Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Alkimia    18/04/2011    3 recensioni
«L'amore non è un problema,» disse ancora la donnina arricciando le labbra con il fare di chi la sapeva lunga «l'amore non è un problema, come non lo è un veicolo: problematicisono soltanto il conducente, i passeggeri e la strada»,
i pensieri maschi si guardarono l'un l'altro, il pensiero malaticcio cadde seduto e si raggomitolò su se stesso, sopraffatto da un conato di vomito,
«E questo chi lo dice?» tuonò il pensiero-avvocato
«Franz Kafka»
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PENSIERI INGOMBRANTI

Il ragazzo sbuffò e si stiracchiò sulla sedia sentendo la spirale del tedio avvolgere una
vertebra dopo l'altra come una mano che snocciola un rosario. Allontanò guardingo la
montagna di fotocopie rilegate con una spirale di anelli di plastica, come se potessero
improvvisamente animarsi e azzannargli la mano. I fogli erano trapuntati da graziosi
grovigli di note scritte a mano in quello che sembrava essere aramaico antico. L'ammasso
di fotocopie era il libro di testo per l’esame universitario che stava preparando, il più
rognoso di tutto il semestre. Il docente di quel corso veniva chiamato il Segagambe, ci
sarebbe stato bene anche qualcosa come il Distruttore dell'autostima dei giovani iscritti
alla facoltà di psicologia, ma evidentemente era troppo lungo o troppo demoralizzante.
Quel libro di testo era un lungo trattato sulla razionalità. Diverse centinaia di pagine di
teorie psicologiche per concludere che la razionalità non esiste.
Il ragazzo non ci credeva poi tanto, figuriamoci! Era un illuminista lui! Bravo a ragionare,
sostenitore della logica ferrea con una spruzzata di filosofia socratica qua e là (non sia mai
detto che cinque anni di liceo scientifico erano trascorsi invano!).
Tentò di scacciare dalla mente l'immagine dell'insegnate che lo divorava come un
personaggio di dantesca memoria e guardò davanti a sé, fece scorrere lo sguardo lungo la
fila di fotografie incollate alla parete davanti alla scrivania. Si sentì fiero, non si sa se
dell’affetto che provava per le persone ritratte in quegli scatti o per l’affetto che loro
provavano per lui. Si alzò dalla sedia e con il telecomando dello stereo accese la radio.
Fuori dalla finestra della sua camera il sole tiepido di una primavera anticipata faceva
scintillare di verde allegria il prato del parco e i fiori bianchi sui rami del ciliegio in un
irresistibile richiamo che, agli occhi del giovinastro studente, aveva l'aria di una presa per i
fondelli: guardare e non toccare... che se pure volessi toccare poi ti vengono i rimorsi,
quindi non te la godi.
Maledicendo la primavera, il cielo terso, i ciliegi in fiore e le allergie stagionali, il ragazzo
andò in cucina seguito dalla scia della musica, quella del nuovo singolo di un tizio con i
capelli impomatati uscito fresco fresco dall'ultimo talent-show. La canzone era uguale ai
restanti nove decimi della proposta radiofonica globale, ma lui la trovò stranamente
bellissima.
Arrivato in cucina, il nostro giovin signore prese una mela e la mangiò senza sbucciarla,
poi lanciò il torsolo verso la pattumiera, questo sfiorò appena il bordo del cestino (plac) per
poi cadere sul pavimento (pluc).
«Prima o poi riuscirò a far centro» si disse il ragazzo con più solennità di quanta ne
servisse e si chinò raccogliendo il torsolo di mela per gettarlo in malo modo nel contenitore
dei rifiuti. Quello sbagliato, quello del non riciclabile. I torsoli di mela vanno nel sacchetto
dell'umido, lo sapeva, ma quel giorno non aveva voglia di essere organico ed ecologico,
aveva altro per la testa.
Eppure quello era solo un giorno come un altro, l'ennesimo a lanciare sguardi che avevano
la presunzione di voler sembrare casuali al display del cellulare: nessun messaggio,
nessuna chiamata.
Il ragazzo, vent'anni, aspetto anonimo, carattere niente-di-speciale, tornò in camera sua.
