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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    19/04/2011    1 recensioni
[SpoilerFutureArc][5927+VongolaFamily+Dino]
Tsuna sospirò, poggiando la penna sul foglio lasciato per metà bianco, e chiuse gli occhi: odiava litigare con gli altri, restava troppa amarezza da ambo le parti, pur se le volte che accadeva erano rare...
Dieci anni sono passati ma il 5 Gennaio è una data che nessuno dei Vongola può dimenticare.
Fic in due capitoli.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: G, Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PERICOLOSAMENTE IN BILICO

CAPITOLO 1

4 GENNAIO 2018

 

Con la schiena poggiata contro lo schienale della poltrona, il giovane dai capelli bruni compilava moduli e firmava scartoffie, muovendo ritmicamente le gambe seguendo le onde della musica che proveniva dal piccolo stereo, posto in un angolo dell’ampio e luminoso studio.

La penna scivolava veloce sulla carta, disegnando in piccole volute la forma delle lettere.

Accanto alla mano sinistra, una pila di fogli ordinatamente posti l’uno sopra l’altro, attendevano di essere sistemati.

Lui alzò leggermente lo sguardo, guardando fisso la pendola che ticchettava dinanzi a sé: erano quasi le 23, sicuramente gli atri dovevano essere andati a letto da un pezzo.

Beh, poco male.

Sperava perlomeno che una notte di sonno portasse loro consiglio e tranquillità.

In quel periodo, i suoi Guardiani erano tutti su di giri, agitati e irascibili, e Tsuna, suo malgrado, era venuto a sapere la verità in un modo contorto e decisamente scioccante.

Oddio, all’inizio, quando aveva provato a chiedere spiegazioni e nessuno gliele aveva date, lui aveva lasciato perdere, attribuendo il tutto alla mole di lavoro cui ognuno era sottoposto, ma la situazione era rapidamente degenerata.

E quel giorno, per la prima volta nella sua vita, aveva urlato contro Yamamoto e Gokudera.

Tutto era iniziato a pranzo, quando lui era finalmente uscito dallo studio per mangiare velocemente qualcosa prima di tornare al lavoro.

Beh, giunto dinanzi alla porta della sala, stava per poggiare la mano sulla maniglia per aprirla quando gli era giunta distintamente all’orecchio la voce di Gokudera che discuteva con Yamamoto.

Ma non era una delle loro discussioni ora sul baseball, di cui Takeshi, anche a distanza di anni, era ancora un profondo amatore, oppure sul’irruenza di Hayato.

No.

L’argomento era lui.

Fattosi più attento, Tsuna aveva avvicinato l’orecchio alla serratura, per ascoltare meglio: c’erano tutti i suoi uomini lì, perfino Dino: ma quando era arrivato? Nessuno lo aveva avvertito!

"Dobbiamo impedirgli di partecipare all’incontro, assolutamente." aveva affermato l’argenteo con tono insolitamente serio, "O è la volta che ci lascia definitivamente la pelle.".

"Non posso che darti ragione, testa-di-polipo, sappiamo tutti in quale data è stato fissato, e francamente non sono tranquillo nel lasciarlo andare; tanto più che solo i Boss sono ammessi nella sala e i sottoposti devono stare fuori la magione. Mi chiedo che diavolo stiano architettando quei viscidi dei Leroy…" non aveva mai sentito Ryohei parlare con quella voce così cupa.

"Tsuna-otooto non sarebbe comunque da solo, perché all’incontro sono stato invitato anche io. Eppure devo darvi retta, in effetti è tutto molto strano, e poi… Se è vero quello che mi avete detto riguardo a quella data… Beh, motivo in più per darvi una mano nel’impresa." Anche Dino si era unito a quella specie di rivolta?

Ma di cosa diavolo parlavano?!

Era chiaro che fossero preoccupati per l’imminente vertice dei Boss ma forse era un po’ esagerata la loro reazione…

E cosa accidenti avevano da temere dal 5 Gennaio?!

Fu Yamamoto a rispondere alle sue domande.

Poteva quasi vederlo mentre si poggiava al muro, coi pugni stretti al petto e la katana che riposava nel fodero che teneva a tracolla.

"Dieci anni con domani. Secondo le cronache raccolte da Giannini e dagli altri, e Fuuta me lo aveva confermato prima della battaglia, l’incontro tra Byakuran e Tsuna avvenne il 5 Gennaio 2018, alle 11 del mattino. A mezzogiorno…", lo spadaccino non riusciva a concludere la frase, faceva troppo male quel pensiero.

E a quel punto capì.

Se da una parte, si sentiva profondamente dispiaciuto per una cosa del genere, dall’altra era arrabbiato.

Avrebbero dovuto parlargliene e lui li avrebbe rassicurati sull’inutilità delle loro preoccupazioni; e poi, lui non era più un bambino! Non era più l’inguaribile imbranato, zimbello della sua scuola e della sua classe!

Era cresciuto, era diventato a tutti gli effetti il Decimo Boss dei Vongola ed era oramai conscio delle sue vere capacità.

