Just don’t give up on me ~ Delitto
Perfetto.
Kurt Hummel era uno scherzo
bastardo che la natura gli aveva fatto. Se
per caso da qualche parte esistesse sul serio un Dio
che governa e
organizza ogni cosa, doveva essersi impegnato molto il giorno in cui
aveva
deciso di dargli forma.
Il profilo perfetto, gli occhi
color del cielo prima di una tempesta e la bocca a forma di cuore, il
fisico
minuto troppo simile a quello di una ragazza e la voce di un angelo.
Tutto
quello, Kurt Hummel nella sua interezza, era un qualcosa che non
riusciva
assolutamente a concepire e che gli faceva girare terribilmente le
palle.
Ancor prima di venire a
conoscenza della sua omosessualità c’era stato
qualcosa in quel ragazzo che gli
aveva fatto ribollire il sangue nelle vene. Forse era stata
quell’aria da
smorfiosetta che gli faceva da seconda pelle o magari quel sedere che
si
portava appresso fatto per essere guardato, o toccato, o magari
utilizzato per
qualcosa di ancora più piacevole. Non ce l’aveva
mai avuta così tanto con il
mondo fino a quando non aveva incrociato lo sguardo strafottente di
quel
ragazzo che senza alcun dubbio si credeva migliore di lui. Da quel
momento i
suoi voti avevano iniziato a calare ed era perennemente incazzato nero,
per
fortuna esisteva il football e il Glee Club che sembrava stato fondato
appositamente per fargli sfogare la sua rabbia cronica. Naturalmente
Kurt era
diventato la sua preda preferita.
Il suo viso contratto dalla
paura o ricoperto di gelida granita diventava meno perfetto, chiudeva
gli occhi
troppo azzurri, perdeva la prepotenza e la maschera smorfiosa di
porcellana si
incrinava sempre in un punto diverso.
Quel giorno Azimio stava
organizzando la prossima battuta di caccia e quando il nome di quello
stronzetto venne fuori, sputato nel mezzo del discorso con disprezzo,
Dave
aguzzò l’udito.
Non aveva seguito tutto il
discorso e non sapeva quando il tutto aveva preso quella piega ma non
riusciva
capire il motivo per cui avessero deciso di attivare a tanto, erano
grandi e
grossi e per spaventare il piccolo Hummel bastava la loro stazza,
qualche
minaccia e spinte contro gli armadietti. La frase dell’amico
e quel gesto
avevano tutto un altro significato rispetto ai loro normali atti di
bullismo
gratuito.
Volevano sul serio portarlo in
qualche posto nascosto, lontano dagli occhi di tutti e fargli male,
male
veramente, e senza testimoni avrebbero potuto spalleggiarsi
l’un l’altro senza
bisogno di preoccuparsi delle conseguenze. Era un piano così
semplice da
apparire agli occhi di tutti assurdamente efficace, quasi fosse il
delitto
perfetto.
Sentì nel corpo crescergli
un’adrenalina malsana che entrando in contatto con qualcosa
di indefinito
reagì, esplodendo nello stomaco come un pugno. Era come se
tutta la squadra di
football della sua scuola lo stesse placcando cercando di sbatterlo a
terra.
Era l’unico lì in mezzo ad avere una coscienza che
si contrastava all’idea?
Quella coscienza era la palla ovale che stringeva sotto il braccio, ma
loro
erano numerosi e lui troppo lontano dall’area di meta per
fare touchdown e
vincere quella partita.
Se avesse provato ad aprire la
bocca per ribattere sarebbe apparso come un tradimento e lo avrebbero
solamente
fatto uscire dal gruppo scelto per la retata, ma Kurt non avrebbe
smesso di
essere in pericolo.
Cosa doveva fare?
Il resto del gruppo continuò a
camminare lasciandolo fermo nel corridoio con ancora il ghigno sul
volto, gli
occhi spenti e la coscienza ridotta in mille pezzi. Nessuno lo
aspettò, come se
sapessero che non aveva nulla da aggiungere una volta data quella
tacita
approvazione, ne avevano bisogno perché Kurt era la sua
preda ma adesso non
avevano più bisogno di lui.
Era consapevole che quella
situazione era l’occasione perfetta per far crollare una
volta per tutte la
maschera di perfezione, era quella che aveva sempre desiderato, ma
adesso che aveva
la possibilità di vendicarsi -perché era colpa
sua, del suo corpo e della sua
voce se tutto era cambiato, se il suo volto era capovolto e non
riusciva a
perdonarglielo- non ne aveva il fottuto coraggio.