Da una cartella color verde militare tirò fuori un quaderno dalla copertina scarabocchiata,
il suo quaderno degli scleri didattici (gergo studentesco), confrontò le definizioni dettate
dal professore con i paragrafi del libro sottolineati con un evidenziatore verde: quello giallo
gli dava fastidio.
Stava cominciando a ripetere ad alta voce quanto aveva letto poco prima in quel libro
bastardo, più rognoso e pulcioso dell’esame e del professore messi insieme, quando dalle
pagine del quaderno scivolò via una foto che planò sulla scrivania con una certa goffaggine
come la fatina dei denti che s'è fatta finalmente beccare dal bambino rimasto sveglio. Era la
foto di una ragazza di diciotto anni, capelli ricci castani, occhi scuri, un’espressione priva
del canonico sorriso plastico da fotografia, come se quella foto le fosse stata scattata
all’improvviso. Il ragazzo sbuffò… no, forse era un sospiro.
«E adesso tu che vuoi da me, eh? Vuoi che ti chiami io per primo? Scordatelo!».
No, non stava parlando da solo, erano solo i suoi pensieri, gli stessi delle ultime settimane,
non erano parole, eppure sembravano riempire la stanza come se avessero voce o
addirittura corpo.
Un pensiero dall'aspetto gracile e malaticcio, dal fondo della sua testa, alzò timidamente la
mano per chiedere il permesso di parlare,
«E poi c'è da pensare all'esame e al Segagambe» osservò con voce timida e sottile,
il pensiero accanto a lui era alto e magro come un giunco, se ne stava stretto in un cappotto
di lana, facendosi piccolo piccolo in mezzo a tutti gli altri, ma la sua testa spuntava in
mezzo a quelle dei suoi compari a causa della sua statura slanciata.
«Però lei è carina, ed è stata lei a proporre di scambiarsi i numeri di cellulare» replicò
questo pensiero con la voce che suonava come il ronzio di un alveare,
«Si ma noi,» si intromise un altro pensiero, corpulento e vestito con una toga da avvocato
«noi siamo illuministi e socratici e sappiamo che l'amore non esiste».
Il ragazzo si prese la testa fra le mani e affondò le dita tra i capelli. I pensieri caddero l'uno
addosso all'altro come passeggeri di un autobus affollato che si ribalta. Si scambiarono
vestiti e fisionomie, confondendosi in un groviglio dal quale emersero omini tutti uguali,
seduti composti in una platea ordinata.
Il nostro studente a oltranza tamburellò le dita sul margine della scrivania e con fare quasi
eroico sollevò la copertina del libro, diede una rapida scorsa alle pagine, si schiarì la voce e
cominciò a ripetere.
«Gli esperimenti compiuti attraverso i messaggi subliminali hanno dimostrato che le
decisioni vengono prese ad un livello di coscienza più profondo e per questo non sono
facilmente infulenzali».
Influenzali?
«Se... influenzali e cancerogene!» borbottò una voce sguaiata dal centro esatto della mente
del ragazzo il quale sollevò lo sguardo per trovarsi faccia a faccia con pensiero basso e
tarchiato, dal viso arrossato e coperto da una barba sfatta, vestito con un vecchio paio di
jeans e un maglione sformato. Quello aveva l'aria di uno scaricatore di porto, non
esattamente un pensiero partorito da una mente socratica e illuminista.
Quando questo pensiero si alzò, dalla folla ordinata che si era raccolta nella testa del
ragazzo si levò un brusio di protesta, tutti gli altri pensieri scattarono in piedi e
cominciarono a litigare. In una manciata di secondi erano diventati nuovamente la folla
confusionaria di poco prima.
Più che una mente razionale e socratica, ora la testa del ragazzo sembrava la puntata di una
trasmissione televisiva, una di quelle a cui venivano invitati i politici che avevano necessità
di ribadire il concetti di democrazia e dialogo costruttivo.
«Illuministi e socratici!» ripeteva il pensiero in toga da avvocato mulinando le braccia e
con il viso ormai visibilmente arrossato,
«Ma lei è carina... il colpo di fulmine...» gracchiava il pensiero più alto di tutti, tenendosi
sulle punte per sollevarsi ancora di più al di sopra degli altri,
«E l'esame... e il Segagambe...» diceva il pensiero minuto e malaticcio tossendo in un
fazzoletto a quadri.