Si sentiva quasi tradito, pur se, nel profondo del cuore, era convinto della bontà e della buona fede delle loro azioni.

"SIETE DEGLI STUPIDI!"

Il grido di Sawada ruppe il silenzio che le parole di Yamamoto avevano portato con sé, tanto da far sobbalzare tutti i presenti, che lo guardarono, confusi e spaventati mentre compariva sulla soglia, i pugni stretti e le braccia abbandonate lungo il corpo.

Ogni singolo muscolo della sua schiena era teso allo spasmo e le vene del collo pulsavano inquietantemente.

A larghi e lenti passi, il giovane si mosse, fino a trovarsi dinanzi i suoi Guardiani, gli occhi brillavano di una luce strana, quasi folle.

"Voi non avete fiducia in me." dichiarò con rabbia il Decimo: "Avete paura che io non sappia cavarmela, che sia ancora il Dame-Tsuna che ero dieci anni fa." ringhiò lui, sembrava deluso.

Gokudera sgranò gli occhi, avvicinandosi al Boss: "No, Juudaime… è solo che…" provò a dire l’argenteo, ma il bruno lo zittì senza pietà, "Taci, Hayato." disse, con un tono talmente freddo da non essere quasi il suo, "Anche tu, Takeshi." proseguì, bloccando sul nascere ogni possibile replica da parte del Guardiano della Pioggia, "Non sono così debole come pensate, quello che abbiamo vissuto era un futuro che non ci apparteneva, che non ci appartiene neppure adesso, anche se gli anni sono passati. L’abbiamo sigillato nel momento in cui Byakuran è caduto a terra, sconfitto da questi guanti." e così dicendo, mostrò le mani, avvolte dai loro bozzoli di metallo, "Io non ho mai alzato la voce con voi, e non comincerò certo ora a farlo. Ma mi avete deluso, sappiatelo.".

E se ne andò, senza guardare negli occhi nessuno.

Per l’intera giornata non si era fatto vedere, non era neppure sceso a cena, malgrado Reborn fosse salito più volte a chiamarlo, ma quel giorno non aveva voglia di sentire niente, tantomeno la voce del suo istruttore.

Desiderava unicamente stare da solo a riflettere.

E al diavolo tutto!

Si sentiva però in colpa.

Aveva reagito male alla cosa perché, in fondo, loro volevano solo proteggerlo, ma era innegabile che si sentisse sminuito: era riuscito faticosamente, nel corso del tempo, a sviluppare un suo orgoglio, e ne risentiva parecchio in situazioni de genere.

Tsuna sospirò, poggiando la penna sul foglio lasciato per metà bianco, e chiuse gli occhi: odiava litigare con gli altri, restava troppa amarezza da ambo le parti, pur se le volte che accadeva erano rare: e l’ultima, era stata più di dieci anni prima, quando Ryohei lo aveva colpito al volto con un pugno per aver rivelato alle ragazze la verità sulla loro situazione e sui Vongola.

L’unica, da quel che ricordava, in cui si era trovato apertamente in rotta con uno dei suoi fedeli sottoposti.

Sawada restò in silenzio, stupendosi della quiete che regnava nel quartier generale, una tranquillità che, però, sapeva di tristezza: solitamente, a quell’ora, nessuno di loro era già andato a letto e anzi, spesso e volentieri, la confusione che i suoi uomini facevano gli teneva compagnia mentre compilava scartoffie varie.

Ma, quella notte, tutto era troppo silenzioso per lavorare e neppure la musica riusciva a coprire quel mutismo inquietante in cui si trovava immerso il luogo.

Era totalmente immerso nei suoi pensieri che, quando sentì qualcuno bussare alla porta, sobbalzò spaventato, prima di rispondere alla chiamata.

Titubante, chiunque ci fosse dall’altra parte, spinse il pesante pannello di legno lucido, che cigolò fastidiosamente sui suoi cardini.

Il passo affrettato era stato riconosciuto dal Decimo ancora prima che Hayato comparisse sulla soglia, con un vassoio tra le braccia.

Tsuna lo fissò penetrante, mentre la Tempesta, tenendo lo sguardo basso, restava ostinatamente sulla porta, immobile; il ventenne sospirò, facendogli cenno di avvicinarsi: "Non sei proprio portato per fare la statua di sale, Gokudera-kun." quest’ultimo nome lo disse con evidente tenerezza nella voce.

Smokin’ Bomb poggiò l’oggetto sul piano in legno, stando accanto alla sedia del Boss ma senza toccare nulla: c’era un piatto con dell’arrosto, delle patate e perfino una tazza di tè bollente.

"Non è sceso a cena e non ha neppure pranzato…" bisbigliò l’argenteo, "Abbiamo aspettato, anche per chiedere scusa, ma…".

Un gesto di Sawada lo zittì: "Lascia stare, sono io che dovrei chiedere scusa, Hayato. Ho reagito male a una stupidaggine." ammise il bruno, prendendo la forchetta, "Me la sono presa con voi quando avrei dovuto ringraziarvi. Stavo seriamente pensando di scendere per parlarvi, ma tutto questo silenzio mi ha fatto pensare che foste già andati tutti a letto." spiegò il giovane, addentando un pezzo di carne.