Camminando con la testa vuota
era arrivato nei pressi dell’Auditorium della scuola e in
silenzio si infilò
nella grande sala ma non si sorprese quando trovò proprio
lui al centro della
palco -in quel posto c’era sempre qualche sfigato del Glee
che andava a
rifugiarsi nel suo piccolo mondo rosa fatto di note troppo alte e
parole
sdolcinate- con i riflettori spenti e solo il pianoforte su cui suonava
una
musica che non conosceva che occupava la scena. Le palpebre calate su
sulle
iridi azzurre, il volto rilassato lasciato scoperto da ogni
egocentrismo, le labbra
socchiuse che si muovevano canticchiando una canzone che non riusciva a
sentire.
Una consapevolezza improvvisa
gli invase la mente mentre si sedeva su una della poltrone nel fondo
della
sala, schiarendogli una parte della reazione che aveva avuto poco prima
con i
suoi amici. Non aveva mai cercato di ferire fisicamente quel ragazzo,
non lo
aveva mai toccato sul serio, non ne aveva mai avuta
l’intenzione perché nella
sua mente era inconcepibile l’idea di vedere quel corpo
dannato deturpato. Era
una figura talmente eterea nella concezione che aveva di lui, angelo e
diavolo,
nato per portarlo nella perdizione e per condurlo in paradiso, che il
sangue e
le cicatrici non avrebbero avuto senso su di lui. Per questo per fargli
male lo
colpiva dove sapeva avrebbe avuto la meglio, non con la forza bruta che
solitamente era il suo punto forte ma col terrore lo distruggeva
dall’interno,
al di sotto della maschera.
E forse si era illuso di avere
una coscienza, forse non voleva fermare quella violenza gratuita
perché aveva
un cuore ma solo perché non aveva senso ferirlo in quel
modo. Sì sentì ancora
più sporco quando Kurt iniziò a cantare a voce
più alta, come se volesse
arrivare a lui. Non poteva averlo visto ma cercava di raggiungerlo
comunque,
con la sua voce voleva sempre aggrapparsi all’anima di chi lo
ascoltava.
No, non conosceva la canzone
ma aveva imparato qualche tempo prima che qualsiasi cosa che usciva
dalla gola
di Hummel aveva un non so ché di familiare e quando si
decise a chiudere gli
occhi e ascoltare le parole finì in un limbo del suo
cervello che non sapeva di
possedere.
Aveva sempre saputo infondo, gli diceva una vocina dal profondo della
trance in
cui si sentiva scivolare, che quel ragazzino aveva qualcosa di speciale
che lui
non riusciva a comprendere. Era più forte di lui, non arriva
in fretta a certe
conclusioni, e nascondeva l’evidenza fino alla morte solo per
mettere in mostra
quello che gli conveniva. Aveva ricoperto tutto di granita fin dal
primo
istante per allontanare la consapevolezza che la faccia su cui sputava
ogni
insulto, che dichiarava ai quattro venti di odiare, di voler
distruggere, era
la cosa più bella che avesse mai visto.
Nascose la testa tra le mani
premendo forte i palmi contro gli occhi per cercare di scomparire, per
non
mostrare al mondo quella parte così debole di se stesso che
faticava ad accettare,
che nessuno avrebbe compreso. Lui era il bestione che tutti
rispettavano più
per timore che per altro, aveva faticato per ottenere quella posizione,
ma
ormai sentiva stretta quella facciata quasi quanto la felpa del
football
dell’anno scorso.
Perché doveva farsi tutte
quelle seghe mentali con sottofondo la voce angelica di Kurt Hummel?
Perché non poteva continuare a
vivere come aveva sempre fatto, insultando i più deboli e
ruttando con i suoi
amici per apparire figo? Era in momenti come quelli che si rendeva
conto che
certi ragionamenti lo facevano assomigliare in maniera impressionante
agli
sfigati che picchiava ogni giorno e la cosa più che
spaventarlo lo infossava
ancora di più.
Lo risvegliò come una doccia
fredda e alzando lo sguardo riuscì a scorgere solo una parte
del corpo di Kurt
scosso dai tremiti di un pianto violento. Non aveva idea di come
comportarsi,
non si sarebbe mai e poi mai avvicinato a consolare il ragazzo, ma
rimanere a
guardare sembrava la cosa più insensibile che potesse fare.
Si guardò
imbarazzato le mani, erano screpolate dal freddo e dal football, e
quando alzò
il volto deciso a dare un’ultima occhiata per poi andare via
facendo il meno
rumore possibile si ritrovò con gli occhi del ragazzo
puntati addosso. Sembrava
furioso e intimorito allo stesso tempo, come se non riuscisse a capire
quale
emozione far prevalere.
