebbe essere lì, non dovrebbe essergli vicino, dovrebbe scappare.
Dave dovrebbe scappare.
E poi ha così tanta paura che lo bacia.
Dave dovrebbe scappare.
 
Ma non scappi. Non scappi e te lo prendi. Ti prendi quello che ti perseguita e che ti fa stare male e che ti fa arrabbiare e che non ti lascia in pace. Ed è colpa sua.
È così tanto colpa sua che a volte ti viene da piangere.
A volte vorresti gridare, gridare forte e farti sentire da qualcuno. Ma nessuno può capire.
A volte ti viene veramente da piangere.
 
Hummel lo spinge via e Dave capisce che è finita. Finita per un milione di motivi diversi, finita perché Hummel sa, finita perché Dave non ha idea di cosa sappia, ma sa e lo vede dai suoi occhi.
Dave scappa via, fuori dallo spogliatoio.
E gli viene da piangere.
 
*
 
Dave non riesce più a studiare. Osserva i libri con cui un tempo trascorreva ore intere per riuscire ad ottenere valutazioni accettabili – e qualche volta decisamente buone – e non vede niente.
Non riesce più a studiare perché pensa, pensa di continuo e la sua testa non riesce proprio ad assimilare quei concetti, quei nomi, quelle date, quelle definizioni.
Quindi si allena. Si allena al massimo, forzando il suo corpo al limite, portandolo allo stremo per poi essere troppo stanco per fare qualsiasi cosa. Troppo stanco per pensare e riflettere e preoccuparsi.
Non c’è niente da preoccuparsi perché non c’è niente su cui riflettere.
Perché non è successo niente e se anche fosse successo, è stato comunque un errore e un errore si può dimenticare.
Dave è stanco, ogni giorno che passa lo è sempre di più, ogni giorno che passa cammina per quei corridoi, a scuola, e osserva sempre le stesse facce e vede sempre le stesse reazioni e tutti hanno una sorta di paura, negli occhi.
Paura di lui.
Dave è stanco.
 
E vorresti fermarlo e dirgli “Non devi avere paura. Io non sono cattivo”.
Ma non ci credi neppure tu.
 
Dave è stanco, ma non sa cosa fare, non sa come comportarsi diversamente.
Non lo sa proprio.
 
*
 
Da quando Hummel se n’è andato le cose vanno un po’ meglio. Solo che in realtà non è vero.  
Dave c’ha sperato, c’ha sperato tanto. Perché se non c’è Hummel che passeggia nei corridoi lanciando fottuti brillantini al suo passaggio, forse lui può tornare normale.
Solo che Hummel i fottuti brillantini no, non li lancia più, ma Dave ogni tanto si sogna comunque di baciarlo e ogni tanto si fa una sega immaginando una mano che non gli appartiene, ma che è invece incredibilmente curata e morbida e perfetta.
Hummel non c’è più, ma lui rimane fottuto.
Quindi no, le cose non vanno affatto meglio da quando Hummel se n’è andato.
 
*
 
Quando lo rivede, Dave fa finta di nulla. Hummel è lì, su quegli spalti, a tifare per loro – ma non per lui -, a tifare per Hudson perché adesso sono fratelli. E non è una grandissima presa per il culo?
Hummel è lì e Dave fa finta di non vederlo perché in realtà non gli importa, non gli importa proprio. E non gli importa neppure di quell’essere ridicolo che ha accanto e boh, cos’è, forse, il suo fottuto ragazzo?
Che schifo.
 
Ma te lo chiedi. In un momento, giusto un battito di ciglia prima di vedere quella poveretta della ragazza di Chang cadere a terra. Ma te lo chiedi.
Come sarebbe? Come sarebbe essere il suo-
Ma l’attimo è già passato e il pensiero è come se non fosse mai esistito.
 
Dave non lo guarda, ma sa che è lì e c’è qualcosa che non dice, che non nomina e non pensa neppure, che gli stringe dentro. E non lo fa guardare – e invece sì, solo un’occhiata veloce, per vederlo e vedere suo padre e la signora Hudson che adesso è diventata Hummel e quell’altro suo amichetto che aveva tentato di andare in giro convertendo le masse (lui) all’essere gay -.
Dave decide di non pensarci perché non è proprio quello il momento. Perché non lo è mai, perché non c’è niente su cui riflettere. Non c’è proprio niente e lui lo sa benissimo.
Quando le parole di Puck e lo spettacolo dell’intervallo gli entrano dentro, quando si ritrova in mezzo ai suoi compagni di squadra a ballare, e Dio, lo sta facendo veramente?, e non se ne pente neppure per un istante, quando sente di star sorridendo, dopo quelli che sembrano secoli dall’ultima volta, Dave torna in campo per giocare e smette veramente di pensarci.
Solo a fine partita, solo dopo la vittoria, guarda sugli spalti.
Ma Hummel non c’è più.
 