«Silenzio!», all'improvviso uno strillo acuto riuscì a sovrastare il caos di voci che si
accavallavano.
Tutti i pensieri ammutolirono e guardarono basiti verso il punto da cui era provenuto quel
richiamo. Sul lato sinistro della platea era seduta una donnina di mezz'età con un vaporoso
pullover di angora e un rossetto rosso cupo sulle labbra sottili e un po' grinzose. Gli
occhialini dalle lenti tonde amplificavano il suo sguardo severo e concentrato puntato sul
lavoro a maglia che teneva poggiato in grembo.
Da quando in qua in quella testa c'erano pensieri femmina?
«Sarete pure socratici e illuministi, e interessati all'esame,» disse la donnina con malcelato
sarcasmo «ma qui la cosa è seria. Ed è bella, oh se lo è...».
Silenzio. Il commento della signora rimase in sospeso nell'aria, ad aleggiare nella testa del
ragazzo come una nuvola densa di pioggia e sfrigolante di elettricità.
Il pensiero femmina guardò il suo lavoro a maglia, sollevò appena lo sguardo per osservare
compiaciuta gli altri, tutti zitti e incapaci di trovare qualcosa con cui controbattere, poi
riprese a sferruzzare con l'uncinetto, spostando il filo sopra e sotto l'indice con gesti precisi
e rapidi.
«L'amore non è un problema,» disse ancora la donnina arricciando le labbra con il fare di
chi la sapeva lunga «l'amore non è un problema, come non lo è un veicolo: problematici
sono soltanto il conducente, i passeggeri e la strada»,
i pensieri maschi si guardarono l'un l'altro, il pensiero malaticcio cadde seduto e si
raggomitolò su se stesso, sopraffatto da un conato di vomito,
«E questo chi lo dice?» tuonò il pensiero-avvocato
«Franz Kafka» sghignazzò il pensiero spilungone, la donnina annuì.
STO CADENDO NEL DIABETICO-PATETICO-SDOLCINATO-RIDICOLO… scrisse il
ragazzo al margine della pagina del libro, quasi senza rendersene conto, un pensiero in tuta
da ginnastica blu gli porse la gomma da cancellare.
Il pensiero femmina allargò un sorriso che trasudava ottimismo poi tornò al suo lavoro a
maglia mentre nella testa del ragazzo tornava a poco a poco un certo ordine.
Un trillo proveniente da un angolo della scrivania lo fece sobbalzare e finì per far scivolare
sul pavimento i suoi pensieri che caddero fragorosamente l’uno sull’altro, facendosi anche
abbastanza male.
Il display del cellulare era ancora illuminato, il ragazzo allungò il braccio per prenderlo e
vide il simbolo di un sms ricevuto lampeggiare. Con una certa ansia cercò di darsi un
minimo di contegno. Il suo cuore sembrava un gomitolo di lana con un filo tenuto in
sospeso su un uncinetto. Che fosse lei? Che il sorriso del pensiero femmina fosse davvero il
presagio di qualcosa di buono?
I pensieri si strinsero gli uni agli altri per farsi coraggio. Potevano essere illuministi e
socratici quanto volevano, ma in quel momento se ne stavano tutti lì, stretti stretti, con
tanto d'occhi puntati su quel cellulare.
Il ragazzo pigiò il tasto di OK e aprì l'sms.
I pensieri si spintonavano per poter guardare meglio. La donnina continuava a intrecciare
il filo, sembrava una delle Parche della mitologia greca.
Il nostro giovanotto finalmente lesse il messaggio:
SN MARIO, VOLEVO DIRTI KE HO SAPUTO KE IL PROF.SEGAGAMBE HA
ANTICIPATO L’ESAME DI 1 SETTIMANA. CIAO.
Un singhiozzo unanime scosse la piccola folla di pensieri, tutti si voltarono a guardare la
donnina con fare accusatorio, lei si strinse nella spalle e controllò il centrino che aveva
appena finito di ricamare.
Il ragazzo lanciò un’altra occhiata alla fotografia della ragazza.
«Ti amo» dissero all’unisono la sua voce e i suoi pensieri, i quali, nel frattempo si erano
sparpagliati e si erano avviati all’uscita di quel pomeriggio ormai prossimo alla sera.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Alkimia