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Autore: Ramiza    13/04/2011    4 recensioni
Riprendo qui una vecchia poesia già pubblicata, la rispolvero per completarla, la correggo, come dire, riflettendo su ciò che in essa era sbagliato. L'addio non è stato silenzio. Me ne rallegro.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed è finito, my darling, il tempo delle parole.

Non sono servite le illusioni ad evitarlo,

non è bastato chiudere gli occhi

- oh, quante volte lo abbiamo fatto! -

di fronte a quegli indizi inevitabili di razionalità.

 

Non è stata abbastanza la paura

a tenercene lontani,

non è stato sufficiente saperlo prima,

è arrivato ugualmente, il giorno dell'addio,

e meno buio di come lo aveva dipinto l'immaginazione, in fondo.

 

È arrivato annunciato, il giorno dell'addio,

e ha fatto male, questo sì:

nel tono sfumato d'un giorno di nebbia,

ha bruciato la pelle e ha avuto il sapore amaro di troppe lacrime,

ma nessun funerale è stato celebrato.

Vivono ancora, eroi ed antieroi

    - semicomici, semiseri, quelli vissuti e quelli solo immaginati -

e deridono irrispettosi quella nostra arroganza,

la presuntuosa convinzione di seppellirli con noi.

Nessuna cetra appesa al salice

- non c'è piede straniero a calpestarla,

e neppure un salice adatto, a dirla tutta -,

c'irride la nostra fantasia,

quella di un tempo, quella amata,

si fa beffa di noi raccogliendo le parole che credevamo perdute,

sorvola i nostri gerani,

le nostre morti lente

- concetto che non la tocca affatto, quello della morte -

e s'ostina a diventare poesia.

 

È arrivato, sì, il giorno dell'addio,

ma nessun silenzio d'ode intorno.

 

Nell'epifania silenziosa in cui non ti riconosco più,

in quel nostro dettaglio così tragicamente perduto,

ho parole che non trovano più compagnia,

ma parole,

ho perduto Efestione

e cammino solitaria come Lancillotto,

ma non è sbiadita l'ultima Thule.

La vedo ancora,

mio povero amico,

e lascio che mi chiami a sé

a me sola adesso.



  
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