*
 
Quando Dave se lo ritrova davanti, pensa quasi di star sognando. A volte gli succede.
 
Spesso ti succede. Ma non puoi di certo dirlo.
 
A volte si ritrova nei corridoi del McKinely e c’è ancora Hummel e lui si comporta diversamente. A volte succede altro, che però non succede perché no, non esiste.
A volte è abbastanza coraggioso da ammetterlo almeno a se stesso, comunque.
Il punto è che non sarebbe la prima volta, ma quella volta Dave è abbastanza sicuro che no, non sta sognando e che sì, quello è veramente Hummel. Con una giacca bianca, un cappello degno dello scherzo della natura quale è e un paio di pantaloni talmente stretti che Dave è convinto siano da donna.
 
E quelle gambe, quelle gambe una notte le hai sognate.
E una notte, la stessa notte, su quel pensiero hai quasi pianto. Forse senza il quasi.
 
Dave lo vede, questa volta non fa finta di nulla. Lo guarda e vede Hummel restituirgli lo sguardo e forse tremare leggermente, ma non retrocede, perché non ha paura.
Non ha paura di ciò che è.
Per la prima volta, Dave non ha nessuna voglia di spingerlo contro gli armadietti, nonostante Azimio sia già pronto a dargli una pacca sulla spalla, soddisfatto.
Passa oltre Hummel, distogliendo lo sguardo.
Lui non ha paura di ciò che è.
 
E a te Dave, ancora viene da piangere se ti ritrovi a pensare a quelle gambe.
 
*
 
Quando lo vede – quando li vede. Perché sono due. Sono in due ed è ovvio, mica puoi farlo da solo. È ovvio, no? – ha quasi voglia di avanzare verso di lui – verso di loro – e colpirlo. Colpirlo forte per tutto ciò che gli ha fatto e gli sta facendo e gli farà. Perché è solo colpa sua se è ridotto così. No?
Quando li vede, quando vede Hummel avvinghiato a quell’altro che forse no, non si crede una ragazza, ma è chiaro che sia frocio tanto quanto Hummel, quando li vede baciarsi, Dave vorrebbe colpirlo.
Vorrebbe colpirlo perché se Hummel non fosse mai tornato, se non fosse mai venuto al McKinely, se non fosse mai stato gay, Dave sarebbe ancora normale.
Invece sta impazzendo giorno dopo giorno e se ne accorge di continuo, ma non può accorgersene veramente perché vorrebbe dire che è reale, che non è solo un errore sul percorso, vorrebbe dire che è una cicatrice permanente e no, non è possibile.
Se Hummel non fosse mai stato gay, Dave avrebbe potuto andare avanti a studiare e a farsi fare i complimenti dalla professoressa Fitz, e invece non può, perché non riesce più a fare niente.
Dave avrebbe voglia di dirgliele, tutte queste cose. Avrebbe voglia di avvicinarsi, separare quei due perché non è possibile che si stiano baciando così, lì, in quel posto, non è possibile che glielo stiano facendo vedere in quel modo, e avrebbe voglia…
Se Hummel non fosse mai stato ciò che è, se fosse stato tutto diverso, Dave sarebbe ancora normale.
Solo che Hummel non finge, non l’ha mai fatto.
Se Kurt non fosse mai stato così sincero fino all’esasperazione, Dave non sarebbe stato gay.
 
Ed è la prima volta che ti si forma nella mente quella parola e vorresti ancora andare là e spaccare la faccia ad entrambi. Vorresti farlo e vorresti sputare fuori, per terra, quelle tre lettere che ti rimbombano in testa e che ti fanno tremare.
Serri i pugni e li guardi e sembrano felici.
E tu lo sei, Dave, lo sei?
 
Dave abbassa lo sguardo e fa finta di dimenticarsi ciò che ha appena visto.
Quando distende le dita della mano, volta loro le spalle e riprende a camminare.
Quel giorno Dave decide di fare il giro più lungo per arrivare alla macchina.
 
NOTE: Uhm… io di questa storia preferirei non dire niente, posso? XD
No, ok, iniziamo col dire che amo liz e che è palesemente la mia gemella e boh. L’ha letta e betata ed è stata un amore e ha detto cose che come sempre mi fanno male-bene. Più bene che male, in effetti (però mi uccidono ogni volta. Temo sia sempre legato al fatto a quanto stimi una persona X’D Nel mio caso: tanto XD). Comunque ecco, grazie ancora tata :*
Quanto al resto… spero possa piacervi anche solo la metà di quanto è piaciuto a me scriverla (e mi è piaciuto tanto XD).
E niente, grazie a chi l’ha letta! :) <3
   
 
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