In ritardo, buon anno a tutti.
Mi scuso per gli eventuali lettori di
questo ritardo, ma il rientro in ufficio è sempre abbastanza traumatico per me.
Continua questa storia iniziata nel
periodo di Natale, e che prestissimo avrà la sua degna conclusione.
Intanto lascio questo penultimo
capitolo, ringraziando Maharet e Elenuccia91 per
le loro recensioni!
Cap. 4
L’Epifania
tutte le feste porta via.
E
forse non sono mai stata così felice per questo.
Il
Natale non mi ha mai depresso come quest’anno. Finalmente domani si ritorna al
lavoro, e non avrò più il tempo per piangermi addosso.
Ho
passato due settimane quasi sempre in casa, rifiutando
gli inviti di Alice e Francesca, e anche di Benedetta.
Per
non parlare delle chiamate di Danilo.
Non
ho voluto cedere, e non l’ho più voluto sentire.
Domani
si torna al lavoro, e ne sono felice.
Spero
che ci sia talmente tanto da fare, da dovermi fermare in ufficio fino alle nove
di sera.
Perché
non voglio pensare, non voglio ricordare.
Spengo
le luci del soggiorno e mi trascino verso la camera da letto. Non ho sonno,
neanche un po’. Però sono talmente apatica che non ho voglia di fare nulla, e
almeno sotto a piumone si sta al caldo.
Guardo
i numeri segnati dalla radiosveglia susseguirsi in maniera lenta e monotona, e
già capisco che ‘sta notte il sonno tarderà ad arrivare. Mi rassegno, e
sospirando mi avvolgo ancora di più nel piumone.
***
La
giornata si preannuncia tragica.
Mi
sono alzata in ritardo, mentre facevo colazione mi è andato di traverso un
biscotto e ho rischiato di soffocare, ho il morale ancora sotto i piedi, e a
proposito di piedi, ho indossato un paio nuovo di scarpe
che già alle otto e mezzo del mattino mi sta scomodissimo.
Parcheggio
nel primo spazio che trovo libero, e con aria poco convinta mi avvio verso
l’ufficio.
E
non posso credere a quello che mi trovo davanti.
Lui.
Danilo.
Che
chiacchiera con alcuni dei miei colleghi.
Quando
si volta verso di me, non so chi dei due ha l’espressione più stupita dipinta
in volto.
Luca
intanto mi viene incontro e mi saluta con la sua solita esuberanza, cogliendo l’occasione per
presentarmi il nuovo collaboratore.
Danilo.
Facciamo
finta di non conoscerci, e ci stringiamo la mano come fossimo
due perfetti estranei. Mi viene quasi da sorridere, ma il calore della sua mano
e il suo sguardo mi portano subito davanti agli occhi
quello che è successo.
Con
una banale scusa lascio il gruppetto e salgo al piano di sopra, dove c’è il mio
ufficio.
Mi
lascio cadere sulla sedia, ormai sicura che niente potrebbe peggiorare le cose.
Perché
qui? Perché lui?
Mi
viene da piangere.
Ed io che pensavo che riprendere il lavoro sarebbe
stato un toccasana per me.
E invece la sorte mi si accanisce contro.
Cerco
di evitare di incrociarlo per tutta la giornata, cosa non facile visto che
lavora nell’ufficio accanto al mio. E quando si fa l’ora di tornare a casa tiro un sospiro di sollievo, pur sapendo che domani si
ripeterà la stessa storia.
Mi
chiedo quanto potrò reggere.
Lascio
l’ufficio quasi serena, ho visto Danilo uscire almeno
una decina di minuti prima di me.
Sarà
già a farsi un aperitivo con la sua bella mora, mi dico,cercando
di sorridere
Invece
lo trovo appoggiato alla mia auto, e sembra aspettare proprio me.
Panico.
Non
ho vie d’uscite ora, però non mi va di affrontarlo, di sentirmi raccontare
storie, scuse, e quant’altro.
-
Ciao Sabrina –
mi dice quando ormai sono di fronte a lui.
Gli
sussurro un saluto poco convinto, rivolgendo lo sguardo altrove.
Per
niente scosso dal mio atteggiamento, inizia a parlare.
-
Finalmente riesco a vederti – mi dice. – Sei diventata così scostante,
arrabbiata, e non capisco che cosa ti ho fatto. Anzi, a dirla tutta dovrei
essere io quello arrabbiato, ma con te non riesco
proprio! – esclama ridendo.
Io
non apro bocca. Ho un blocco mentale e fisico: le parole non mi vengono in
mente, e la bocca non vuole saperne di parlare. Non capisco perché mi parli
così. Il mio sguardo indignato si fa eloquente al posto mio.
Danilo
non demorde, e continua il suo discorso.
-
Avevo in mente
un sacco di cose da fare con te durante le vacanze, e invece tu mi hai dato buca continuamente. – poi, prendendo qualcosa dalla
tasca della giacca – E poi non ho potuto nemmeno darti il mio regalo di Natale…
Mi
porge una scatola rettangolare, avvolta in una carta lucida rosa, e con un
piccolo nastro argentato.
Sono
stupita, e spiazzata. E non so cosa fare.
D’istinto
allungo la mano per afferrare quel pacchetto. E intanto
lo guardo interrogativa.
-
Perché? – gli chiedo poi, mentre di nuovo l’immagine di lui con quella ragazza mi passa davanti.
Lui
mi guarda, perplesso.
-
Tu mi chiedi
perché? Lo dovrei fare io. All’improvviso il tuo atteggiamento è così cambiato…
Prova a metterti nei miei panni! Andavamo così d’accordo, mi
trovavo veramente bene con te. E poi tu proprio la vigilia di Natale
esci con la storia che non mi vuoi più né vedere né
sentire. Perché Sabri? Dimmelo tu!
Non
capisco perché mi parla in questo modo. Dovrei essere io quella
arrabbiata, quella delusa. Mi passo nervosamente il pacchetto tra le
mani. Vorrei dirgli il motivo, glielo vorrei urlare in faccia. Ma non voglio farmi giudicare infantile o gelosa, non lo
tollererei.
Prendo
le chiavi dell’auto, e premo sul telecomando il pulsante di apertura.
Ma
Danilo mi afferra per le spalle e mi impedisce di
salire.
-
Ti prego – mi sussurra all’orecchio – Dimmi cos’ho fatto…
Inizio
a piangere silenziosamente.
-
Lasciami
andare, per favore.
E
davanti alle mie lacrime non si oppone più, e mi lascia salire in auto.
Metto
in moto e me ne vado, senza alzare lo sguardo quando
gli passo a fianco.