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Autore: Ayumi    31/01/2006    0 recensioni
Una brevissima storia ambientata nel periodo di Natale
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Epifania tutte le feste porta via

In ritardo, buon anno a tutti.

Mi scuso per gli eventuali lettori di questo ritardo, ma il rientro in ufficio è sempre abbastanza traumatico per me.

Continua questa storia iniziata nel periodo di Natale, e che prestissimo avrà la sua degna conclusione.

Intanto lascio questo penultimo capitolo, ringraziando Maharet e Elenuccia91 per le loro recensioni!

 

Cap. 4

 

L’Epifania tutte le feste porta via.

E forse non sono mai stata così felice per questo.

Il Natale non mi ha mai depresso come quest’anno. Finalmente domani si ritorna al lavoro, e non avrò più il tempo per piangermi addosso.

Ho passato due settimane quasi sempre in casa, rifiutando gli inviti di Alice e Francesca, e anche di Benedetta.

Per non parlare delle chiamate di Danilo.

Non ho voluto cedere, e non l’ho più voluto sentire.

 

Domani si torna al lavoro, e ne sono felice.

Spero che ci sia talmente tanto da fare, da dovermi fermare in ufficio fino alle nove di sera.

Perché non voglio pensare, non voglio ricordare.

Spengo le luci del soggiorno e mi trascino verso la camera da letto. Non ho sonno, neanche un po’. Però sono talmente apatica che non ho voglia di fare nulla, e almeno sotto a piumone si sta al caldo.

Guardo i numeri segnati dalla radiosveglia susseguirsi in maniera lenta e monotona, e già capisco che ‘sta notte il sonno tarderà ad arrivare. Mi rassegno, e sospirando mi avvolgo ancora di più nel piumone.

 

***

 

La giornata si preannuncia tragica.

Mi sono alzata in ritardo, mentre facevo colazione mi è andato di traverso un biscotto e ho rischiato di soffocare, ho il morale ancora sotto i piedi, e a proposito di piedi, ho indossato un paio nuovo di scarpe che già alle otto e mezzo del mattino mi sta scomodissimo.

 

Parcheggio nel primo spazio che trovo libero, e con aria poco convinta mi avvio verso l’ufficio.

E non posso credere a quello che mi trovo davanti.

Lui.

Danilo.

Che chiacchiera con alcuni dei miei colleghi.

 

Quando si volta verso di me, non so chi dei due ha l’espressione più stupita dipinta in volto.

 

Luca intanto mi viene incontro e mi saluta con la sua solita esuberanza, cogliendo  l’occasione per presentarmi il nuovo collaboratore.

Danilo.

 

Facciamo finta di non conoscerci, e ci stringiamo la mano come fossimo due perfetti estranei. Mi viene quasi da sorridere, ma il calore della sua mano e il suo sguardo mi portano subito davanti agli occhi quello che è successo.

 

Con una banale scusa lascio il gruppetto e salgo al piano di sopra, dove c’è il mio ufficio.

Mi lascio cadere sulla sedia, ormai sicura che niente potrebbe peggiorare le cose.

Perché qui? Perché lui?

Mi viene da piangere.

Ed io che pensavo che riprendere il lavoro sarebbe stato un toccasana per me.
E invece la sorte mi si accanisce contro.

 

Cerco di evitare di incrociarlo per tutta la giornata, cosa non facile visto che lavora nell’ufficio accanto al mio. E quando si fa l’ora di tornare a casa tiro un sospiro di sollievo, pur sapendo che domani si ripeterà la stessa storia.

Mi chiedo quanto potrò reggere.

Lascio l’ufficio quasi serena, ho visto Danilo uscire almeno una decina di minuti prima di me.

Sarà già a farsi un aperitivo con la sua bella mora, mi dico,cercando di sorridere

Invece lo trovo appoggiato alla mia auto, e sembra aspettare proprio me.

Panico.

Non ho vie d’uscite ora, però non mi va di affrontarlo, di sentirmi raccontare storie, scuse, e quant’altro.

 

-         Ciao Sabrina – mi dice quando ormai sono di fronte a lui.

 

Gli sussurro un saluto poco convinto, rivolgendo lo sguardo altrove.

Per niente scosso dal mio atteggiamento, inizia a parlare.

 

-         Finalmente riesco a vederti – mi dice. – Sei diventata così scostante, arrabbiata, e non capisco che cosa ti ho fatto. Anzi, a dirla tutta dovrei essere io quello arrabbiato, ma con te non riesco proprio! – esclama ridendo.

 

Io non apro bocca. Ho un blocco mentale e fisico: le parole non mi vengono in mente, e la bocca non vuole saperne di parlare. Non capisco perché mi parli così. Il mio sguardo indignato si fa eloquente al posto mio.

Danilo non demorde, e continua il suo discorso.

 

-         Avevo in mente un sacco di cose da fare con te durante le vacanze, e invece tu mi hai dato buca continuamente. – poi, prendendo qualcosa dalla tasca della giacca – E poi non ho potuto nemmeno darti il mio regalo di Natale…

 

Mi porge una scatola rettangolare, avvolta in una carta lucida rosa, e con un piccolo nastro argentato.

 

Sono stupita, e spiazzata. E non so cosa fare.

D’istinto allungo la mano per afferrare quel pacchetto. E intanto lo guardo interrogativa.

 

-         Perché? – gli chiedo poi, mentre di nuovo l’immagine di lui con quella ragazza mi passa davanti.

 

Lui mi guarda, perplesso.

 

-         Tu mi chiedi perché? Lo dovrei fare io. All’improvviso il tuo atteggiamento è così cambiato… Prova a metterti nei miei panni! Andavamo così d’accordo, mi trovavo veramente bene con te. E poi tu proprio la vigilia di Natale esci con la storia che non mi vuoi più né vedere né sentire. Perché Sabri? Dimmelo tu!

 

Non capisco perché mi parla in questo modo. Dovrei essere io quella arrabbiata, quella delusa. Mi passo nervosamente il pacchetto tra le mani. Vorrei dirgli il motivo, glielo vorrei urlare in faccia. Ma non voglio farmi giudicare infantile o gelosa, non lo tollererei.

Prendo le chiavi dell’auto, e premo sul telecomando il pulsante di apertura.

Ma Danilo mi afferra per le spalle e mi impedisce di salire.

 

-         Ti prego – mi sussurra all’orecchio – Dimmi cos’ho fatto…

 

Inizio a piangere silenziosamente.

 

-         Lasciami andare, per favore.

 

E davanti alle mie lacrime non si oppone più, e mi lascia salire in auto.

 

Metto in moto e me ne vado, senza alzare lo sguardo quando gli passo a fianco.

 

 

 

  
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