Lo vide camminare verso le
scale che portavano tra la piccola platea e scendere gli scalini
lentamente,
senza abbassare mai lo sguardo, e Dave si ritrovò a pensare
che probabilmente
aveva fatto tante di quelle volte quella strada che ormai doveva
saperla a
memoria, che tutta quella sicurezza forse derivava dal fatto che era
immerso
nel suo ambiente naturale. C’era qualcosa di strano nel suo
sguardo, totalmente
diverso da quello di
superiorità che si
ostinava ad indossare tutti i giorni.
Solo quando Kurt fu a pochi
passi da lui, mentre si sedeva a qualche sedia più avanti
mettendosi a fissare
il palcoscenico, si accorse di quanto tempo fosse passato.
Si chiese debolmente come mai
allora la voce di quel ragazzo gli fosse tanto familiare ma non ebbe
tempo di
cercare una risposta quando l’altro ripeté la
domanda a voce più alta, come se
si preoccupasse che la prima volta non l’avesse sentito.
« Il solito cafone. »
« E tu sei un finocchio.
Piangevi anche, come un finocchio. »
Quando iniziò a parlare però
la sua schiena per molto più rilassata e con un gesto fluido
sembrò quasi
volesse cadere dalla poltrona e tanto scivolò che
riuscì ad appoggiare la testa
sullo schienale e rivolgere lo sguardo verso il soffitto scuro.
Ricadde
il silenzio e Dave fu
quasi contento che il ragazzo gli stesse lasciando un po’ di
tempo prima di
alzarsi e andarsene, avrebbe voluto rispondergli, magari con una frase
sensata,
ma all’improvviso Kurt ricominciò a canticchiare a
labbra chiuse la musica che
stava suonando fino a poco prima. Era una bella canzone dopotutto, ma
proprio
quando si stava abituando a quel sottofondo lui fece per alzarsi e
quando gli
passò di fianco non poté fare altro che prenderlo
per un braccio.
Lo sguardo spaventato e
improvviso negli occhi maledettamente azzurri dell’altro gli
fecero capire cosa
aveva intenzione di dirgli.
Girò i tacchi e uscì un po’
più rumorosamente di quando era arrivato, ma dentro di se
qualcosa gli diceva
che per il momento aveva fatto abbastanza, di sicuro gli aveva salvato
la
pelle, e che forse prima o poi sarebbe riuscito a migliorare tutta
quella
situazione. Il cuore gli batteva all’impazzata, ruggiva di
soddisfazione perché
un attimo prima di andarsene dall’Auditorium lo sguardo di
quel ragazzo lo
aveva trafitto in maniera completamente diversa.
Avrebbe avuto il tempo di
rendersi conto che Kurt doveva essere solamente una checca per uno come
lui in
un altro momento, ma in quell’istante aveva soltanto bisogno
di sorridere un
po’. Si sarebbe accorto più in avanti che gli
aveva chiesto di aspettarlo,
perché non era ancora pronto
ad avere un vero confronto con lui, ma che il momento sarebbe arrivato
e lui,
una volta messi da parte pregiudizi e paure, avrebbe potuto affrontarlo
con più
maturità e più consapevolezza di se stesso.
Mentre si allontanava con un
coraggioso sorriso sulle labbra si comprese solo una minima parte di
tutto
quello che poche semplici frasi e una canzone erano riusciti a
combinare, l
profilo perfetto, gli occhi color del cielo prima di una tempesta e la
bocca a
forma di cuore, il fisico minuto troppo simile a quello di una ragazza
e la
voce di un angelo, tutto quello, Kurt Hummel nella sua interezza, era
un
qualcosa che non avrebbe mai dimenticato.
Fine.
Allora allora allora, credo sia completamente fuori carattere, non so
chi di più ma a volte non riesco proprio a comprendere come
mi esceno fuori questi due, ma il fatto che mi sia impegnata tanto per
cercare di definire il loro -soprattutto Dave- mi rincuora. La canzone,
per chi non l'avesse capito, è When you're gone di Avril
Lavigne, che secondo me sarebbe carina cantata da Kurt. Ultimo appunto,
la canzone è dedicata alla madre ma non volevo che ne
parlasse con Dave perché se no credo che sul serio mi
avrebbero bandito da questo sito per eccessivo OOC. Forse
scriverò un sequel nel quale vedremo come il piccolo
Karofsky capisce che gli piace Kurt senza avere un crollo
nervoso,
speriamo lo capisca lui perché io non ho davvero idea di
come fare...
Quasi dimenticavo, questa fic partecipa al One Hundred Prompt Project
con il prompt Vendetta.
Spero
vi sia piaciuta comunque, un saluto,
Nacchan :)