Fast or slow
Aveva le dita lunghe ed agili, che si muovevano con leggerezza sui tasti del piano. Il suono che ne proveniva, però, era forte e fermo, come la voce autorevole di un genitore amoroso. Ciò che lui non aveva.
Ricordava ancora le parole del maestro, quando aveva iniziato a suonare. «Lo sente che suono flebile, signorino Evans? Ha fatto colazione, stamattina?»
«Non riesco a capire come si fa» si era lamentato lui, provando a schiacciare di nuovo quel do. Questa volta la nota si librò in aria vigorosa e limpida; ma sapeva che non appena avesse provato a legarla con altre sarebbe tornata debole e patetica.
Il maestro aveva sorriso. «Il suono è qui, sotto i tasti» aveva detto, toccando la cassa di legno sotto la tastiera. «Deve svegliarlo, andandolo a cercare nelle profondità del piano. Ha capito?»
Soul aveva aggrottato le sopracciglia, e poi aveva iniziato a suonare lentamente, cercando il suono nelle profondità del piano. Subito, anche se più lenta di prima, la melodia si librò nell'aria forte e maestosa, e triste. Come l'espressione nascosta nei suoi occhi.
Il maestro aveva annuito, soddisfatto. «È meglio andare piano e farsi sentire, che fare veloce e rimanere sottaciuto, non crede?»
Sul momento, lui non aveva capito quelle parole, ma adesso credeva di sapere cosa intendessero. Adesso che cercava solo di nascondersi, andando troppo veloce ed attirando l'attenzione di tutti, in modo che nessuno vedesse ciò che voleva nascondere. A parte lei.
Lei era troppo perspicace e… sì, invadente, per non accorgersi del suo scudo. E gli sorrideva, con quegli occhi incredibilmente verdi eppure scuri. E gli diceva che capiva, e che non avrebbe sbandierato i suoi segreti. Lei li avrebbe tenuti, come uno scrigno. Lei era l'unica con cui Soul riuscisse ad andare piano, l'unica che lo sentisse davvero.