Gokudera sospirò, poggiando la mano sulla spalliera della poltrona, ma restò in silenzio, senza muoversi.

"E’ che è difficile dimenticarsi del passato, vero? Lo stesso vale per voi, che non avete dimenticato la bara nella foresta di Namimori, ho ragione?".

L’italiano annuì: "Ma avremmo dovuto parlarne, abbiamo sbagliato noi…" mormorò lui con voce roca, "Ci spiace di averla delusa, Juudaime…".

Ma Tsuna, a sorpresa, si girò di scatto, guardandolo fisso negli occhi: "Non pensavo veramente quello che ho detto, voi non potrete mai deludermi perché mi siete sempre stati accanto, in ogni situazione e in ogni battaglia che abbiamo affrontato. So di avervi ferito, ma ero arrabbiato." e così dicendo, prese tra le proprie le mani di Gokudera, "Ricordalo sempre, non mi potrete mai deludere.".

E il suo volto si distese in un appena accennato sorriso.

Poi, poggiò la schiena contro la spalliera, di modo che la testa andasse a toccare la mano del suo fidato braccio destro, ancora mollemente abbandonata sul morbido schienale: "Per stasera, basta scartoffie…" mormorò, allentando il nodo della cravatta, "Ho bisogno di riposo." dichiarò, stiracchiandosi, per poi alzare lo sguardo verso la figura ribaltata di Gokudera, che lo fissava stranito, "Ti andrebbe di accompagnarmi in camera? Sono uno straccio e domani rischio di non svegliarmi in tempo per l’incontro." sbadigliò lui.

Con quella semplice richiesta, le difese di entrambi erano crollate.

Non era necessario il perdono, non lo era mai stato.

Appisolatosi leggermente, le mani abbandonate in grembo e la cena mangiucchiata per metà, il Decimo respirava a fondo, mentre il suo sottoposto metteva ordine sulla scrivania, sistemando fogli e documenti in pile ordinate.

Il Guardiano della Tempesta concluse la sua opera, ma era restio a svegliare Tsuna: era stranamente pallido e sembrava essere veramente esausto; però si rendeva conto che non doveva essere il posto più comodo del mondo quella sedia, e almeno un paio d’ore di sonno era necessario che se le facesse, non poteva presentarsi al meeting in quelle condizioni.

Così, pur se a malincuore, l’argenteo poggiò la mano sulla spalla del suo Boss, scuotendolo leggermente; il ventenne spalancò gli occhi con un sobbalzo, ma si tranquillizzò nel momento in cui la sagoma snella del suo luogotenente comparve nel suo spazio visivo: "Andiamo?" bisbigliò Sawada, alzandosi in piedi.

Hayato annuì: "Andiamo." disse solo, scortandolo fuori dallo studio.

§§§

In silenzio, senza farsi sentire, Tsuna sgusciò dalla stretta poderosa di Gokudera e scostò la coperta, poggiando i piedi sul parquet tiepido, ignorando i brividini di freddo che l’avevano colto non appena lasciato il tepore del giaciglio accanto al corpo addormentato del suo braccio destro.

Sfregandosi gli occhi, il giovane allungò la mano ad afferrare un lembo della vestaglia appesa accanto al letto e, mentre la indossava, non poté fare a meno di sorridere nell’incrociare con lo sguardo il viso rilassato del coetaneo: si sentiva come il ragazzino di quattordici anni che si era trovato proiettato in un mondo che non conosceva, che non sapeva neppure esistesse e, all’improvviso, aveva trovato accanto a sé quel dinamitardo, fedele fino alla morte, che non era mai venuto meno; solo che gli anni erano passati anche per loro, e si era trovato innamorato senza esserselo mai aspettato.

"Juudaime…"

La voce assonnata dell’argenteo lo riscosse dai suoi pensieri e lui arrossì istintivamente mentre la mano calda di Hayato gli accarezzava dolcemente la schiena: "Dove stai andando alle 5 del mattino?" bofonchiò il giovane uomo, senza smettere di accarezzare i fianchi del Decimo.

Tsuna scosse la testa: "Una brutta sensazione." ammise lui, "Vado un attimo in bagno. Tu dormi." gli disse, scivolando giù dal letto.

Sparì in bagno, sentendo lo sguardo di Gokudera seguirlo oltre la porta, e arrivò a tentoni al lavandino, senza accendere la minima luce; sempre affidandosi solo al tatto, il bruno aprì l’acqua, lasciando che i rivoli di liquido freddo scorressero sulla pelle, sui polsi e sulle dita.

Il suo intuito gli stava urlando a gran voce che c’era qualcosa che non quadrava.

E forse, avrebbe fatto meglio a dargli retta.

A lui e ai timori dei suoi Guardiani.

 

Piccola fanfic in massimo due capitoli, la cui coppia base sarà la 5927. Si ambienta esattamente dieci anni dopo la fine del Future Arc, le cui ferite ancora non sono rimarginate…

   
 
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