D’un tratto la
televisione tace, e lo schermo del pc
s’oscura. Questo maledetto temporale ha fatto saltare la
corrente.
La stanza è
illuminata solo dalla lampada d’emergenza quasi fulminata, e
immersa nel
silenzio.
Già, silenzio.
Nonostante lo scroscio della pioggia entri
prepotentemente nella stanza e da lontano giungano altri rumori, per me
c’è
silenzio. Non sono più abituata a stare senza la tv accesa,
la mia compagna
prediletta nell’ultimo periodo. Potrei prendere un libro
dalla vasta libreria
nell’altra stanza, ma non ne ho voglia. Così mi
accoccolo semplicemente sul
divano violetto, le gambe al petto e la testa appoggiata sulle
ginocchia,
sbuffando.
Il silenzio è più pesante di mille rumori, mi
martella nella testa e
mi fa impazzire.
Devo riempirlo.
Quasi a volermi assecondare, nella mia mente
sgorgano all’improvviso tanti pensieri, ricordi, sensazioni,
che non spezzano
il silenzio ma lo rendono più pieno, corposo, sopportabile.
Penso alla giornata
che si conclude, a quella che comincerà, e tra i tanti
pensieri sbuca
all’improvviso, a tradimento quasi, il tuo volto. Dolce,
sorridente, splendido
come sempre. E assieme al tuo volto fiumi di ricordi, segreti
sussurrati sulle
labbra mentre ci rotolavamo tra le coperte, carezze, abbracci, baci
pieni di
passione. Mi viene in mente il nostro ultimo incontro, le urla con cui
ti ho
cacciato via, e ancora, mi viene in mente ciò che hai fatto.
Ciò per cui tutto
è finito.
Mi manchi.
Da impazzire. Tuttavia la nostalgia è diventata un
po’ più
sopportabile dopo tutti questi giorni, quasi non ci penso
più. Ma adesso
quell’assenza si sente prepotente. Manchi accanto a me sul
divano, manchi sulle
mie labbra, manchi sulla mia pelle.
Cerco di scacciare questo pensiero, ma
qualcosa mi spinge a tenerlo fermo, a continuare a rimuginarci sopra.
Nel
silenzio, la voce dei miei pensieri che ho per tanto represso esplode
potente,
silenziosa anch’essa.
Forse sono stata io la prima a sbagliare.
Forse non sarei
dovuta sparire per una settimana.
Ma non ero pronta.
Quella mattina mi svegliai
nel letto di casa tua, avevamo dormito insieme, e accanto a me trovai
solo un
bigliettino. “Sposami” recitava nella tua grafia
chiara e ordinata. Rimasi a
fissarlo qualche istante, poi mi rivestii in fretta e corsi via. Tre
ore dopo
ero su un treno, mia madre mi attendeva. Per sette giorni non ho
risposto alle
tue continue telefonate, volevo riflettere. Quando sono tornata mi hai
detto
che mi avevi tradita, ma che mi amavi ancora. A quel punto io non ho
voluto
sentire ragioni, ti ho cacciato via e non ti ho più voluto
vedere né sentire.
Ma adesso, in questo silenzio assordante, quella voce mi fa riflettere
su tante
cosa a cui non avevo mai pensato. La nostalgia cresce,
m’invade, mi lacera il
petto. Davanti ai miei occhi il tuo volto appare come un onda, forte
quando mi
rifugio in quel ricordo, flebile quando tento di scacciarlo. Stringo
forte il
cuscino, una lacrima solca la mia guancia per poi cadere sulla stoffa
purpurea
del divano. Sfrego il volto con rabbia, faccio per alzarmi ma qualcosa
mi
trattiene.
Quella voce, quella voce che non vuole tacere.
La voce del silenzio.
Mentre altre perle d’acqua mi bagnano le gote, sento che
tutto è come prima.
Niente è mai cambiato. Io ti amo, tu mi ami, e questo basta.
Potrei sposarti
anche domani, o tra cinque minuti. Ti amo, ed è tutto
ciò che conta. Ti sento
tornare lentamente nel mio cuore, nel mio animo. Stai riprendendo il
posto che
non ti era mai stato del tutto sottratto.
Improvvisamente, un suono mi fa
sobbalzare, la luce schiude gli occhi che non mi ero accorta di aver
chiuso. La
corrente è ritornata, la televisione è di nuovo
accesa e lo stesso il computer.
L’incanto è finito, ma ora io so che
fare.
Non credo che risentirò questa voce
misteriosa che parla dritta al mio animo senza passare per il cervello,
che
spesso, con la sua logica fredda e inoppugnabile, mi fa commettere
errori. È l’anima lo specchio che rivela i nostri
bisogni, che sa sempre cos'è giusto fare.
Mi alzo, corro verso il telefono, compongo il tuo numero, e
aspetto.
Questa è la prima storia che pubblico su EPF, scritta di getto. Mi stavo lavando i denti, quando mi è venuta in mente una canzone, "La voce del silenzio". Credo la conosciate tutti, è stata interpretata da grandi della musica italiana come Massimo Ranieri, Mina, Andrea Bocelli. Assieme alle parole della musica, me ne sono venute in mente altre, altre, e altre ancora. Sono corsa al computer e ho cominciato a scrivere. Spero che la storia vi piaccia, e vi prego di non risparmiare critiche anche negative, poichè il mio scopo è quello di migliorare lo stile di scrittura. Bhe, che dire? Buona lettura!